Erano passati anni da quando aveva perso sua moglie Giselle e la loro bambina, anni da quando quel dolore mostruoso gli aveva portato via una parte della sua anima.
Hans dopo tanti anni iniziava a pensare che forse era finita, che forse quel Dio misericordioso che tutti amano e pregano aveva smesso di torturarlo, che forse anche lui finalmente poteva iniziare ad essere felice.
Aveva avuto un bimbo in un modo così inaspettato che per un momento, solo per un momento gli era sembrato un fagotto regalo, un regalo di quello stesso Dio che adesso voleva essere perdonato per tutto quello che gli aveva portato via.
Cazzate!
Stava li a fissare il suo piccolo ometto sul proprio letto e gli accarezzava la manina fissando bene nella sua mente ogni sua espressione durante il sonno, era sempre bellissimo ai suo occhi nonostante fosse pallido e avesse perso qualche chilo.
Non mangiare tante caramelle.
Non correre.
Non urlare.
Non fare i capricci.
Tutti rimproverano continuamente i loro figli nonostante sia normale per dei bambini comportarsi così ma lui no, ed era felice di non aver proibito quasi nulla al suo piccolo, molti lo rimproveravano perché era cresciuto in un modo un po' particolare, ma il suo bambino era perfetto così ai suoi occhi, infondo aveva tempo per capire i veri valori della vita, adesso aveva solo bisogno di ridere e scherzare ed essere viziato, perché quando si cresce difficilmente si trova qualcuno che pensi a viziarti.
La vita non lo fa mai.
Chissà perché però nessuno dice mai ai globuli bianchi di non diventare delle cellule tumorali.
Era passata qualche ora da quando Hans aveva scoperto che suo figlio Tabris aveva la leucemia, qualche ora da quando un uomo instabile era totalmente andato fuori di testa, raramente riusciva a mostrare ciò che provava, era arrugginito nel mostrare i propri sentimenti sia a parole che anche con i gesti, proprio per questo da quando il medico aveva detto quelle parole si era chiuso a riccio, stava con lo sguardo fisso nel nulla ed alle volte si ritrovava con le guance bagnate senza neanche rendersene conto, cercava di far finta che non fosse successo nulla, che quelle parole non fossero state dette, che quella verità non fosse poi così vera.
Non riusciva neanche a pensare, cosa si fa in casi come questi?
Si piange?
Si urla?
S'impreca contro Dio?
Si, probabilmente si fanno tutte queste cose ma lui non aveva più un Dio contro cui inveire, erano successe troppe cose, aveva perso troppe persone per credere che da qualche parte ci fosse qualcuno pronto ad aiutare la gente in difficoltà. Non era neanche riuscito a dirlo alla madre di suo figlio, l'aveva riaccompagnato a casa ed era rimasto a guardare entrambi lasciando che almeno loro vivessero qualche altro giorno senza un peso del genere, senza dover stare la notte svegli a piangere e guardare il soffitto. Era tornato a casa e si era guardato intorno senza sapere neanche cosa fare, come se non avesse una meta, aveva preso la mazza che teneva dentro l'armadio in caso entrasse qualcuno ed aveva iniziato a colpire qualsiasi cosa si trovasse davanti a lui andando dritto in giardino sul prato, solo a quel punto cadde per terra in ginocchio e con le lacrime che rigavano il viso guardò il cielo e prese ad urlare.
« Ora dimmi..Dimmi coglione..Dimmi chi fa venire un tumore ad un bambino di quattro anni!..Dimmi cosa diavolo ho fatto di male per vedere soffrire tutte le persone che stanno..al mio fianco..
Dimmelo..
Dimmelo maledizione.. Mi.. Devi delle risposte!»