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Autore: NiagaraFalls    20/08/2014    1 recensioni
- Fai finta che io sia il tuo diario.
- Come?
- Fai finta che io sia il tuo diario segreto. [...]
- Oh, Mary andiamo!
- Che ho fatto? - chiese spaesata.
- Almeno la lettera maiuscola! Sono pur sempre una persona. Quindi scrivi "Diario", non "diario".
*
Tutte abbiamo avuto una cotta per il ragazzo ammiccante e bello. Anche un po' sciupa femmine. Mary, la portagonista, non è certo un'eccezione. Ma forse quello che crediamo di volere non è quello di cui abbiamo bisogno.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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dear diary 4 Io spero ci sia ancora qualcuno disponibile a leggere questa storia, anche dopo un anno che non aggiorno. Mi dispiace, davvero, ma io e l'ispirazione non andiamo d'accordo. Però i personaggi mi stavano pregando, supplicando di continuare a scrivere di loro. Questa è forse una delle storie (pubblicate e non) a cui sono più affezionata, se non la mia preferita. Quindi spero vi piaccia questo nuovo capitolo e spero anche in una vostra opinione! Ora, basta parlare, vi lascio a Mary e Nic, buona lettura ragazze!



4. Incontro al municipio

Mary finì di leggere il biglietto con un sorriso. Uno simile a quelli che ti fanno ridacchiare perennemente quando il fidanzatino delle medie ti invia il primo messaggio della giornata. Sentì le guance imporporarsi leggermente e la curiosità dei suoi amici si fece palese: - Allora, cos'è? - domandò Lisa, cercando di sbirciare.

Mary richiuse frettolosamente il foglietto. - Niente.  

Daniel alzò un sopracciglio.

- Sul serio, non è niente. 

- Fammi vedere - disse Daniel, allungandosi sul tavolo. 

- No! - sussultò, ritraendosi e alzando il braccio. 

Daniel si risistemò perplesso sulla sedia. Lisa si voltò discretamente verso il tavolo a cui si stava sedendo quello strano ed enorme ragazzo. Toccò la gamba di Mary e fece per chiederle delle spiegazioni, quando scorse un'espressione emozionata sul viso della sua migliore amica, nonostante cercasse di nasconderlo. Incrociò i suoi occhi e parve capire chi fosse l'autore del biglietto.

Mary riabbassò la mano e si accorse di stare stropicciando il foglio. Cercò di mantenere la calma, a dispetto degli sguardi dei suoi amici puntati su di lei e della sorpresa che provava.

- Mary, potresti... - cominciò Lisa, ma Mary la interruppe.

- Vi dispiace se me ne vado per un po'? - chiese. Afferrò la giacca dallo schienale e nascose il messaggio cartaceo nella tasca dei jeans.

- Adesso?

- Sì, Daniel. Devo recuperare alcune carte in comune per mia madre. Me ne sono scordata.

Lisa si batté la mano in fronte e ridacchiò. - Dovevi andarci ieri, Mary. Come fai ad essere così sbadata? Vai, prima di dimenticartelo di nuovo - e la aiutò a infilarsi la giacca.

Mary sorrise e rigraziò la sua amica con un cenno della testa per essere stata una complice così abile ad improvvisare. Si alzò con calma e attraversò il locale, lanciando un'occhiata al ragazzone che le aveva portato il biglietto. Accanto a lui, un ragazzo decisamente più minuto e con gli occhiali la scrutava sorridente; alzò il pollice e il mento in un ammicco malizioso, facendo addirittura un occhiolino sfacciato. Mary ricambiò timidamente il sorriso e aprì la porta del locale.

Quando si ritrovò all'esterno, ancora al riparo dalla pioggia che cadeva violentemente, si maledì per non aver portato un ombrello. Di solito lo aveva Lisa, ma quel giorno si erano ritrovate entrambe senza protezione contro l'acqua. Alzò il cappuccio in testa e allungò il collo in direzione del municipio, abbastanza vicino per vederne la forma ma troppo lontano per arrivarci senza avere l'aria di un pulcino bagnato. Scosse la testa e si disse di smettere di pensare al suo aspetto. Non stava andando ad un appuntamento, certo che no. Prese un respiro profondo, afferrò il cappuccio con le dita per evitare di farlo scivolare e uscì dal rifugio asciutto.

