Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Road_sama    25/08/2014    4 recensioni
DAL 9' CAPITOLO:
-Domani faremo il culo agli sbirri.- disse Eren con una strana luce negli occhi.
-Già.- Stettero in silenzio per lunghi secondi a guardare la città pronta alla vita notturna.
-Eren non provare a morire domani.-
-Non lo farò. Mi riempiresti di botte.- disse sorridendo appena il castano.
-Già.-
-Non provarci nemmeno tu.- aggiunse rivolto all’altro.
-Non lo farò. Devo pestarti prima.- Quello era lo scambio di battute che facevano prima di ogni furto. Nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso, ma l’uno era quello che rimaneva di più caro all’altro e dopo aver perso tante persone importanti avevano bisogno di un appiglio. Avevano bisogno di sapere che non sarebbero rimasti soli.
//Riren-Ereri/Criminal!Levi e Eren//
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 14





-Ragazzi, posso farvi una domanda?- chiese Zoe Hanji mentre  con un ramoscello disegnava cerchi immaginari sull’asfalto. Rivaille Ackerman se ne stava con la schiena appoggiata al muro guardando distrattamente il graffito che stava dipingendo Mike Zacharias. Erwin Smith, invece, era in piedi a fissare davanti a sé immerso in qualche strano filo di pensieri. Era da un po’ di tempo che il biondo sembrava assente durante le loro uscite. La maggior parte delle volte taceva e guardava cose che solo lui riusciva a vedere. Quando grafittavano i muri delle case dei ricchi signorotti oppure quando commettevano piccoli furtarelli, lui non prendeva più parte. Era in qualche modo cambiato.
-Che vuoi?- disse aspro Levi mentre si alzava per andare ad aiutare Mike afferrando la bomboletta rossa.
-Abbiamo quasi finito il liceo quindi, mi chiedevo…cosa avete intenzione di fare d’ora in poi?- a quella domanda tutti si bloccarono e trattennero il respiro. No, non era la prima volta che si facevano questa domanda e, si, non avevano ancora valutato per bene la risposta. Il loro forse era un desiderio egoistico, loro volevano solo lasciare tutto com’era, a scuola la mattina e in giro per la città il resto del giorno. Era una vita che facevano da cinque anni e non era così male, in fondo. Eppure sapevano che nulla era per sempre e che avrebbero dovuto decidere cosa fare della loro vita, prima o poi.
Il primo a rispondere fu Mike, con grande sorpresa da parte degli altri tre.
-Non volevo dirvelo così, ma visto che mi si presenta l’occasione…- si girò in modo da vedere tutti quanti. Con gesti lenti chiuse la bomboletta nera.
-I miei hanno scoperto quello che faccio con voi e visto che sono stato bocciato un paio di volte e a scuola non vado ancora bene vogliono spedirmi nell’esercito.- un silenzio intenso e pesante cadde su di loro non appena il ragazzo terminò di spiegare.
-Io frequenterò la facoltà di lettere, qui nella nostra città.- intervenne Hanji sistemandosi gli occhiali. Aveva deciso di parlare per non dare agli altri il tempo di realizzare quello che Mike stava dicendo. Perché era terribile quello che stava dicendo. Non solo sarebbe stato molti chilometri lontani da loro, ma addirittura avrebbe rischiato la vita non appena sarebbe diventato un soldato a tutti gli effetti.
-Io andrò all’Accademia militare in America.- di nuovo il silenzio venne spezzato, ma questa volta dalla voce che più non ci si aspettava parlasse. Erwin era tornato tra di loro e la sua voce profonda li aveva raggiunti come uno schiaffo. Rivaille si bloccò e si voltò a guardarlo storto, l’altro sostenne il suo sguardo con una freddezza  di cui non lo credeva capace.
-Poi farò delle specializzazioni e chiederò di entrare nella polizia o magari nella Marina, non so…- Hanji si alzò in piedi giusto in tempo per fermare Levi che era scattato in avanti verso Erwin.
-Brutto bastardo.- disse tra i denti il moro cercando di liberarsi dalla stretta della ragazza.
-Perché?- chiese a quel punto Zoe dando voce al pensiero martellante che tutti avevano nella testa.
-Ho capito che quello che abbiamo fatto per così tanto tempo non è giusto. Io voglio aiutare la gente non derubarla.- disse secco. Levi a quel punto si sganciò dalla presa dell’amica e ancorò, con un gesto aspro, il biondo al muro.
-Che cazzo stai dicendo…?!- sibilò il moro portando l’avambraccio al collo dell’altro per tenerlo fermo e inoffensivo.
-So che tu non capisci, ma vorrei che la smetteste tutti quanti. Il tempo per fare queste ragazzate è finito.- Levi premette ulteriormente il braccio sul collo di Erwin.
