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Autore: The_Grace_of_Undomiel    21/08/2014    1 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Si trattava di una piccola torta, a forma di cuore, fasciata alla perfezione dentro della carta trasparente. Il dolce era alla crema e pandispagna, con sopra una glassa azzurra dall’aria gustosissima che fungeva da decorazione. A completare il tutto, vi era la classica scritta di “Buon Compleanno” in caratteri di zucchero bianco.
Sam e Daniel si scambiarono un’occhiata interrogativa, poi ritornarono a guardare il dolce. Lo avevano trovato, dentro ad un sacchetto blu, sul banco del biondo, non appena erano entrati nella classe, ancora vuota.
Tuttora frastornato, Daniel prese in mano il bigliettino verde chiaro che era fissato al pacchetto e lo lesse ad alta voce:
-“Spero che questa torta sia di tuo gradimento, ti auguro un felice compleanno! Firmato, Emily Dickinson*”-
Ci fu un attimo di silenzio sbigottito.
-Questa proprio non me la sarei mai aspettata- esordì il compagno di banco, grattandosi la nuca, poi scoppiò a ridere –A quanto pare la mia misteriosa pasticcera si è firmata con il nome di una famosa poetessa!-
-Bene, bene...Mi sa che hai fatto breccia nel cuore di qualcuna!- esclamò Sam. Fino ad allora non gli era mai capitato di assistere ad una cosa del genere, nemmeno fosse stato in un film!
L’amico prese tra le mani la torta, esaminandola attentamente, poi commentò -Mh...Chissà se Chanel sa cucinare...-
Sam si coprì il volto con una mano, incredulo. Ormai era ufficiale, Daniel era irrecuperabile. Si preservò dal fare qualunque tipo di considerazione, si sedette e iniziò a tirare fuori i libri della prima ora.
Frattanto il biondo, ancora esaltato e gongolante, rimise la torta nel sacchetto e la infilò sotto il banco.
-Comunque, d’ora e in avanti la mia missione sarà quella di scoprire chi è stato a prepararmi questo splendido dolce- affermò il giovane, con convinzione.
Sam gli diede una pacca sulla spalla -Sono certo che ci riuscirai!- disse, poi si mise a frugare nella cartella.
-Cosa vai cercando?- domandò il compagno di banco inarcando un sopracciglio, incuriosito.
L’altro non gli rispose e, con un sorriso, gli porse un pacchettino.
-Auguri!-
Daniel fissò sbigottito prima il regalo, poi il volto del ragazzo ed esclamò -Ma che cavolo, Sam! Ti avevo detto che non volevo niente!-
-Ed io non ti ho ascoltato- ribatté con un sorriso strafottente il giovane -Forza, aprilo!-
L’amico indugiò un attimo, dopodiché sbuffò divertito ed afferrò il pacchetto. Non appena lo ebbe aperto, si perse in mille ringraziamenti, spruzzandosi addosso e continuando a rigirarsi la boccetta di profumo fra le mani.
-Non so proprio come ringraziarti! È anche alla mia essenza preferita! In ogni modo, non avresti dovuto...-
-Si che avrei dovuto- replicò il ragazzo, convinto -E poi, sono sicuro che tu avresti fatto lo stesso, no?-
Il biondo annuì e gli sorrise allegro, poi il suo sguardo si fece serio ed esclamò -Sam! Ma quello non è il tuo orologio verde?-
-Uh? Sì è proprio quello...-rispose lui, senza alzare lo sguardo sull’interlocutore.
Daniel spalancò gli occhi e gli si appostò ancora più vicino con la sedia, esclamando -Ma come? E me lo dici così!? Come hai fatto a riottenerlo se era tra le grinfie di Kyda?-
Sam sospirò. Sapeva che l’amico non avrebbe perso tempo e che lo avrebbe tempestato di domande, ma in quel momento non aveva nessuna voglia di rispondergli a riguardo. Già la sera precedente non aveva fatto altro che pensare al modo in cui aveva riavuto indietro l’orologio e se fosse stato per puro caso o per volontà di Kyda. In verità però, ciò di cui non voleva parlare non era tanto dell’orologio di se, quanto della Dark. Quello che era successo il pomeriggio del giorno prima lo aveva lasciato alquanto destabilizzato, oltre che confuso.
Tuttavia, non poté sottrarsi alle continue richieste di spiegazioni da parte del biondo, così infine fu costretto a raccontare dal principio la giornata precedente, tralasciando però la parte di Kyda in accappatoio.
 Chissà, forse Daniel avrebbe saputo dargli qualche delucidazione sullo strano comportamento della ragazza e anche su tante altre cose che non riusciva ancora a comprendere.
L’amico ascoltò con vivo interesse tutto il racconto, facendo di tanto in tanto qualche commento o considerazione.
-No ma fammi capire...Ti ha davvero accompagnato a prendermi il profumo?- lo interruppe, incredulo.
