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Autore: the_black_wolf    21/08/2014    1 recensioni
Amavo ciò che sognavo, non ciò che vedevo. Amavo l'afrodisiaco piacere e la più orrenda paura al tempo stesso. Amavo l'inamabile, amo colei che è un mistero.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Chi si dà all'altro nel modo in cui un soldato si dà prigioniero deve prima consegnare tutte le armi. E così privato di ogni difesa, non può fare a meno di chiedersi quando arriverà il colpo ."
                                                                                                                                                      [Cit. M. Kundera]



Ragazza solitaria, problematica, diffidente. Non sapevo bene come definirti. Quel pomeriggio ti portai in casa mia poichè era mio dovere di essere umano ( nonchè di gentiluomo) offrirti il mio aiuto. Non pronunciasti una parola e neanche mi guardasti in volto a dir la verità! Eri troppo impegnata nello scrutare con interesse la mia dimora. "Hai bisogno di qualcosa"? "Posso aiutarti in qualche modo?" "Non esitare a chiedere!" Ma tu zitta. Se non mi avessi parlato poco prima avrei certamente creduto tu fossi muta! Passarono, tuttavia, pochi giorni e le cose andarono meglio. Iniziasti a parlarmi, raccontarmi che non avevi una famiglia perchè questa ti aveva cacciato, lasciata sola,non avevi nessuno da cui stare ed eri in una situazione molto dura. Nonostante fossi colpito dalla calma apparente con cui parlavi delle tue disgrazie , non ti chiesi nulla per educazione ed andò a finire che ti invitai a restare a casa mia per i giorni necessari.
 I giorni ,tuttavia ,diventarono settimane, le settimane mesi, e ormai tutto ciò che era mio era diventato da tempo anche tuo.
Il mio cuore?
Ti apparteneva senza dubbio alcuno.
Ero ossessionato dal tuo essere anche se non ne sapevo molto.
Non tanto la tua bellezza quanto i tuoi modi di fare così misteriosi e sensuali mi mandavano in estasi. Potevo resistere alla dea dell'amore? Potevo resistere a una donna capace di farmi mancare il respiro solo sfiorandomi accidentalmente la mano? I miei amici, la mia famiglia, i miei conoscenti non capivano... Si chiedevano come potessi aver abbandonato la mia quasi moglie, incinta di mio figlio, per una ragazza che per il momento non era niente di più che un'amica. Ma è vero anche che non si può comprendere realmente ciò che prova un uomo fino al momento in cui non ci si trova a camminare nelle sue scarpe percorrendo lo stesso cammino. Non ero ancora riuscito a baciarti perchè sembravi estremamente distante e quasi irraggiungibile.
Eppure già allora mi pareva di scorgere in te un qualcosa di angosciante, un'anomalia del sistema, un valore sballato.
 Non era normale tutta quella tua freddezza, quel tuo carattere assurdo e fin troppo riservato e quella strana sensazione che nutrivo nei tuoi confronti.
Mi sembrava che ci fosse altro da sapere su di te, qualcosa di importante e che non mi avresti mai detto se non avessi calcato un pò la mano. Iniziai a farti domande sul tuo passato, alle quali rispondevi in modo vago o mentivi spudoratamente. Ti confondevi da sola a volte.
 Io ero, però, ossessionato all'idea di riuscire a conoscerti , poterti amare ed essere ricambiato. Così, organizzai una mia strategia. Per quanto mi dispiacesse causarti il benché minimo fastidio, il più piccolo dolore, ti avrei fatto sentire a disagio, non gradita e inadeguata in modo che tu mi avessi raccontato di più su di te e fosse più facile per me farti cadere tra le mie braccia. Ammetto di non aver sempre avuto un comportamento corretto nei tuoi confronti... Ma io ero innamorato di te Viola, innamorato perso! Iniziai a parlarti di colei che era incinta di mio figlio e lì notai la tua prima, spaventosa stranezza. Ormai ti muovevi come un felino nella mia dimora: pienamente sicura di te e della tue movenze ma attenta a restare, per quanto possibile, nell'ombra. Cercavi di non fare rumore.
 Iniziai ( lo ricordo bene) a parlarti così:
"Mi sembra giusto dirti che prima di te vi è stata un'altra donna al mio fianco."
"Si. Ne ero a conoscenza."
 Risposi tu, molto fredda.
 Continuai: "Perfetto. E mi sembra anche giusto dirti che lei ha in grembo un bambino che è mio e che tra pochi mesi verrà alla luce. Non voglio affrettare le cose tra di noi... Sarebbe lecito ,però, che tu fornissi una risposta alle mie domande. Cosa siamo noi? Io nutro un forte interesse per te... Sono ricambiato? Dimmi cosa dovrei fare!"