Puntò lo sguardo a terra per non bagnarsi il viso e cominciò a correre sotto il temporale, finché si scontrò contro il petto di qualcuno e schiacciò il piede di quello stesso qualcuno. 

- Scusa! - esclamò desolata, indietreggiando e alzando la testa. 

Ancora prima di rendersi conto che quello che stava fissando altro non era che il sorriso candido di Nic, lui allungò un braccio e le agguantò la vita, riportandola a scontrarsi contro il suo torace. 

Nic ridacchiò e disse: - Figurati.

Mary realizzò di non essere più esposta alla pioggia, poiché lui l'aveva portata sotto il suo ombrello. Proprio perché l'ombrello era uno solo, e loro erano in due, si ritrovò appiccicata a Nic a causa, o grazie, alla mano di quest'ultimo. Non che non fossero mai stati così vicini o in una posizione simile, ma erano situazioni inabituali per Mary. 

Cercò di allontanare il viso il più possibile, per riuscire ad inquadrare meglio il ragazzo. 

La sera prima, in quella stanza semibuia, non aveva notato la strana sfumatura di verde dei suoi occhi, o una piccola cicatrice appena sotto il sopracciglio sinistro, o di quanto risaltassero bianchi i suoi denti in contrasto ai capelli ramati. 

Si accorse di essersi imbambolata, quindi domandò incerta: - Non dovevamo incontrarci davanti al cavallo grasso?

Nic annuì. - Sì, ma poi ti ho vista arrivare in balìa della tempesta e ho deciso di accorrere in tuo soccorso.

- Grazie, milord - scherzò Mary.

- È il minimo. Sono io che ti ho fatta uscire così.

- In effetti, potevi dirmi di incontrarci all'entrata. Avrei evitato di correre e non ti avrei mai pestato il piede - disse, facendo una smorfia dispiaciuta.

Nic la guardò negli occhi. - Volevo scrivere qualcosa di... - fece una pausa riflessiva - ... poetico - e così dicendo, premette appena la mano alla base della schiena di Mary. Forse non se n'era nemmeno reso conto, ma Mary la percepì eccome. Realizzò che i loro corpi si toccavano in molte parti e che si stava bene così. Sentì una scossa di calore e il cuore le balzò in gola, facendole dimenticare ciò che stava per dire. 

Strinse ancora di più le dita che ancora sostenevano il cappuccio e sorrise appena, destabilizzata. - Ci sei riuscito.

Nic sembrò soddisfatto. - Vieni - disse, togliendo quella dannata mano e indicando il municipio con un cenno del capo. - Ti voglio mostrare una cosa.

Camminarono l'uno affianco all'altra fino alla statua di bronzo raffigurante un quadrupede decisamente massiccio.

- Volevi mostrarmi il cavallo? - domandò Mary.

- No, voglio entrare in municipio.

- Lì dentro? Perché?

- C'è una mostra sotterranea.

Mary si voltò stupefatta. Pur abitando lì da sempre, non era mai entrata per puro diletto e di certo non sapeva ci fosse un'esposizione artistica. Ignorava anche la presenza dei sotterranei.

- Vuoi mostrarmi un quadro?

- Una foto - rispose Nic, avvicinandosi maggiormente così da coprirla bene con l'ombrello.

La prima cosa che Mary pensò fu che Nic aveva un accento strano. Fu un pensiero bizzarro, ma lo creò appena realizzò che lui sembrava venire da un altro pianeta, se non da un'altra galassia. Quale ragazzo che conosceva sarebbe andato di sua spontanea volontà a vedere una mostra? Quanti ragazzi avrebbero mai potuto immaginare che lei adorava l'arte e gli edifici antichi? 

- Una foto di cosa?

- Vedrai - disse, mentre la conduceva verso l'ingresso dell'edificio beige e la aiutava ad entrare senza bagnarsi.

