Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: BlueWhatsername    19/08/2014    4 recensioni
' [...] Non sempre quel che accade ha una spiegazione precisa e noi ci troviamo come in cima ad una montagna russa e possiamo solo chiudere gli occhi e prendere ciò che viene, mh? " concluse, alzando le spalle, nel tentativo di farla ridere.
Rimase invece inchiodato dal modo in cui lei lo stava fissando di rimando, le piccole labbra strette tra loro e le manine bianche ormai arpionate alla parte bassa della sua gola. Liam la strinse un po’ in vita – avrebbe potuto abbracciarla altra cento volte e quasi soffocarla contro il suo petto massiccio, avrebbe tanto voluto prenderla di peso e infilarsela nello sterno, lì vicino al cuore, tanto per essere certo che nessuno potesse toccarla o farle male.
**
SLASH; pairing ZIAM [non esplicita].
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il sole trapelava appena dalla tapparella quasi del tutto alzata quando Frances aprì gli occhi. Ritrovarsi con la faccia schiacciata contro il cuscino non era proprio la migliore delle cose, ma lei amava dormire affondata in quella morbidezza di lenzuola e coperte in cui si rannicchiava la sera e che poi l’avvolgeva per tutta la notte.
Sentì il calore trapelare appena dalle lenzuola smosse e contrasse i muscoli, in un vano tentativo di svegliarsi, quando poi la voglia di rimanere ancora nel letto – magari tutta la giornata – la trapassava da parte a parte senza darle nemmeno la forza quanto meno di pensare a doversi alzare.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile contro il cuscino, prima di tirare su leggermente la testa e masticare tra i denti qualche verso assonnato che le faceva scendere in gola il sapore impastato e acre del sonno appena trascorso. Si volse di schiena, stiracchiandosi nel calore delle lenzuola e allungando le braccia la testa.
Sorrise pigramente al bianco del soffitto, prima di sentire i cardini della porta cigolare e un lieve spostamento d’aria muovere l’atmosfera immobile ed ancora sonnolenta della sua camera – sinonimo dell’entrata di qualcuno.
Riacciuffò al volo le lenzuola, coprendosi fino alla testa e raggomitolandosi sul materasso nel più completo silenzio, imitando il respiro lento e cadenzato di chi dorme profondamente. Con gli occhi, intravide una figura avvicinarsi al letto tramite la trama leggera delle lenzuola, mentre le orecchie le rimandavano un rumore ovattato di passi delicati ma decisi.
Sospirò appena, quando il materasso si piegò sotto il peso di quel qualcuno che si era seduto lì accanto ed ora stava allungando una mano verso di lei.
Frances chiuse di scatto gli occhi non appena il lenzuolo le fu spostato dal viso e l’arietta mattutina tornò a tormentarle la pelle, assieme a quello strano fastidio che dà il risveglio indesiderato – o meglio, una presenza che voleva buttarla giù dal letto a tutti i costi.
<< Frances? >> si sentì chiamare dolcemente, mentre una grande mano le accarezzava i capelli sulla fronte << Frances… Dai su, è ora di alzarsi… >>
Fece appello a tutta la sua forza di volontà per non emettere nemmeno un sibilo, mentre continuava a mantenersi immobile con i muscoli facciali e respirava in modo lento e cadenzato, così da simulare un sonno profondo e quanto più veritiero possibile.
<< Mi senti? >> la voce che la stava tormentando si fece un po’ più vicina, la ragazza riuscì a percepire benissimo il sapore acre di tabacco ma allo stesso tempo aspro del caffè che le erano da anni inconfondibili << Coraggio, dormigliona! Devi andare a scuola… >> perseverò la voce, spostandole indietro i lunghi capelli castani, causandole qualche brivido di troppo << … E poi il daddy ha preparato i pancakes come piacciono a te… >> concluse, dolcemente, sempre più vicina al suo orecchio.
Il momento in cui due labbra si posarono sulla sua guancia accaldata fu fatale: Frances fremette d’istinto, resistendo all’impulso animale di saltare su e gettare le braccia al collo del suo amato papi.
Zayn, dal canto suo, riuscì a nascondere un sorriso soddisfatto contro la sua pelle, mentre le posava un altro bacio sulla fronte, e rimuginava su quanto le piacesse adoperare quel trucchetto ogni mattina con la speranza di rimanersene a dormire.
Era cresciuta ormai, aveva quindici anni – sedici tra qualche mese, rifletté tra sé e sé, sospirando appena e ritirandosi a sedere per bene sul letto. Percorse con gli occhi il suo viso fintamente addormentato, soffermandosi sul nasino dolcemente diritto e sulle labbra a cuore che formavano lo stesso sorriso sbarazzino di quando era bambina.
Sì… Di quando ancora correva per la casa urlando a squarciagola per un cartone animato particolare che l’aveva entusiasmata o per uno dei suoi soliti capricci.
Col passare degli anni, invece, si era fatta più tranquilla e silenziosa, quasi schiva a volte… C’erano occasioni in cui lasciava sfogare quel lato di sé intemperante e ciarliero – quello che ti faceva quasi venire il mal di testa per tutte le chiacchiere che riusciva a tirar fuori nell’arco di pochi minuti – ma allo stesso tempo sapeva starsene da sola per pomeriggi interi solo in compagnia di un buon libro o di se stessa, semplicemente.
E Zayn apprezzava molto questo lato del suo carattere – ancora più del buon rendimento scolastico o del buon giudizio che aveva sempre mostrato di fronte agli altri – forse perché gli ricordava drasticamente… Se stesso.
Sorrise, mentre le passava l’indice lungo il collo, nel chiaro intento di farla scoppiare per il solletico, ma Frances sembrava fin troppo concentrata a mantenersi addormentata, pure se per finta. Sorrise sotto i baffi, alzandosi finalmente in piedi e battendosi le mani sui pantaloni, con fare noncurante.
<< E va bene… >> esclamò come se stesse riflettendo tra sé e sé, senza perdere nemmeno per un secondo di vista il viso della sua bambina, sicuro che avrebbe scorto dei cambiamenti di lì a pochi secondi << … Vorrà dire che finirò tutto lo sciroppo d’amarena! Che poi sta benissimo con la spremuta d’arancia, niente da fare… >>
Mosse un passo indietro, appena in tempo per evitare le coperte in pieno viso.
Frances era in piedi sul letto, le mani sui fianchi ed i lunghi capelli scuri tutti arruffati: sul suo viso di bambina ormai cresciuto aleggiava un cipiglio insonnolito ma deciso, mentre le sue guance erano rosse – si intravedeva perfino l’impronta del cuscino contro il quale aveva appoggiato il viso durante il sonno.
Zayn si premurò di riservarle un sorrisetto soddisfatto, mentre la vedeva molleggiare pigramente sul letto come quando era più piccola e si divertiva a saltare sul loro solo perché non aveva sonno e pretendeva di guardare i cartoni fino a tardi, tirando le guance di uno o i capelli dell’altro. Scene esilaranti, a dir poco.
<< Sei sveglia… >> osservò il moro, in chiaro tono derisorio, incrociando le braccia al petto << … Ma tu pensa… >>
Indossava un paio di jeans scuri sotto ad un semplice maglioncino beije, era un abbigliamento alquanto ordinario, eppure su di lui sembrava azzeccato anche per andare al lavoro.
<< Esci, papi? >> domandò Frances, dandosi maggiore spinta con le gambe e compiendo qualche saltello più audace sul materasso.
Zayn annuì, schioccando la lingua contro il palato.
<< Ma non prima d’aver finito tutto lo sciroppo d’amarena! >> annunciò, divertito,  dirigendosi verso la porta e ridendo alla faccia sconvolta di lei, che era balzata di corsa sul pavimento per infilarsi al volo le ciabatte, in completa sintonia con il pigiama a righe bianche e verdi.
<< Non è giusto, papi! Lo voglio anch’io! >> la sentì urlare in corridoio prima che lo superasse e si fiondasse in cucina, addosso ad un Liam intento ancora ai fornelli.
<< Daddy! >> si sentì urlare nell’orecchio, a discapito del suo povero timpano; si volse appena in tempo per ricevere un abbraccio stritolatore che quasi non gli fece rovesciare il piatto con tutti i pancakes ancora fumanti.
Zayn glielo tolse di mano, ridacchiando ed occupando il solito posto a tavola. Si versò del caffè, osservando la scena deliziosa che aveva davanti: Liam non riusciva nemmeno a muoversi per l’abbraccio ferreo che Frances stava esercitando su di lui mentre gli riempiva il viso di baci, quasi senza farlo respirare.
<< Amore, mi molli?! >> scattò ad un certo punto Liam, ridendo di gusto e distanziandola quel tanto che gli bastava per prendere una boccata d’aria; afferrò una caraffa di succo e la portò a tavola, mentre Frances si sedeva – com’era sua abitudine – a gambe incrociate sulla sedia, attendendo che qualcuno le riempisse il piatto.
Zayn le fece un occhiolino divertito, prima di servirle due pancakes e passarle il suo tanto amato sciroppo d’amarena. La ragazza mormorò un debole ‘grazie’, nemmeno tanto convinto, troppo presa com’era a versarsi un generoso bicchiere di succo d’arancia.
Liam scosse il capo, riempiendosi il piatto con una fetta di pane tostato e cominciando ad imburrarlo.
<< Pensavo non voleste fare colazione, stamani… >> dichiarò poi, facendo cadere un po’ di marmellata sulla tovaglia intatta.
Sia Zayn che Frances si guardarono interrogativi prima di fare spallucce con totale noncuranza.
<< La bambina qui presente non intendeva alzarsi, sai… >>
<< No, non è vero! >> si difese immediatamente lei con le guance sporche di sciroppo d’amarena e sputacchiando briciole di pancakes in giro << Stavo solo… >>
<< Sei una furbastra, sai? >> la rimbeccò Zayn, volutamente, scoccando un’occhiata fugace a Liam – che sembrava voler assistere in silenzio a quel fugace scambio di battute.
Frances si mise in bocca un altro pezzo di pancakes, accompagnandolo ad una generosa sorsata di succo d’arancia, prima di aprire la bocca per ribattere.
<< Tipo che avresti dovuto parlarci di quella riunione con i professori la settimana scorsa? >> intervenne finalmente Liam in tono tranquillo, facendola quasi strozzare con la saliva.
I due si scambiarono una rapida occhiata mentre la vedevano impallidire sempre più, senza emettere più un suono. Frances serrò le labbra, emettendo uno sbuffo sonoro.
<< Mi è passato di mente, daddy… >> mormorò, affranta, mordendosi un labbro << … Altrimenti ve l’avrei detto! >> rincarò, voltandosi verso Zayn con un sincero sguardo di scuse – ed effettivamente aveva un rendimento scolastico che non faceva presagire volesse nascondere alcunché.