Sam annuì e riprese a parlare, senza più essere interrotto. A narrazione conclusa, Daniel si sfiorò il mento pensieroso e mormorò -Mh, certo che è strano...E io che pensavo che la Stowe non avesse un briciolo di umanità! Già dai tuoi precedenti racconti mi ero abbastanza scioccato, ma questo li batte tutti!-
-Già...Ma il punto è che io non ci sto capendo davvero più niente! Ricordi quando ti raccontai della volta in cui io e Kyda giocammo a basket e di come il suo temperamento fosse mutato nel giro di pochi istanti? Ecco, più o meno è sempre così! Per la maggior parte del tempo è cupa e impassibile...- considerò Sam -E quando per un attimo pare “provare emozioni”, subito dopo ritorna com’è di solito, anzi, se possibile ancora più fredda e distaccata-
Daniel salutò alcuni compagni che erano appena entrati in aula, poi tornò a concentrarsi sul giovane -Non saprei dirti, quello probabilmente è il suo carattere e c’è poco da fare (basta solo vedere che gentaglia frequenta), in ogni modo potrebbe anche essere che nasconda qualcosa...- 
-Uh? Che intendi dire?- domandò il ragazzo, corrugando la fronte.
-Non lo so...Solo che, a parer mio, alcuni suoi comportamenti fanno pensare che ci sia qualcosa sotto. Pensaci bene! Ad esempio, il fatto che sminuzzi foglie (questa non me la scorderò mai), non è un po’ assurdo? O è pazza, possibile, o è una strega che fra intrugli, ancora più probabile, o tutto questo  è collegato a qualcosa-
Sam lo guardò meravigliato. Non gli era mai capitato di vedere Daniel in veste di Sherlock Holmes e questa cosa lo aveva colpito molto. I ragionamenti del biondo erano sottili senza ombra di dubbio e da lui non se lo sarebbe mai aspettato. L’unica pecca stava nel fatto che il compagno di banco non sapesse sfruttarli per se stesso, non accorgendosi così di cose evidenti, come il fatto che Chanel non fosse un minimo interessata a lui.
-Collegato a qualcosa, dici? E cosa potrà mai essere...?- disse, più a se stesso che a Daniel.
-Lo chiedi a me? Cosa vuoi che ne sap...Un momento!- saltò su l’amico, guardandolo con una strana espressione -Come mai tutta questa curiosità?-
Sam si mise subito sulla difensiva e replicò -Guarda che era tanto per chiedere, mica altro! Solo per farsi una o due supposizioni-
Daniel gli lanciò un ‘occhiata eloquente.
-Ehy amico, non mi sconfinfera...- 
-La mia era pura e semplice curiosità, Dan. Quindi, per favore, non metterti a pensare a cose strane- affermò Sam con forza. Prima la sua famiglia e quello di scemo di Tyler ed ora anche Daniel si era messo ad insinuare! Non sapeva il perché, ma quelle ipotesi lo infastidivano, oltre che metterlo un po’ in imbarazzo.
-D’accordo, come vuoi! Ti credo!- esclamò l’altro, alzando le mani in segno di resa e considerando la questione chiusa.
La classe iniziò a popolarsi, finché  non giunse il momento di iniziare la lezione. Questa volta però, prima di mettersi a spiegare equazioni e altre cose altrettanto “divertenti”, la Symons parlò loro di una raccolta fondi che la scuola aveva deciso di fare per una qualche opera di volontariato e che tutti quanti erano esortati a dare il loro contributo.
Quando la prof disse loro la somma da dover portare, Sam impallidì. Non era una cifra spropositata, ma non era nemmeno una sciocchezza. Voleva evitare di chiedere a sua madre i soldi, per cui in un primo momento pensò di non parlargliene e di esonerarsi meschinamente dall’iniziativa, ma sapeva che ai primi colloqui lei ne sarebbe venuta a conoscenza tramite i professori, che si sarebbe arrabbiata a morte, che gli avrebbe detto che aveva fatto male a non metterla al corrente, che non erano dei pezzenti e che avrebbe potuto benissimo sostenere la spesa.
Infine decise che gliene avrebbe parlato. Al massimo sarebbe stata sua madre a dirgli di no, anche se ciò era alquanto improbabile.
Seguì le lezioni distrattamente e qualche volta, di tanto in tanto, gli capitò di levare lo sguardo su Kyda. Precedentemente faceva di tutto per ignorarla e far finta che non fosse in classe con lui, ma ora non vi riusciva più tanto facilmente.
Era una situazione pazzesca: praticamente si vedevano quasi tutti i giorni per fare il cartellone e, tutto sommato, parlavano ed interagivano, mentre a scuola erano come due estranei. Ma in fondo, lei per lui era un estranea. Cosa sapeva di Kyda? Niente, a parte qualche informazione. Dopotutto, cosa si aspettava? Già tanto che la ragazza non lo avesse pestato, fatto qualche brutto tiro o gettato “in pasto” ai Dark.
