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Autore: The Mad Tinhatter    21/08/2014    1 recensioni
"Si trattava di un modello particolare di Pensatoio: mentre normalmente l'unica cosa permessa era di osservare i ricordi da un punto di vista esterno, quell'esemplare, assieme ad altri che erano stati prodotti negli anni, permetteva di rivivere i propri ricordi in prima persona e con la coscienza del momento, pur conservando ogni sensazione provata anche una volta tornati alla realtà. E quello era esattamente ciò che la giovane donna voleva fare."
[Questa storia partecipa al contest "OC mania!" indetto da ColeiCheDanzaConIlFuoco]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Cap. 5: Blue As Your Eyes

- Sono deliziosi - disse Julian, addentando un muffin. Elizabeth sorrise, piena di orgoglio. Aveva chiesto agli elfi domestici della scuola come si preparassero, giusto l'anno prima. Quella sera ne aveva fatto un'infornata, per farli assaggiare a Julian. Lui sembrava adorarli.

Erano seduti sul tetto della casa di Julian, a guardare le stelle. Il signor Beaumont aveva prestato loro un telescopio, ma dato che, anche a causa dei loro studi, conoscevano bene l'aspetto delle stelle, si erano limitati ad osservare il cielo ad occhio nudo, seduti l'uno accanto all'altro.

- Sai, mia madre ha scoperto che tuo padre è un Babbano - disse lei, improvvisamente.
Julian le accarezzò una guancia. - Ha... ha detto qualcosa?
- Non proprio - fece Elizabeth. - Quello ad arrabbiarsi è mio padre, anche se ora passa più tempo fuori che con la sua famiglia. Mi ha solo detto di non affezionarmi troppo.

Consiglio inutile, dato che era innamorata cotta di lui da secoli.

- Davvero? E cosa intendeva, con questo?
- Non lo so, ma credo che includesse anche il guardare le stelle assieme, di notte. Infatti, per lei adesso io sarei a letto.
- Oh, e io che pensavo ben altro! - fece lui, ridendo.

Elizabeth scosse la testa, arrossendo. Era ovvio che sua madre intendesse ben altro, e che quel ben altro fosse esattamente ciò che lei desiderava da lui. Si era comportato in maniera strana, quell'estate. Il modo in cui la guardava, la abbracciava, le sorrideva... tutto le era sembrato diverso, quasi come se Julian avesse voluto darle una speranza.

A volte lei scacciava via quei pensieri, pensando alla fila di ragazze molto più carine di lei che lui di sicuro conosceva; altre volte, invece, il suo sogno di diventare più di un'amica sembrava quasi avvicinarsi alla realtà. O, forse, era soltanto lei che vedeva tutto attraverso le lenti rosa dell'amore.

Comunque, aveva giurato a se stessa che, se lui non si fosse fatto avanti, durante l'ultimo giorno che avrebbero passato assieme lei avrebbe confessato i suoi sentimenti. Se il loro destino fosse stato quello di stare assieme, tanto meglio; altrimenti con un pizzico di fortuna sarebbero potuti almeno restare amici.

- Continuerò a sgattaiolare fuori dalla mia camera tutte le notti, se questo significa passare più tempo con te - disse Elizabeth, abbracciandolo.
- Sono felice che tu la pensi così. Anche se non dovresti rischiare. Tua madre ti vuole bene, dopotutto, e si fida di te. Dopo quello che è successo con tuo padre, forse dovresti tenertela stretta. Lei è la tua famiglia.
- Non mi importa. Voglio passare con te ogni ora a mia disposizione. Tu sei il mio... oh.

Le parole le morirono in gola. Voleva dire migliore amico, naturalmente. Il problema era che, nel suo cuore, lui era molto, molto di più, e in quell'attimo il suo corpo si era rifiutato di raccontare una bugia. Era diventata tutta rossa.

- Elizabeth, guardami negli occhi - disse Julian, con decisione.

La ragazza obbedì, e i suoi occhi si specchiarono in quelli di Julian, così identici ai suoi.

- Non so cosa volesse dire questa tua esitazione... - continuò il ragazzo - ... ma c'è qualcosa che devo dirti.

Elizabeth annuì. Era nervosa, adesso.