Nic lasciò l'ombrello nel mobile apposito e Mary osservò i suoi movimenti. La sera prima era sembrata un sogno, e vederlo camminare e muoversi in contesti e situazioni normali come richiudere un ombrello le fece uno strano effetto. L'aria lì dentro era fresca e le luci illuminavano bene il lungo corridoio. Nic indicò una porta socchiusa sul lato destro, a un metro dall'entrata. C'era un cartello con su scritto Mostra fotografica, ingresso libero e una freccia che puntava in basso. L'aprì e videro due lunghe rampe di scale che si immergevano nel sottosuolo.

- Sei sicuro che lì sotto ci sia una mostra? - domandò insicura.

Nic, dietro di lei, scosse la testa. - No, Mary. In realtà sono un maniaco sessuale che cerca di attirarti e incastrarti.

Mary si girò perplessa, abbozzando una risata. - Non saresti un maniaco molto furbo, se scegli il comune come scena del crimine.

- Mary, se avessi voluto incastrarti ed averti, ti avrei già avuta - disse in maniera elegante, ammiccando.

Lei sollevò le sopracciglia. - Mi sembri davvero molto sicuro di te, Nic. 

Lui fece spallucce. - Sei tu quella che si è incantata a guardarmi - sorrise, e la superò per scendere le scale.

Mary spalancò la bocca e arrossì. 

- Tranquilla - continuò la voce di Nic, un metro più sotto - so che non sei una conquista facile. 

Mary deglutì e lo seguì, tracciando la ringhiera con le dita. - Lo prenderò come un complimento.

- Lo era.

Nic l'aspettò alla fine della prima rampa e Mary si fermò due scalini più in alto. Si trovavano alla stessa altezza, ora.

- Quindi... quello era Daniel - disse di punto in bianco Nic.

- Sì, era lui.

- Non sapevo foste amici stretti.

Mary scosse la testa con un sorriso amaro. - Non lo siamo.

- Sì, che lo siete - perseverò Nic, avvicinandosi. 

Mary percepì il suo profumo, come una ventata d'aria tiepida. Lì, su quelle scale, dove gli unici rumori erano i suoni delle loro voci e dei loro respiri, tutto sembrava amplificato. I suoi occhi sembravano più luminosi, i capelli più soffici. Era una situazione paradossale; stavano parlando di un altro ragazzo e lei si lasciava deconcentrare dal suo odore. 

- Hai un buon profumo - disse, senza staccare il collegamento diretto pensieri-parole.

Nic sembrò preso alla sprovvista. Sbatté le palpebre, spiazzato. Sorrise tra il sorpreso e il divertito. - Stai cercando di distrarmi?

- Oddio. Non l'ho detto davvero - mormorò Mary, impallidendo.

- Oh, sì che l'hai detto - continuò Nic, ingrandendo il sorriso.

- Ti prego, dimmi che non è vero - balbettò lei, nascondendo il viso bollente nelle mani. Ma che le stava accadendo?

Nic rise e Mary pregò perché il terreno si aprisse sotto di lei e la inghiotisse. Poi sentì delle dita calde scostare le sue. Rivolse lo sguardo sul soffitto in pietra, e si domandò quante volte fosse arrossita nel giro di ventiquattro ore. Doveva aver battuto il suo record personale.

- Fai finta che non abbia...

- Vieni, Mary - la bloccò Nic, prendendo la sua mano e stringendola. Aveva riassunto un'espressione indecifrabile. 

Il contatto tra palmo e palmo destabilizzò Mary e peggiorò la situazione imbarazzo. 

Nic si girò e, continuando a tenere la mano di Mary nella sua, percorse l'ultima rampa di scale. Arrivarono in una stanza circolare che ospitava un paio di tavoli coperti da cartoline riproducenti le decine di foto in bianco e nero appese alla parete. Nic la trascinò fino all'ultima colonna di foto e le mollò la mano.

- Sono tutte foto scattate dal sindaco al tempo della seconda guerra mondiale. È lo stesso che ha commissionato la statua del cavallo - spiegò.

- Il cavallo grasso?

