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Autore: Defective Queen    16/09/2008    3 recensioni
Due ragazze, con diverse personalità e passato, si incontrano e diventano amiche, anche se sono entrambe due bugiarde e il loro rapporto non è mai quello che sembra.
Kate è straordinariamente bella, viziata, popolare con il sesso opposto e la reginetta (solo apparentemente) superficiale della scuola. Si dimostra gentile e amichevole con tutti, ma in realtà cova dentro di sè rancore verso gran parte delle persone e una glaciale freddezza nei rapporti umani. Roxanne ama disegnare ed essere eccentrica. Imbranata, testarda e sensibile, appena trasferitasi dalla Florida conquista al primo colpo tutti gli amici di Kate, e quest'ultima non può fare a meno di sentirsi minacciata dalla sua crescente popolarità.
Una volta che Roxanne entra nella sua vita, però, Kate cerca più di ogni altra cosa di continuare ad odiarla, ma i suoi sforzi ben presto si rivelano vani.
Questo, e molto altro, è "Beauty is the Beast".
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10 aprile
 
 
I giorni trascorsi dall’ultima volta che ho scritto sono stati un miscuglio ridicolo di momenti di relax, subito seguiti da un’intensissima attività.
Ho imparato a collaborare con la Miller, a patto di continuare a rivolgermi a lei come Roxanne, (perché diamine, questo è il suo nome e non lo renderò ridicolo apostrofandola come Anne!) e lei ha imparato a seguire i miei consigli, visto che, come ha già avuto modo di rendersi conto, sono sempre oculati e considerati.
Potrei anche assumere che tramite questa sorta di collaborazione io stia imparando il significato della parola “fiducia”. Tutto sommato, mettendo il mio rancore da parte, non è che sia difficile avere fiducia in Roxanne. E’ una persona talmente innocua che non potrebbe mai far male ad una mosca. Potrei affidarle totalmente la mia vita e star sicura che lei non ci farebbe nulla di male, ma come faccia lei a mettersi nelle mie mani con così tanta naturalezza non lo capirò mai…
Eppure, malgrado tutto ciò che sarei capace di fare, non ho deluso le sue aspettative.
Parlo del nostro comitato di accoglienza, naturalmente. Abbiamo stabilito di lavorarci su quattro volte a settimana, assieme a tutti gli altri che ho reclutando usando le mie armi più efficaci - il fascino e la popolarità, naturalmente – e Roxanne mi ha chiesto se potevo occuparmi dell’organizzazione della festa di benvenuto per i nostri tanto attesi alunni stranieri. Io ho accettato, pentendomene un secondo dopo, ma devo dire che l’organizzazione del bouffet sta andando piuttosto bene, anche meglio delle mie previsioni. E mi ci sto impegnando. Ovviamente delego i lavori e le prenotazioni agli altri, perché non sono brava ad aspettare e mi spazientisco in fretta. Quello in cui sono brava, però, è organizzare quei dettagli fondamentali senza i quali non ci potrebbe essere tutto il resto: come scegliere il menu, le decorazioni, il catering da contattare, la musica con cui intrattenere gli ospiti.
Ho rivisto Jeff ieri sera e mi ha portata a cena. Devo dire che quando è vestito a modo e profumato, senza olezzo di pattume, è una persona piuttosto interessante. Sto con Jason quando ho un oretta libera a scuola e non sono impegnata con le attività di comitato, mentre Nick mi tartassa di sms chiedendomi come mai non mi faccio più sentire spesso come prima.
Sono in grado di gestire più persone contemporaneamente, certo, ma ultimamente non ho la pazienza necessaria per sopportarne più di due.
Anche se avevo lodato in precedenza le qualità da gentleman di Nick, ben presto mi sono resa conto che questo suo essere talmente perso negli ideali romantici lo rendeva una persona troppo poco concreta, diversamente da me, che mi aggrappo alla realtà più che ad ogni altra cosa.
Un’altra voce, dentro di me, però, insiste con il fatto che ho voluto distaccarmene apposta per non ferire i suoi sentimenti che sembravano troppo seri. Io ho riso a tale pensiero (non avrei mai creduto di riuscire ad analizzare così profondamente una situazione), ma al tempo stesso non sono riuscita a scacciarlo completamente.
Chissà che io non stia diventando un po’ più sensibile…non è qualcosa di negativo per lo meno, giusto?
 