Al contrario, non capitava mai che Kyda guardasse anche solo di sfuggita verso la sua direzione, mai. Lo ignorava e le uniche volte che gli prestava attenzione era solo quando lo facevano gli altri Dark.
Quella ragazza a  scuola era in un modo, praticamente una statua di pietra, mentre in giro, con lui, era quasi...diversa.
Si riscosse. Daniel aveva ragione; in fondo, che gli portava di come fosse o non fosse Kyda?

Finalmente la tanto attesa campanella dell’intervallo si decise a trillare e una marea di studenti si precipitò fuori per accaparrarsi il prima possibile la focaccia che la scuola metteva a disposizione.
Anche Sam fece per andare a prendere da mangiare, ma a metà corridoio si rese conto di essersi dimenticato il portamonete nell’aula di informatica, la classe più piccola e più lontana di tutte.
Imprecò per il suo essere così distratto e, sbuffando, ritornò sui suoi passi. Fece per entrare nella stanza, ma delle voci gli impedirono di andare oltre. Dentro doveva esserci qualcuno.
Sam si nascose dietro a una parete, in modo tale da non essere visto, ma da poter comunque vedere chi ci fosse all’interno.
Si rese presto conto che si trattava di Travis e di Kyda. Ella era appoggiata contro il muro, con le braccia incrociate, mentre lui le stava di fronte.
Il giovane tese bene le orecchie e si mise in ascolto, per sentire quello che i due si stavano dicendo. Se si fosse trattato di qualcun altro, non sarebbe rimasto lì ad origliare, ma Sam sapeva che se c’era di mezzo Travis, sotto doveva esserci qualcosa di losco e lui voleva scoprire cosa. 
-In conclusione, questo è il miglior piano che mi sia mai inventato!- esclamò il leader dei Dark, con un ghigno.
-Su questo non posso darti torto, tuttavia non ne sono pienamente convinta- ribatté lei, impassibile.
Travis assunse un’espressione confusa -Cos’è che non ti convince?-
-Il tutto è organizzato nei minimi dettagli ed è strutturato bene. Solo che, lo sai come la penso su quel fronte-
-Sì, lo so. Ma tanto, che t’importa? Non riguarda te- replicò l’altro, scrollando le spalle.
La giovane tacque un attimo, pensierosa, poi rispose, apatica -Semplicemente, non mi va. Non ne ho voglia-
-Ho l’impressione che qui ci stiamo un po’ rammollendo...- considerò lui, con un sorriso sbilenco.
-Non osare...- ringhiò di rimando la ragazza -Niente può scalfarmi-
-Allora dimostramelo-
Sam frattanto cercava inutilmente di capirci qualcosa. Aveva solo intuito che Kyda era messa alle strette da Travis.
-Non c’è bisogno che te lo dimostri, mi conosci- si ostinò la giovane.
A quella risposta, lo sguardo del ragazzo divenne torvo -Non mi basta. Recentemente mi hai fatto abbastanza incazzare, perciò, per riacquistare a pieno la mia fiducia, devi aiutarci ad attuare questo piano. Chiaro?-
La ragazza scosse la testa, contrariata.
Travis contrasse la mascella e piantò due occhiacci cattivi in quelli di Kyda. Per un attimo parve che fosse sul punto di tirarle uno schiaffo, ma d’un tratto il suo viso si rilassò e la sua bocca si incurvò in un sorriso obliquo.
Appoggiò una mano al muro e avvicinò il volto a un soffio di quello di lei.
-Che stai facendo?- disse Kyda gelida, irrigidendosi.
-Non possiamo fare questo colpo senza di te e tu lo sai meglio di me...- sussurrò quello e, a tradimento, le baciò il collo.
Alla vista di quello che stava accadendo, Sam si pietrificò. Avrebbe voluto interrompere tutto buttandosi lì in mezzo e prendendo a botte quell’energumeno, fino a farlo stramazzare a terra. Strinse i pugni, cercando di placare la rabbia. Quel mostro...come si permetteva!? Il giovane non sapeva assolutamente che cosa fare. Se fosse intervenuto, sarebbe stato di scarso aiuto e avrebbe solo peggiorato la situazione.
-Travis, che cazzo ti prende? Piantala subito- sibilò Kyda, guardandolo con odio, ma questo servì a poco.
-Mh...Perché dovrei?- ghignò l’altro, mettendole una mano sulla vita e baciandole nuovamente il collo.
La ragazza si ribellò e, con un’energica spinta, lo allontanò da lei. Travis barcollò all’indietro, ridendo come un demente.
-Ehy, che ti succede?- domandò, con un sorriso strafottente.
-No, sono io che lo chiedo a te! Cosa credevi di fare?- ringhiò la giovane, tra l’incollerito e l’incredulo.
Travis non rispose. Sogghignò e basta.