<< Non preoccuparti… >> le rispose Liam, con un sorriso tranquillo << … Il professor Reynolds ci ha avvertiti ed abbiamo fatto quattro chiacchiere niente male… >> continuò, scambiando un’occhiata significativa con Zayn, preso a versare dell’altro sciroppo d’amarena sui pancakes ancora tiepidi << … Dice che non ci sono problemi, che sei educata e rispettosa, che sei una ragazzina brillante e schietta, partecipi con entusiasmo alle attività scolastiche e dai una mano, se necessario… >> prese un bel respiro, guardando la sua piccola con quanta più affezione riuscisse a mettere nei suoi grandi e limpidi occhi marroni << … Ma… >>
<< … Ma? >> lo anticipò lei, sgranando gli occhi.
<< … Ma dice che sei un po’ distratta, ultimamente. >> concluse Zayn, spicciolo, incrociando le braccia al petto e squadrando la ragazzina con un pizzico in più di serietà che gli fece brillare gli occhi ancora più cupamente del solito << E si chiedeva a cosa fosse dovuta, se… Magari ci fossero stati dei problemi, o… >>
<< Io… >> tentò di dire lei, svelta.
Forse troppo.
<< Abbiamo assicurato al professor Reynolds che a casa è tutto a posto, non siamo di certo noi a renderti così… Distratta, ecco! >> ripeté Liam, sorridendole appena visto che aveva notato un riflesso preoccupato negli occhi di lei che poco gli piaceva << Quindi ci chiedevamo se fosse successo qualcosa, al di fuori, magari a scuola… Se tu volessi parlarcene, ecco! >>
Frances socchiuse gli occhi, prendendo un bel respiro; dopodiché si alzò in piedi, facendo grattare malamente la sedia sul pavimento. Zayn lanciò un’occhiata ammonitrice a Liam, il quale, seduto dall’altra parte del tavolo, non accennava a volersi muovere.
<< Daddy, io non ho fatto niente, giuro… >> disse la ragazza, in tono vagamente agitato, lanciando occhiate ad entrambi, quasi stesse studiando in contemporanea le reazioni di tutti e due.
<< Amore, non ti stiamo accusando di nulla! >> le rispose Liam, alzandosi e stringendole le spalle con un braccio << Ci chiedevamo solo se fosse tutto a posto, visto che… >>
<< Sì che lo è! >> confermò lei, abbozzando un sorriso che nascondeva un’ombra di preoccupazione – cosa che non sfuggì a Zayn, visto l’occhiata penetrante che le lanciò subito dopo.
<< Noi ci fidiamo di te. >> aggiunse infatti un secondo dopo, squadrando la figlia con un sorriso aperto, sperando che le portasse via quel velo di ansia che le leggeva negli occhi e che poco gli andava a genio.
<< Esattamente! >> concordò Liam, scoccandole un bacio in testa e abbracciandola stretta, permettendole di nascondere il viso nell’incava della spalla e di mugugnare qualcosa di indistinto che tanto somigliava ai capricci incomprensibili che emetteva da bambina quando non voleva andare a dormire e allora gli si aggrappava addosso come una piccola scimmia insolente; quando si discostarono, le carezzò i capelli lunghi e lisci, dandole un leggero buffetto sul naso << Ma sappi che qualunque cosa, noi… >>
<< Lo so, daddy… >> Frances strusciò la punta del naso contro quella dell’uomo, scoppiando poi a ridere di gusto, quando lui glielo morse giocosamente; si volse, quando avvertì dei passi alle spalle e sorrise ancora, buttandosi tra le braccia di Zayn, che la prese prontamente in braccio, baciandole la fronte.
<< Non sei un po’ cresciutella, mh? >> la prese in giro il moro, poggiandola infine a terra e scompigliandole i capelli.
La ragazzina fece un prepotente segno di diniego con la testa, pretendendo un bacio sulla guancia – cosa che non le venne comunque negata, e quando mai?
<< Ed ora fila a prepararti, tesoro, o faremo tardi! >> ci tenne a precisare Zayn, spingendola verso la porta della cucina; la vide scomparire in corridoio, diretta al bagno, e solo allora emise uno sbuffo soddisfatto, voltandosi verso colui che ancora lo stava fissando, un sorrisetto indisponente a curvargli le meravigliose labbra carnose: Liam inarcò un sopracciglio, senza comunque dire una parola.
<< La vizi troppo. >> lo accusò immediatamente Zayn, prendendo i piatti dalla tavola e poggiandoli nel lavandino.
Il borbottio sommesso del compagno lo costrinse a voltarsi; e quando vide Liam squadrarlo fisso con un cipiglio poco rassicurante si costrinse a mantenere un certo tono, anziché deglutire come il buon senso gli suggeriva invece di fare.
<< Cosa c’è? È la verità! >>
<< Ah sì? >> lo prese in giro Liam, avanzando con le tazze e la spremuta, che pose sul ripiano vicino al lavandino << E chi è che le ha regalato, ultimamente, cinque paia di pantaloni solo per non farla sentire in imbarazzo nello scegliere il colore, mh? >> sottolineò con una voce da presa in giro, godendosi lo sbalordimento negli occhi dell’altro << O che le ha concesso di dormire a casa di quella Janeth… >>
<< Jade… >>  lo corresse Zayn con un sorrisetto, appoggiandosi di schiena al ripiano della cucina, i palmi poggiati lungo il bordo.
<< … O che le insegna a mordermi quando… >>
<< Nah, ti sbagli! >>
<< Le insegni anche questo? A mentire? >> lo stuzzicò Liam, ad un centimetro dal suo naso.
Zayn fece la spola tra i suoi occhi e la sua bocca, mentre un istintivo sorrisetto gli curvava le labbra e una miccia gli stava esplodendo, al centro esatto del petto.
Era lì che risiedeva – almeno stando ai calcoli che aveva fatto in tutti quegli anni, calcoli sbagliati senza dubbio – quel che sentiva, o comunque… Tutto quello che non riusciva mai a gestire.
E Liam era sicuramente in quel gruppo di cose.
<< Io non le insegno a mentire, Payne. >> rimarcò, deciso, avvertendo sul suo viso il respiro di Liam, che sapeva della colazione appena fatta << Semplicemente le insegno a cavarsela, il che è diverso. >> concluse, con fare provocatorio, discostandosi nel momento esatto in cui l’altro si stava pericolosamente avvicinando.
Ridacchiò, avvertendone la frustrazione mal tenuta a freno, poi si diresse verso il frigo per prendere una bottiglietta d’acqua.
<< Quindi pensi anche tu che stia mentendo? >> fu la domanda che gli giunse immediatamente, seccata e precisa al punto giusto, nel perfetto stile di Liam Payne.
Zayn si volse, annuendo di sfuggita e scuotendo il capo. << È palese. >> asserì.
L’altro lo ricambiò con un sorriso mesto, mentre sentiva il cuore salirgli in gola e poi capitombolargli giù nello stomaco, ogni volta con intensità maggiore – in risposta a quegli scoordinati battiti cardiaci che quasi non lo lasciavano respirare.
<< Pensi… >>
<< Nah. >> rispose prontamente Liam al tentativo di domanda da parte dell’altro; attese che Zayn avesse bevuto dalla bottiglietta per proseguire << Probabilmente sono solo questioni sciocche da ragazzini, niente che non possa risolvere da sé… >>
<< Ne sei certo? >> domandò il moro, scettico.
Liam rise, divertito. << Non eri quello che le insegnava a cavarsela da sé, tu? >> frecciò.
Zayn sgranò le palpebre, schiudendo le labbra con aria colpita.
Un rumore di passi li interruppe, facendoli sobbalzare.
Frances si precipitò in cucina, la tracolla azzurra al fianco, in perfetta sintonia con i jeans e la magliettina blu che aveva deciso di indossare quella mattina.
La frangia di capelli le ricopriva sbarazzina la fronte, mentre le code ai lati della testa – legate da due sottili laccetti neri – le ricadevano lisce lungo il viso, superandole le spalle. Il suo solito sorriso era rinfrescato dal visino pulito e rimesso a nuovo dalla visita appena fatta in bagno.
<< Sei pronta? Hai preso tutto? >> domandò Zayn, avviandosi alla porta di casa per recuperare le chiavi della macchina: mise tutto nella tasca della giacca che aveva deciso di indossare quella mattina, mentre controllava i documenti nel portafogli << Possiamo andare? >> domandò poi alla ragazzina, che annuì vigorosamente.
Frances scoccò un sonoro bacio sulla guancia di Liam, sorridendo all’usuale ‘Comportati bene’ che lui era solito sussurrarle ogni mattina prima di salutarla.
Andò diretta all’uscita, facendo scattare la serratura e attendendo di essere raggiunta dal suo papi – che nell’arco di pochi secondi le fu vicino, richiudendosi la porta alle spalle.
Frances gli rivolse un mezzo sorriso bieco, che lui ricambiò immediatamente, mentre scendevano i tre scalini che li separavano dal giardino per andare a prendere la macchina parcheggiata invece lungo il marciapiedi.
Era proprio vero allora: quando si era con la persona che si amava si aveva quell’espressione così… Strana. Lei l’aveva sempre notata.
O nel modo che aveva sempre il suo daddy di sorridere.
Ma anche nella lucentezza che avevano gli occhi del papi, nei momenti più inaspettati.
Salì in macchina, constatando che, effettivamente, quel modo di brillare i suoi occhi non l’avevano mica perso.
E che probabilmente, il daddy ancora stava sorridendo, mentre finiva di prepararsi per andare a lavoro.
Frances sorrise a sua volta, allacciandosi la cintura di sicurezza e poggiandosi comodamente contro il sedile.
<< Perché sorridi? >> fu la domanda che le rivolse Zayn, immettendosi nel traffico e rivolgendo una rapida occhiata divertita.
La ragazzina fece spallucce, placida. << Sono felice, papi. >> ammise, più a se stesse che non a lui.
L’uomo si morse un labbro, non trovando di meglio da rispondere ad una schiettezza così limpida e disarmante.
Veritiera più di ogni altra cosa.
 
 
 
 
L’auto si fermò sul ciglio del marciapiede, senza che il motore venisse spento.
Zayn abbassò il finestrino, prendendo una buona boccata d’aria, mentre sentiva la cinta di sicurezza sul sedile accanto al suo che veniva slacciata.
Si volse appena in tempo per ricevere il frettoloso bacio sulla guancia che gli venne dato di corsa da una Frances alquanto concitata.
