Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Eriok    21/08/2014    1 recensioni
Dopo un'anno circa dalla famosa "estate ghiacciata", Elsa ed Anna dovranno affrontare problemi molto più "scottanti" dell'inverno pungente di quest'anno.
Elsa, regina di Arendelle, incontrerà i nuovi emissari del neonato regno "Le Terre del Fuoco".
Con una sovrana dai poteri molto - troppo - simili a Elsa. Facendole nascere dubbi su di sé e sul mondo che l'ha circondata fino a quel giorno.
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri, FemSlash | Personaggi: Anna, Elsa, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 1

 

Mentre le due sorelle prendevano la via per ritornare al castello, gli occhi di Elsa, freddi come il ghiaccio d’inverno, osservavano la nave attraccata al porto. C’era un’aura intorno ad essa che le emanava un non so che di misterioso e il suo animo divenne preda della curiosità.

Nella mente ricordò la missiva sul suo tavolo della visita di emissari importanti. E lei non era lì ad accoglierli. Intimò ad Anna di accelerare il passo, e ignorò platealmente il brontolare della sorellina mentre raggiungevano il piccolo ponticello del porto.

Doveva arrivare subito su quel pontile.

Una sensazione strana, la stessa provata prima, le vibrava dentro le viscere, scombussolandole lo stomaco.

Non sapeva chi si sarebbe trovata davanti, e ora tutto il suo essere era risucchiato dalla curiosità. Mentre i piedi di sua sorella affondavano nella neve lei ne camminava sopra come sospesa dai suoi poteri, facilitandone il passo, tutto inconsciamente.

Come se il suo essere si stesse preparando a conoscere qualcosa – o qualcuno – di importante per lei.

 

«Benvenuti, signori, ad Arendelle.» mormorò Gwenda inchinandosi leggermente, mentre con gli occhi ricercava – in modo silente – la regina ritardataria.

«Benvenuti.» aggiunse Elsa, sbucando fuori dal nulla mentre Anna raggiungeva Kristoff poco lontano, rimanendo in disparte. L’uomo osservava con occhi dubbiosi il pontile che si abbassava per far scendere gli emissari giunti da lontano. Le Terre del Fuoco erano sulla bocca di tutti da mesi ormai, terra lontana, patria delle grandi eruzioni vulcaniche ancora attive. Terra ricca ma rude, rozza, ancora viva. Eppure, dopo molti combattimenti interni e di generazioni spezzate, si unificarono pacificamente sotto il regno della casata dei Brandjӓrn, che ora regna prospera e forte protettrice della propria gente, senza distinzione.

Dalla nave scesero un uomo e una donna, vestiti con abiti leggeri, estivi, e colorati con i colori del loro casato, il verde, il rosso e il bianco.

L’uomo era alto e palesemente a petto nudo, mostrando il fisico asciutto e muscoloso, le spalle larghe e la pelle abbronzata. I capelli castano scuro tenuti fortemente corti e gli occhi, neri, indugiavano sul mondo intorno a lui come confuso o non ben partecipe del grande momento che stava accadendo su quel pontile. Varie cicatrici solcavano il suo volto, così come il petto e le braccia, nascoste a volte da tatuaggi tribali.

Incrociò le braccia, non parlando. Fissò per pochi secondi ognuna delle persone lì presenti, soffermandosi di più sul ragazzo biondo che, intimidito, deviò lo sguardo.

«Quell’uomo è inquietante.» sussurrò all’amata, vedendo un suo breve accenno di consenso.

La donna invece, era leggermente più bassa dell’uomo al suo fianco, si muoveva sinuosa ma allo stesso tempo con passo militarizzato, come pronta a scattare e combattere per la sua terra e per la sua vita. Avevano entrambi un taglio di capelli praticamente identico se non nella lunghezza, leggermente più accentuata nella donna. Gli occhi invece erano di un profondo castano, e uno sguardo profondo e saggio, ma distante. Anche lei mostrava un fisico asciutto sotto i vestiti eleganti ma pratici, i colori del casato, una testa di leone ruggente in campo verde con contorno bianco.

Era in quest’ultima che Elsa si soffermò parecchio, rimanendo muta. Era rimasta come congelata dalla sferzata di calore che provenne da entrambi, soprattutto dalla donna che pareva più anziana di età rispetto all’uomo che l’accompagnava. Ma era l’aura intorno ai suoi occhi che la rendevano così intrigante per la regnante di ghiaccio. Non riusciva a decifrarli.