-Sei così fredda, Kyda, così imperturbabile, così pungente...Ed è questo che mi piace di te- 
La guardò spavaldo.
-Lo hai detto: fredda e imperturbabile- ribatté  lei, piatta –Io sono solo il tuo braccio destro, una tua collaboratrice. Nient’altro-
Travis si strinse nelle spalle -Lo vedremo...- 
In quel momento, la campanella segnò la fine dell’intervallo.
-Ora sarà meglio ritornare in classe...E, a proposito di quel piano, non è finita qui. Dopo ne riparliamo- e detto questo, i due se ne andarono , non accorgendosi della presenza di Sam, il quale, aveva provveduto a nascondersi bene.
Il giovane sbatté un pugno contro il muro, furente e frustrato. Non appena aveva visto Travis avvicinarsi in quel modo a Kyda, aveva provato un’ orribile e spiacevole sensazione, che nemmeno lui era riuscito a decifrare, oltre che tanta rabbia.
Si era sentito e si sentiva così impotente, esattamente come quella volta che i Dark avevano malmenato Daniel. Inoltre, cosa aveva macchinato quella volta la mente bastarda di Travis? Cosa aveva intenzione di fare e soprattutto che ruolo avrebbe  avuto Kyda? Doveva trovare il modo di scoprirlo, in un modo o nell’altro.

Per quel pomeriggio, Sam e Kyda, tramite messaggio, decisero di vedersi direttamente a casa del giovane verso le quattro. Anche quel giorno, non ci sarebbe stato nessuno a parte loro: sua madre era ancora al lavoro, Amber era in giro con i suoi amici e Holly era ad una merenda organizzata in un parco giochi.
Sam aveva giusto finito di sistemare il cartellone e l’occorrente, quando la ragazza suonò alla porta. Scese le scale rapidamente e le andò ad aprire.
La ragazza quel giorno, al posto della solita giacca di pelle nera, indossava un giubbotto di jeans blu scuro, che si intonava alla stampa dell’immancabile cappello da baseball. Sotto braccio, reggeva lo skateboard.
-Sì, Wild. Oggi una giacca diversa, ma non dovresti esserne poi molto sorpreso, considerato che l’altra me l’hai ricoperta di vernice rosa- esordì.
-Cosa? Guarda che non mi sono soffermato nemmeno attimo sul tuo giubbotto!- mentì Sam prontamente. Ma come cavolo aveva fatto capirlo!? Non aveva neppure visto la sue espressione, esattamente come quella volta del portamonete rosa! Che fosse davvero una strega e che possedesse sul serio poteri magici come aveva ipotizzato Daniel?
-Certo, certo...Comunque, mi fai entrare o devo rimanere qui a lucidare lo zerbino?- disse Kyda, con pungente sarcasmo.
-No...Entra pure!- si affrettò, invitandola ad accomodarsi.
Salirono fino in camera di Sam e si misero subito al lavoro.
-Ti avverto: niente scherzetti con la tempera, oggi non sono in vena- lo avvisò la giovane, prima di mettersi a dipingere.
-Sì, stai tranquilla! Comunque quello di ieri è stato solo un incidente!-
-Basta parlarne, che se ci penso troppo mi viene ancora voglia di pestarti. Forza, vediamo di finire questo benedetto cartellone-
Il ragazzo concordò con lei e così ricominciarono a pitturare, questa volta senza nessun tipo di “contrattempo”.
-Tu hai intenzione di aderire a quella raccolta fondi?- se ne uscì dopo un po’ Sam.
Kyda si strinse nelle spalle -Credo di sì, anche perché aderiscono tutti e  non ho voglia che i professori mi vangano a rompere se non partecipo- fece un pausa, poi chiese -E tu...Invece?-
-Pensò che aderirò. Devo ancora chiedere i soldi a mia madre, anche se non vorrei farlo. Se la scadenza fosse stata tra qualche mese avrei anche potuto procurarmeli da solo i soldi, magari facendo qualche lavoretto part-time. Solo che bisogna consegnarli entro domani e al momento non ho risparmi da poter impiegare...- mormorò, sospirando.
Kyda posò un attimo il pennello e si voltò a guardarlo -Saresti stato disposto a fare questo?-
-Certamente! Mia madre è già in ristrettezze economiche, perciò ogni volta che ne ho la possibilità non esito ad aiutarla! Mi sembra il minimo, con tutto quello che sta facendo per noi...-
La giovane lo guardò per un attimo intensamente, poi riprese a dipingere.
-Penso di averti giudicato male, allora-
-Che vuoi dire?- domandò Sam.
-All’inizio credevo che fossi uno di quei classici ricconi con mega ville, viziati e capricciosi, pieni di belle cose...Ma credo di essermi sbagliata su questo fronte- rispose la ragazza.
