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Autore: Ermellino volante    23/08/2014    0 recensioni
Siamo intorno agli anni '80 del 1900 in una tranquilla zona periferica londinese, dove vive una non del tutto tranquilla famiglia di licantropi inglesi: gli O'Connel. Creature fornite di zanne, artigli e occhi gialli, sì, ma anche di intelligenza altalenante, corpo in via di sviluppo e ormoni fiammeggianti. Soprattutto per quanto riguarda il secondogenito Jared, almeno; o per il primogenito Daniel, la terzogenita Tiana, il quartogenito Connor, o anche per i membri del branco avversario, quello dei Mickey, che forse tanto avversario non è. Creature terrificanti, gli adolescenti affetti da licantropia: impossibili da controllare e con la testa del tutto persa. Eppure, anche loro hanno i loro piccoli grandi problemi, che possono andare da storie amorose che rasentano l'assurdo a creature sconosciute che minacciano il buon equilibrio di famiglia.
Perché si sa, in guerra e in amore tutto è concesso, e questa storia tratta un po' di tutti e due.
Oswald Mickey detto Oz lo accolse porgendogli quella che sembrava una canna molto artigianale.
« Solo sigarette per me, lo sai » replicò lui, respingendola.
« Come sei noioso, Jar.»
« L’ultima volta che ho preso una di quelle sono finito ad ululare sul tetto della preside. Vorrei evitare.»
Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You just have 
to claw your way.

 
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If you'd like to find out 
what's behind these cold eyes)





1.
You know where you are,
you're in the jungle.

 