<< Buona giornata, tesoro… >> mormorò, abbracciandola leggermente e ridendo del modo in cui le sue lunghe code rischiavano sempre di accecarlo.
<< Grazie! Anche a te, papi! >> urlò la ragazza scendendo dall’auto e sbattendo lo sportello con forza. Si volse, muovendo qualche passo avanti verso il cortile della scuola, ormai affollato di ragazzi in attesa del suono della campanella.
<< Frances? >> la richiamò l’uomo, sporgendosi sul sedile e sbirciando attraverso il finestrino semi abbassato.
La ragazzina arrestò di scatto la sua corsa, voltandosi con furia. << Sì? >> quasi urlò, per sovrastare il chiacchiericcio della folla che la circondava.
<< A che ora finisci oggi? >>
Lei sembrò rifletterci qualche secondo, poi emise uno sbuffo, aprendo la tracolla ed estraendone una piccola agendina rossa. La sfogliò in pochi secondi, fermandosi a leggere qualcosa. Zayn l’osservò, mentre bisbigliava tra sé e sé, mordendosi un labbro.
<< Per le quattro, penso… >> strillò ancora, solo qualche secondo dopo, mentre rimetteva a posto l’agenda e si sistemava la tracolla al fianco.
Il moro sorrise, vedendosi ricambiato con enfasi. << Probabilmente non farò in tempo a venirti a prendere, in quel caso dirò a… >>
<< Oh no! >> Frances corse nuovamente in avanti, abbassandosi sul finestrino semiaperto del passeggero e agganciando lo sguardo dell’uomo con uno a dir poco inesplicabile << Cioè, volevo dire… >>
<< Non credo che a daddy Liam dispiacerà passarti a prendere, sai? Anche perché credo dovesse andare a fare la spesa e… >>
<< Ma non ce n’è bisogno! >> esplose Frances con un sorriso immenso, assumendo poi di colpo un’espressione seria e concentrata << Il fatto è che dopo scuola devo… Devo… >>
<< … Devi cosa? >> la riprese Zayn, incuriosito; il suo tono secco e tagliente – oltre che gentile e calcolato – la lasciò un attimo spiazzata prima che si decidesse a deglutire e poi sfoderare un’espressione seria e giudiziosa – una di quelle davvero poco credibili ma che era meglio lasciar correre, almeno per il momento.
<< Io e una mia compagna del corso di biologia avevamo pensato di fare un giro al centro e io ho accettato… >> attaccò la ragazzina, in tono serio e convincente, senza staccare gli occhi da quelli del suo adorato papi – sapeva, per esperienza, che mostrare incertezza di fronte a quegli occhi neri e vorticosi era come concedergli la vittoria senza nemmeno bisogno di sforzi << … Non faremo tardi, prometto! Giusto un giro per negozi e poi mi riaccompagna lei a casa! >>
Frances si zittì, sfoderando un sorriso luminoso; Zayn la squadrò senza parlare, prima di acconsentire e scatenare in lei una pioggia di urletti entusiasti e felici insieme.
Rise di gusto, poi si schiarì la voce. << Ma non tardare per cena, d’accordo? >>
La ragazzina dissentì, emettendo un ultimo schiamazzo gioioso; quando il suono della campanella li interruppe di botto, fu costretta a bloccarsi, riprendere una parvenza di normalità e poi incamminarsi verso l’entrata, mentre vedeva la macchina che l’aveva accompagnata immettersi nel traffico e scomparire velocemente dalla sua vista.
Prese un bel respiro, facendosi largo tra la folla di studenti che affollavano l’entrata ed i corridoi e arrancando quanto più veloce possibile verso il suo armadietto.
Lo aprì di corsa, imprecando mentalmente non appena si rese conto che non era lì che avrebbe trovato il manuale di storia per la lezione del giorno. E conoscendo il prof le avrebbe riservato una sgridata coi fiocchi.
Sbuffò, sbattendo lo sportello dell’armadietto e appoggiandosi ad esso con la schiena. Chiuse gli occhi, sospirando e buttando fuori l’aria che le stava confondendo i pensieri.
Un sorrisino lieve le attraversò le labbra, poco prima che qualcuno le battesse un colpetto sulla spalla: si ridestò di colpo, scoppiando in una mezza risata che le fece rimbalzare il cuore e le creò uno strano sfarfallio allo stomaco.
Strano ma piacevole.
Schifosamente piacevole.
Due occhi di un chiaro colore verde – quasi azzurro – la stavano fissando con uno strano scintillio, un qualcosa di così semplice ma singolare da annebbiarle un momento il cervello. Si ritrovò senza una parola da dire nemmeno quando le venne rivolto un chiaro saluto.
<< Ehm, ciao… >> balbettò invece, tirandosi per bene in piedi e aggiustandosi la tracolla al fianco.
Incrociò le braccia al petto, osservando il ragazzo che le stava a poco meno di mezzo metro e trafficava con i libri nell’armadietto: Noel aveva da poco cominciato a frequentare il suo corso di storia ed inglese dopo i genitori si erano trasferiti da Brighton per lavoro, ed era probabilmente uno degli studenti più brillanti della classe. Si era ambientato bene, i professori sembravano adorare le sue relazioni dettagliate e le sue risposte sempre azzeccate – così come le sue compagne sembravano amare al massimo i suoi lisci capelli scuri che gli coprivano la fronte ed il suo solito profumo di fresco, di doccia appena fatta, di cornetto, quello che mangiava ogni mattina a colazione prima di entrare, o di vaniglia, quella emanata dai suoi vestiti.
E Frances li aveva notati tutti, questi particolari; uno ad uno, senza tralasciare nulla che all’apparenza potesse sembrare insignificante: dal modo che aveva di prendere appunti, con un braccio poggiato sul banco e l’altro stranamente penzoloni, al fatto che a mensa non prendesse mai il succo d’ananas ma sempre quello d’arancia; non le era rimasto indifferente il sorriso che faceva quando leggeva qualcosa in cortile, con gli occhi bellissimi a di quel colore strano incollati alla pagina, o nei momenti in cui raccontava della sua città natia, del mare, della brezza fresca che sapeva di sale.
Ed in tutti questi istanti – che poi si erano andati ad assemblare in lei in un modo tutto loro e secondo una tempistica ancora tutta da chiarire – Frances non aveva fatto altro che avvicinarsi a lui e cercare di capirci qualcosa, vincere la strana timidezza che a volte la prendeva quando si rendeva conto che lui le stava parlando e magari far emergere quella parte di sé un po’ più intraprendente e spigliata. Uno strano istinto la guidava sempre, in ogni mossa in cui lui fosse coinvolto; era piacevole, ma anche tanto strano, quasi quanto il rossore che spesso le si formava sulle guance quando pensava ad un particolare della giornata passata ed allora il suo viso le compariva in testa d’improvviso.
<< Tutto bene? >> le chiese Noel a quel punto, chiudendo il suo armadietto e squadrandola con uno sguardo indagatore.
Frances annuì, seppure non fosse propriamente convinta.
<< Pronta per il test? >>
<< Che test?! >>
<< Quello di storia… >> rispose cauto il ragazzo, vedendola impallidire a mano a mano mentre si portava una mano alla bocca << … Non… Non te lo ricordavi? >>
Frances si sent sprofondare: il professor Reynolds aveva detto a daddy e papi che era distratta?! Beh, a quel punto come avrebbe potuto più negare?
Aveva totalmente dimenticato di quel compito in classe, ed ora solo le tornava alla mente il fatto che anziché studiare, il pomeriggio precedente, aveva passato molte ore a fantasticare sul letto come una scema, mentre sfogliava gli appunti di inglese che Noel gentilmente le aveva prestato per recuperare alcuni capitoli importanti.
Si sarebbe presa a schiaffi da sola, se avesse potuto.
Fissò gli occhi in quelli del ragazzo, sentendo le guance diventare di riflesso rosse; abbassò lo sguardo al pavimento, imprecando mentalmente sia per quella distrazione stupida che le sarebbe potuta costare la media scolastica sia per la pessima figura che stava facendo con lui.
Il suono di una seconda campanella li fece sobbalzare, mentre gli studenti attorno a loro si disperdevano verso le aule.
<< Prenderò un pessimo voto… >> sospirò, afflitta, tentando di non farsi prendere dal panico << … E finirò nei casini… >>
Oh sì che ci sarebbe finita quando daddy l’avrebbe scoperto.
Ed a nulla sarebbe valso cercare di addolcire anche il papi… Proprio no.
<< Non vederla così nera… >> le disse lui, camminandole di fianco << … Sei una studentessa troppo brillante per non ricordare nulla, non ci credo! A lezione sei sempre così attenta, e non credo che le domande di questo test potranno metterti in difficoltà, sai? Sei intelligente, sai fare collegamenti e saprai… >>
<< E tu queste cose come le sai? >> lo interruppe Frances di punto in bianco, bloccandosi e fissandolo con due occhi tremendamente confusi << Tu… >>
Noel rimase immobile, scrutandola con un che di interrogativo, come se non capisse come mai le sue parole potessero averla così colpita, evidentemente non si rendeva conto di quanto le avessero aperto a poco a poco un varco nello stomaco, un varco così sottile ma deciso che l’aria sembrava aver fatto difficoltà a passare e ossigenarle il cervello – quello che sì, si inceppava sempre quando lui era nei paraggi.
<< Ti ho osservata a lezione. >> ammise Noel, facendo spallucce.
Oh cazzo, si lasciò scappare Frances mentalmente, mentre si sentiva sorridere senza nemmeno un motivo valido.
Sei una cretina, le ricordò la coscienza, ammiccando di riflesso a quel turbine nello stomaco che sembrava essere diventato un uragano incontrollabile.
<< E sono convintissimo che riuscirai a cavartela egregiamente! In ogni caso… Sediamoci vicini, semmai ti passo qualche risposta… >> si propose lui, riprendendo a camminare nel corridoio semideserto.
La ragazza rimase imbambolata per qualche secondo prima di affiancarlo – il cuore tamburellante forte in petto e l’ansia di poco allentata. Si perse a studiargli il profilo del viso, mentre contava i minuti che la separavano dalla fine delle lezioni di quel giorno.
Era ansiosa, troppo ansiosa…
<< Sei pronta per dopo? >> le chiese di punto in bianco, quando si trovarono di fronte alla porta della classe di storia: qualche studente era già entrato, qualcuno si attardava ancora fuori – magari nella speranza di sentir gridare la notizia che il prof fosse inciampato per le scale e non potesse presentarsi proprio quella mattina.
Frances sbatté le palpebre, scontrandosi con gli occhi chiari di Noel: vi affogò qualche secondo che le parve interminabile prima di annuire con un gran sorriso.