 
13 aprile
 
 
Ho passato un fine settimana grandioso ed indimenticabile! Venerdì sera sono partita con Jason verso Chicago, attraversando quasi interamente tutto l’Illinois per arrivarci. Siamo giunti a destinazione il sabato mattina molto presto e dopo una veloce colazione in un bar frequentato quasi esclusivamente da ultra sessantenni, abbiamo iniziato il nostro giro turistico, vagando un po’ guidati dalla cartina, un po’ senza meta. Sembravamo due pazzi ubriachi, anche se completamente sobri.
Ci siamo divertiti a chiedere indicazioni per posti assurdi dove non saremmo mai andati, tipo il “Museo per bambini in volo” (ma che diamine è?!) ad O'Hare , mettendo piuttosto in difficoltà la ragazza a cui avevamo chiesto informazioni. Parlando con lei, io ho aggiunto pure che dovevamo arrivarci immediatamente, perché era una questione di vita e di morte, guardandola con un’espressione terribilmente seria, che sottolineava appunto la gravità della situazione.
Jason, d’altra parte, aveva qualche difficoltà a trattenere le risate e molto spesso nascondeva la faccia dietro le mani, fingendo di sbadigliare o di tossire.
La ragazza, dopo il mio ultimatum, è sembrata un tantino impaurita e si è affrettata a scarabocchiare su un fazzoletto – fornito da me, assieme alla penna - una mappa, poiché non ricordava esattamente i nomi delle strade, ma ne conosceva bene la localizzazione.
Quando l’abbiamo salutata, ringraziandola di cuore - forse un po’ più del necessario -, lei è sembrata quanto meno sollevata di essere scampata da una coppia di psicopatici come noi.
Jason ha fotografato ogni grattacielo, negozio e museo che abbiamo incontrato sul nostro cammino. E ha fotografato anche me, soprattutto me: mentre parlavo, mentre ridevo, mentre mangiavo, persino quando mi ero incantata a guardare fuori dal vetro del ristorante nel quale eravamo seduti. Quando mi ha fatto vedere gli scatti, sebbene fosse restio per l’imbarazzo, io l’ho rimproverato: «Ma insomma, mi porti fino a Chicago per fotografare nient’altro che me?! Avresti potuto farlo in qualsiasi momento a casa...»
«A casa non è lo stesso. Qui, adesso, in quelle foto, sei solo mia, anche se solo fino a domenica sera. Quando torneremo, invece, non sarà più la stessa cosa», ha risposto.
Io ho continuato a sorseggiare quietamente il mio caffè. Lui mi ha fatto un'altra foto e io l’ho lasciato fare, come sempre.
Avrei voluto precisare che non ero sua e non lo sarei mai stata, neppure per due giorni. Odio quando gli uomini ci si mettono con le loro manie di possesso! Come può vantare diritti su di me? Solo perché andiamo a letto assieme, occasionalmente, questo non vuol dire nulla. Almeno per me, non c’è stata alcuna differenza tra quella notte e tutte le altre volte in cui siamo stati insieme prima.
Non ho aggiunto niente, però. Sapevo che l’avrei ferito e non mi andava di fargli venire un cattivo umore, nel caso decidesse di abbandonarmi in Illinois per tornarsene a casa da solo con la sua macchina. Aveva deciso di pagare tutto lui, inoltre, e non potevo allontanare il mio benefattore. D’altra parte, una piccola omissione non avrebbe causato alcun male.
Lunedì sarebbe tornato tutto come prima e lui lo sapeva, perciò non c’era bisogno di altre spiegazioni.
Siamo tornati da poco più di 30 minuti e sfruttando i miei ricordi freschi, ho voluto mettere immediatamente su carta gli avvenimenti più importanti.
Adesso, però, devo andare perché domani, anzi dovrei dire oggi, visto che è già passata la mezzanotte, ho scuola.
Qui sotto attaccherò le foto di me e Jason di fronte al cancello del museo dei “Bambini in volo”. Ebbene sì, ci siamo andati…ma solo per scoprire che era chiuso!
Dopo aver letto il cartello che recitava “CLOSED” a caratteri cubitali, Jason ha riso talmente forte da farsi venire un singhiozzo che gli è durato per ben 2 ore e si è fermato solo quando ci siamo infilati in un pub a tracannare un coctail di vodka e rum come se fosse dell’acqua fresca.
Ora che ci penso, ho notato di avere la brutta abitudine di sbronzarmi ogni week-end! E i miei credono che io sia completamente astemia, pensa un po’…
‘Notte.

