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Autore: Paddy_Potter    20/08/2014    1 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia è il proseguimento di "A Brother to Save", una mia fanfiction terminata l'estate scorsa. Qui narrerò di Orion Black, di come la sua giovinezza non fu così tranquilla come immaginiamo. Ora che entrambi i suoi figli se ne sono andati, tristi ricordi affiorano alla sua mente. Con uno slancio di fantasia ho aggiunto un nuovo personaggio, destinato a cambiare molte cose nella famiglia Black e a riportare alla luce alcune verità che sono state taciute.
Ma forse non è troppo tardi per salvare la situazione.
Perché, alla fine, anche le stelle più nere riescono a brillare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Orion Black, Regulus Black, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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The Name in the Letter
 
 



 
21 marzo 1958
 

Un gufo dal piumaggio bianco e dall’aspetto impettito becchettò contro il vetro della sua finestra per diversi secondi, prima che Ryan, schiudendo appena gli occhio per trovare (e pietrificare) l’origine di quel rumore, notasse la sua presenza. Pur controvoglia, il ragazzo si alzò, spalancò la finestra e allungò la mano. Quando la lettera che trasportava cadde tra le dita del ragazzo, il gufetto si diede una stiratina alle piume, si guardò altezzosamente intorno e, voltatosi, riprese il volo verso casa.

Ryan lesse il mittente e scoprì che, anche se con qualche ritardo, Bianca Ceroli si era presa il disturbo di rispondergli, infrangendo ogni sua speranza che la lettera fosse stata smarrita o bruciata non appena letta la sua provenienza.
Aprì la busta e lesse che, con suo sommo dispiacere, la ragazza era giunta alla conclusione peggiore, esattamente quella che lui aveva temuto. Infatti, la maggior parte della lettera era composta da un’ordinata serie di non troppo velate insinuazioni, scritte con un’elegante grafia e dell’inchiostro viola, in netto contrasto con la filigrana color glicine della carta da lettere.
La ragazza aveva ovviamente frainteso il suo interesse per il nome della dama sconosciuta di Orion e, smaniosa di prendersi una rivincita per il comportamento fin troppo donnaiolo di Ryan nei suoi confronti, si era arrogata il diritto di confessare alla sua cerchia di amiche privilegiate (che successivamente avrebbero fatto girare la notizia per tutta la Londra magica) la richiesta dell’erede dei Richmond, preoccupandosi poi di lasciar intuire al suddetto che la sua reputazione era stata bellamente calpestata in seguito allo spargimento della notizia.

“Come se non me ne fossi già accorto…” si lamentò sconsolato il ragazzo, abbandonandosi sul letto e portandosi una mano sugli occhi.
La notizia, infatti, era già giunta all’orecchio di sua madre che, armata di una ferrea volontà e un’incavolatura cosmica, l’aveva messo sotto interrogatorio serrato per tutto il pomeriggio precedente, scrutandolo mentre si arrampicava sugli specchi alla ricerca della miglior scusa possibile.
Ryan le aveva provate tutte: aveva provato con la basica “semplice curiosità”, per poi passare al “vago interesse assolutamente privo di serie intenzioni”, per infine giungere al “fa di me quello che vuoi, tanto io mi rassegno”.
Giunti a questo punto era rincasato il padre di Ryan che aveva sostenuto la moglie per altri venti minuti d’interrogatorio, in cui il ragazzo aveva finalmente ceduto.

“Me l’ha chiesto Orion!” aveva ammesso alla fine, sull’orlo del collasso nervoso. “Si è dimenticato di chiederle il nome e mi ha chiesto il favore di farlo al suo posto!”
A questa incredibile rivelazione era seguito qualche fugace attimo di silenzio, seguito dalla genuina risata della madre di Ryan. Poco dopo, anche sul volto del padre comparve un sorrisetto piuttosto accentuato.
“Orion Black non si dimenticherebbe mai una cosa del genere, Ryan.” Gli aveva poi spiegato gentilmente la madre, posandogli una mano sulla spalla in modo comprensivo. “Ti pare possibile che un ragazzo come lui sbagli un passo così fondamentale in una conversazione? Tu forse l’avresti fatto, ma lui no!”
L’aveva poi guardato con sguardo compassionevole, come a dire che una scusa peggiore non la poteva sparare fuori neanche Malfoy (precedentemente uscito dal circolo di giovani ammirati dalla madre di Ryan per averla involontariamente offesa, rompendo una tazzina del suo servizio da tè preferito).