<< Fantastico! Vedrai che ci divertiremo! >>
Ed effettivamente, un pomeriggio al parco acquatico non sembrava affatto male. Quando lui gliel’aveva proposto, solo qualche giorno prima, lei si era trovata in non poca difficoltà nel pensare a cosa avrebbe dovuto rispondere: se da una parte avrebbe voluto andare con tutta se stessa, dall’altra sapeva che dirlo a daddy e papi non sarebbe stato affatto semplice.
Ed alla fine aveva accettato di andare – anche di buon grado – visto che Noel aveva promesso che li avrebbe accompagnati sua madre e che la stessa li sarebbe andati a riprendere e si sarebbe volentieri proposta di riportarla a casa. Frances si era quindi trovata nella spiacevole situazione di non sapere bene che fare… E probabilmente quella piccola bugia bianca che aveva rifilato al suo papi quella stessa mattina prima di entrare a scuola non sembrava poi tanto grave, no? Gli aveva detto che sarebbe andata in alcuni negozi in centro con un’amica… Cosa cambiava se invece fosse andata al parco acquatico con Noel?!
La certezza di non star facendo nulla di male – nel complesso – la tranquillizzava un po’ dall’aver detto una bugia, quando poi lei non ne aveva mai dette, nemmeno da bambina. In realtà, però, avvertiva una strana sensazione se ripensava al fatto che stava mentendo sia al daddy che al papi in modo così spudorato… Avvertiva una qual sorta di senso di colpa che non la lasciava proprio andare, nemmeno se si concentrava sugli occhi di Noel come stava facendo in quel momento.
<< I tuoi hanno detto di sì, quindi? >>
Frances sbiancò di colpo, presa in contropiede. << C… Chi? >>
<< Tua madre e tuo padre, no?! Sono contento che ti abbiano dato il permesso! >>
Noel le batté giocosamente una mano sulla spalla, facendole un occhiolino, dopodiché entrò in classe, lasciandola con lo sguardo basso e la voglia di scappare il più lontano possibile.
Altro che parco acquatico e pomeriggio divertente… Perché le sembrava tutto improvvisamente così sbagliato?
 
 
 
 
Cammina spedita al fianco del suo daddy adorato.
La sua piccola manina è stretta nella sua, mentre con l’altra stringe il gelato che ha voluto a tutti i costi per fare merenda.
Come al solito, si è sporcata tutta con la crema ed il cioccolato – lo capisce da come le guance sono diventate improvvisamente appiccicaticce. Libera la mano da quella del suo daddy, passandosela distrattamente sulla faccia e sporcandosi ancora di più.
<< Frances, ma che combini? >> e la risata del suo daddy è così forte e chiara che anche lei ride di rimando; lui le si inginocchia di fronte, estraendo dalla tasca un fazzoletto pulito ed imbevendolo con dell’acqua che versa con parsimonia dalla bottiglietta che si porta sempre appresso: glielo passa sul viso, ridendo distrattamente alle smorfie di lei.
<< Sono pulita, daddy! >> esclama la bambina poco dopo, visto che lui non accenna a mollarla.
Si costringe ad aprire la bocca e mordergli giocosamente un dito, mentre lo sente sibilare lievemente contrariato.
Ammicca, Frances, quando la lascia finalmente libera e la scruta con uno strano cipiglio curioso.
<< Signorina, è la seconda volta che tenti di mordermi nell’arco di una settimana, sai? Non è bastata l’altra sera al parco giochi, mh? >> dice, e pare quasi offeso se non fosse per quel suo sorriso aperto che lo accompagna sempre.
Frances non ricorda una sola volta in cui suo amato daddy – quello che le legge le favole prima di andare a dormire o le permette di aiutarlo a preparare i biscotti la domenica mattina – non abbia avuto quell’espressione bellissima e dolcissima, e solo per lei. Gli occhi gli si illuminano quando la guarda, brillando come le luci che le ha insegnato a riconoscere in cielo e che riconosce grazie alla distanza delle dita, quando si siede sulla cassapanca sotto la finestra e fissa il cielo, prima di andare a dormire.
Gli si butta addosso, abbracciandolo stretto e lasciandogli tanti baci umidi ed appiccicaticci di gelato sulla guancia, mentre Liam la stringe di rimando, lisciandole le codine castane ai lati della testa.
Inspira sui suoi capelli, mentre il profumo dello shampoo ai frutti che usa per lavarle i capelli gli invade il naso, portandolo istintivamente a sorridere. Zayn non lo ama particolarmente, ed ogni volta è una lotta convincerle a comprarlo – nelle rare volte in cui è lui ad andare a fare la spesa – visto che, si sa, preferisce di gran lunga quello alla camomilla.
A dir la verità, Zayn ama la camomilla in ogni caso, specie prima di andare a dormire, quando si siede sul divano e comincia a sfogliare l’agenda in vista degli impegni dell’indomani con una tazza fumante in mano ed una sigaretta tra le labbra – che tiene lì tanto per vizio, Liam ormai lo sa che se la fumerà solo più tardi, alla finestra della loro camera, con l’arietta fresca che un po’ gli scompiglia i capelli ed un po’ fa vagare quel cazzo di fumo per tutta la stanza.
Liam pensa a tutto questo mentre Frances gli è ancora attaccata, davvero molto restia a mollarlo e continuare la loro passeggiata; le scocca un ultimo bacio in testa, prima di rialzarsi in piedi e afferrarle la mano libera.
<< Michael! Michael! Attento, non correre! >>
Ed è d’improvviso che un fulmine lo investe in pieno, andando a sbattere contro le sue gambe.
Liam vede un bel bambino biondo – deve avere l’età di Frances, non di più – rimbalzare contro il suo ginocchio e poi cadere a terra con un tonfo sordo. Non fa in tempo nemmeno a pensarlo che il piccolo si rialza, guardandosi intorno con apprensione: si tocca un braccio, mentre gli occhi gli si riempiono di lacrime.
<< Ti sei fatto male? >> domanda dolcemente Liam con un sorriso, mentre Frances passa lo sguardo dall’uno all’altro senza capirci un granché.
<< Michael! >> urla una donna d’improvviso: si precipita in mezzo a loro, inginocchiandosi di fronte al bambino e prendendogli il braccio che questi sta tenendo con tanta sofferenza, nemmeno pare accorgersi dei due che sono rimasti in silenzio a guardare fino a quel momento << Non correre mai più! Promettilo, Michael! Buon Dio, mi è quasi preso un infarto, io… >>
<< Va bene, mamma… >> risponde l’interpellato, tirando su con il naso, facendosi scappare anche qualche lacrima.
<< Giuralo! Dio, non so che avrei detto a tuo padre se fosse successo qualcosa… >>
<< Sì, mamma… >>
Il bambino chiamato Michael sospira, rendendosi conto solo in quel momento di essere osservato.
<< Tutto bene? >> interviene Liam a quel punto, facendo un passo in avanti e cercando con lo sguardo quello della donna ancora inginocchiata a terra << Il suo bambino sta bene? >>
Questa sobbalza non appena si rende conto che qualcuno le ha parlato, e scatta subitamente in piedi, portandosi una mano sul petto per la sorpresa non appena incontra gli occhi castani di Liam, sorridente come sempre.
<< Tutto a posto? >> chiede di nuovo lui, gentilmente.
La donna annuisce, lasciandosi finalmente sfuggire un sorriso. << Sì, grazie! Quando l’ho visto correre via mi è preso un colpo! Ogni tanto capita… >>
<< I bambini sono imprevedibili… >> concorda Liam, lanciando un’occhiata a Frances, che se n’è rimasta muta fino a quel momento, ha perfino smesso di mangiare il gelato << … Ma l’importante è che non si sia fatto nulla! >>
<< Per fortuna no! Grazie… >>
La donna fa un ultimo sorriso, dopodiché prende per mano il bambino di nome Michael e si allontana tra la folla, mentre ancora lo rimprovera e si dispera.
Liam si lascia sfuggire un sospiro stanco, prima di gettare un’ulteriore occhiata a Frances; inarca un sopracciglio quando si rende conto che il suo visino è attento ed il suo sguardo fisso davanti a sé, il gelato le è scivolato di mano e la sua piccola bocca rosa è stesa in una posa nervosa.
Lentamente le si inginocchia vicino, per poterla guardare in viso.
E quando incontra i suoi occhi si rende conto che sono scuri, più del solito, il marrone è diventato quasi nero, pare concentrata a pensare a chissà cosa di tremendo ed inspiegabile, quasi si preoccuperebbe se non fosse che la piccola gli afferra la mano, stringendola con le sue, piccole e calde.
Liam ricambia la stretta, sorridendole e lasciandole un leggero bacio sulla guancia che lei ricambia prontamente.
<< Daddy? >>
<< Sì, amore… >>
Lui l’osserva attentamente, attendendo che parli: le sistema le codine ai lati della testa e la fa sedere su una delle sue ginocchia – pure se in quella posizione, accovacciato in mezzo alla strada e con tutto il peso sui talloni, non è proprio la migliore delle soluzione.
Ma lui non sa dirle di no, lo sanno entrambi. Non l’ha mai fatto e mai lo farà. Non riuscirebbe mai e poi mai a veder spegnersi quel sorriso che invece le aleggia sempre sul viso e che la rende la bambina più bella e vivace del mondo, la più rompiscatole ma anche la più dolce – specie quando gli si avvicina come in quel momento, con delicatezza e attenzione, per accertarsi di avere tutta la sua attenzione.
Frances è gelosa di lui, Liam lo sa.
Lo sa perché si rende conto del modo che ha di guardarlo e prestargli sempre attenzione, per assorbire ogni suo parola e farne tesoro; lo sa quando la vede corrergli incontro quando si rivedono dopo un’intera giornata e poi la sente mormorargli un morbido ma incisivo “Mi sei mancato, daddy”; lo sa dal modo che ha di stringergli sempre la mano prima di addormentarsi, come ad essere sicura che lui sarà comunque lì a proteggerla, anche nel sonno o magari – come le piace credere – da qualcuno di quegli strani mostri che si ostina a pensare possano appostarsi sotto il suo letto per farle dispetto la notte.
Liam lo sa e basta, se lo sente, e quella sensazione che prova da quando Frances è entrata a far parte della sua vita non si spegne mai, non lo lascia respirare mai, lo alimenta e gli dà la forza di fare tante di quelle cose che non avrebbe mai creduto possibile. A volte si rende conto che è probabilmente una persona migliore da quando lei gli ha insegnato il valore di tante piccole cose, che vuole esserlo per lei, che vorrebbe darle tutto in un solo istante, solo per saperla al sicuro e felice e che se solo pensa alle sorprese che potrebbe rivelarle la vita si sente male – riuscirà questa vita a non ferirla troppo e a non lasciarla con l’amaro in bocca? Purtroppo non sa trovare una risposta a questi quesiti che lo tormentano – e gli viene da ridere se pensa alle facce che sa fare Zayn quando gliene parla.