 Silenzio.
Silenzio.
Attendevo una tua risposta mortificata mentre tu fissavi il vuoto.
Improvvisamente, sbattesti una mano sul tavolo creando un rumore fortissimo, ti alzasti di scatto, tremando dalla rabbia e mi guardasti con odio. Odio estremo, puro e devastante. Odio nutrito da tutta la cattiveria di cui un essere umano è capace e forse anche di più. Urlando iniziasti a parlarmi così:
" NON MI SEMBRA CHE TU ABBIA IMPIEGATO TEMPO A PENSARE SE AIUTARMI O NO. NON MI SEMBRA CHE TU ABBIA RIFIUTATO UNA SOLA VOLTA LA POSSIBILITÀ DI GUARDARMI E NON MI SEMBRA CHE TU SIA INDECISO NEI MIEI CONFRONTI!"
Riprendesti, più calma, il discorso:
 " Se hai realmente la necessità di scegliere, fallo pure. Ma lo hai già fatto. Dentro di te c'è già una risposta. Un nome , il mio ,inciso dall'interno, tra le costole e i polmoni, vicino al cuore. Così che tu possa ricordarlo SEMPRE." La mia angoscia aumentò di molto quando, improvvisamente divenuta allegra, frivola e gioiosa , tra una risata, un sorriso fin troppo accentuato e uno sguardo euforico pronunciasti queste parole:
" se è tuo futuro figlio la causa delle tue preoccupazioni, non preoccupartene. Il bambino morirà."
Sentii il gelo attraversarmi le vene e le vene stesse divennero di pietra. Un brivido di orrore mi risaliva la schiena come un ragno dalle zampette corte e veloci.
" VIOLA... come sai questo?"
 Alla mia domanda continuavi a sorridermi con una dolcezza e una calma inquietante. Avevi appena predetto la morte di mio figlio e, vero o meno, mi avevi spaventato a morte!
" VIOLA RISPONDIMI PER FAVORE" Ti dissi a gran tono in preda all'isteria.
 "Intuito, professore."
 Se ero in grado di sopportare il soprannome con il quale spesso mi chiamavi visto il percorso dei miei studi, non riuscì (e non riesco ancora) a mandar giù quella tua reazione così contorta e spaventosa unita a quei tuoi modi di fare unici, quasi paradossali. Ammetto che, con cuor di coniglio, da quel giorno cercai di parlarti il meno possibile e ti lasciai libera di andare dove più volevi, tornando a casa mia solo e quando ciò ti faceva comodo. Vederti era una gioia per me, il mio cuore ogni volta esplodeva nel petto, ma avevo un certo rispetto, una certa paura di te, così come il più valoroso dei gatti teme la lince o il leone. Una sera , tuttavia , non rientrasti a casa, e fu così per le quattro sere seguenti. Mi preoccupai molto, certo, ma non sapevo come avrei potuto rintracciarti. Il cognome che mi avevi detto di essere il tuo era probabilmente un falso e non avrei saputo spiegare a nessuno il motivo per il quale tu abitassi a casa mia. La tua assenza mi rendeva furioso e allo stesso tempo avevo una gran paura di rispondere alle numerose chiamate che mi arrivavano ogni giorno perchè temevo di saperti morta. Rincasasti la quinta sera, abiti sfatti e uno strano odore addosso. All'inizio non riuscivo a capire... Ma poi mi parve ovvio! Odore di un altro uomo. Non potevo sopportare l'idea che tu fossi scappata da me, che ti avevo offerto ogni cosa, per recarti dal primo sconosciuto e amare lui al posto mio. Che persona eri? Tanto falsa quanto crudele da prenderti così amaramente gioco del mio cuore? E di nuovo quella tua inspiegabile allegria, quel tuo brio che ti accompagnava in ogni movimento. Enormi sorrisi ed occhi spalancati, carezze , coccole e abbracci a me dopo che eri stata con un altro e neanche ti sforzavi di nascondermelo.
" Non sei in grado di resistermi, professore! Non sei in grado neanche di farmi fare ciò che vuoi tu!" "Ahahahaha professore, quanto sei stupido!"