Ora, la risposta della donna aveva pesantemente frustrato l’animo già provato del giovane Richmond: punto primo, gli pareva più che possibile che un ragazzo come Orion Black sbagliasse una cosa del genere, visto che in effetti era quello che era successo; punto secondo, questa scarsa considerazione cominciava seriamente a pesare.
Aveva notato da tempo che i suoi genitori stavano sviluppando una certa predilezione nei confronti di Orion. La cosa all’inizio non si era rivelata un problema, visto che la prima conseguenza era stata che il suo amico era stato invitato più spesso a passare pomeriggi o serate da loro, cosa piuttosto positiva. Col passare del tempo, però, erano cominciati i comenti riguardo a quanto Orion fosse più responsabile, più educato e più attivo di lui nella vita politica e non solo.
Subito Ryan aveva deciso di non prestare troppa attenzione alle parole dei suoi, considerandole prive di importanza, ma già da qualche tempo aveva dovuto ammettere che l’invidia stava cominciando ad insinuarsi in lui come una matita ben temperata.
Aveva sopportato le insinuazioni dei suoi familiari cercando invano di scrollarsele di dosso, consapevole che la sua amicizia con Orion avrebbe potuto uscirne danneggiata se avesse dato troppo ascolto a quelle comparazioni sempre più insistenti tra loro due, giungendo perfino a defilarsi in camera sua non appena si toccava l’argomento.

Ma questo era troppo.

Fino a quel momento si era trattato di semplici osservazioni quasi borbottate, mai dette esplicitamente. Ora invece gli stavano spiattellando direttamente in faccia e senza giri di parole che lui, in confronto al suo amico, non valeva uno zellino.
Nei suoi occhi si insinuò un gelo inaudito e l’espressione di suo padre oscillò leggermente non appena si rese conto che il danno era fatto.
“Sapete cosa penso?” ringhiò Ryan, in preda alla rabbia e ad un’invidia sempre più profonda, “Che se Orion vi sta così simpatico, chiedete ai suoi genitori di darvelo in adozione, così finalmente avrete un figlio che saprà rendervi felici!”

Non aveva lasciato loro il tempo né di fare, né di dire nulla e, qualche secondo dopo, si era già sbattuto la porta della sua camera alle spalle e ci si era chiuso dentro a chiave.
La consapevolezza che sarebbe bastato un semplice incantesimo per spalancarla non gli aveva neanche attraversato la mente mentre si accasciava sul letto, aggrappandosi al cuscino e sprofondandoci il volto.

Quella sera non era sceso per cena, né aveva chiamato Orion come promesso per dirgli se la lettera era arrivata oppure no. Sapeva che non era giusto prendersela con il suo amico per l’insistenza dei suoi genitori, ma quella sera ogni convinzione ragionevole sembrava essersi volatilizzata dalla sua mente.
Un vago pensiero l’aveva stuzzicato: magari poteva parlargliene, avrebbe potuto informarlo della brutta piega che avevano preso i rapporti con i suoi coinquilini. In effetti, Orion era bravo ad analizzare le situazioni in modo lucido e a trovare soluzioni, cosa che invece a Ryan, in certi momenti, proprio non riusciva.
“Altro punto a suo favore…” aveva poi considerato con una punta di stizza.
Alla fine aveva deciso di non chiamarlo per paura di dire qualcosa di cui poi si sarebbe pentito.

Ed ora era lì, seduto sul margine del letto, con la lettera tra le mani ed un sentimento spiacevole in fondo al cuore.
Si rendeva perfettamente conto che era stupido e vigliacco da parte sua pensarlo, ma una parte di lui desiderava intensamente non chiamare Orion per comunicargli della lettera e dirgli semplicemente che Bianca non aveva risposto. Così, magari, anche i suoi genitori si sarebbero resi conto che neanche lui era così perfetto come sembrava.

Ci rimuginò sopra qualche secondo e se ne vergognò amaramente subito dopo.
“Ma che cosa sto facendo?!” si disse, orripilato dai suoi stessi pensieri. Questo non era lui, non era la sua mente. Era il suo lato subdolo e ricco di rancore a parlare, e lui non gli avrebbe certo dato ascolto.
Non aveva senso, non era colpa di Orion se lui si sentiva così. In più l’aveva implorato di aiutarlo e si vedeva che quella ragazza gli interessava davvero…e poi quante volte il suo amico l’aveva aiutato, sia a scuola che a casa o ai ricevimenti, sempre pronto a suggerirgli nomi e titoli che lui non si sarebbe mai ricordato?
No, era da egoisti non chiamarlo, era una cosa maligna ed inutile, visto che comunque la voce si era già sparsa. E lui non era il genere di persona da tirare un simile colpo basso.

Sospirò, raddrizzando gli angoli della lettera che aveva spiegazzato mentre era sovrappensiero, si alzò e andò allo specchio.
“Orion?” chiamò, picchiettando con la bacchetta sulla superficie riflettente.
Una versione piuttosto addormentata del suo amico gli si parò davanti, ancora in pigiama ed arrotolato tra le lenzuola. Aveva un’espressione distesa e rilassata, mentre se ne stava tranquillamente adagiato con un braccio sopra il cuscino ed un ciuffo di capelli neri calato sopra gli occhi, un vago sorriso sulle labbra. L’altro braccio era ripiegato e la mano serrata attorno ad un ciondolo argentato che gli pendeva dal collo. Quel ciondolo, per l’esattezza, non era altro che una elaborata “B” in metallo placcato: Orion non se la toglieva mai e, quando Ryan gli aveva chiesto il perché, l’amico gli aveva risposto che così non si sarebbe mai dimenticato da dove veniva e le responsabilità che aveva verso quelle persone che chiamava famiglia.
In realtà, quella collanina gliel’aveva regalata sua sorella maggiore Lucretia quando aveva cinque anni e semplicemente perché le era sembrato un pensiero carino, ma il ragazzo ne aveva trasformato il significato.