Zayn, che è una di quelle persone che sanno capirti con un’occhiata, e Liam questo lo sa: anticipa le domande con la presenza dei soli occhi felici che ha, conosce già la risposta ancora prima che uno l’abbia pensata.
E forse Frances ha carpito proprio da Zayn quella grande capacità di scavargli dentro e confonderlo, pensa Liam mentre la bambina ancora lo fissa, con un piccolo sorriso a incurvarle le labbra e le guance poco sollevate verso i piccoli zigomi tondi.
<< Daddy… Cos’è una mamma? >> domanda di punto in bianco Frances, indagandolo con i suoi enormi occhi scuri.
Liam trattiene il fiato, momentaneamente disorientato, mentre un casino di pensieri gli si accavallano in testa, senza che abbia la possibilità di rimettere subito tutto in ordine.
Boccheggia per qualche secondo, prima di trarre un profondo respiro e ricambiare fiducioso lo sguardo esitante di Frances. Lui ha sempre tutte le risposte per lei, anche questa volta deve, no?
Certo, riesce a leggerglielo nell’espressione sinceramente curiosa di bambina che non rimarrà soddisfatta fin quando non le avrà dato una risposta che le parrà almeno un poco soddisfacente.
<< Una mamma è una persona… Una persona che… >>
<< Perché quel bambino ce l’ha ed io no? >> lo interrompe a quel punto lei, arricciando il naso e spingendo le sue manine soffici sulle sue guance: la pelle delicata fa attrito contro la sua barba appena accennata, la piccola ride, lasciando che lui le morda dolcemente la punta del naso.
Gli piace farlo, piace anche a lei. E Liam sa bene che ormai quella bimba ha il vizio di mordere qualsiasi cosa le capiti a tiro – chissà chi glielo ha insegnato, si ritrova a ragionare, come sempre.
<< Uhm, beh… >>
Ed improvvisamente si rende conto di non avercela, una fottuta risposta.
Come può spiegare ad una bambina perché gli altri hanno una mamma e lei no? E come può mai farle comprendere un concetto del genere quando perfino persone più grandi e all’apparenza più mature di lei non riescono? Come fa a dirle che secondo lui non esistono queste distinzioni fra categorie di persone, che un bambino può avere una madre o un padre come può avere allo stesso modo due padri o due madri, o anche… Chi lo dice che dobbiamo essere tutti uguali? Sì, una madre – almeno biologicamente – è colei che ti porta in grembo, che ti nutre per nove mesi, che è destinata ad amarti per tutta la vita, ma… Chi lo dice che non sia una madre anche colei che ti cresce? Che ti sostiene nei momenti di crisi, che ti appoggia, che conosce ogni cicatrice di te, la prima parola detta, il primo dente caduto, il primo graffio, il primo pianto? Che ti vede addormentarti la sera, che ti liscia i capelli alla mattina quando fai colazione e sei ancora scosso dal sogno della notte precedente; che ti parla e ti ascolta, ti sgrida e ti insegna, che ti conduce ma si fa allo stesso tempo guidare senza chiedere niente in cambio che non sia il tuo smisurato amore; che ti conosce. Ecco il punto.
E Liam vorrebbe raccontarlo, alla sua bambina – perché, cazzo, non l’avrà portata in grembo per nove mesi, ma quella è la sua bambina – che sì, nella vita non sono tutti fortunati da averla, una madre.
Lui non l’ha avuta, per esempio.
Lui non ha potuto scegliere se averla o meno, lui semplicemente si è ritrovato, un bel giorno, a doversi chiedere cosa fosse meglio per sé. Senza che nessuno potesse guidarlo o spiegargli che stava sbagliando. Si è ritrovato a farle da solo, le proprie scelte, a sentirsi libero di pensare e decidere con la propria testa, a sentirsi una persona in grado di prendere delle decisioni che fossero sensate o meno.
Si è trovato nella posizione di dover diventare un uomo senza che qualcuno lo facesse rialzare nelle tante cadute che gli erano capitate, nelle tante spinte prese nella sconfusionata folla della vita, quella che l’ha appagato e schiaffeggiato nello stesso momento, che l’ha sostenuto ma anche massacrato, il più delle volte. La stessa folla in cui, in ogni caso, ha intravisto qualcuno che gli è sembrato  fin troppo affine.
Qualcuno che è sembrato avere il suo stesso spirito ed il suo medesimo desiderio di comprensione.
Zayn gli è sembrato così la prima volta che l’ha visto – quando ha a poco a poco capito che non era poi così diverso da quello strano ragazzo dalla pelle di una strana tonalità olivastra brillante e gli occhi che parevano desiderosi di bucare la luce, con quel bagliore di oro e di rame che non li abbandonava mai.
Liam lo ha capito da solo, tutto questo. Lo ha sentito sulla propria pelle e sugli sguardi del resto della gente – quella che non ha mai capito, come suo padre, quella che è sempre stata solo curiosa, quella che non lo hai mai accettato e nemmeno mai lo accetterà, quella che, come Frances in quello stesso momento, gli sta solo chiedendo il motivo di quella diversità che in fondo è solo ricchezza.
Con gli occhi lo sta implorando di sanare quel vuoto che avverte, che è inspiegabile ma allo stesso tempo sembra così semplice da esplicare. Cosa dovrebbe dirle? Che visto che non ha una madre – almeno legalmente parlando – ha qualcosa di sbagliato che non va? Che chiunque la guarderà in modo diverso per questo?
Dove sta scritta una cosa del genere?
Liam se lo chiede e non sa darsi una spiegazione valida. Anzi, in cuor suo ha sempre saputo che prima o poi Frances gli avrebbe posto tale quesito.
Perché io no e gli altri sì?”, è sempre questo il problema, dopotutto.
<< Frances… >>
<< Anche gli altri bambini a scuola a volte lo dicono, daddy… >> afferma lei dopo una pausa d’esitazione in cui i suoi grandi occhi saettano di una scintilla che lui non gli ha mai visto.
<< Cosa… Cosa dicono? >> le chiede difatti Liam, accarezzandole teneramente una guancia e sorridendole.
La piccola ricambia, prendendo fiato come per fare chissà che grande discorso.
<< Dicono della mamma! Ma io non so cosa sia, e… Perché io no e gli altri sì?! >>
Appunto.
Liam sospira, cambiando ginocchio su cui appoggiare tutto il peso e spostando Frances sull’altra gamba.
La osserva attentamente, tentando di scegliere le parole più corrette tra quelle che la sua testa gli propone, pure se pensare di farle un tale discorso gli pare quanto mai improponibile. Lei lo guarda come se si trattasse di un giocattolo facile da acquistare, come se stessero facendo un discorso molto sbrigativo su un oggetto facile da reperire. Quando non è così, in realtà… Eppure nella sua mente non gli pare nemmeno tutto così complesso, no?
<< Beh, tu hai… Tu hai me ed il papi, no? >> le rilancia, serio, scandagliando i suoi occhi per coglierne anche il minimo bagliore di incertezza.
Frances pare rifletterci qualche secondo per poi annuire, mesta.
<< Vedi, amore, quello che i bambini a scuola dicono non è del tutto sbagliato, sai? Alcuni di loro non sono come te che hai me ed il papi, bensì… Beh, semplicemente vivono in un modo diverso! Hanno una mamma ed un papà, e… >>
La bambina pare rifletterci un attimo, mentre si tortura il mente con le piccole dita.
<< E noi possiamo comprare una mamma? >> dice poi, divertita e risoluta insieme.
Liam ridacchia, dandole un buffetto sulla guancia.
<< No, tesoro, non possiamo… Però, beh… Possiamo provare ad essere felici! >>
<< E che vuol dire, daddy? >>
Liam sorride, guardandola fiducioso. << Tu cosa pensi voglia dire? >>
Frances sembra soppesare la domanda per un’infinità di tempo prima di sospirare piano, con un enorme sorriso ad illuminarle il viso.
<< Io sono felice quando tu ed il papi vi prendete per mano e poi mi portate a prendere il gelato tutte le domeniche oppure quando mi sveglio la mattina e tu mi hai preparato le frittelle, daddy! >> la piccola emette un urletto gioioso, agganciandosi al suo collo e costringendolo a puntellarsi su entrambi i talloni per non scivolare definitivamente col fondoschiena a terra << Oppure quando il papi mi porta le caramelle gommose o andiamo a guardare i cartoni e lui si mette nel mio letto e ci abbracciamo per paura del buio e… >>
<< … E tu come sai che il papi ha paura del buio?! >> la interrompe Liam, divertito, col cuore che gli stava andando fin troppo forte – così tanto forte da perforargli il petto, quasi: vedere quella luce nei suoi occhi di bambina lo emoziona e lo rende euforico, gli va quasi di sollevarsi in piedi e gridarlo al mondo, quanto davvero l’ama.
<< Io lo so… >> sussurra la piccina con fare da gran cospiratore, abbassando la voce e ponendo una manina vicino alla bocca, quasi abbia paura di essere udita da chissà chi << … Perché me l’ha detto papi! Lui dice sempre che ci sono i mostri nell’armadio e che se non faccio la brava… >>
<< Cosa?! Ti spaventa! >> scatta lui, pregustando il momento in cui potrà prenderlo per le orecchie e fargli una bella strigliata come si deve: ma come gli viene in mente di metterle paura con quei suoi discorsi senza senso?! Che bambino
<< Ma no, daddy! Io non ho paura, è lui che si spaventa e quindi viene ad abbracciarmi! >>
Frances pare fin troppo convinta di quel ragionamento, così tanto che Liam si sente in dovere di scoppiare a ridere, stringendosela addosso con un sospiro pieno di speranza, d’amore, di tutto.
La ama e non può fare a meno di dimostrarlo al mondo.
E cosa c’è di male, dopotutto?
Perché il mondo non può accettare che ama quella bambina come se davvero l’avesse portata in grembo per nove mesi? Cosa c’è da capire, dannazione?
Magari è il sesso biologico a stabilire l’importanza di un ruolo? O è l’amore che si mette in quel che si fa a dare una certa rilevanza alla persona? Una rilevanza, beninteso, che va oltre qualsiasi classificazione si possa fare, che va altro i se ed i ma, che va oltre il pregiudizio e la paura, che va oltre tutto, perché non c’è niente di meglio che tornare a casa la sera e vedere il sorriso di quella bambina illuminare ogni cosa più di quanto faccia il suo sole col suo calore inestinguibile.