 
Oswald Mickey,  17 anni anagrafici,  7 mentali, scese stiracchiandosi dal bus, la sigaretta ormai giunta al filtro ancora tra le labbra, e un’aria annoiata e sarcastica sul volto semicoperto dalla folta zazzera castana e riccia che gli cresceva in testa verso tutte le direzioni, come se per i suoi capelli la legge di gravità non contasse. Il fisico alto e ossuto lo rendeva simile ad una stanga, e mai nessuno avrebbe sospettato che quel ragazzino, mingherlino e con la faccia da chi conosce per nome tutti i poliziotti della città, potesse essere un licantropo in tutto e per tutto. Respirò l’aria fresca, lanciando un suono tra un grido e uno sbadiglio, allargando le braccia intorno a sé,  quasi colpendo sul naso Jared, che stava proprio in quel momento scendendo dietro di lui. 
« Ehi, stai più attento! C’è gente qui a cui il naso serve ancora! »
Oz alzò gli occhi al cielo tornando a guardare l’amico, che lo fissava con quell’aria arrogante e furba. « Ti avrei solo migliorato… »            
Il moro accentuò ancora di più il cipiglio scettico che gli dipingeva il viso, afferrando il riccio, di varie spanne più alto di lui, per lo zaino, trascinandolo via – « Aiuto! Mi violenta! » – dal passaggio intralciato – da loro – del bus, trascinandolo urlante verso l’ingresso.  Appena varcate le larghe e umide porte a vetri si ritrovarono investiti dalla luce opaca delle lampade a neon. Sentì il fiato di Jared mozzarglisi in gola, facendo agitare anche il riccio al suo fianco, che lo guardò accigliato dal suo metro e ottanta d’altezza. 
« Jar, che succede? Che hai visto? Il piccolo Tommy è di nuovo caduto nel pozzo, Lessie? »
Come risposta più che esaudiente ricevette una poderosa gomitata nel fegato, che per qualche secondo lo lasciò senza fiato; il fastidio era visibile sul volto del moro.
« Ti ricordi Jasmine? »                       
« Sì… »        
« Ti ricordi di come l’ho lasciata? »                                       
Oswald ghignò tra sé e sé. « Credo che nemmeno lei se lo dimenticherà facilmente… »
Jared gli lanciò un occhiata infastidita. « E ti ricordi del suo enorme fratello? »
Oz seguì lo sguardo dell’ amico verso l’imponente figura che gli si avvicinava decisa. Il riccio aggrottò un sopracciglio. « Stai scherzando? Quello lo puoi stendere con un pugno! »
Jared sbuffò. « Sì, ma non posso. » Allo sguardo  spaesato dell’amico rispose, « Regole della mamma… » 
Oz lanciò un suono di comprensione, battendo una mano sulla spalla dell’altro. « Corri, amico, » e lo spinse nel corridoio a fianco.
Mentre veniva superato dall’alta figura, Oz ghignò, spostandosi di lato con un cenno della testa. Divertito, riprese a camminare verso il suo armadietto, una sigaretta tra le labbra e le mani portate intorno alla bocca nella vana speranza di accenderla. 
« Lo sai che fumare ti fa male? » 
Il riccio lanciò uno sguardo stremato al cielo, poggiando il viso al freddo metallo del suo armadietto, prima di voltarsi verso la ragazzina dai capelli rossi che lo guardava con gli occhioni azzurri inquietanti.  Sogghignò maligno. « Non a me. » 
Non si ricordava esattamente come quella bambina si chiamasse, Sam… Tamara… proprio non se lo ricordava.  
Lei lo guardò, avvicinandosi e arrossendo. « Fa male a tutti, e poi non dovresti fumare a scuola. »                    
Oz lanciò un verso infastidito. Quella ragazzina lo perseguitava da circa un anno, da quando l’aveva vista a casa di Jared, amica di quello strambo del fratello minore del ragazzo, e gli si era incollata come la carta bagnata. Lo aspettava davanti a scuola la mattina, cercava di parlargli a pranzo, e si metteva a guardarlo dagli spalti della palestra durante ginnastica. Jared ci rideva sopra, vedendo il fastidio dell’amico, mentre l’altro era estremamente stanco. 
« Senti, Tamara… »  
« Samantha… »                                                                                      
« Mh, si, come ti pare. Non credo che fumare possa farmi del male, e in più mi rende estremamente sexy, » riuscì ad accendere la sigaretta, tirandone una boccata piena. « Quindi, ci penserò quando comincerò a sputare nero… e ora, vai a giocare con le Barbie, a scuoiare gatti, o a fare qualunque cosa tu e quello schizzato di Connor O’Connel fate, okay? » 
Le sorrise malizioso, facendole l’occhiolino e allontanandosi, lasciando basita la ragazzina, arrossita e con i lucciconi a gli occhi.
Oz sentì una stretta al cuore. Quasi gli dispiaceva – ma quando è troppo è troppo. Continuò a camminare, mentre quel pensiero scivolava via svelto dalla sua mente. 
« Non puoi fumare a scuola… »
Oswald non fece in tempo a voltarsi che la sigaretta gli venne sfilata di bocca da uno scettico e malconcio Jared, con un occhio nero che andò scomparendo in pochi secondi. Il riccio alzò gli occhi al cielo accendendo un’altra sigaretta.             
« Si può sapere cosa volete tutti quanti dai miei polmoni, oggi? »
 