- Esatto - ridacchiò Nic. - Sono state ritrovate una decina di anni fa. Come vedi raffigurano momenti semplici della vita quotidiana - additò una foto di una donna indaffarata in cucina e un'altra di un uomo in giardino. - Dava molta importanza all'arte e alla creatività, soprattutto in un periodo drastico come quello. Hanno deciso di esporle qui come ringraziamento, e anche perché sono tutte molto interessanti.

Mary era felicemente sorpresa. Le piaceva molto il suono della voce di Nic, che stesse cantando, che stesse spiegando qualcosa. Le sarebbe piaciuto sentirlo leggere la lista della spesa.

Si avvicinò ad una foto e rise davanti alla smorfia di un neonato. Lo indicò a Nic: - Guarda che carino.

Nic annuì cortese e le poggiò due dita sotto il gomito. - Ma noi siamo venuti per quella - bisbigliò, sollevando il braccio di Mary finché il dito mostrò una foto in particolare.

Indicava due mani con i pollici incrociati e le altre dita allargate verso l'esterno.

- Il segno dell'aquila - sussurrò Mary meravigliata.

- Sì. 

Sorrise emozionata e si voltò verso Nic in cerca di spiegazioni.

- Hai un bel sorriso - disse lui nella calma più assoluta.

Mary sentì la gola seccarsi. - Nic... - balbettò. E subito dopo si insultò mentalmente per non aver detto semplicemente 'grazie', nonostante non sapesse accettare gli apprezzamenti.

Lui la guardò confuso. - Che c'è?

- Stavo per chiederti di chiarirmi il significato di questa foto e tu te ne esci con un... - si fermò, titubante.

- Complimento?

- Sì.

- Non ti piacciono i complimenti? - domandò serio e curioso.

- Non è questo - si difese, roteando gli occhi.

- Avvicinati - disse Nic, afferrandole gentilmente la manica della giacca ancora umida e attirandola a lui.

Mary si irrigidì appena risentì i loro vestiti sfiorarsi. Nic allungò l'indice e le fece segno di venire ancora più vicina. Ora Mary aveva gli occhi all'altezza del mento di Nic e lo guardava a disagio. Lui sorrise rassicurante, scostò il bavero della giacca e girò la testa, esponendo la gola a Mary.

- Senti - la incoraggiò il ragazzo.

Mary si allungò leggermente, in imbarazzo, verso il collo di lui ed inspirò ad occhi chiusi. Forse era la vicinanza, o il calore emesso dal corpo di Nic, o il suo buon odore, o l'atmosfera soffusa del sotterraneo e le vecchie foto sbiadite, ma sentì le gambe molli e i polmoni intossicati da quella deliziosa fragranza e solo per pura resistenza non permise al suo corpo di abbandonarsi contro quello di Nic.

Riaprì gli occhi e incrociò quelli del ragazzo, ora meno impavidi e quasi scuri. - Ho un buon profumo? - mormorò roco.

Mary annuì, a corto di parole. Lui si schiarì la voce e fece un passo indietro, risvegliando Mary dalla bolla profumata e incantata in cui era finita. Nic assunse una strana espressione disorientata, ma tempo due secondi e riacquistò la sua solita sicurezza.

- Ecco. Tu mi hai detto che ho un buon profumo perché è ciò che pensi. Io ti dico che hai un bel sorriso perché è la verità. Non devi essere imbarazzata da qualcosa di semplice come un complimento.

Mary si morse un labbro e annuì; aveva ascoltato solo metà delle parole pronunciate da Nic. Era ancora persa in un mondo fatto di odori maschili e sguardi liquidi.

- È solo che non sono abituata a riceverne - si giustificò Mary, inrociando le braccia al petto e sperando di non aver aspettato troppo prima di replicare.

Nic alzò un sopracciglio, scettico. - Ne dubito.

- Mi sopravvaluti.

- Forse sei tu che ti sottovaluti.

Mary distolse lo sguardo, sulla difensiva. Non le piaceva la piega che stava prendendo la conversazione.

Visto che Nic non smetteva di guardarla, cambiò abilmente discorso: - Qual è la storia che si cela dietro al segno dell'aquila?

Nic guardò la fotografia alla sua destra. Sembrava aspettarsi una reazione evasiva da parte della ragazza.