-Ragazzate? Non mi pareva la pensassi così qualche anno fa.-
-Rivaille, ascoltami…pensi di poter vivere facendo questo tipo di cose?- disse a fatica il biondo afferrando il braccio dell’altro per toglierselo di dosso.
-N-Non sarebbe giusto…per…le persone oneste…e io voglio tutelarle…- il moro si scostò da lui, lasciandolo definitivamente. Erwin tossì piegandosi per cercare di riprendere fiato.
-T-Tu da che parte vuoi stare Rivaille?- chiese guardandolo negli occhi il biondo mentre con la mano si massaggiava il collo.
-Dalla parte in cui sono sempre stato.- rispose acido scaraventando a terra la bomboletta. Si ravvivò i capelli e sparì dalla vista di quei ragazzi con passo veloce.
Loro non li avrebbe più rivisti per molto tempo.
 
Da quel giorno Levi cominciò a vagare per la città senza una precisa meta. Era tornato a casa sua per prendere la pistola che suo padre gli aveva lasciato prima di andarsene definitivamente e si era preparato un piccolo borsone riempito da quelle poche cose che riteneva indispensabili. Si sentiva oltraggiato e derubato dai compagni che lo avevano accompagnato in tutti quegli anni. Quello che più lo infastidiva e lo feriva allo stesso tempo era la decisione di Erwin, la persona che conosceva da più tempo e che considerava quasi un fratello. Lo conosceva da quando era bambino e più volte l’aveva aiutato nei momenti difficili della sua infanzia. Non riusciva ad accettarlo e non lo avrebbe accettato perché lui non aveva intenzione di smettere di fare quello che stava facendo e sapeva fin troppo bene che prima o poi lo avrebbe rincontrato, Erwin, ma sarebbe stato suo nemico.
Entrò in un negozio di alimentari e afferrò qualche tramezzino confezionato e una bottiglietta d’acqua che nascose sotto al giubbotto con gesti veloci. Fece per uscire dalla porta scorrevole di fianco al bancone, ma la strana disposizione di quattro ragazzi attirò la sua attenzione. Erano sparsi per le basse corsie del negozio a quadrato e si scambiavano ripetute occhiate. Rivaille non fece nemmeno in tempo a pensare ad altro che uno di questi, quello biondo con la barba estrasse una pistola.
-Vecchio, dacci l’incasso!- urlò puntandogli l’arma contro.
-Tsk, incapaci.- mormorò irritato il moro. Quei ragazzi stavano commettendo una marea di errori: numero uno, stavano permettendo a Rivaille di osservare tutta la scena non contando che avrebbe potuto chiamare la polizia e denunciarli, numero due, c’era una telecamera dietro al bancone e vista la spia rossa era perfettamente funzionante, numero tre la pistola che aveva in mano il biondo era chiaramente finta e numero quattro, il proprietario di quel negozio aveva un vero fucile a canne mozze vicino alla casa.
Il vecchio, come previsto da Rivaille, afferrò il fucile e lo puntò al ragazzo biondo che dalla sorpresa fece cadere la pistola.
-Provate a fare un altro passo e vi sparo un colpo in testa. Fermi, immobili mentre chiamo la polizia.- disse il vecchio con disprezzo. Rivaille ficcò le mani in tasca pronto a godersi la scena, ma i ragazzi non cominciarono a supplicare o a scappare come era logico facessero bensì si allinearono davanti al proprietario con sguardo fiero e per nulla intimorito.
-Dacci i soldi vecchio.- urlò la ragazza che fino a quel momento era stata zitta. Ma era pazza o cosa?
L’uomo rise di gusto.
-Siete disarmati ed io ho un fucile a canne mozze!-
-Se uccidi due di noi non avrai più proiettili quindi sarai costretto a cambiarli, sarà in quel momento che ti faremo fuori rubando tutti i tuoi soldi.- che pazzi incoscienti, riuscì solo a pensare Levi, però, nonostante questo qualcosa scattò dentro di lui e decise di agire. Scattò in avanti e saltò il bancone. Stordì il proprietario con una gomitata alla nuca. L’uomo cadde rovinosamente a terra lasciando cadere il fucile con sé. A quel punto Levi si voltò vero i ragazzi scoccandogli uno sguardo di ghiaccio e osservò le loro espressioni stupite una ad una.
-Siete degli idioti incoscienti.- sibilò prendendo il fucile e sparando un colpo contro la telecamera disintegrandola. I ragazzi ancora non dicevano una parola. Il moro sospirò poi aprì il registratore di cassa e prese l’intero incasso.