Oh ,Viola...Parlavi con te stessa includendomi nella conversazione quando ti faceva comodo. Ti accarezzavi i capelli mentre mi mostravi i denti sorridendo in modo fin troppo falso e spaventandomi a morte. Un momento prima eri dolce e gentile e dopo un secondo eri in preda all'ira e urlavi correndo per tutta casa. Ero impietrito dallo spavento, parevi posseduta. Chi eri tu? Improvvisamente, ti fermasti al centro della sala da pranzo, vicino alla cucina nella quale le tue mani non avevano mai osato lavorare come era tipico per voi donne del tempo. Iniziasti a tremare: un tremolio lieve e perenne unito a qualche scossa più forte, che partiva dalle caviglie e raggiungeva le cosce. Sguardo fisso verso il basso e dita che si contorcevano. Ad un tratto, senza preavviso, spalancasti i tuoi occhi freddi verso di me e mi sorridesti con malignità estrema. L'improvviso suono del telefono mi fece sussultare per lo spavento. "Chiamata inopportuna in un momento inopportuno" pensai, con una sorta di sarcasmo di chi è in preda alle fauci del terrore e della paura.
 " Risponda al telefono, professore! Vedrà che sorpresa!" dicesti tu prima di scoppiare in una sonora risata. Alzai la cornetta. Chiamavano dall'ospedale.
 Ciò che era successo, ahimè, preferirei averlo scordato per sempre e non esser qui a raccontarlo a voi. Eppure una sola è la vita e comprende tutti i suoi dettagli e le sue sfumature. Se io non vi raccontassi che quel giorno parlai al telefono con il padre della donna che avevo abbandonato , incinta di mio figlio, non vi racconterei la mia storia.
 E se non vi dicessi che fu proprio lui , con il massimo disprezzo nei miei confronti di cui si riteneva capace, ad avvisarmi che la figlia aveva perso il bambino che portava nel grembo a causa di un aborto spontaneo a cui i dottori non davano una spiegazione ,vi racconterei la vita di un altro.
Mio figlio era morto. Morto. Prima ancora di essere realmente vivo.
 E se c'è cosa più orrenda di questa è che io stesso ero innamorato di un essere proveniente da chissà quale luogo infernale che poteva essere a conoscenza di questa e chissà quante altre atrocità prima di un chiunque mortale. Cosa altro avresti potuto farmi Viola? Il dolore per la morte di mio figlio fu reale, sentivo come morta per sempre una parte di me, eppure il tutto era offuscato e placato dal mio amore per te, mia Viola. Come un lampo, il pensiero che tu e le tue chissà quali mostruose capacità fossero coinvolte nella morte del mio piccolo mi balenò alla mente e mi fece provare rabbia nei tuoi confronti.
 Avevo bisogno di soffrire per mio figlio.
 Avevo bisogno di tornare in me, senza il tuo nome fisso in mente e senza l'oppressione che sentivo solo nel guardarti a distanza. Mi rendevi prigioniero e io ne ero stanco. Ti amavo si, ti amo ancora, ma prima di precipitare nell'abisso ti guardai in quei tuoi occhi freddi ( bellissimi, così speciali ,misteriosi...) e ti dissi di andartene, sparire da casa mia e tornare solo quando saresti stata disposta ad amarmi realmente.
Neanche una lacrima da parte tua.
Neanche una frase di scuse o una parola dispiaciuta.
 Non un accenno a me, a noi oppure a un semplice saluto.
Non una parola di ringraziamento o di protesta.
 Ti avvicinasti alla porta d'ingresso, dandomi le spalle.
La apristi ,lentamente ,e accennasti un passo. Per un ultima volta potei scorgere i tuoi lineamenti nel modo in cui voglio ricordarmene e mentre i tuoi occhi ,perennemente congelati, apparivano adesso incendiati, roventi, rossi come quelli di un demone a causa dell'odio che ribolliva all'interno del tuo corpo, parlasti così: "Sia fatto ciò che hai chiesto."
E te ne andasti.
 
 Dopo sei giorni, la scomparsa di due bambine allarmò l'intera città. Partirono le ricerche, cani della polizia in ogni angolo e agenti ovunque. I genitori delle piccole, che erano sorelle, si dichiaravano disperati e da tutti i piccoli paesi vicini arrivavano lettere di conforto. Il nono giorno dopo che Viola se ne era andata, venne trovato il suo cadavere in un lago, putrefatto e quasi irriconoscibile a causa della permanenza in acqua. Orrenda fu la vista delle due bambine scomparse , ritrovate in una delle sponde dello stesso lago che adesso si davano la mano, davanti a quell'osceno spettacolo e fissavano ciò che restava della mia amata con occhi fissi nel vuoto.
Ancora , che sono trascorsi trent'anni, rivedo la scena nei miei incubi.
  
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