Si tratta di una rilevanza, pensa Liam, che non gli si scollerà mai di dosso, nemmeno tra mille anni accadrà mai che Frances smetta di amarlo solo perché non ricopre quel ruolo etichettato che sembra tanto piacere ai perbenisti ed ai moralisti, e che pare quasi più un elemento di discriminazione che non di effettiva importanza.
Ormai pare quasi che certe categorie di persone siano la semplice giustificazione del sottolineare di continuo quanto gli altri siano diversi… Solo perché Frances non ha una madre crescerà quindi come un rifiuto? Le mancherà qualcosa, magari?
Molti lo pensano.
Molti potrebbero inculcarglielo nel cervello, quel piccolo tarlo maligno che potrebbe portarla a pensare – perché no? – che la sua vita sia sbagliata, che lei stessa lo è, che… Tutto non sia come in realtà deve essere.
E non dovrà mai accadere una cosa simile, pensa Liam, con fermezza; non deve mai succedere che Frances si senta così inadatta o fuori luogo per delle semplici convenzioni o per il maledetto pregiudizio delle malelingue.
<< E tu sei felice, daddy? >>
Glielo chiede d’improvviso, con il visino a pochi centimetri dal suo.
Liam sobbalza leggermente, sollevandosi poi in piedi e portandosela appresso; la bambina gli stringe le braccia al collo, mentre lui intreccia gli avambracci sotto le sue piccole gambe, facendola mettere il più comoda possibile.
<< Perché me lo chiedi? Sì che lo sono! Ho te… Ed ho il papi, cosa vuoi che importi il resto? >>
Frances pare rifletterci un secondo, prima di annuire, soddisfatta e lasciargli un bacio appiccicaticcio sulla guancia.
<< Sai cosa importa? >> continua poi Liam dopo un po’, fissando i suoi occhi in quelli scuri di lei e imprimendo ad ogni singola parola una forza ed una fermezza che non sa nemmeno da dove gli stiano derivando, visto come gli balla il cuore << Che lo siamo, Frances. Importa quanto siamo felici e se facciamo di tutto purché coloro che ci stanno accanto – quelli che amiamo, soprattutto! – lo siano! Tu saresti contenta se io non sorridessi più? >> chiede poi, mentre la piccola dissente con energia, lo sguardo preoccupato e concentrato insieme << Bene, allo stesso modo non lo sarei nemmeno io se tu non fossi la bambina che sei sempre! E nemmeno il papi lo sarebbe, io lo so… Non importa che tu non abbia una mamma, Frances, va bene? Sai che nemmeno io l’ho avuta? Soffrivo, perché tutti gli altri bambini parlavano della loro mamma ed io non sapevo mai che rispondere e… >> Liam sospira un secondo, deglutendo a vuoto, la gola è così improvvisamente secca che fa male << … Mi dicevo che ero strano perché avevo solo un papà, con me! Non è stata una scelta di nessuno che io non avessi una mamma, Frances, e lo stesso nel tuo caso… Ma non per questo sei di meno rispetto agli altri, sai? Non so se sia già programmato o no, ma… >> soppesa le parole, tanto per essere sicuro di non dire niente di azzardato, niente che possa confonderla o amareggiarla, almeno << … Tu devi essere libera di essere felice, Frances. Tu ne hai il diritto. E non conto in che modo, ok? Non conta chi decidi di amare, Frances… Conta quanto lo ami, no? Conta quello che fai per questa persona… E ognuno ha il diritto di amare come meglio crede! Tu ti senti amata, Frances? >> domanda poi, dolcemente.
La piccola è attenta, immobile tra le sue braccia; sbatte le ciglia, perplessa, prima di annuire ancora, con enfasi.
<< Non c’è niente di più importante di questo, Frances. Amare e sentirsi amati… Fa sì che siamo felici. Fa sì che ci adoperiamo per far felici coloro che ci stanno a cuore! >>
<< Quindi anche noi siamo una famiglia, daddy? >>
Quella domanda lo lascia interdetto, senza fiato per pochi secondi; si costringe però a incrociare di nuovo lo sguardo di lei, che lo guarda fiduciosa e piena di speranza, di curiosità, che lo guarda come ogni singolo istante di ogni giorno.
Quel fuoco particolare negli occhi lo riscalda, niente lo può demolire se il suo cuore ha una ragione tanto forte e vera per battere.
<< Noi siamo quel che decidiamo di essere, Frances… >> sussurra Liam, stringendosela contro e stampandole un bacio sulla tempia << … Siamo quel che viviamo e che facciamo ogni giorno. E finché ci amiamo e stiamo insieme, nessuno potrà dirci che stiamo sbagliando. >>
<< Io ti voglio bene, daddy… >>
<< Anche io, amore… Tantissimo. >> la rassicura Liam, immancabile.
<< Ed anche papi mi vuole bene? Perché io gliene voglio tantissimo… >> ammette ancora lei, con la vocina sottile e fina simile a quella che usa quando deve confessare un qualche strano guaio.
Lui ride, annuendo e scoccandole un altro bacio sulla guancia.
<< Daddy… E tu ami papi? >>
Frances solleva il viso, per guardarlo dritto negli occhi. Sorride, e Liam lo nota che è fin troppo contenta.
Di slancio annuisce, tentando – ma senza molto successo – di tenere a freno quella valanga enorme di sentimenti che rischiano di sopraffarlo in definitiva.
Se lo ama? Bella domanda.
Probabilmente devono ancora inventarlo il termine adatto per quel che prova.
Per quel che sente quando lo vede, o quando lo pensa, anche solo per sbaglio.
Sinceramente parlando, Liam non sa nemmeno bene che termine usare per parlare di ciò che gli è successo fin dalla prima volta che ha visto Zayn.
Lo ha spiazzato, abbattuto, e nel momento in cui è sembrato volesse mandarlo al manicomio in definitiva, lo ha risollevato, dandogli una forza nuova ed un nuovo spirito.
È stato così, Liam sa che la situazione è quanto mai reciproca, e peggio, sa che tentare di dare un nome a tutto quello è puro suicidio. Ciò di cui ha bisogno lo legge comunque negli occhi di Zayn ogni giorno, che motivo c’è di dargli pure una definizione?
Nessuno gliel’ha chiesta mai – nemmeno il diretto interessato – perché mai il mondo dovrebbe volerla? Cosa può mai pretendere il mondo quando non dà nulla in cambio?
È lo stesso discorso che ha fatto a Frances poco prima, alla fin fine.
Non contano le definizioni, conta ciò che vi è dentro e l’autenticità.
E spero in cuor suo che lei se lo ricordi sempre, perché solo quello conta.
 
 
 
 
Il suo orologio da polso segnava le otto e mezza.
Era in perfetto orario per la cena, constatò spostandosi la frangia di capelli con uno sbuffo annoiato.
Spostò il suo sguardo su Noel, impegnato a fissare il cellulare e sorridere, di tanto in tanto, impegnato in chissà cosa.
Magari controlla solo gli orari di domani, le suggerì una vocina infida che non aveva mai sentito intromettersi nei suoi pensieri. Fino a quel momento, almeno.
O magari risponde a qualche messaggio di una qualche mocciosa sicuramente più intraprendente di te.
Ancora?
Sbuffò nuovamente, mordendosi la lingua e trattenendosi dal piegarsi lievemente verso di lui, nello sfacciato tentativo di sbirciare cosa stesse mai facendo.
Che importava, poi? Di sicuro se Noel stava usando il cellulare anziché parlare con le ci doveva essere un motivo più che valido.
Dopotutto, il pomeriggio al parco acquatico era stato fantastico, rifletté tra sé e sé, evitando di gongolare sul sedile come una scema e premurandosi di nascondere quel sorrisino che sembrava voler nascere a forza sulle sue labbra: avevano parlato per tutto il tempo, commentato tutte le specie marine che avevano visto – facendo a gara su chi dei due ne sapesse di più e ricordasse più dettagli del corso di biologia animale – e avevano anche mangiato un enorme cono gelato a testa.
E Frances adorava il gelato, da sempre.
La madre di Noel li aveva accompagnati dopo scuola e poi li aveva aspettati all’uscita, nemmeno un quarto d’ora prima, ed ora la stava riaccompagnando a casa, come aveva promesso di fare. La Volvo nera sfrecciava sicura lungo la strada, mentre il viale della sua abitazione si faceva sempre più vicino, assieme alla pressante sensazione di disagio che non voleva proprio andarsene… Sperava tanto che quella donna non avesse la voglia di accompagnarla fin sulla porta, o chissà che ne sarebbe uscito qualora il suo amato daddy o l’adorato papi fossero apparsi magicamente sulla soglia ad accoglierla.
Si morse un labbro, trepidante, cercando con tutta se stessa di acquietare il rumore discorde che i suoi pensieri producevano in testa, ammassandosi e dando forma ad un vasto intrigo di paranoie: e quindi sarebbe rimasta forse scioccata se avesse saputo che viveva con due uomini e che entrambi le avevano fatto da padre, l’avevano cresciuta ed educata, insegnandole tutto? Probabilmente avrebbe semplicemente pensato che era diversa… Che era l’ennesima persona sbagliata che suo figlio non avrebbe più dovuto frequentare.
Non che a scuola nessuno lo sapesse, però… Noel era arrivato per ultimo, il loro rapporto si era evoluto in un modo così strano ma piacevole, specialmente per lei che ancora non capiva cosa ci fosse in lui di tanto particolare da stordirla così, quasi si trovasse costantemente sulle montagne russe, in attesa dell’imprevedibile – che poi chi gliel’aveva già detta una cosa simile?! – che… Beh, esporsi con lui ed allo stesso tempo sentirsi in dovere di proteggersi le era parso alquanto normale.
Che poi quelli erano pensieri davvero stupidi, si ritrovava a pensare sempre Frances, ed anche in quell’istante non poté evitarsi uno strano nodo in gola che le impediva di guardarlo ancora. Si volse fulmineamente verso il finestrino, mentre si portava l’unghia dell’indice alla bocca per rosicchiarla con nervosismo, come faceva sempre quando c’era qualcosa che la metteva a disagio.
E se daddy o papi avessero comunque capito che aveva raccontato loro una bugia?
Quel pensiero la colpì all’improvviso, ripresentandosi con le stesse tinte cupe con cui le aveva fatto visita durante tutto il corso della giornata: certo, ignorarlo era stato impossibile, quasi quanto il volerlo cancellare a tutti i costi.
Frances era consapevole del fatto che aveva zero possibilità di passarla franca, e che qualora o daddy o papi lo avessero capito, si sarebbe trovato in guai seri… Aveva mentito loro, non lo aveva mai fatto.