Ryan rimase un attimo a guardarlo: era strano non vedere Orion con la sua solita aria distaccata, così convinto di avere tutto sotto controllo. In effetti, mentre ci pensava, Ryan si rese conto che era dai tempi di Hogwarts che non vedeva Orion addormentato.
E perché mai avresti dovuto vederlo?, gli sussurrò la solita, indisponente vocina rinchiusa da qualche parte nella sua testa.
Per nessun motivo particolare, era solo una constatazione!, si rispose lui stizzito, portandosi una mano tra i capelli.
Poi, rendendosi conto che stava parlando tranquillamente con se stesso nonostante fosse ancora prima mattina e lui fosse perfettamente sobrio, si diresse verso bagno, deciso a svegliarsi del tutto, visto che ormai era comunque ora di alzarsi.

Aprì il rubinetto, prese una manciata d’acqua gelida tra le mani e, senza esitare, se la spiaccicò in volto, percependo ogni brivido che gli scendeva lungo la schiena e ascoltando il rumore del rubinetto ancora aperto.
Rimase così per qualche secondo, poi chiuse il rubinetto, si asciugò la faccia con la manica del pigiama e tornò davanti allo specchio.
“Orion!” esclamò.
Il ragazzo si svegliò improvvisamente, sbarrando gli occhi e scattando a sedere sul letto.
“Che c’è!” chiese, leggermente in preda al panico, cercando l’origine della voce e portando una mano alla bacchetta.
“Niente, sono io.” Gli disse Ryan, sorridendo. “Buongiorno!”
Orion si voltò verso lo specchio e lo fissò senza espressione per un attimo, prima di assumere uno sguardo accusatorio che, Ryan doveva ammetterlo, gli veniva maledettamente bene.
“Mi hai spaventato, genio. Potevo fare un infarto.” Gli borbottò contro, la voce ancora impastata.
“Scusa, ma era importante.” Ridacchiò l’altro, ma poi ci ripensò. “È che, quando dormi, sorridi e volevo chiederti perché…”
Orion, che stava scostando le coperte da un lato del letto, si bloccò, rimanendo mezzo scoperto e mezzo arrotolato tra le lenzuola, per poi piantare gli occhi in quelli di Ryan.
“Dimmi che non mi hai svegliato per questo o ti prendo a cuscinate.” Lo minacciò, anche se era evidente che stava facendo di tutto per non sorridere.
“La tentazione era molta, ma no. Ho anche altre novità…” rispose Ryan sarcastico, sollevando la lettera lilla e facendola ondeggiare in bella vista.
Orion si illuminò.
“Ti ha risposto?” chiese, saltando giù dal letto, improvvisamente sveglio ed attivo.
“Ma tu non stavi rischiando un arresto cardiaco?” lo stuzzicò Ryan, un sorrisetto malevolo che gli si allargava in volto.
Orion, che nel frattempo si era infilato le ciabatte e si era precipitato allo specchio, gli rispose: “Più o meno, ma credo sia passato. Allora?”
Allora cosa?” proseguì l’altro, cominciando deliberatamente a ridere.
Quando negli occhi di Orion comparve una vaga intenzione omicida (che Ryan era solito associare alle ripetute volte in cui aveva chiesto al giovane Black di copiare i compiti di Storia della Magia), decise che aveva atteso abbastanza e spiaccicò la lettera lilla sulla superficie del vetro, un’espressione di trionfo stampata in faccia.

“Isabelle Robinson.”
 
 



 
 
Angolo autrice

Allora, non so come dirvelo. In questo capitolo avevo intenzione di far incontrare Orion con la sua bella, ma temo che dovrete aspettare il prossimo, perché non ho saputo resistere: dovevo dare un po’ di spazio a Ryan!
Sinceramente, me lo sono inventato quasi per caso questo personaggio, Orion mi sembrava troppo solo al ballo, e non avevo intenzione di farlo comparire così tanto nella storia, ma è stato più forte di me:)…è così cariiino. E poi il suo atteggiamento è più che giustificato: basta pensare a quanto assomigli a Sirius…lo so, in effetti Ryan assomiglia molto a Felpato, ma perdonatemi, mi viene naturale vederlo così!:)
Comunque, prometto che adesso do un’accelerata alle cose, così finalmente vi spiego cosa centra Isabelle con i ragazzi!! Magari tra un capitolino o due…
Ciao!!

Anna
  
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