Kate.

 
13 aprile
 
 
E’ inusuale per me scrivere una pagina di diario ad una distanza così breve dall’altra, ma ho un po’ di aggiornamenti che non voglio dimenticare e quindi l’unico rimedio per tenerli a mente è scriverli qui.
Ora che ci penso…è qualcosa di strano. Ultimamente, sempre più spesso, anche quando succede una minima cosa, mi salta in mente il pensiero: “Questo posso scriverlo sul diario”.
Non posso impedirmi di farlo, è come una reazione inconscia. Come se non potessi più fare a meno di scrivere: esattamente ciò che più temevo.
Odio le ossessioni, le dipendenze, insomma tutto quello che ti lega a qualcosa o a qualcuno talmente tanto da farti venire i sensi di colpa, in caso di una mancanza da parte tua.
Sento una spinta intensamente forte che mi spinge a scrivere e, quando non lo faccio, sono terribilmente nervosa.
Non volevo fosse così, mi ero ripromessa che sarebbe stata una cosa saltuaria e adesso tutti i miei piani sono caduti. Va bene, mi piace scrivere il mio diario (e suppongo questa sia la mia prima ammissione ufficiale), ma non voglio che questa passione diventi un’esigenza asfissiante.
Cercherò di non scrivere molto spesso, quindi, ma oggi devo proprio farlo o continuerò ad essere soffocata da quest’ansia terribile.
A pranzo, circondata dalle Gallinelle, Jason e un paio di altri tizi, ho visto arrivare Roxanne Miller di gran carriera verso il nostro tavolo. Io ero ancora intenta a masticare la mia insalatina dietetica e quasi mi sono soffocata vedendo che si stava avvicinando proprio a me.
Incapace ancora di parlare e sforzandomi di mandar giù il boccone, le ho lanciato un’occhiata inquisitoria a cui lei ha risposto semplicemente con un sorriso gentile. Tutte le persone presenti a tavola si sono improvvisamente azzittite, come se fosse in corso una scena da non perdersi assolutamente.
Il pensiero che lei avesse su di sé più sguardi di quelli che erano indirizzati a me, mi ha infiammato di rabbia, eppure ho cercato di trattenermi, limitandomi a fare a pezzi con le dita la tovaglietta che ricopriva il tavolino.
«Allora…posso esserti di aiuto?», ho chiesto quando sono finalmente riuscita a mandar giù il boccone.
Roxanne si è riscossa, come se se fosse stata assente per qualche secondo, e ho notato che anche oggi non portava gli occhiali. E’ già un notevole cambiamento nel suo look.
«Volevo solo dirti che il professor Gutierez mi ha fermata in corridoio e mi ha detto che è necessario preparare un discorso per il giorno in cui arriveranno gli stranieri.»
Io le ho rivolto un’occhiata pratica e di sufficienza: «Ma mancano più di due settimane, abbiamo tutto il tempo, non era necessario che venissi a dirmelo apposta a pranzo.»
La tavolata è stata scossa da mormorii vari: tirando ad indovinare, posso presumere che mi stessero biasimando per l’acidità con cui stavo ripagando le buoni intenzioni di Roxanne.
Mi sono resa conto di essere stata un po’ dura, in fondo sono stata sempre attenta a dimostrarmi gentile con gli altri (perché è il metodo migliore con cui ottenere i favori), ma ho sentito salire dentro di me una sensazione stranissima: un miscuglio di rabbia, invidia, ammirazione e al tempo stesso fastidio.
E’ tutto ciò che provo nei confronti di Roxanne: quello che la sua presenza mi trasmette.