-Devo fare anche questo per voi?- domandò tendendo al biondo i soldi. Il ragazzo davanti a lui si protese per prendere i soldi e li afferrò con mano tremolante. Il più basso, a quel punto, scavalcò di nuovo il bancone e uscì dal negozio con fare tranquillo.
-Ma chi è quello?- chiese con voce rotta la ragazza.
-Non lo so, ma potrebbe esserci utile.- disse il ragazzo biondo ficcandosi nascondendo il denaro in tasca.
-Intendi seguirlo?- domandò ancora, ma il biondino non le diede risposta e uscì dal negozio rispondendo correndo fino ad affiancare il ragazzo che poco prima li aveva aiutati.
-Io sono Erd Jinn.-
-Io Petra Ral.- disse la ragazza mettendosi vicino al moro.
-Io sono Oluo Bozado.- si presentò il riccio arrivando da dietro.
- Gunther Schultz.- affermò il castano per ultimo. Rivaille si fermò di colpo e per poco Gunther e Oluo non gli sbatterono addosso. Guardò  uno per uno negli occhi con un certo disprezzo.
-Che cazzo volete?- sibilò diretto come sempre.
-Ci hai aiutato e sembri uno che si sa fare, vogliamo che ti unisci a noi.- Rivaille piegò il labbro in un ghigno divertito.
-Ah? E cosa ne ricaverei? Siete solo dei ragazzini incapaci.- disse con calma riprendendo a camminare veloce. I quattro lo seguirono e lo circondarono di nuovo.
-Non puoi continuare a fare furti da solo.- disse Petra.
-L’unione fa la forza.- intervenne Gunther.
-E stiamo programmando di andare fuori città- aggiunse Oluo.
-e fare affari fuori da questo buco, magari molto più grandi.- concluse con decisione Erd. Il moro si fermò una seconda volta, ma questa volta rifletté seriamente sulle parole dei quattro. Avrebbe potuto crearsi un nuovo gruppo, avrebbe potuto andarsene da quella città e avrebbe potuto sfruttare i quattro a suo vantaggio. Più si è più c’è probabilità di riuscire anche se questo implica dividere il bottino.
-Come avete intenzione di andarvene da qui?-
-Una macchina, cerchiamo i soldi per metterla apposto.- rispose Erd.
-Quanti ve ne servono ancora?- chiese Rivaille.
-Questi dovrebbero bastare, per domani dovrebbe essere tutto apposto e potremo partire.-
-Se volete che venga con voi ho delle condizioni.- spiegò il moro prendendo un tramezzino dal giubbotto. I ragazzi annuirono, segno che erano in ascolto.
-Visto che sono io quello con più esperienza, seguirete quello che dico io.-
-Va bene.- disse subito Erd. Gli altri si guardarono sospesi, ma non proferirono parola. In fondo Erd era il loro capo e loro non potevano far altro che fidarsi delle sue scelte.
-E…-riprese Rivaille leccandosi le labbra soddisfatto. –prima di partire voglio la macchina disinfettata.-
Quella fu l’ultima serata che passò nella sua città. Il giorno dopo partì e non tornò più se non dopo dieci anni.
 
 

-Heichou*! Ci sei mai stato a New York City?- chiese Gunther sfogliando distrattamente una rivista. La brezza che entrava dai finestrini spalancati accarezzava i volti di tutti quelli all’interno dell’auto che, a parere di Rivaille, si era rivelata un rottame.
-No.- disse secco mentre premeva maggiormente il piede sull’acceleratore. Petra sospirò, guardando gli occhi concentrati del ragazzo, fissi sulla strada.
-Nemmeno tu sei mai uscito da quel posto, eh?- chiese poi distrattamente. Lui non rispose, lasciando intuire agli altri che si trovava nella stessa identica situazione degli altri, con la sola differenza che rubare era l’unica cosa che gli avevano insegnato a fare e nella quale riusciva piuttosto bene.
-Noi faremo molti affari e diventeremo un gruppo di ladri temuti e- aggiunse Oluo prima di mordersi la lingua. Questo scatenò una risata negli altri tre. Rivaille osservò la scena dallo specchietto. Non era lo stesso gruppo che aveva avuto per tanto tempo, ma ci si sarebbe abituato presto.
 
Arrivarono a New York a era notte fonda, il sole non era ancora sorto, ma poco ci mancava. Per le strade c’era già un certo viavai di gente e loro ne approfittarono per fare colazione. Entrarono in un negozietto, di quelli aperti 24 ore al giorno e cominciarono a cercare con lo sguardo tra gli scaffali alla ricerca del cibo che più li soddisfava. Qualcuno prese merendine, qualcuno pastine altri semplicemente un caffè freddo. Rivaille si guardò intorno e non notò alcuna telecamera, quindi, con molta calma si ficcò la colazione dentro al giubbotto e intimò agli altri di fare lo stesso. I quattro lo seguirono a ruota, ma vennero bloccati da una voce.