Lui abbozzò un sorriso -Sapevo che era questo quello che pensavi di me, ma sono felice che tu ti sia ricreduta. In ogni modo, questa somma per mia madre sarà un po’ una mazzata...Tuttavia ho un piano: mi metterò sotto per restituirglieli, in un modo o nell’altro!-
Kyda non disse nulla, ne levò lo sguardo sul ragazzo.
Disegnarono a lungo e infine riuscirono a terminare lo sfondo. Era venuto benissimo, sembrava un autentico tramonto.
Ora, non restava che incollare le foto e avrebbero finalmente terminato.
Sam si alzò e fece per andare a prendere il blocco di foto su una mensola della libreria, quando il suo cellulare iniziò a vibrare.
Rispose e la voce ansiosa ed agitata della madre lo investì:
-Ciao Sam, ascoltami, devo chiederti un grosso favore!-
-Ehm...Certo, dimmi pure!-
-Ecco, come sai oggi Holly è a quella merenda al parco giochi...L’orario in cui dovrei andare a riprenderla sarebbe proprio questo, ma il problema è che non posso assentarmi da scuola a causa di riunione fuori programma e non sarò a casa fino alle sette. Perciò, non è che potresti andare a prenderla tu?-
-Ah...- fece il ragazzo, levando lo sguardo su Kyda, che lo guardò interrogativa –In verità al momento sarei un tantino incasinato, non può andare Amber?-
-Ho già provato a telefonarle, ma non è raggiungibile...-
Sam fece un smorfia. Tsk, te pareva.
-Va beh ma’, non preoccuparti. Ci vado io- rispose infine, pacato.
-Davvero? Oh grazie, mi hai sbrogliata da un bell’impiccio...Il parco sai qual è, giusto?-
Il giovane rispose affermativo e la donna, dopo averlo ringraziato ancora, chiuse la comunicazione.
Sam sbuffò, passandosi una mano fra i capelli.
-Qualche problema?- chiese Kyda, inarcando un sopracciglio.
-Non necessariamente...Devo andare a prendere mia sorella al parco giochi- rispose lui. Non che lo considerasse un peso, tuttavia quel contrattempo rompeva un po’ le uova nel paniere, poiché contava di finire il cartellone quel giorno.
-Adesso?-
Sam annuì.
La ragazza sospirò alquanto scocciata, poi si alzò in piedi e indossò la giacca di jeans e il cappello.
-D’accordo, ma muoviamoci. Sono solo le cinque e mezza, quindi se facciamo in fretta ci rimane anche del tempo per incollare le foto-
-Ma tu... Vieni con me?- disse Sam, stupito.
-No guarda, con un koala. Con chi vuoi che venga? Non è colpa mia se sei sempre pieno di cose da fare- ribatté lei, burbera.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo e sorrise suo malgrado. Prese anche lui una giacca al volo ed uscirono di casa.
Era un giornata soleggiata, quella, tuttavia le temperature non erano delle più alte e di tanto in tanto tirava qualche folata di vento.
Raggiunsero il parco in poco tempo, poiché non si trovava troppo distante da Via Arrow. Era l’area giochi più ricca di tutta Roxvuld, vi erano ben tre scivoli diversi, altane, una piccola zona per arrampicarsi e tante altre attrazioni.
Sam individuò subito la sorellina, che stava giocando a palla con delle amichette. Non appena lei lo vide gli corse incontro, con un sorriso luminoso.
-Fratellone!- esclamò, abbracciandolo –Come mai sei venuto tu? Dov’è la mamma?-
-Ha avuto un contrattempo, perciò eccomi qui. Che dici, andiamo?- sorrise lievemente lui.
L’espressione di Holly divenne mogia -Ma... ma non va ancora via nessuno! Dai, restiamo ancora un po’!- cercò di convincerlo.
Il giovane le rispose che aveva da fare e che dovevano andare via subito, ma la sorellina contrattaccò con una serie di “ti prego” ripetuti a manetta. 
A quel punto Sam non seppe più che pesci pigliare, quando Holly si impuntava su una cosa, era difficile smuoverla. O l’accontentavi, o la sollevavi di forza.
-Ma sì lascia che stia ancora...Basta che la smetta di martellare- bofonchiò Kyda, ruvida come al solito.
La bambina si zittì all’improvviso e alzò lo sguardo sulla Dark, intimorita. Sam poteva ben capirla, chissà che prospettiva aveva la sorella, la ragazza doveva parerle statuaria dal suo punto di vista. Inoltre, era anche piuttosto inquietante.
Il giovane si affrettò a presentarle, sorridente. Holly la salutò sfoderando la sua vocetta limpida, mentre l’altra si limitò a farle un cenno con il capo.
I due ragazzi si andarono a sedere su una panchina e la sorella ritornò dal suo gruppo di amiche. Sarebbero rimasti pochi minuti, non di più.