Roxanne, quasi a voler vanificare ogni mia speranza di vederla assumere un atteggiamento astioso, non ha fatto per nulla caso al tono con cui mi sono rivolta a lei e ha risposto con assoluta calma: «Il professore vuole che sia pronta entro mercoledì: ecco perché sono stata costretta a dirtelo proprio ora.»
«Oh.»
Qualunque altra persona avrebbe fatto la figura della stupida in una situazione simile: la nuova arrivata, chiaramente non gradita dalla ragazza più popolare della scuola, non avrebbe mai speranze di uscire indenne da un dialogo come quello che era in corso tra me e Roxanne. Eppure lei l’ha fatto.
Mi rende profondamente imbarazzata ammettere che ne è uscita non solo illesa, ma anche vincitrice.
Quello era il mio tavolo, ero circondata dai miei compagni, eppure lei sembrava aver in pugno la situazione. Senza usare un tono scontroso, senza un minimo segno di irritazione.
L’ho odiata come non mai, in quel momento. E la odio ancora adesso, mentre scrivo queste parole.
La odio ancora di più, però, perché senza nemmeno aspettare che io le dicessi di sì, mi ha invitata a casa sua per riunire le nostre menti e scrivere quello stupido discorso di benvenuto.
Poi se n’è andata: è tornata dalle sue amichette secchione, tra cui quella Patty Mason che dopo avermi parlato per una volta, sembra essersi arrogata il diritto di seccarmi a non finire: lodando i miei vestiti, capelli, orecchini, scarpe, ripetendo insomma tutto ciò che so già da me.
Se non sapessi che i suoi commenti sono derivati dal disperato desiderio di essere come me, potrei persino considerarla una vera intenditrice di moda e accessori.
In ogni caso, eccomi qua, invitata nella tana della mia peggior nemica per domani.
Non so assolutamente niente della sua famiglia, né della catapecchia in cui vive.
Avrei optato per farla venire a casa mia, se non fosse che così dovrei dare fin troppe spiegazioni a mia madre. Le uniche che abbiano mai osato presentarsi alla porta di casa mia per vedermi (oltre qualche ragazzo vecchio stile, disperato nel chiedere la mia mano a mio padre) sono proprio le Gallinelle. Non avendo amici o confidenti di sorta, loro sono state sempre le uniche ad avere il coraggio (o forse dovrei dire incoscienza) di avvicinarsi così tanto a me, visto che siamo state compagne di classe fin dalle elementari.
Le loro sono state sempre delle brevi visite di cortesia che capitavano più frequentemente nei primi anni e si sono affievolite strada facendo, vista la scarsa considerazione con cui ripagavo il loro interessamento. Mi chiedo come mai non mi abbiano già mandata a quel paese, ma suppongo che per mantenere il proprio status di popolari, quelle piccole streghette farebbero di tutto, persino sopportare la compagnia di chi odiano.
Anche io faccio sempre questo, ma la situazione è ben diversa. Non si tratta di voglia di popolarità nel mio caso, quanto di un modo per evitare di essere sola.
In ogni caso, dover parlare a miei di Roxanne Miller, trasferitasi in città da poco meno di un mese e mia acerrima rivale per un non ben preciso motivo, non è assolutamente qualcosa che smanio di fare.
Mi avventurerò a casa sua, perciò. Se non dovessi più tornare, lascio tutti i miei vestiti e i miei averi alla mia gatta Susie.
E’ tutto.

 

Kate

   
 
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