Per la prima volta in vita sua si era ritrovata a scegliere tra la sincerità nei loro confronti e la proposta di un compagno di classe che conosceva a malapena, ma che l’aveva invitata ad andare al parco acquatico nemmeno conoscesse a menadito le cose che le piacevano – e chiunque la conosceva un po’ meglio sapeva che gli animali e la natura erano uno delle cose che le piacevano in assoluto. Era stata felice di andare in quel parco acquatico molto più che se l’avessero invitata al cinema, si era sentita felice nell’accettare, e non solo perché Noel aveva un modo di dire le cose che l’incantava sempre… O forse era anche per quello, ma da quando aveva scoperto che arrossiva con fin troppa facilità al solo suo pensiero, non le era diventato così facile ammettere le cose.
Era ancora con gli occhi fissi sul finestrino, quando si sentì toccare una spalla.
Sobbalzò, mentre il ragazzo seduto accanto a lei ridacchiava; le schiaffò il telefono sotto al naso, ammiccando perché leggesse.
Frances sgranò le palpebre, estasiata: erano orari. E indirizzi. E nomi.
Aveva passato quel tempo al cellulare per cercare i parchi acquatici della zona e i vari orari per poterci andare, dunque.
Si sentì una stupida, mentre sorrideva e con un movimento distratto della mano afferrava una delle code ai lati della testa e ci giocava con sommo nervosismo: che cretina che era stata a pensare chissà cosa, solo pochi istanti prima, e…
Semplice fortuna, pensaci.
La vocetta acida nel suo cervello parlò ancora, redarguendola con fare seccato.
Frances si affrettò a metterla a tacere, nel momento in cui rivolgeva il suo sguardo verso Noel e gli restituiva un’occhiata sinceramente contenta: il ragazzo annuì con fare convinto, accennando un sorriso che andò ad illuminargli tutto il volto.
Respira, o a casa non ci arrivi intera.
E stavolta la vocetta aveva ragione ad ammonirla, visto lo strano intreccio che il suo intestino si era divertito a creare solo cinque secondi prima, un qualcosa di quasi fastidioso ma anche tanto… Delizioso. E inconcepibilmente assurdo.
<< Potremmo andare la prossima settimana, che ne dici? >> disse lui d’improvviso, avvicinandosi un po’ di più e appiccicando il proprio braccio a quello di lei: Frances fremette, tentando di ignorare la sensazione di strano prurito che le era sorta a quel lieve contatto; lanciò una timida occhiata lì dove il gomito di Noel strusciava contro il suo, per poi sollevare gli occhi di scatto nel constatare che lui la stava ancora fissando in silenzio << Insomma? Pensi che i tuoi ti lasceranno venire ancora? >> le chiese poi, fiducioso.
Frances deglutì un paio di volte, borbottando qualcosa di incomprensibile perfino per se stessa e puntando una foto a casa sullo schermo del cellulare, con fare interessato.
<< I delfini sono bellissimi… >> proseguì Noel dopo qualche secondo in silenzio, mentre lanciava un’occhiata alla strada per scorgere la casa in cui lei sarebbe dovuta scendere; fece spallucce, voltandosi poi a guardarla ancora una volta << Quando vuoi ti mostro la collezione di modellini che a casa? Sai quante specie di squalo esistono, mh? E poi… >>
<< Lasciala respirare, Noel! >> intervenne la voce di sua madre dal sedile anteriore: era la prima volta che parlava da quando si erano messi in macchina e Frances scoprì che non le dispiaceva poi troppo la sua voce: era limpida e tranquilla, ispirava l’idea di una persona simpatica ed affidabile, e non c’era affatto da dubitarne visto quanto sembrava che il figlio avesse preso da lei.
Il ragazzino fece una mezza smorfia, arrossendo gradualmente fino a diventare di una spiccata tonalità rosso accesso; Frances scoppiò spontaneamente a ridere, coprendosi la bocca con una mano e dandogli di gomito, così che anche lui ridacchiasse con divertimento: si stupì di se stessa per esserci riuscita senza sentire quello strano groviglio di cose nello stomaco, le era uscito così naturale che le parve il minimo pensare di voler rivivere quel momento all’infinito.
<< Quando siamo arrivati, dimmelo pure, cara… >> le disse di nuovo la donna – che se non ricordava male doveva chiamarsi Brooklyn – lanciandole un sorriso caldo attraverso lo specchietto retrovisore: Frances ricambiò, annuendo mestamente << Sai, sono molto contenta che i tuoi ti abbiano lasciato andare al parco acquatico con Noel! Da quando ci siamo trasferiti è stato difficile per lui rifarsi degli amici e da quel che mi dice, tu… >>
<< … Mamma. >> si intromise prontamente il ragazzino, in un tono a metà tra il lamentoso e lo scocciato.
<< D’accordo, d’accordo, hai ragione! >> ribatté la donna con un sospiro stanco, puntando gli occhi sulla strada ed imboccando l’ultimo viale che avrebbe riportato Frances a casa.
<< Quella casa lì… >> mormorò infatti lei, indicando un’abitazione dall’intonaco bianco e dal cancelletto basso che dava su un giardino piccolo ma curato; al di fuori adocchiò la macchina del papi parcheggiata sul bordo del marciapiedi ed una spiacevole fitta di rimorso l’attraversò al solo pensiero di avergli davvero mentito, quella stessa mattina.
Quando Brooklyn accostò qualche metro prima, per permetterle di scendere, Frances desiderò ardentemente che quella cosa si chiudesse lì: che la donna non scendesse dalla macchina per accompagnarla fino alla porta di casa, che non dovesse per forza presentarle il suo adorato daddy o il suo papi e che l’indomani ogni ricordo fosse svanito come in una nuvola di fumo.
Non sapeva spiegarsi quella strana paura che la stava prendendo proprio in quel momento, ma era quanto di più inarrestabile ci fosse.
Slacciò al volo la cintura di sicurezza, afferrando la sua tracolla e aprendo di corsa lo sportello. Scese nell’arietta serale, con un leggero venticello che le graffiava dolcemente le guance ed il cielo plumbeo che preannunciava una strana pioggia – probabilmente contenuta nei molteplici nuvoloni che si stavano addensando l’uno contro l’altro.
<< Grazie di tutto… >> si affrettò a dire alla donna, ancora seduta al volante << … Mi sono divertita tantissimo e… >>
<< Oh ma di niente, tesoro! Noel? >> domandò poi, voltandosi verso il figlio, ancora seduto sul sedile posteriore << Non l’accompagni? Coraggio, su! >> lo incalzò, gioiosa.
Frances fece per ribattere, ma il ragazzino era già accanto a lei, che la fissava con una certa apprensione mista ad imbarazzo.
Ed in pochi secondi, anche la donna aveva spento la macchina ed era scesa, con un enorme sorriso stampato in faccia.
Ecco, quella era seriamente la fine.
<< Mi farebbe molto piacere conoscere i tuoi, cara… Sono stati fin troppo gentili a lasciarti venire e vorrei davvero complimentarmi con loro per la ragazzina educata e gentile che sei! >> le disse Brooklyn, mentre salivano il vialetto di casa e salivano i tre scalini che li avrebbero condotti alla porta di casa.
Noel le era a fianco, silenzioso ma attento ad ogni suo più piccolo movimento.
Frances alzò il piccolo pugno, bussando energicamente alla porta e sperando con tutta se stessa che quella cosa non si protraesse per chissà quanto tempo.
Era nervosa ed agitata, e probabilmente anche se le code ai lati della testa lo avrebbero dimostrato se avessero potuto sollevarsi per aria come in preda alle scosse della corrente ad alta tensione. Perché era così che Frances si sentiva: inquieta per tutto, a partire dalla bugia detta al papi, fino al fatto che Noel fosse con lei e quindi chiunque avesse aperto la porta avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava, per non parlare del fatto che quella donna volesse conoscere i suoi… Ma probabilmente si sarebbe trovata davanti un ritratto di famiglia che magari nemmeno le andava tanto a genio.
E allora che avrebbe fatto? Avrebbe proibito a Noel di parlarle o avvicinarsi a lei?
A scuola non le era mai capitato, in verità, pure se ogni tanto era stata sottoposta a qualche frecciatina velenosa da parte dei più imbecilli. Aveva sempre saputo cavarsela, comunque, perché come diceva sempre il daddy, ‘Se sei felice null’altro conta’.
Sorrise a quel pensiero, mentre vedeva la porta di casa aprirsi.
Per poco non le prese un infarto quando incrociò gli occhi scuri e penetranti del suo papi, in quel momento in perfetta tenuta casalinga ed i capelli scompigliati. Le sorrise, lanciando poi uno sguardo sinceramente curioso agli altri due sulla porta.
Frances notò come il suo sguardo cupo e felino li stesse studiando, prima che le rivolgesse un’altra occhiata esplicativa che ben poco lasciava all’immaginazione: aveva capito fin troppo bene che gli avesse mentito e perché, specialmente,  ma meglio rimandare a dopo le spiegazioni.
Quello diceva il suo sguardo, e Frances era ormai fin troppo brava ad interpretarlo.
Zayn sfoderò un sorriso sincero, tendendo la mano verso la donna sulla porta di casa che si era fatta avanti per presentarsi.
<< Buonasera, mi chiamo Brooklyn Hobson, questo è mio figlio Noel! Va a scuola con Frances e, beh… Lei è suo padre, immagino! >>
Zayn rimase un secondo interdetto, mentre teneva lo sguardo puntato in quello della donna e nel frattempo adocchiava anche il ragazzino vicino a lei, troppo preso a guardarsi intorno per rendersi conto di quel che stava accadendo. Per un millesimo di secondo, i suoi occhi e quelli di Frances si incatenarono e fu più che certo che lei non volesse proprio, visto come si stava mordendo il labbro, in preda al panico.
Oh sì, magari poteva sfuggire a quei due, ma a lui proprio no.
E quindi gli aveva mentito, quella volpe…
<< Sì, sono suo padre. Mi chiamo Zayn Malik, molto piacere. >>
<< Oh, il piacere è tutto mio! Io e mio figlio siamo stati molto felici del fatto che Frances abbia avuto il permesso per venire al parco acquatico oggi, ci ha fatto davvero tanto piacere! Sa, è una ragazzina così educata e a modo che… >>
<< Oh, la ringrazio! >> sorrise Zayn, mentre tentava di nascondere un sorriso a tutte quelle parole e vedeva Frances farsi ad ogni secondo più piccola ed imbarazzata: farle la ramanzina, più tardi, sarebbe stato un piacere, ma ora sembrava fin troppo divertente farla crogiolare nel panico, le sarebbe servito come ammonimento per la volta successiva << Ci fidiamo di lei, non è stato affatto un problema e… >>
<< Zayn! Zayn, ma chi è?! >>
A quella voce estranea tutti sobbalzarono, perfino l’interpellato.