Sam si accorse solo un quel momento dell’assembramento di mamme che si ergeva di fianco allo scivolo. Tutte basse, grasse e pettegole, che non facevano altro che chiocciare e sparlare a destra e a manca, senza preoccuparsi un attimo di cosa stessero facendo le figlie. Che branco di galline.
I due giovani rimasero per la maggior parte del tempo in silenzio. Kyda immersa nei propri pensieri, mentre Sam ad osservare la sorella.
-Dovresti rilassarti un po’...- lo destò d’un tratto la ragazza.
Lui la guardò senza capire.
-Non fai altro che controllarla- aggiunse.
-Ho i miei buoni motivi- ribatté Sam, rabbuiandosi.
Kyda parve rimanere un attimo sorpresa per quella reazione. Fece per dire qualcos’altro, ma Sam si  alzò in piedi di scatto. Holly, incitata dalle amiche, stava per salire uno scivolo abbastanza alto. Troppo alto per i suoi gusti.
Il ragazzo andò da loro come una scheggia e fermò in tempo la sorella prima che facesse qualche stupidaggine. Non era infuriato come l’altra volta, il proprio tono era molto più tranquillo, tuttavia i suoi occhi erano nuovamente duri e severi.
La bambina si affrettò a scendere senza contestare e corse via insieme alle altre. Sam poté ritornare dalla panchina, sentendo però il cuore ancora in agitazione. Per quello non voleva mai portare Holly al parco giochi: lì era pieno di posti alti da cui cadere e farsi male e lui non voleva avere nessun tipo di responsabilità. Se le fosse capitato qualcosa mentre era in sua custodia, non se lo sarebbe perdonato.
Si lasciò cadere sulla panchina e si massaggiò le tempie. Perlomeno lei aveva capito al volo e lui era riuscito a non avere una reazione esagerata. Erano progressi.
-Tieni molto a tua sorella...Non è così?- se ne uscì all’improvviso Kyda, riscuotendolo.
Sam tirò su la testa e rispose con un lieve sorriso -Beh, questo mi sembra ovvio. È pur sempre mia sorella-
-Non intendevo questo- disse la ragazza, scuotendo il capo -Voglio dire...Mi sembri molto protettivo nei suoi confronti, inoltre con lei hai un rapporto...Speciale, si vede- soggiunse, mostrandosi fredda ed indifferente, anche se Sam notò subito che in lei c’era del vivo interesse.
Aspettò un attimo prima di rispondere. Sapeva di essere protettivo con Holly, lo sapeva bene, ma non era sicuro di voler raccontare il motivo per cui lo fosse così tanto. Non lo aveva mai rivelato a nessuno, oltre a Luke, quindi perché farlo con Kyda? Ciò nonostante, in quel momento la voglia di raccontare una delle cose per cui aveva sofferto era tanta, sentiva il bisogno di confidarsi. In più, non era riuscito ad ignorare quello strano calore che aveva provato non appena Kyda si era dimostrata sinceramente interessata, a dispetto della maschera d’indifferenza che si era ostinata ad indossare.
-Spesso mi rendo conto di essere troppo apprensivo nei suoi confronti, ma non lo faccio apposta. È più forte di me. Ogni volta che la vedo salire o arrampicarsi da qualche parte io...Mi sento spaccare in due. Ho perennemente il terrore, un giorno o l’altro, di ritrovarmela stesa a terra...Come tre anni fa- si interrupe. Ormai aveva iniziato a raccontare, ora non poteva più tornare indietro.
Kyda teneva gli occhi fissi nei suoi, attenta, e in attesa. Lo stava ascoltando, lo stava veramente ascoltando.
-Insomma, non so quanto possa interessarti...- si sforzò di sorridere -Fatto sta che accadde tutto esattamente tre primavere fa.
In casa, a parte me ed Holly, non era rimasto nessuno. Lei era così minuta allora, ancora più di adesso. Non riusciva ad arrivare alla mensola dei biscotti, così ha pensato di...di prendere la scaletta che tenevamo dietro il mobile della nostra vecchia cucina. Io stavo facendo i compiti in camera e non mi sono accorto niente...Quando- fece un pausa, le parole parevano non voler uscire –Quando all’improvviso ho sentito un tonfo allucinante, provenire dal piano di sotto. Sono corso giù come un fulmine, per poco non mi ammazzavo giù dalle scale, e...e l’ho vista! Aveva perso l’equilibrio ed era caduta. Mi sono buttato da lei, ho visto che aveva uno squarcio su una tempia perché aveva battuto la fronte sul piano cucina e aveva un piede bloccato sotto la scaletta; precipitando se l’era portata dietro. Poi...quando l’ho vista immobile, con gli occhi chiusi, che non dava segni di vita...Non hai idea di come sia sentito. Mi sono affrettato a toglierle la scala e a tamponarle la fronte per fermare il sangue,  intanto la chiamavo. Non rispondeva. Era nel panico più totale, quasi non riuscivo a comporre il numero per telefonare ai miei genitori. Hanno subito chiamato un ambulanza e sono corsi a casa, poi siamo andati tutti all’ospedale. Mia madre era disperata, Amber pure. Mio padre non diceva niente, ma non scorderò mai il modo in cui mi ha guardato. Era colpa mia, lo sapevo, me l’avevano affidata ed io non...non me ne ero occupato come si conveniva...-
Sam si interruppe nuovamente, levando lo sguardo sulla sorellina che giocava.