«Grazie per l’accoglienza.» sbiascicò la donna, parlando un accento dolce, sembrava cantasse. Elsa abbozzò un sorriso, indicandole il tragitto per l’interno del castello. Il piccolo borgo guardava i dignitari camminare di fianco alle donne vestite in pellicce gonfie e cappelli come se non percepissero il freddo pungente di quella terra. Come se fossero troppo abituati al calore da non sentirne la mancanza. Come se la Terra del Fuoco fosse radicata nella loro pelle.

Mentre camminavano Anna, da dietro la sorella più grande, notò il suo incedere curioso verso la donna, analizzandola. Aveva un vestito tipico delle terre del sud, infatti indossava pantaloni che stringevano alla caviglia, dove iniziava uno stivaletto ricamato. Alla cinta portava una daga, leggera e corta, anch’essa ricamata e ricoperta d’oro.

Un drappo unico di stoffa rossa partiva dalla cinta, in contrasto con i pantaloni verdi che strusciavano leggeri e stretti sui muscoli scattanti, e si univa appoggiando su un’unica spalla, con una spalliera in pelle decorata. Essa seguiva i movimenti del corpo, e ogni tanto si poteva scorgere – con grande sorpresa e vergogna di Anna – la fascia che stringeva il seno. L’uomo aveva lo stesso abbigliamento solo che invece del drappo rosso aveva solo una lunga fascia rossa che cingeva la vita, nascondendo la cinta, dove aveva appeso una mazza rozza e pesante.

Aveva ragione Kristoff su quell’uomo, era inquietante. Ma il suo sguardo mostrava altro, era spaesato, e seguiva la donna come se fossero legati da un filo invisibile.

Era curiosa, Anna. Non vedeva l’ora di cambiarsi – alla velocità della luce – e raggiungere i dignitari nel salottino privato, e sorseggiare cioccolata calda in silenzio.

Anche se avrebbero parlato di politica non le importava, voleva analizzare queste nuove persone giunte da lontano, e ascoltare le loro storie.

 

Elsa li accompagnò in dignitario silenzio nel salottino privato, dove tempo addietro suo padre riceveva i dignitari degli altri mondi lontani dal loro. Ricordava che doveva assistere, in rigoroso silenzio e con penna e fogli alla mano per prendere appunti e ascoltare, per imparare il suo dovere di regnante di questo mondo.

Sorrise mestamente, mentre entrò dopo l’uomo, alto due spanne più di lei, mentre la donna era solo una spanna in più di Elsa.

Anna, la più piccola di tutti, entrò trafelata, cambiatasi in modo frettoloso nella camera al piano di sopra, si sedettero e ordinarono da bere, prossimi ormai alla cena già imbastita nel grande salone.

La donna dai capelli corti parlò per prima, dopo aver sorseggiato un poco di quel liquido marrone caldo ma dolce.

«Conosco la vostra lingua, quindi non avremo bisogno di un traduttore.» informò, anche se ovviamente si sentiva palesemente l’accento delle sue terre. La principessa e la regina annuirono, mentre sorseggiavano la cioccolata calda appena servita da Gwenda.

«Volevo innanzitutto scusarmi per la fretta della mia visita.» iniziò a parlare, e Elsa ricordò che l’avviso era arrivato non meno di una settimana dalla loro effettiva partenza. Il viaggio durava decine di giorni, e i preparativi furono ultimati poco prima dell’arrivo della nave.

«Si figuri anzi, sono onorata della vostra visita. Sono assai interessata alla vostra situazione politica.» rispose Elsa, educatamente. Anna osservava silente, esultando internamente per il fatto che la donna avesse imparato la lingua del posto. Anche se si domandò quanto tempo ci avesse impiegato, visto la veloce ascesa al potere della sua famiglia.

«Era proprio di questo di cui volevo parlarvi, e privatamente.» e uno sguardo fulminante volò verso la donna dai capelli rossi che, sorpresa da quelle parole e dallo sguardo tagliente, poco ci volle che soffocasse con la cioccolata.

«È mia sorella, non ho niente da nascondere alla mia famiglia.» aggiunse Elsa irritata, leggermente infastidita dalle sue parole. Ma sorvolò, visto la poca documentazione che aveva su quella donna. E forse valeva per entrambe, visto che non sapeva chi fosse l’uomo al suo fianco, e lo osservò più approfonditamente. Non sembrava una guardia dall’aspetto.

Ignorò difficilmente Anna che tossiva, che cercava di non morire su quella poltrona, pulendo il cioccolato che era colato dal suo naso.

«Neanche io. Mi scusi, forse mi sono espressa male. Non ero a conoscenza che lei fosse lady Anna, la principessa.» e si alzò per chinare il capo. Anna rimase congelata. Prima si era sentita quasi offesa dalla freddezza con cui l’aveva trattata ma ora le sembrava quasi... gentile.

