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Autore: _vivodilibri_    22/08/2014    1 recensioni
Eva è una semplice ragazza di 16 anni: ama la musica,i libri e i pigiama-party con le amiche. Non potrebbe desiderare altro dalla vita. Ma un giorno arriva un segno a sconvolgerla, un segno che cambierà completamente l'idea che Eva aveva di se stessa.. lei è ciò che non avrebbe mai immaginato
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Bondage
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Quella sera decisi di invitare Emy a casa, magari per distrarmi un po’ da ciò che era accaduto quella mattina e anche perché avevo voglia di passare un po’ di tempo ‘’tra amiche’’. Le inviai un messaggio
Stasera serata tra amiche: un bel film, pop-corn e qualche pettegolezzo. Vieni a casa mia stasera alle 20.00, ti aspetto. Un bacio.
p.s: non scordare le caramelle
mi rispose dopo circa un minuto
okay tesoro,sarò lì per le 20.00
scesi le scale e raggiunsi il salotto, dove tenevamo una grande raccolta di film,catalogati per nome,genere e anno: mio fratello era un fanatico di queste cose, in tutta la sua vita aveva raccolto circa 200 film e la cosa più straordinaria era che gli aveva visti proprio tutti. -Mamma!Emy stasera dorme qui- annunciai mentre cercavo nello scafale dei ‘comici’qualche libro dal titolo interessante. La mamma era in cucina, quindi mi veniva facile sentirla -okay piccola. Ordino delle pizze?-  -sì- risposi distrattamente, mentre leggevo la trama di ogni singolo film; finalmente ne trovai uno che sembrava carino,lo presi e lo salì in camera. Incominciai a sistemare il letto,l’armadio, e i vari vestiti ammucchiati qua e là, presi delle patatine, i pop-corn, il gelato e due cucchiai ‘’speciali’’. Erano i ‘’cucchiai dei pigiama-party’’ gli usavo specialmente perché erano grandi e rosa e ti permettevano di prendere una maggiore quantità di gelato e davano quell’aria femminile che non deve mancare in una serata tra amiche. Presi dei cuscini rosa,un pigiama rosa, e delle ciotole rosa. Guardai l’orologio:20.15. Emy era sempre in ritardo, forse era la persona più ritardataria che conoscessi ed era uno dei suoi difetti peggiori. Dopo qualche secondo,all’entrata della mia camera spuntò Erik, si appoggiò sulla cornice della porta e rimase  per un po’ ad osservare la mia camera con aria incuriosita -Stanza sistemata..- incominciò a parlare sotto voce -Pop-corn, il MIO film..- mi fissò per un secondo, poi continuò -Rosa,rosa tanto rosa- camminò verso di me, mi sorrise e accennò - Fammi indovinare! Serata tra amiche con Emy!-. Feci un piccolo sorriso,come un ‘’sì’’e lo abbracciai. Erik mi conosceva fin troppo bene. A volte mi stupivo di quanto fosse a conoscenza della mia vita più di quello che io potessi immaginare, ma la cosa non mi dispiaceva  e tra le sue braccia mi sentivo sicuramente più sicura. Improvvisamente suonò il campanello -Emy!- urlai e corsi verso la porta,aprì e mi ritrovai davanti una ragazza piccola,minuta e..rosa! portava in spalla uno zaino, e tra le mani tanti pacchi di caramelle. L’aiutai a sistemare le sue cose in stanza e la mamma annunciò che era arrivata la pizza… Pizza crudo e patatine, decisamente la nostra preferita!