-Non appena siamo arrivati in ospedale, i medici si sono subito occupati di lei. Siamo stati in preda all’angoscia per tutto il tempo, ma il peggio doveva ancora venire. Quando abbiamo visto il medico uscire dalla sala operatoria siamo scattati su come delle molle e quando ci ha detto che Holly era entrata in coma... è stato come infrangersi in mille pezzi. Fortunatamente, se così si può dire, era un coma leggero, di primo grado, e lei si è riavuta un po’ di giorni dopo.
Ci ha messo del tempo per riprendersi del tutto, ma vederla sana e salva era la cosa più importante...- sospirò -Per quello sono così iperprotettivo nei suoi confronti, non voglio che le ricapiti una cosa del genere, ma lei pare non voglia collaborare. Si mette sempre nei guai! Giorni fa stava per ricapitare la stessa identica cosa ed oggi ci stava per ricascare di nuovo! Spesso non si ricorda di quello che le è successo tre anni fa, siamo noi a doverglielo rammentare. Quando si è risvegliata aveva un vuoto totale. L’unica cosa che le ricordi l’incidente è la cicatrice che ha sulla tempia, ma raramente si vede, poiché vuole portare i capelli lunghi proprio per non farla notare-
Scese un attimo di silenzio.
-Mi rendo conto di essere esageratamente ansioso, soltanto che...non posso farci niente...- mormorò infine Sam.
Per tutto il tempo in cui il ragazzo aveva parlato, Kyda era rimasta in silenzio. Lo aveva guardato intensamente e basta, come tutto’ora stava facendo.
-Tu ti senti in colpa per quanto è successo a tua sorella e l’essere così protettivo è come un tuo modo per  rimediare alla mancanza di quel giorno- disse d’un tratto, sollevando lo sguardo verso il cielo limpido.
Sam si voltò a guardarla lentamente.
-Non sono la persona più adatta per far dissipare i sensi di colpa, tuttavia, non credo che vivere nel perenne timore che possa accaderle qualcosa sia il modo migliore per tenerla al sicuro. Evitare che si metta stupidamente in pericolo è giusto, ma non lo è cercare di impedirle di fare le proprie esperienze- gli lanciò un’occhiata eloquente, dalla quale il giovane si sentì trafitto. Si riferiva a quello che era successo poco prima dallo scivolo.
-Lei è viva, ma se non vive la sua vita che senso ha vivere?- tornò a guardare verso l’alto, gli occhi vitrei - Deve farlo fino in fondo. Ha avuto una seconda possibilità ed  stata fortunata, non viverla sarebbe come sprecarla, non trovi?- socchiuse le palpebre.
Sam rimase immobile, come pietrificato. Le sue parole erano state come una doccia di acqua gelida: pungenti, ma allo stesso tempo rigeneranti. Si sentì segnato dentro de una nuova consapevolezza. Kyda aveva ragione, di nuovo. Con poche frasi era riuscito a farlo riflettere su un fronte a cui non aveva mai pensato. Già altri prima di lei avevano provato a tranquillzarlo, in primis sua madre, che non faceva altro che dirgli di non sentirsi responsabile e di non essere così apprensivo, ma senza successo.
Mai si era soffermato sul discorso della vita, come aveva fatto Kyda in quel momento.
La guardò profondamente. Per la seconda volta era riuscita a farlo uscire dal suo groviglio di pensieri e preoccupazioni, ma lui sarebbe mai riuscito a restituirle il favore? Sarebbe mai riuscito a scalfire quella corazza di freddezza e imperturbabilità che quella ragazza si era costruita? Kyda parlava di vita...Allora perché lei sembrava morta dentro?
Per un momento di pura follia desiderò stringerla a se, ma scacciò quel pensiero esattamente com’era venuto: rapidamente.
Lei era una Dark, eppure, perché non riusciva più a considerarla una nemica con la facilità di prima?
L’arrivo di Holly lo riportò sulla terraferma.
-Stanno andando via tutte...- lo informò.
-D’accordo, allora andiamo via anche noi- rispose, anche se oramai il tempo per terminare il cartellone era troppo poco.
Si alzò dalla panchina e la stessa cosa fece Kyda.
-No, non possiamo ancora andare via!- protestò la sorellina.
-Che altro c’è ancora?- domandò il ragazzo, alquanto scocciato.
-Oggi ho scoperto una posticino segreto e voglio fartelo vedere!-
Il ragazzo sospirò irritato, ma alla fine acconsentì. Dopotutto, era già tardi per fare altro. Chiese a Kyda se per lei fosse un problema. La ragazza rispose con una scrollata di spalle.