- Sei bellissima - disse lui, scostandole una ciocca di capelli dal viso. Il cuore di Elizabeth si mise a fare le capriole. - L'ho pensato nel momento in cui ti ho vista uscire da quella tenda, durante la finale della Coppa del Mondo. L'avrei pensato il primo momento in cui ti ho vista, se solo fossimo stati più grandi.
- Grazie - fece Elizabeth, arrossendo furiosamente.
- Non ho finito - disse il ragazzo. - Ti sembrerà strano, del resto ci siamo visti per così poco tempo. Ma ci siamo conosciuti, no? Perlomeno attraverso le nostre lettere. Non ho mai conosciuto nessuna come te, Elizabeth. E ora... sì, credo di poterlo dire.

Il cuore di Elizabeth smise di scalpitare furiosamente. Per un attimo, forse, smise proprio di battere.

- Sono innamorato di te. Amo la tua voce, amo il tuo modo di sorridere. Amo i tuoi occhi, e potrebbe sembrare una cosa narcisistica, visto che sono uguali ai miei....
- Stupido - disse Elizabeth, buttandogli le braccia al collo.

Il secondo dopo, lo stava baciando. Lui la strinse per i fianchi, rispondendo al bacio con entusiasmo. Elizabeth si perse tra le sue labbra. Quel bacio sapeva di cioccolato, proprio come i suoi muffin....

Si separarono per riprendere fiato. - Ti amo anch'io, Jules - mormorò lei. Non poteva dire di essere mai stata più felice in tutta la sua vita.

Julian la baciò con tenerezza. - Ho aspettato tutta l'estate per dirtelo, scusami - disse.
- Non importa - fece Elizabeth, sorridendo. - E poi, nemmeno io sono da meno.

Era vero. Se avesse seguito l'istinto, l'avrebbe baciato già due anni prima. Ma ora tutto questo non aveva importanza. Si amavano, e tutto il resto non contava niente.

Rimasero tutta la notte sdraiati sul tetto, abbracciati; quando videro le prime luci dell'alba, però, Elizabeth a malincuore si tirò su.

- Devo andare. Se mia madre si dovesse accorgere della mia assenza sarebbe la fine - disse la ragazza, raccogliendo il vassoio vuoto dei muffin.

Con un po' di delusione, Julian la accompagnò giù, fino alla porta di casa sua.

- Ci vediamo dopo - disse Elizabeth, facendo per uscire.

Julian però la bloccò, abbracciandola e dandole un bacio che le fece sciogliere il cuore. - Ci vediamo stanotte - le disse, a fior di labbra.

*

Elizabeth chiuse il suo baule. Il giorno dopo sarebbe partita per Hogwarts. Ancora non poteva Smaterializzarsi, ma lì vicino ci sarebbe stata una Passaporta che l'avrebbe portata a King's Cross, preparata apposta per permettere ai vacanzieri inglesi del paese di restare lì fino all'ultimo giorno d'estate.

Non sapeva se avrebbe rivisto Megan. L'ultima volta che l'aveva sentita, le aveva scritto che stava partendo. Giravano voci secondo cui alcuni Nati Babbani erano stati arrestati per aver “rubato” la magia, e lei voleva essere al sicuro. Aveva detto che avrebbe cercato di tornare ad Hogwarts o ad Hogsmeade di nascosto, per vederla. Elizabeth aveva cercato di informarsi sui Nati Babbani che venivano catturati, ma il nome di Megan, con suo grande sollievo, non era mai spuntato fuori.

Il rumore della porta della sua camera che si apriva la fece sobbalzare. Sulla soglia c'era suo fratello.

- ... Edgar? - fece lei, sorpresa. Lui le parlava solo se strettamente necessario, dunque era strano vederlo in camera sua.
- Non andare - le disse. Sembrava molto serio.
Elizabeth lo osservò, stupita. - Perché mi stai dicendo questo?
- Non è sicuro - rispose lui.
- Edgar, ci saranno i miei amici, lì. Ed è pieno di insegnanti che possono proteggerci. Sarò al sicuro - disse, cercando di convincere anche se stessa. - Tu resterai qui?
Vide un lampo di incertezza negli occhi di Edgar. - Sì - rispose lui, con fermezza. - Dovresti farlo pure tu.
- Stai diventando protettivo nei miei confronti?
- Nemmeno mamma vuole che tu vada. E poi, sei mia sorella.
Che coraggio, pensò Elizabeth. - Beh, hai deciso un po' tardi di comportarti da fratello, non trovi? - disse, irritata.
Edgar scosse la testa, e fece per uscire dalla stanza. - Non dirmi che non ti avevo avvertito – disse, fermandosi sulla soglia. Poi, sparì.