Fece un gesto per farle capire che non si era arrabbiata, e ricominciò a respirare, lasciando la tazzina sul tavolo. «Questo è mio fratello Enos, e io sono Elyce.» disse, presentandosi. L’uomo si alzò, si inchinò e mormorò un “piacere” appena accennato.

“Uomo di poche parole.” Pensarono inconsciamente le due donne di Arendelle.

«Sono venuta per avvisarvi di un terribile presagio di cui solo poche persone sono a conoscenza.» disse Elyce, andando subito al sodo. Elsa lesse nei suoi occhi la paura. Una grande e potente paura. «Il nemico che ha vessato per anni la nostra terra, costringendoci a camminare sulle ceneri dei nostri cari, è riuscito a sfuggirci via mare. Molti fonti indicano che potrebbe essere nelle vicinanze del vostro regno.».

Brutte, anzi bruttissime notizie.

Un nemico di un neoregno fuggito dalla sua giustizia ha attraversato l’oceano per chiedere asilo, in modo clandestino.

Era una bruttissima situazione, doveva gestirla in maniera neutrale e tranquilla.

«Capisco. Farò in modo di allertare le mie guardie con una dovuta descrizione e se lo vedremo vi avviseremo.».

«No.» intimò il fratello, guardando la regina con sguardo furente. «Ha ucciso nostra madre e nostro padre. Davanti ai nostri occhi. Tu devi ucciderlo.».

«En, non rivolgerti così a una regina.» ammonì la sorella, guardandolo in modo furente. Elsa vide il fuoco giocare nelle sue pupille, solo per un secondo, prima di sentire delle scuse secche da parte dell’uomo. Ritornò pacatamente nel suo silenzio, ma Anna non aveva perso neanche una parola e lo osservava tristemente, leggendo lo sconforto nei suoi occhi. Erano neri, ma erano pozzi di dolore. Ecco perché li vedeva così vicini. Sono rimasti da soli.

 

«Elsa, ti prego...» mormorò Anna, appoggiando la testa alla porta, il vestito nero si piegò leggermente al movimento «parlami...dimmi che sei ancora lì...non lasciarmi da sola...» ma, come sempre, sentì solo il silenzio e il freddo. Sempre quel maledettissimo freddo che le divideva. Si strinse nelle gambe, singhiozzando. Per un secondo le sembrò di sentire il respiro di sua sorella al di là del legno bianco. Ma si convinse che era solo una sua illusione.

In un momento del genere sarebbe corsa dalla madre, per un abbraccio.

Ma ora non aveva più nessuno ad alleviare la sua sofferenza.

Nessuno...

 

«Elsa...» Anna richiamò la sorella, le sembrava così fredda in quel momento. Come poteva non vedere? Le toccò leggermente la spalla, e lei si girò «Se è un uomo malvagio non sarebbe meglio catturarlo, o almeno indagare e cercarlo?» suggerì, con la voce piccola come lo era sempre nei momenti in cui doveva sembrare più una principessa che una esaltata.

Elsa la guardò e rifletté. Non era rabbia quello che leggeva negli occhi di Enos, ma odio. Era uno sguardo freddo, fatto di ferro e dolore. Passò gli occhi alla donna, e quasi ci cozzò, perché si incontrarono a metà, ognuna persa negli occhi dell’altra. Parlò lei per prima, spezzando quel momento che aveva incantato Elsa.

«Non è la vendetta che ci guida, Regina, ma-».

«Chiamami Elsa.» disse la bionda. E quasi si vergognò dell’intimità che le concedeva. Ma sorvolò. Sentiva che si sforzava a parlare in quel modo altezzoso. E capì solo in quel momento i pensieri di Anna. Erano rimasti soli. I genitori morti, proprio come loro.

«Elsa, non vogliamo vendetta. Vogliamo giustizia. Era questa la parola chiave di mia madre, e voglio rispettare i suoi dettami. Non voglio venir meno a una promessa. Deve essere giustamente punito per i crimini che ha commesso, secondo le leggi del mio popolo. E soprattutto, cosa che più mi preoccupa adesso, non voglio che faccia danno in un paese pacifico come il vostro.» sospirò, e strinse la mano di suo fratello, che era come sceso in trance, stringendo le mani convulsamente, fissando intensamente il pavimento. Il suo tocco sciolse la presa ferrea, e rilassò i muscoli, prima tesi del braccio e del petto del fratello.

I suoi occhi erano lucidi, ma non si permise quella debolezza, di farsi vedere in lacrime.

«Scusatemi.» e dicendo questo si inchinò velocemente e uscì dalla stanza silenziosamente. Elyce seguì con lo sguardo il fratello fino alla sua uscita.