Tutti noi, nella vita, abbiamo avuto delle giornate storte. Ore di tribolazioni volte ad aspettare un conforto, che può essere quella persona, uno sport o, in certi casi, un buon pranzo. Ma c'è una cosa per cui si possono ringraziare le giornatacce: avvertono della loro presenza fin dal risveglio, facendo capire al malcapitato che deve stare attento per le seguenti ventiquattro ore.
Questa è la norma.
Ma accade talvolta che si verifichi un fenomeno ancora più fastidioso: le mezze giornate storte.
Queste subdole entità si palesano solo dopo che il loro bersaglio ha passato una buona parte di mattinata serena, assalendolo con forza maggiore delle loro colleghe, e aumentando così il cattivo umore.
Le mezze giornate storte distruggono ogni nota positiva che la loro vittima può trovare, lasciandogli come sola risorsa il beato oblio del sonno.
Jared stava appunto affrontando il secondo caso illustrato.
Il risveglio era stato normale, la colazione più che soddisfacente, e il viaggio fino alla scuola decisamente divertente. L'incontro con il fratello della sua ex non era una pecca irreparabile, l'occhio nero stava già guarendo e nessuno aveva visto il momento del pugno.
Ma la già nominata calamità si presentò nel momento peggiore: la prima ora.
Il ragazzo comprese il flagello in cui era incappato nel momento stesso in cui il professor Dawson, docente di geografia, mise piede nell'aula.
« Ragazzi! Ho corretto i vostri test sull'Asia. Avete preso tutti zero. Sì, avete capito bene. Zero. E non fare quella faccia, Smith. Tanto so che non frega niente dei voti, a voi ratti schifosi. Sì, vi ho chiamati ratti. Cancella quell'espressione, Hengle, sto insultando quei poveri animali paragonandoli a voi. Siete dei falliti, siete nati e morirete essendolo, quindi fatevene una ragione. Mickey, giuro su Dio che se rivolgi anche un solo sguardo a O'Connel ti dò -3! »
Oswald parò le mani davanti a sé con un sorriso ammiccante.
« Andiamo alle minacce pesanti, » sussurrò all'amico, senza però voltarsi del tutto.
« Mickey! »
« Non lo sto guardando! »
Il professore lo fissò con un odio che sorprese Jared. Armie Dawson era uno dei professori più divertenti e cordiali della scuola. Era strano che fosse così irritabile.
Osservandolo meglio, notò che indossava una cravatta color giallo canarino sopra una camicia rosa, lui che aveva un tale buon gusto nel vestiario, a quanto aveva sentito dire dalle ragazze della classe. I capelli, poi, erano ritti in testa, come se ci avesse passato ripetutamente le mani.
« Sta... bene, prof? » gli chiese. Grave errore. L'uomo si precipitò accanto al suo banco, e apparvero ulteriori segni di allarme: gli occhi erano rossi, e sotto avevano delle ombre violacee. Sopra le orecchie si intravedevano dei punti rossi; doveva essersi strappato i capelli.
« Mi chiedi se sto bene, O'Connel? Eh?! »
« Uhm... sì. »
« No che non sto bene! Oh, il mio povero nipotino, » fece, sgonfiandosi di colpo, scostandolo e sedendosi sulla sedia accanto a lui. « Ho sempre avuto rispetto per i giovani, sapete? Acuti, speranzosi, sempre pronti ad attivarsi. Un po' indolenti, ma chi non lo è? E il mio giovane preferito era mio nipote Malcolm. Era un genio. Era perché ora lui... ora... » si interruppe, per scoppiare a piangere sulla spalla di Jared, che gli diede qualche pacca sulla schiena, guardando allucinato Oz, il quale però gli rispose con un'occhiata divertita e una scrollata di spalle.
« È morto! Morto, capisci? Era così giovane! Solo ieri mattina è venuto a fare colazione a casa nostra, e adesso non c'è più! Perché?! Ditemelo! Ditemelo o vi metto -4! -6 a Mickey! »
Li fissò uno ad uno, come sfidandoli a fare ciò che gli aveva ordinato, ma nessuno fiatò, al che tornò a singhiozzare addosso al ragazzo.
« Ehm... professore? Non farebbe meglio ad andare in infermeria? » intervenne timidamente una ragazza.
L'uomo si rialzò e, tirando su con il naso, annuì: « Hai ragione, Appleby. Ora vado. » Si avviò verso la porta, ma nell'aprirla si bloccò un momento per sbraitare: « Non uscite dall’aula! » e uscì.
Simultaneamente, i ragazzi cominciarono a parlare animatamente.
« Era il ragazzo trovato in quel vicolo, eh? » fece Jared.
« Probabile. »
« Dici che è stato qualcuno dei nostri? »
« I nostri? E che siamo, il Manchester United? »
Jared gli tirò uno scappellotto.
« Ahia! Okay, sto serio! »
« Ecco, bravo. »
« Ma chi potrebbe essere? Un licantropo piromane... » S'interruppe con gli occhi che brillavano, dorati. « Ehi, non è una brutta idea... »
« Non pensarci nemmeno. Ti bruceresti il pelo. E non è periodo di depilazione. »
« Quanto siamo esperti, amico mio. Comunque, chiederò a mia madre. La vecchia è informata su tutti i traffici del nostro mondo. Se c'è in giro un incendiario soprannaturale, lei lo saprà di sicuro. »
 