Anche sua madre le fece visita. A differenza di suo fratello, però, si sedette sul letto, e iniziò a parlarle con dolcezza.

- So che cosa sta succedendo, tra te e quel ragazzo che abita qui – disse.

Elizabeth trasalì. Aveva fatto di tutto per mantenere la cosa segreta, ma era stato evidentemente inutile. Ovviamente non le importava che sua madre non fosse d'accordo, ed era pronta a difendere il suo amore.

- Da qualche giorno sembri così felice, tesoro. E so che la notte scappi via dalla tua camera per stare con lui – continuò.

Elizabeth si preparò alla sgridata, ma questa non arrivò.

- Non so bene cosa significhi essere innamorati. Ho imparato ad apprezzare tuo padre, col tempo, ma non credo che sia la stessa cosa. Tu sei molto fortunata. Ti vuole molto bene, quel ragazzo?

Elizabeth annuì. - Ci amiamo – disse.

- E sono certa che questo continuerà anche dopo la guerra – disse sua madre, facendo un piccolo sorriso. - Potreste avere un futuro, una volta che sarà finita. A differenza della me diciassettenne, tu non hai nessun altro legame qui, e potrai andartene ed essere felice. Ma quella felicità potrebbe non esistere, se tornerai ad Hogwarts. I Mangiamorte potrebbero attaccare la scuola, e allora non so se il tuo cognome potrà salvarti. Potresti morire!

Elizabeth ricordò il senso di paura che aveva provato soltanto qualche mese prima, e pensò a quanto si fosse sentita codarda nel restare chiusa nel dormitorio, aspettando solamente che qualche Mangiamorte venisse a tirarla fuori di lì. Non voleva che questo succedesse di nuovo. Se fosse stato necessario, avrebbe combattuto.

- Io... voglio stare con i miei amici, mamma. Megan ha detto che avrebbe cercato di tornare ad Hogwarts, e io dovrò esserci, se questo capiterà. È la mia migliore amica!
Sua madre si alzò. Quando parlò, si rivolse a lei in modo autoritario. - Non m'importa – disse. - Ti proibisco di tornare.

Non aggiunse altro. Se ne andò, chiudendo la porta dietro di sé. Intanto, Elizabeth aveva preso una decisione. Sarebbe sgattaiolata via, come tutte le notti, ma stavolta si sarebbe portata dietro il baule. Julian l'avrebbe aiutata a raggiungere Hogwarts, ne era certa.

Tuttavia, con sua grande frustrazione, quando quella notte cercò di aprire la porta di camera sua notò che era stata sigillata. Aveva provato ad aprirla utilizzando la magia, ma evidentemente sua madre aveva preso precauzioni.

Le restava solo una cosa da fare: scappare dalla finestra. Non fu difficile calare giù il baule; trovandosi al terzo piano, però, sarebbe stato piuttosto complicato per lei saltare senza farsi del male. Esistevano degli incantesimi per questo, ma non erano stati ideati per essere evocati su se stessi. L'unica cosa che poteva fare era calarsi giù utilizzando i rami degli alberi che si affacciavano sulla sua stanza. Era da quando aveva undici anni che non si arrampicava da nessuna parte, ma avrebbe dovuto provarci.

Facendo molta attenzione, riuscì a tornare coi piedi per terra e con le ginocchia non troppo graffiate. Prese il baule, e corse verso casa di Julian.

Mi dispiace, mamma, pensò, senza guardarsi indietro.

*

Il ricordo del suo primo bacio era sempre la parte più dolce del suo percorso. In un certo senso, sua madre aveva avuto ragione, perché forse il suo rapporto con Julian era la cosa più bella che fosse mai esistita nella sua vita. Era stata davvero fortunata.

Ora doveva soltanto prepararsi ad affrontare l'ultimo ricordo. C'era un motivo ben preciso per cui il ricordo della loro dichiarazione d'amore fosse il penultimo, e non era solo una questione di ordine cronologico. Il boccone dolce serviva ad addolcire l'amaro della medicina, e quel ricordo felice serviva a prepararla meglio per l'ultimo.

Chiuse gli occhi.

Sono pronta.

   
 
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