- Non lo so. So solo che mia madre è venuta qui anni fa ed è stata folgorata da questa foto. La trova affascinante. Da allora ha cominciato ad usare questo segno con noi come simbolo di fiducia e non ha più smesso.

Mary sorrise teneramente. - Capisco.

Lui si strinse nelle spalle. - Non è granché come storia. Volevo condividerla con te lo stesso.

- Grazie, Nic.

- Non c'è di che - disse. Poi estrasse un cellulare dalla tasca e guardò lo schermo, agrottando le sopracciglia. - Siamo stati qui un bel po'. Devi tornare dai tuoi amici?

Mary sentì l'entusiasmo svanire. - Temo di sì.

- Andiamo, allora - sorrise Nic. - Non voglio trattenerti.

Mentre lui le passava accanto per tornare al piano superiore, Mary pensò che Nic poteva rubarle tutto il tempo del mondo e che lei sarebbe stata felice di concederglielo.

Arrivati di sopra, Mary sentì il telefono vibrare nella tasca dei jeans. Una chiamata persa e un messaggio di Lisa. Nic si era girato per prendere l'ombrello e non notò l'espressione scioccata e combattuta di Mary quando lesse il messaggio della sua migliore amica:

Noi andiamo a casa di Michele, raggiungici appena hai finito di ripassarti il rosso. ;)
Sarai contenta di sapere che Daniel sembrava alquanto interessato al biglietto. 
Io e te dobbiamo fare una bella chiacchierata. Tu non me la racconti giusta. 

- Piove ancora molto? - chiese lei, rimettendo il cellulare in tasca.

Nic aprì il portone e il rumore causato dalla pioggia che cadeva contro il suolo li raggiunse violento. 

- Tu che dici? - domandò Nic ironico. 

Lasciò il portone aperto, fece uscire metà corpo per aprire l'ombrello e ci si ficcò sotto. Tese una mano verso Mary. - Forza, vieni.

Lei si infilò velocemente sotto l'ombrello, ignorando l'invito corporale.

Nic la fissava compiaciuto. - Puoi tenerti al mio braccio, se vuoi. Non mordo.

Lei sorrise e afferrò timida l'avambraccio del ragazzo con entrambe le mani, per bagnarsi il meno possibile. Si allontanarono dall'edificio di alcuni metri.

- Devo andare da un'altra parte - lo informò Mary. 

Nic sembrò non capire.

- Dobbiamo dividerci qui. 

- Oh. Va bene. 

Mary staccò le dite dalla giacca del ragazzo e disse: - Allora, ciao. E grazie.

- Figurati. Grazie a te.

Mary fece per andarsene quando lui l'afferrò per il cappuccio e la riportò sotto l'ombrello.

- Ehi, ferma, ferma. Pensi di andartene così?

Mary lo fissò smarrita.

- Sta diluviando - spiegò il ragazzo. 

- Ho notato - rise lei.

- Ti presto l'ombrello - si offrì Nic.

Mary fece di no con la testa, risoluta. - No, Nic. Non se ne parla. E tu come fai?

- Tu mi accompagni fino al caffè, così poi entro e tu puoi tenerlo. 

- Sei davvero gentile, ma...

- Niente 'ma'. Sei uscita scoperta anche prima. Voglio evitarti una polmonite a causa mia.

Mary vacillò. - In effetti, mi hai fatta bagnare. Però... come faccio a ridartelo?

Nic sollevò le sopracciglia in un espressione fin troppo rallegrata. - Farò finta di non aver sentito il doppio senso.

Lei si accorse di ciò che aveva appena detto e gli rivolse un'occhiata di rimprovero. 

- Tranquilla, è solo un ombrello - la rassicurò. - Puoi tenerlo - disse, con un luccichio negli occhi.

Mary aveva ponderato un'altra possibilità. Aveva sperato in uno scambio di numeri di telefono, ma lui non l'aveva nemmeno pensato... O forse sperava ed attendeva una mossa da parte di Mary?

Ma Mary era troppo insicura, aveva troppa poca fiducia in sé stessa per fare il primo passo. Quindi si rintanò nel suo angolo di timidezza e annuì riconoscente: - Va bene, grazie infinite, Nic.