Quando Tiana O’Connel desiderava qualcosa, Tiana O’Connel lo otteneva, a discapito dei mezzi, delle persone e delle madri impiccione e iperprotettive che impedivano alle figlie di vivere la loro vita adolescenziale. Lo stava per spiegare anche a Barbra, camminando sulle sue converse grigie ormai consumate ma ben più che adorate e facendosi largo tra folla di studenti che camminava per i corridoi, tutti parlottanti della stessa identica cosa. « Allora, con chi vai alla festa di Mark? »
« Mark dà una festa? » balbettò in risposta Barbra in risposta, sgranando i grandi occhi azzurri.
Tiana prese un sospiro di rassegnazione e le passò una mano sul capo. « Sì, Ba’. Ne parlano tutti da, sai, circa tre ore. »
« Immagino Tommy, no? » Barbra storse le labbra, parendo quasi in dubbio. Tiana aggrottò le sopracciglia, perplessa. « Insomma, » aggiunse la bionda, « se davvero mi vuoi davvero presentare i tuoi fratelli… »
« Ma vaffanculo, » sbuffò l’amica, tirandole una gomitata diciamo amichevole nei fianchi. « Non ti conviene perdere tempo con loro. Voglio dire, Connor è più inquietante di una lucertola senza testa, Jared non è capace di stare serio per due minuti di fila, e Daniel… » Tiana si interruppe un attimo, aggrottando le sopracciglia e curvando il piede verso destra. « Be’, » riprese, più sicura, « tu e Tommy state benissimo insieme, non perdere tempo a pensare a quanto sono alti i miei fratelli. »
« D’accordo, » rise Barbra, stringendo i libri di letteratura francese al petto. « Tu ci vai con Terry, sbaglio? »
« Non sbagli, » rispose la mora, ammiccando ad un ragazzo che chiacchierava con un paio di cheerleader in divisa, semi-stravaccato contro la porta dello spogliatoio maschile. Si diresse decisa in quella direzione, gettando le braccia al collo del baldo giovane, che la strinse a sé stampandole un affettuoso bacio sulle labbra. « Non dimenticare che oggi alle cinque passo a vederti, » gli disse sorridendo, beandosi degli occhi grigi del ragazzo, che la guardavano come se fosse l’unico essere umano presente nel raggio di dieci miglia. Un’altra cosa che Tiana O’Connel adorava era essere importante, non tanto per la massa quanto per alcune persone in particolare. Le stesse che lei reputava importanti.
« Aspetto solo te, » sussurrò lui al suo orecchio. Tiana rise, lo baciò di nuovo, si sciolse dall’abbraccio il più lentamente possibile e lanciò una certa occhiata alle ragazze che li guardavano lì accanto, una specie di avvertimento. Non si sarebbe lasciata sfuggire il proprio ragazzo; non come era accaduto tante altre volte. La quindicenne voleva avere il perfetto controllo della propria vita amorosa, e così sarebbe stato.
« Terry Weave, » disse Barbra appena si allontanarono, sistemandosi la cartella sulle spalle. « Capelli biondi, occhi grigi, giocatore di football, pettorali scolpiti, sguardo da piccione in cerca di cibo… »
« Oh, zitta, » sbuffò Tiana. « A mia madre lui non piace, dice che è un “bellimbusto biondo che mi spezzerà il cuore”. E’ solo perché mi porta lui, che non vuole darmi il permesso per la festa di Mark. E meno male che i miei fratelli non ne sanno nulla… solo l’idea che io abbia un ragazzo li disgusta. » Trattenne una risata.
« Sì, be’, capelli chiari e scuri insieme stonano, » borbottò Barbra. Tiana le scoccò un’occhiata, e l’amica represse una risata, mentre salivano le scale per la classe di francese. « Scherzavo. Tu sei troppo bella per lui, è questo il fatto. »
« Potrei dire la stessa cosa di te e Tommy, » sospirò Tiana esasperata, e Barbra scoppiò a ridere, proprio nell’istante in cui un ragazzo usciva di colpo dall’aula davanti a lei e le inciampava davanti, cadendo lungo disteso. La bionda tirò un urletto e fece un balzo indietro, suscitando una rauca risata dalla figura che fece capolino dietro all’incauto giovane. 