Verso le 23.00 ci sistemammo nella mia stanza, pronte per guardare il film -Che la serata tra amiche abbia inizio!- esclamò Emy,mentre versava delle patatine in una ciotola, sorrisi, accesi il televisore e spinsi il bottone ‘’play’’ sul telecomando.. che il film abbia inizio!. Presi una scodella di gelato,la misi fra le gambe e iniziai a mangiare prima il gusto al pistacchio, il mio preferito, e ad Emy lasciai il cioccolato. Emy fissò per qualche secondo il suo cellulare, digitò qualcosa sulla tastiera con le mani unte e rimase per qualche secondo a bocca aperta -Che succede?- le chiesi: aveva un’aria piuttosto spaventata e voltandosi di scatto,lesse ad alta voce -Omar Cant,scomparso questo pomeriggio dalla propria casa in campagna. I genitori disperati hanno annunciato la sparizione nel tardo pomeriggio, le indagini avranno inizio domani mattina- si bloccò di botto,spense il cellulare e spinse con forza la testa sul cuscino. -Non ci credo..- sussurrai,come se non volessi farmi sentire. Omar Cant era il ragazzo del quinto che, ogni mattina, potevi vedere nella combriccola di Julie, era decisamente la sua spalla destra, alto,magro e dall’aria al quanto misteriosa. Era da un bel periodo che non aveva più rapporti con Julie, girava voce che avessero litigato e lei non voleva aver più a che fare con lui: ‘’se litighi con Julie,hai morte assicurata ‘’; era il motto della loro combriccola che, ora, con quella notizia sembrava avere senso. Rimasi per qualche secondo in silenzio a pensare cosa potesse essere accaduto a quel povero ragazzo. Non ero del tutto sicura che Julie li avesse fatto qualcosa,  probabilmente era scappato e non voleva sapere più di questo stupido paese. Presi un’altra cucchiaiata e lasciai che il gelato si sciogliesse in bocca, poi Emy sospirò -Odio Julie e tutta la sua combriccola. Ma mi dispiace davvero tanto per Omar-. Spensi il televisore, anche perché ormai nessuna delle due sembrava interessata al film. In fondo Omar non era uno di quei tipi tetri e minacciosi che Julie aveva nella sua combriccola, sapevo, fin dal primo giorno, che lui non fosse come i suoi amici. Ci infilammo comunque sotto le coperte, cercando di non pensare ad Omar, così cercai di cambiare discorso -Ci pensi?- dissi -Domani è l’ultimo giorno di scuola!- feci un sospiro di sollievo: finalmente la scuola,le interrogazioni e lo stress erano finiti! Potevo godermi l’estate, il caldo e gli amici. -Eh già..-rispose Emy,che ancora stava pensando alla sparizione -..tesoro sono troppo stanca adesso, che dici di dormire un po’?-fece un breve sbadiglio, si girò sul lato destro e dopo qualche secondo cadde in un sonno profondo. Io non volevo dormire e né tantomeno ne avevo bisogno, restai a guardare il soffitto con le ombre degli alberi,che illuminati dalla luna, si proiettavano su di esso: qualche volta sembrava che passasse un uccello,  un gufo o un passero che nel giro di un secondo svaniva nel nulla,proprio come Omar: scomparso nel giro di un pomeriggio senza che nessuno dicesse nulla.
L’indomani mattina già mi sentivo meglio: era l’ultimo giorno di scuola ed ero davvero felice perché, di scuola, non ne volevo sentire più per almeno tre mesi. Quando mi svegliai Emy stava ancora dormendo, rannicchiata tra il cuscino e le coperte. Così,cercando di non far rumore, andai nel piccolo bagno in stanza e feci una bella doccia fredda. Quella mattina si respirava proprio aria di primavera, e dalla finestra entrava la luce del sole calda e prepotente. Presi la matita e iniziai a truccarmi con calma, poi, usai del fondotinta per coprire la solita macchia sul collo. Ma quella mattina la macchia era diversa, sembrava aver preso un’altra forma e di essere diventata sempre più scura. Legai i capelli in una coda, per veder meglio il collo e con stupore mi accorsi che non era la macchia di sempre, era diventata  una figura,quasi geometrica, ben distinguibile ad occhio nudo : era un cerchio perfetto,con dentro sfere unite perfettamente da una linea dritta più scura. Indietreggiai bruscamente dallo specchio, strofinai gli occhi ‘’calma’’ ripetevo fra me e me ‘’è presto,sarai assonnata e quello è solo frutto della tua immaginazione’’. Restai per qualche secondo con lo sguardo fisso sul lavandino poi, mi presi di coraggio, e osservai nuovamente sul collo: un cerchio perfetto,con dentro sfere unite perfettamente da una linea nera  dritta. Non poteva essere una semplice macchia, sicuramente non avrebbe preso quella forma e non era neanche un ematoma. Passai nervosamente del phard su tutto il collo, per evitare che qualcuno avrebbe potuto vederla. Uscì dal bagno ed Emy si era finalmente svegliata – Buon giorno Eva, tutto apposto? Ti vedo un po’..- fece una breve pausa per poi continuare – confusa?- scossi la testa e mi affrettai a preparare lo zaino. Sentivo improvvisamente caldo ed ero preoccupata – Vestiti Emy, ti aspetto sotto per fare colazione- seppi dire solo questo, afferrai lo zaino e scesi a preparare del latte e crepes.