Durante il tragitto, Holly, curiosa com’era, non fece altro che tempestare la giovane di domande. L’altra le dava sempre rispose stringate e concrete, tuttavia non sembrava troppo infastidita e pareva sopportava la sorella di Sam.
Alla fine arrivarono nel posto segreto di Holly. Si trattava di una zona isolata del parco, caratterizzata dalla presenza di una altalena legata ad un ramo dell’albero.
-Ecco è qui!- esclamò la sorellina soddisfatta, correndo più in la.
Sam fece per raggiungerla, ma vide che Kyda era rimasta piantonata al suo posto, rigida. Teneva i pugni serrati, gli occhi blu erano spalancati, fissi su quella altalena, e le sue labbra tremavano leggermente.
-Va tutto bene?- chiese il ragazzo, preoccupato. Non l’aveva mai vista in quello stato, pareva sconvolta.
Lei si disincantò e la sua espressione ritornò apatica.
-Si- ribatté secca, affrettando il passo e superandolo, raggiungendo così la bambina.
-Dai, siediti sull’altalena che ti spingo!- esclamò Holly.
-Cosa? No scordatelo. Io non ci salgo- ribatté ella, incrociando le braccia.
-E perché?-
-Perché è una cosa infantile-
Holly fece una smorfia risentita –Non è infantile!-
-Si che lo è-
-Io invece ti dico di no! Per favoreee-
-No-
La piccola riempì le guancia di aria -Sei cattiva!- esclamò, con il viso rosso.
-E tu sei viziata- replicò a sua volta Kyda.
Sam decise che quello era il momento di intervenire.
-Ehm, dai, non è il caso di litigare. Holly, ci salgo io sull’altalena, così spingi me, che ne dici?- sorrise.
-Ma io non voglio spingere te! Voglio spingere lei!- ribatté la sorella, indicando la ragazza.
A quel punto Kyda, senza dire una parola, si avvicinò all’altalena e vi si sedette con mala grazia.
-Hai vinto tu, contenta? Ora dammi queste benedette spinte così la finiamo- sbottò.
Holly esultò e sorrise vittoriosa. Corse dietro e fece per darle una spinta, ma non accadde nulla. Riprovò, ma senza successo. Era troppo piccola e non aveva abbastanza forza.
-Non ci riesco- mugugnò -Sam fallo tu!-
-Eh!?- esclamò sgranando gli occhi, poi si ricompose -Non mi sembra il caso-
Holly fece per attaccare un’altra solfa, ma Kyda la precedette -Non preoccuparti Wild, posso capirti. Anche tu se privo di forze sufficienti per spingermi, ma non te ne faccio una colpa. Non si sceglie di essere sminchi, lo si è e basta-  sogghignò con sarcasmo.
Quello era davvero troppo. C’era già Amber che lo chiamava Sminchio e bastava ed avanzava.
Così, si lasciò convincere. Si avvicinò e solo allora vide che Kyda stringeva convulsamente le corde dell’altalena.
Con cautela, le poggiò le mani sulla schiena e cominciò a spingerla. Non seppe per quanto stettero lì, l’unica cosa che sapeva era che l’atmosfera in quel luogo sembrava magica.
All’inizio la ragazza aveva fatto un po’ di resistenza, ma alla fine si era lasciata andare.
Sam la stava spingendo man mano più forte, quando sentì qualcosa che mai avrebbe anche solo lontanamente pensato di poter udire. Una risata. Da parte di Kyda. Le era sfuggita all’improvviso, limpida e serena.
Sul volto del ragazzo comparve un sorriso, mentre Holly rideva come una matta, divertita.
Sam desiderò che quel istante non finisse mai, ma i momenti belli come quelli, non sempre erano destinati a durare.
-Spingila più in alto, Sam! Più in alto!- esclamò la bambina, cristallina.
Bastò quella frase perché l’incantesimo si spezzasse.
Kyda strisciò con forza i piedi a terra, fermando bruscamente l’altalena. Si alzò di scatto.
-Basta coi giochi- la sua voce tremava - Si è fatto tardi, devo andare. Le foto le incollerai senza di me- soggiunse perentoria e fece per andarsene.
-Aspetta!- esclamò Sam, non voleva lasciarla andare in via in quel modo. Non di nuovo. Le afferrò delicatamente il polso, ma bastò una sola occhiata glaciale della ragazza perché ritraesse immediatamente la mano.
-Kyda...-
-Ci si vede- tagliò corto e se ne andò a grandi passi, fino a sparire tra gli alberi.





*Emily Elizabeth Dickinson (Amherst, 10 dicembre 1830 – Amherst, 15 maggio1886) è stata una poetessa statunitense. È considerata tra i maggiori lirici del XIX secolo.

  
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