« Io troverei un altro modo per far colpo sulle ragazze, » urlò Oswald, piegato in due dalle risa, mentre si avvicinava all’amico e raccoglieva la cartaccia che aveva lanciato esattamente dieci secondi prima.
Tiana gli lanciò un’occhiataccia, poi afferrò il braccio del fratello – perché era Jared O’Connel il tizio che aveva visto il pavimento ad una distanza davvero molto intima – e lo tirò in piedi. « State traumatizzando Barbra, » sbottò.
Oswald le lanciò un’occhiatina. « Possiamo parlare di questo e di tanti altri argomenti nella mia nuova auto con una bottiglia di vodka e un paio di sigarette, ti va, Tia? »
« Mi piacerebbe davvero molto, » declinò l’offerta Tiana, quasi dispiaciuta. « Ma soffro di una patologia davvero molto grave e intensa. Sono allergica agli stronzi. Andiamo, Ba’. »
Voltandosi verso l’amica, si interruppe confusa, perché Barbra aveva le gote improvvisamente paonazze e gli occhi erano appena scattati via dalla figura ancora dolorante del fratello. La ragazza dai capelli scuri rivolse uno sguardo scettico a Jared – “Ma davvero?” –, che inarcò le sopracciglia e poi si finse improvvisamente molto occupato con le proprie unghie.
« Oh, Tommy! C-che sorpresa! »
La sua attenzione ritornò nuovamente sull’amica e sul ragazzo che improvvisamente l’aveva abbracciata da dietro, stampandole tanti piccoli baci sul capo e sulla nuca. Se possibile Barbra era ancora più rossa; si liberò delicatamente dalla presa e baciò Tommy sulle labbra. « Mi sei mancato, » aggiunse, e la sua voce era di nuovo quella dolce e innamorata di sempre.
« Ti posso parlare? » Thomas, perché questo era il suo vero nome, pareva quasi nervoso.
« Se si tratta della festa, è scontato che io venga con te… »
« Si tratta anche della festa. »
Barbra guardò Tiana. « Okay, dimmi, » disse, forse un po’ perplessa, e Tommy la trascinò praticamente via, nello sgabuzzino delle scope a un paio di metri da lì. Oswald scoppiò a ridere.
« Tappati quella fogna, Oz, » sbottò Tiana. Il ragazzo tacque, controvoglia, e il silenziò dominò per un paio di minuti.
« Secondo te di cosa devono parlare, Tia? » chiese improvvisamente Jared.
« Non ne ho idea, » rispose lei. « E non mi interessa. Non dovrebbe interessare nemmeno a te. »
« Io so che Thomas si è visto con Elizabeth, ieri. »
Tiana si voltò di scattò verso di lui, sbiancando. « Di che cosa stai parlando? »
« Non ti scaldare tanto. Adesso ai ragazzi impegnati è proibito frequentare la gente dello stesso sesso dei loro partner? »
« No. Infatti. » Tiana strinse le labbra. « Ma ieri Barbra mi ha detto che Tommy era ad un allenamento. Tutto il giorno. »
« Tiana, gli allenamenti non ci sono di domenica. »
Prima che la ragazza potesse formulare ciò che il fratello, con tutta l’indifferenza del mondo – o almeno così le parve –, le aveva appena detto, Barbra ricomparve al suo fianco, i capelli arruffati e le gote rosse. « Non mi ha lasciato » sbottò, imbarazzata a causa delle occhiate che tutti e tre – sì, anche Oswald e Jared, che a malapena la conoscevano – le avevano rivolto. « Stiamo insieme da nove anni, non lo farà tanto presto. »
« E allora cosa ti ha detto? » Tiana era agitata; il colore sul suo viso non era ancora ritornato.
Barbra non pareva triste o disperata, solo un po’ turbata. « Non qui » mormorò guardando l’amica negli occhi. « Ci sono loro. »
« Grazie per la considerazione, » sbuffò Jared.
Difatti Tiana lo ignorò, prese per mano la bionda e la trascinò via dai due. « Adesso mi racconti. Tutti i dettagli. » Barbra annuì, senza esitazione.
Marciando lontano – meta, la classe di francese – una vocetta stridula e acuta, dalla palese falsità nel tono innamorato, risuonò nel corridoio, facendo voltare almeno un quarto degli studenti parlottanti. « Tiana, amore mio, ricordati che dopo scuola la mia macchina ruggente è qui per te! »
Tiana scoppiò a ridere, scosse la testa, e decise che Oswald era decisamente troppo stupido per entrare nella sua lista nera. 


 
 
   
 
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