Ormai il mio unico pensiero era quella macchia, toccavo costantemente i capelli per assicurarmi che coprissero bene il collo e mille pensieri girovagavano fra me e me. Non avevo detto nulla ad Emy né tanto meno ad Erik. La strada per la scuola non era mai sembrata così lontana e la scuola stessa mai così vuota. Ci fermammo quache secondo davanti al cancello e l’aria che si respirava non era assolutamente quella di ogni giorno: al centro una grande folla si era riunita attorno alla preside in ascolto. C’era un silenzio tombale, tranne per qualche stupido studente che sghignazzava senza un vero e proprio motivo. Mi avvicinai lentamente cercando di sentire meglio, ma la voce della preside risultava roca e smorzata  - Ci dispiace molto per ciò che è accaduto al vostro compagno,mio alunno, Omar Cant- cercai di alzarmi sulle punte per riuscire a vedere il suo viso: portava la solita acconciatura di un rosso vivo, i capelli raccolti in uno chignon basso,con delle ciocche che le sagomavano il viso, duro,fermo e severo – Cercheremo di tenervi informati su quanto è accaduto, ora, andate nelle vostre aule- nell’esatto momento in cui pronunciò quell’ultima parola suonò la campanella e la folla si slegò in tanti piccoli gruppetti di scolari. In lontananza  vidi Julie, seduta su un muretto con ciò che restava della sua banda. Portava un cappotto nero  e dei jeans più stretti del solito, non sembrava dispiaciuta, sembrava che avesse un’aria arrabbiata. – Eva…- Erik poggiò una mano sulla mia spalla, con un piccolo sorrisino smorzato – Oggi andrò a prendere un panino con i miei amici all’uscita, non aspettarmi all’albero, ci vediamo a casa!- mi diede una piccola pacca sulla spalla e io feci un cenno con la testa per acconsentire. ‘’perfetto ‘’ pensai  ‘’grandioso! Dovrò fare tutta la strada di casa da sola ‘’.
L’ultimo giorno di scuola si sa, non si fa mai nulla: tante feste e baldoria, si parla, si chiacchiera e si discute su quanto tutti siano contenti dell’anno appena trascorso. Dalle 8.30 fino alle 9.30 passarono in classe  i nostri professori e il discorso era più o meno identico per tutti ‘’siete una classe magnifica..’’ ‘’ sono felice di aver trascorso del tempo con voi..’’e scemenze varie: sempre la stessa storia tutti gli anni. Io mi accucciai sul mio banco,nascosta da Michel, mentre il prof di matematica commentava gli ultimi giorni passati assieme. Presi un foglio dallo zaino e iniziai a disegnare distrattamente qualcosa. La mano scorreva veloce, libera su quel pezzo di carta bianca, non mi resi neanche conto di ciò che stavo facendo, fin quando Emy mi sussurrò – Eva quel disegno è magnifico!- stava per afferrarlo quando mi accorsi di ciò che avevo appena disegnato: un cerchio perfetto,con dentro sfere unite perfettamente da una linea dritta più scura. Accartocciai istintivamente il foglio, lo lanciai dentro lo zaino e appoggiai la matita sul banco, Emy mi fissava stupita – perché l’hai rovinato ? – le feci una smorfia e poi dissi – era un disegno orrendo, lascia perdere- , lei si voltò sbuffando verso il prof, io rimasi immobile. Era come se quel disegno si fosse magicamente materializzato davanti ai miei occhi, come se la mia mano avesse voluto fare ciò che voleva senza neanche chiedermi il permesso. E quel segno mi stava decisamente incuriosendo sempre di più.