Ci vollero pochi secondi perché Liam Payne comparisse nella visuale, con un grembiule legato in vita sopra ad una vecchia tuta ed una canotta larga abbastanza smessa ma comoda per stare in casa. L’ultimo arrivato rivolse un’occhiata interrogativa ma sinceramente curiosa a tutti, specie alla sua piccola Frances – il cui cuore stava andando così veloce che avrebbe rischiato di staccarsi dal suo posto da un momento all’altro.
<< Bentornata, tesoro! >> esclamò con un largo sorriso, volgendo poi lo sguardo sulla donna alla porta e sul ragazzino accanto a lei << Ma… >>
<< Questo è Liam! >> spiegò Zayn velocemente ai due ospiti << E loro sono Brooklyn e suo figlio Noel! >> perseverò, con un sorriso esplicativo che l’altro non mancò di comprendere al volo << Va a scuola con Frances, e oggi sono stati al parco acquatico… >>
<< Ah sì, certo! >> rispose prontamente Liam con un’espressione ovvia, mentre si affrettava a stringere la mano della donna e a sorriderle come meglio poteva << Che sbadato, ed io che avevo capito che andaste a far compere! >> concluse poi, lanciando un’occhiata a Frances, ormai talmente rossa da sembrare sul punto di svenire.
La ragazzina sgranò di poco gli occhi, consapevole che la bugia rifilata al papi quella stessa mattina era stata poi detta al daddy e che… Beh, stava semplicemente facendo la figura dell’idiota davanti ad entrambi.
<< Oh molto, piacere… >> si premurò di ribadire Brooklyn, passando lo sguardo da Zayn a Liam come se non capisse bene che situazione fosse quella: che uno dei due…
<< Le siamo molto riconoscenti per avercela riportata a casa così puntuale, Zayn è meno apprensivo di me in questo, ma io tendo ad agitarmi abbastanza quando vedo che fuori e buio e la mia piccola non è in casa… >>
Frances si sentì dare di gomito all’improvviso, e notò che Noel le stava sorridendo sotto i baffi, come se fosse divertito da tutta quella situazione.
<< Nessun problema, seriamente! Come dicevo prima a… >> attaccò Brooklyn, tentennante, fissando prima l’uno e poi l’altro con fare vago, indecisa su cosa dire realmente.
<< Sa, signora, >> intervenne a quel punto Frances decisa, piazzandosi davanti ai due, impalati sulla porta, e squadrando la donna negli occhi << il mio daddy >> e afferrò la mano di Liam, stringendola forte << si preoccupa sempre che possa succedere chissà cosa! Ma io gli avevo detto che Noel era affidabile e infatti il mio papi lo prende sempre in giro perché… >>
Solo a quel punto si accorse che gli occhi di Brooklyn si erano fatti stranamente confusi, mentre vagavano da Zayn a Liam senza una posa e le sue labbra si stavano dischiudendo in un’espressione inesplicabile. All’improvviso sgranò lo sguardo e scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con una mano.
Frances rivolse gli occhi verso il suo papi, che subito le pose una mano sulla spalla: una leggerezza improvvisa si impadronì di lei a quel contatto leggero ma familiare, il nodo nello stomaco si sciolse un poco mentre si sentiva sorridere senza nemmeno un motivo che fosse valido. La mano che teneva in quella del suo daddy fu stretta maggiormente, come per riflesso volontario.
<< Oh Dio, scusatemi! Scusatemi infinitamente! >> esclamò Brooklyn ponendosi una mano sul petto e respirando a fondo; si asciugò qualche lacrima ai lati degli occhi, prima di tornare a fissarli tutti e tre con uno sguardo serio; Noel, lì accanto, aveva assunto un’espressione che era tutto un programma e non appena i suoi occhi chiari incrociarono quelli di Frances, lei si costrinse a non abbassarli, sicura e determinata: il ragazzino le sorrise, esponendo una linea precisa di denti bianchi ed una mezza fossetta vicino all’angolo destro della bocca che lei non aveva mai notato fino a quel momento.
<< Mio Dio, chiedo perdono! >> perseverò Brooklyn a quel punto, scuotendo il capo << Non avevo proprio capito come stessero le cose! Mi avrete preso per una pazza, immagino! È che quando Zayn mi ha detto di essere suo padre – diamoci del tu, saltiamo i convenevoli, vi prego! – ho pensato che tu, Liam, fossi un amico o suo cugino o chissà che altro… Siete così giovani per essere genitori entrambi! Non avevo fatto da subito questo banale collegamento! >> esclamò entusiasta, esponendo un sorriso luminoso e gioviale << Davvero, complimenti! >>
Frances sentì come un macigno scivolarle finalmente nello stomaco e disintegrarsi di botto, lasciando solo un senso di appagante libertà. E aria, tanta aria che finalmente le permetteva di tornare a respirare normalmente.
Sorrise di slancio, annuendo all’espressione dolce della donna.
<< Non c’è problema, figurati. >> sorrise di rimando Zayn con un’alzata di spalle << Ed io che pensavo di sembrare più vecchio! >>
<< Al massimo sono io che appaio più giovane! >> rise Liam, scuotendo il capo e facendo ridere anche Noel, che sembrava dare segni di vita per la prima volta in quel momento.
<< Senza dubbio! >> concordò Brooklyn, divertita, allungando la mano per stringerla un’ultima volta ad entrambi << Beh, sono stata felice di conoscervi, si potrebbe organizzare qualcosa insieme qualche volta, no? Mio marito è un appassionato di cucina, Liam >> lanciò un’occhiata divertita al grembiule che questi ancora indossava << e sono certa che avrete di che discutere! >>
<< Una noia mortale… >> soffiò Zayn, ironico, mentre i due ragazzini scoppiavano di nuovo a ridere.
<< Ci piacerebbe molto, sì! >> concordò Liam, dando di gomito all’altro, aumentando le risa di Frances e Noel, entrambi con gli occhi lucidi << Ci ha fatto davvero piacere conoscerti, Brooklyn! >>
<< Il piacere è stato mio! Noel, tesoro, ti aspetto in macchina… >> e scoccando un ultimo bacio sulla testa del figlio, la donna si allontanò, andando verso la vettura.
Dopo qualche secondo il rombo del motore preannunciò che il tempo era quasi scaduto.
<< Direi che è ora di andare a controllare la cena! >> esclamò Liam d’un tratto, prendendo Zayn per il gomito e tirandolo indietro; il moro non si oppose, lanciando un’occhiata esplicativa a Frances: la ragazzina sospirò, sorridendo lievemente e cercando nel fondo di quegli occhi neri la prova che non l’aveva poi combinata così grossa.
E quando vide il suo amato papi farle l’occhiolino si sentì in dovere di rilasciare un sospiro soddisfatto che non sfuggì a nessuno.
<< Ci vediamo, Noel, vieni pure a trovarci quando vuoi! >> disse Liam al ragazzino, stringendogli piano la mano.
<< Grazie, signore, troppo gentile! >>
<< Ti aspettiamo dentro, tesoro… >> mormorò Zayn, accarezzando una spalla di Frances e accennando un sorriso a Noel.
Quando la porta fu accostata dietro di loro, entrambi si guardarono per qualche attimo in silenzio, prima di scoppiare di nuovo a ridere di gusto.
L’arietta della sera stava diventando fresca, tirava un venticello pungente che aveva arrossato ad entrambi le guance.
<< Wow, non sapevo avessi due papà! >> esclamò lui d’un tratto, assumendo un’espressione seria: gli occhi chiari erano lucidi e brillanti ed i capelli gli stavano praticamente appiccicati in fronte, quasi dritti negli occhi.
Frances represse un sorriso, preferendo invece fare spallucce ed annuire.
<< Lo trovi tanto strano? >> chiese poi, sentendosi arrossire all’improvviso.
Noel sembrò pensarci un attimo, con estrema concentrazione.
<< Perché mai? >> rilanciò poi la domanda, lasciandola basita << Io ho un solo papà ma ti assicuro che fa per due! >> sbottò poi, ridendo ancora.
Frances lo seguì ancora, non potendo fare a meno di notare ancora quella fossetta sul lato destro della bocca.
Le piaceva quando Noel la mostrava, le piaceva vederlo ridere.
Quel pensiero la colpì in piena, come una scarica elettrica sparata direttamente al cervello, dove il cuore sembrava essere la centrale di cotanta energia. Respirò a fondo, sentendo un lieve sfarfallio impossessarsi del suo stomaco. Lo lasciò stare, preferendo stare a guardare Noel, che ora aveva infilato le mani in tasca e la fissava con allegria.
<< Beh, sono le cose della vita, no? >> gli disse poi, avvicinandoglisi d’improvviso, nemmeno i suoi piedi avessero una volontà propria e sollevandosi sulle punte per scoccargli un debole bacio sulla guancia; si sentì avvampare di colpo, mentre si distanziava e indietreggiava di qualche passo, per poter appoggiare la mano sulla maniglia della porta << Non sempre capitano tutte cose ordinarie, giusto? Dopotutto, pare quasi di trovarsi su una montagna russa, dobbiamo solo prendere quel che viene ed adeguarci al meglio, tu non trovi?* >> concluse, sorridendo << A domani, ci vediamo a scuola! >> ed avanzò oltre la porta, chiudendosela di corsa alle spalle.
Sospirò, conscia del fatto che avrebbe dovuto dare qualche spiegazione sia al daddy che al papi, ma… Alla fin fine aveva guadagnato uno splendido sorriso, visto quello che le aveva rivolto Noel poco prima che rientrasse.
Lo aveva notato, eccome.
E dopotutto, questa strana montagna russa che era la sua vita, non le stava regalando chissà che brutte sorprese, no?
Tutto stava nell’attendere il prossimo giro.














Spazio autrice.
Salve mie care, salve(?).
I'm back. Yeah.
Senza tanti giri di parole, questa OS mi girava in testa da un po' e quindi buh(?), l'ho buttata giù nei tempi che mi ci sono voluti - visto recenti situazioni che, ahimè, non ho potuto ignorare.
Ci tenevo ad aggiornare prima della prossima settimana, vado in Portogallooooo yeah *trombette di festa* 
Altra cosa: il discorso che ho voluto affrontare è abbastanza delicato, ho tentato di esporre il mio punto di vista senza andarci pesante o altro, in quanto mi rendo conto che questo è un sito di ff, non un'aula di dibattito. Spero comunque di non aver offeso nessuno. LOL.
Beh, che dire? Spero vi sia garbata, a presto xxx <3
S.


 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: BlueWhatsername