«Scusatelo, non ha ancora-» le si spezzò la voce, e cercò di sciogliere il nodo che aveva in gola. Era duro, e pesante. Come il ferro. Ma bruciante come il fuoco vivo.

«Non scusatevi.» disse Anna, scattando in piedi, seguendo l’uomo fuggito via.

«Anna dove-» ma Elsa non fece in tempo a richiamarla, che era già fuori dalla porta.

«Impulsiva, eh?» domandò Elyce, con tono scherzoso. La lacrima venne risucchiata da un sorriso mesto.

«Sì, purtroppo.» sospirò la bionda.

«Forse tra animi affini si calmeranno a vicenda.» aggiunse la donna, sorridendo. Elsa ricambiò il sorriso.

Il silenzio calò, per qualche istante.

«È successo pochi mesi fa, poco prima dell’instaurazione del nostro governo. Mi sono ritrovata a governare un regno che pensavo ormai salvo sotto le mani di mio padre. Non sapevo niente né di politica, né di economia. Ho dovuto imparare tanto, e facendo figure non da poco sul campo. Ma il mio popolo crede in me, e io credo in loro. Se si fidano di me io non devo far altro che crederci. Sono una Regina, ho un popolo sotto le mie mani, interi villaggi sotto la mia custodia, e ho appena venticinque anni.» sogghignò. «Per mio fratello perdere i nostri genitori è stato pesante. Ho fatto di tutto, per proteggerlo, sin da quando era piccolo. Ma ora, che soffre, non riesco a proteggerlo da se stesso. E dal suo senso di colpa. Non gli permettevo nemmeno di combattere, se non c’ero io di fianco a proteggerlo.» le scappò una risata. «”Una donna piccola come me che protegge un gigante così, come può?” Sicuramente si starà domandando vero?».

Elsa non rispose. Gli occhi di lei erano passati dalla tristezza, al dolore, all’orgoglio, a uno sguardo che non capiva. Era misteriosa quella donna, Elsa lo sentiva a pelle. Avevano le stesse responsabilità, gli stessi dolori, lo stesso atteggiamento nei confronti dei fratelli minori.

Aveva chiamato Anna e Enos “spiriti affini” ma forse non erano loro quelli simili, ma le due donne sedute una di fronte all’altra a parlare come se si conoscessero da anni, e non da minuti.

Elyce lesse il silenzio della regnante come un incito ad andare avanti.

«Ho sofferto nel veder morire mia madre e mio padre, ma il dolore che non passa mai è veder mio fratello piangere per una colpa che non è sua.» sospirò, ricordando il passato «È stata colpa mia, se i nostri genitori sono morti. Ma lui incolpa se stesso.».

 

Erano all’ultimo fronte, prima della disfatta totale del nemico.

Elyce dilaniava membra, mentre il fratello – poco distante – faceva piazza pulita con il suo martello di ferro pieno, il sangue ricopriva i volti di entrambi, ma negli occhi vibrava l’adrenalina della battaglia. Pulivano la strada a chi osava avvicinarsi troppo ai futuri regnanti, e lo stavano facendo egregiamente.

Il padre, così come la madre, erano in mezzo al marasma di guardie e nemici suicidi che li affrontavano all’arma bianca, dove o uccidi o muori, anche se la battaglia era persa in partenza.

I cavalieri neri, intorno a loro, d’un tratto da numero minore divennero una valanga. Un piccolo distaccamento sorse dal nulla attaccando il cuore dei soldati verdi rossi che difendevano i due futuri regnanti.

Elyce, la più lontana, intuì troppo tardi  il colpo che stava per accadere, e cercò di farsi largo tra i soldati, colpendo a destra e a manca per raggiungere i genitori che lottavano all’ultimo sangue.

Enos, più lontano, si accorse dopo delle urla dei genitori e della sorella. E quando iniziò a muoversi verso i genitori vide il vessillo della casata crollare. Un urlo di vittoria sprigionarsi dalle fila nemiche.

I futuri regnanti erano morti.

I suoi genitori erano morti.

 

Come involontariamente Elsa si era avvicinata con la sedia sempre di più ad Elyce mentre raccontava la caduta dei suoi genitori. E quando sentì la sua voce spezzarsi nel momento finale, non frenò la mano dal correre alla sua. E la strinse. E all’inizio non capì perché si sentiva così felice nell’essersi avvicinata così tanto a quella donna, ma poi comprese.

Stava soffrendo, e nessuno vedeva il suo dolore – nemmeno suo fratello.

Aveva rivelato solo a lei quel suo senso di colpa, e non sapeva perché.

E sinceramente non le importava, in quel momento.

Voleva soltanto continuare a guardarla negli occhi, profondi e tenui, come il sole d’agosto quando ti sfiora le guance.

 

 

 

 

 

 

   
 
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