All’uscita della scuola tutti urlavano e saltavano felici : c’era chi salutava la scuola, chi andava via a testa bassa e chi ancora doveva superare gli esami di stato. Quella mattina non dovevo aspettare Erik ma mi sedetti comunque sulle radici del solito albero che spuntava al centro del cortile. Cercai di assaporare quell’ultimo momento, perché poi non l’ avrei più vissuto per almeno tre mesi. Restai qualche minuto ad assaporare l’odore dell’albero che mi ricordava qualcosa di famigliare,qualcosa che apparteneva esclusivamente a me ed Erik. Ma quel momento fu rovinato da una persona, una voce, che proveniva dalle mie spalle – Buon giorno Eva!- mi voltai di scatto e ciò che mi si presentava davanti non era uno dei migliori spettacoli: Julie e la sua combriccola. Restai immobile sulla radice dell’albero mentre gli osservavo dal basso, e domandai – Ciao.. Julie, ci conosciamo?-  il gruppetto scoppiò in una sonora risata e io sentivo sudare freddo: sapevo cosa significava Julie e sapevo che qualsiasi cosa volesse da me non prometteva nulla di buono – Sì, tu sei la sfigata della 3°A giusto?- un suo amichetto, basso, minuto e alquanto stupido scoppiò a ridere, e la situazione stava incominciando ad infastidirmi, così mi alzai – Sfigata non direi, ma se vuoi andare dritto al sodo, beh fai pure, non ho tutto il tempo per starti ad ascoltare- lo stesso ragazzino stupido e minuto fece un piccolo gesto con la mano che non sapevo  distinguere da un ‘’scappa perché sei morta’’ o ‘’te la sei cercata’’, ma rimasi comunque immobile. Julie sbuffò, prese il suo zaino e uscì fuori tre quaderni – Questi sono i miei compiti estivi, non ho intenzione di farli, quindi gli affido a te e..- fece una piccola pausa - .. e non mi deludere!- accennò un piccolo sorrisino, poi, posò i suoi libri sulla radice dell’albero,proprio dove, qualche secondo fa, ero seduta io. Stava per andarsene,feci un respiro profondo ed esclamai – Non ci penso nemmeno!- mi pentii di ciò che avevo fatto qualche secondo dopo, ora stavo davvero sudando e l’adrenalina stava pian piano percorrendo tutto il mio corpo – Ah no?- sussurrò Julie per poi avvicinarsi lentamente al mio viso e stringermi il polso così forte che non potevo più scappare. Mi fissò dritto negli occhi e nuovamente sentì una fitta alle costole, ma questa volta più forte, più intensa e più dolorosa. Mi piegai su me stessa,cercando di alleviare, in qualche modo ,il dolore; volevo piangere ma non potevo, socchiusi gli occhi e cercai,per un secondo, di non concentrarmi sul dolore. Sentivo che Julie non si era ancora allontanata, probabilmente era rimasta lì a fissare come soffrivo. Intanto il mio polso era ancora ben stretto nella sua mano e lo sentivo freddo, immobile e dolorante. Speravo solo che andasse via e che tutto quello sarebbe finito nel giro di pochi secondi. Strinsi i denti e mi sedetti sul tronco, ma nel preciso momento  in cui stava per andare via, notai qualcosa di strano nel suo polso sinistro, qualcosa che avevo già visto, ma che non riuscivo a individuare bene a causa del dolore che ormai mi aveva quasi offuscato la vista. Cercai di mettere bene a fuoco. Lo vidi. Il suo polso. Sentivo freddo. Il mio sguardo lo  aveva  finalmente individuato:s ul suo polso avevo riconosciuto un cerchio perfetto,con dentro sfere unite perfettamente da una linea dritta più scura





Questo è il terzo capitolo,spero che vi piaccia :) lasciate pure qualche recenzione. A presto

   
 
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