E si avviò verso la tavola calda camminando accanto a Nic, sotto un ombrello troppo piccolo.

*

Quando la porta del locale si aprì con un tintinnio, Sven scattò ritto sulla sedia e diede una gomitata a Trullo, il quale si era bellamente appoggiato sul tavolo per fare un sonnellino.

- Ecco che arriva il nostro Don Giovanni - annunciò Sven allargando le braccia appena Nic fu abbastanza vicino per sentirlo.

Nic si sedette accanto a Trullo. I due amici lo guardavano, gli occhi pieni di aspettative e curiosità.

- Smettetela di fissar... - cominciò Nic, finché Trullo gli afferrò malamente la mandibola per tenergli ferma la testa e mostrò la faccia di Nic a Sven con un grugnito.

- Cos'è quello sguardo? - domandò Sven malizioso, avvicinandosi per vedere meglio. - Il nostro Nic si è forse preso una bella cotta?

Nic scacciò la mano di Trullo con un gesto infastidito.

- Sì, Trullo, hai proprio ragione. È perso - esclamò Sven, punzecchiando Nic. - Chi l'avrebbe mai detto che sei un romanticone!

Nic alzò gli occhi al cielo. - Io non...

- Non hai pensato che forse, e dico forse, avresti dovuto informare i tuoi amici su chi fosse la tua bella? E io che pensavo ti fossi preso una sbandata per una qualunque ad una festa qualsiasi! - esclamò Sven teatralmente.

Nic si strinse nelle spalle e cominciò a mangiucchiare le patatine ormai dure che Trullo non aveva finito di mangiare. 

- Eh no, caro mio! Come minimo ci devi spiegare che avete fatto! - disse Sven, spostando il contenitore delle patatine e facendolo quasi finire per terra. Visto che Nic gli lanciò un'occhiata di traverso, accentuò il broncio: - Ti prego, Nicolino caro.

- Lo sai vero che chiamarmi 'Nicolino caro' non mi incoraggia a parlartene?

- No, ma lo farai comunque, perché io sono andato in avanscoperta al suo tavolo mentre non c'eravate e ho raccolto un paio di informazioni.

- Che hai fatto? - domandò Nic divertito.

- Una chiacchierata con Daniel e la migliore amica di Marina, tale Lisa.

- E ovviamente l'hai fatto per me e non per parlare con Daniel - disse Nic, calcando il tono sull'ultima parola.

Sven arrossì. - Parla.

- Dovevo farle vedere una cosa in municipio e abbiamo chiacchierato un po'. Le ho prestato l'ombrello.

- Che le hai fatto vedere?

Nic se ne rimase zitto, e di conseguenza Sven si rivolse frustrato a Trullo: - Trullo, fa qualcosa!

Il ragazzo diede uno scappellotto a Nic. Doveva essere leggero, ma vista la mole e la delicatezza di Trullo, Nic rischiò di sbattere la testa sul tavolo. Emise un gemito di dolore e si massaggiò la nuca.

- Trullo, amico mio, evita di ucciderlo entro stasera - disse Sven.

- Perché? Che facciamo stasera?

Sven si abbassò cospiratorio e lanciò occhiate a destra e a sinistra, sotto lo sguardo stralunato di Nic.

- Tu avrai un appuntamento con la tua bella - sussurrò Sven eccitato.

Nic scosse la testa scettico. - Non ho neanche il suo numero. E, per inciso, a lei piace un altro.

Sven balzò sulla sedia come se gli avessero sparato, portandosi una mano al cuore. - Non può essere!

- È.

- Allora la nostra missione diventa ancora più importante! Non è vero, Trullo?

Trullo borbottò affermativamente.

- Missione? - domandò Nic, sempre più preoccupato.

Sven si guardò le unghie fiero di sé. - Ho scoperto, e ti prego non ringraziarmi, che Marina e i suoi amici andranno a vedere un film questa sera.

Nic sembrò genuinamente sorpreso. - E tu vorresti comprare i biglietti per vedere lo stesso film, scommetto.

- Togli il condizionale, Nicola - disse Sven con un sorriso astuto. - Li ho già comprati.


 

  
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