-Ehi tu, signorina, che hai sotto alla giacca?- disse il proprietario da dietro il bancone.
-Nulla.- affermò Petra impassibile. Il ragazzo sfiorò il legno del tavolo, appena sotto la cassa poi si avvicinò alla bionda.
-Fammi vedere.- gli parlò allungando una mano verso il corpo della ragazza.
-No!- urlò lei di rimando allontanandosi di poco. Il proprietario le afferrò un braccio intenzionato ad aprirle la giacca con la forza, ma venne bloccato dalla presa ferrea di qualcun altro.
-Ehi amico, hai qualche problema con lei?- sibilò Rivaille stringendo un po’ la presa sull’avambraccio dello sconosciuto.
-Questa puttanella ha rubato qualcosa! Si vede!- proferì indignato il ragazzo cercando ancora di metterle le mani addosso.
-Questa puttanella è la mia ragazza e se provi a metterle le mani addosso ti disintegro quella faccia di merda che ti ritrovi.- disse stringendo ulteriormente la presa sull’altro. Questo fece un passo indietro, immediatamente fulminato dagli occhi di ghiaccio di Rivaille.
-Okay okay, scusa. Vai, portatela via.- mormorò con voce tremolante il proprietario. Rivaille scoccò un’occhiata di fuoco prima a lui e poi a Petra. La presa per il polso e la condusse velocemente fuori senza proferire parola.
-Correte.- sussurrò il moro guardandosi intorno.
-Che?- chiese Gunther estraendo tranquillamente dalla giacca una merendina.
-Correte!- urlò questa volta Rivaille vedendo una macchina della polizia sfrecciare nella loro direzione. Quel tipo non era poi così stupido, quando aveva indugiato dietro al bancone, molto probabilmente, aveva premuto un segnale di allarme per la polizia.
-Disperdetevi tra la folla!- urlò prendendo a correre. Il sole stava per sorgere e questo era un bene perché implicava più persone per le strade. Levi corse trascinandosi dietro Petra. Aveva già combinato abbastanza disastri per oggi quindi era meglio se la teneva d’occhio lui. Risalirono uno strada che si faceva via via più stretta mentre le persone intorno a loro diventavano quasi insopportabili tanto che non riuscivano nemmeno a correre. Passarono ad una rampa in legno e fu proprio in quel momento che la folla parve allentarsi. Si ritrovarono su un ponte mentre i primi raggi del sole mattutino accarezzava i loro visi stanchi. Si fermarono di colpo, incapaci di distogliere lo sguardo dal panorama che avevano davanti.
-F-Figo.- mormorò Levi sgranando involontariamente gli occhi. Petra al suo fianco gli strinse la mano. Era calda e rassicurante e lei non si era mai sentita così a suo agio con una persona. Quello che aveva fatto Rivaille per lei, l’aveva colpita nel profondo e se prima quello che provava per lui era ammirazione ora sentiva qualcosa di più. Stargli vicino la faceva sentire bene e non ci sarebbe stato altro luogo in cui avrebbe voluto trovarsi se c’era lui vicino.
Rivaille non ci fece troppo caso. Al diavolo la polizia che li seguiva, al diavolo il resto di loro che erano dispersi chissà dove, in quel momento c’era solo lui e quel paesaggio stupendo dal quale non avrebbe mai voluto separarsi.
 All’improvviso tutto gli era chiaro e limpido. Quella era la sua vita. Quello era ciò che per lui era sempre significato “libertà” e quello avrebbe fatto fino alla morte.
-Fuori dalla nostra città anche un’alba sembra la cosa più bella che abbia mai visto…- sussurrò lei.
-Già…-
 


I furti e le città si susseguivano inesorabili. Persone nuove si incontravano e conoscevano tra quei intricati vicoli bui che molto spesso vengono ignorati. Dicono che siano i bassi fondi, ma di basso non hanno proprio nulla: quella era la vera essenza della città, quello era ciò che la rendeva viva. Girarono l’America in lungo e in largo nel corso di pochi mesi, spostandosi di giorno in giorno, ma nonostante tutti quei luoghi così differenti gli uni dagli altri i loro cuori sarebbero sempre rimasti a New York.
Ci ritornarono dopo tre mesi, ma quella fu la loro rovina.
-Mi hanno detto di cercare la casa di un certo Pixis.- disse Erd porgendo a Levi un foglio di carta.
-E’ lui che dovrebbe darci le giuste istruzioni, è una persona molto popolare qui, quindi dovrebbe avere anche gli agganci giusti.-
Il moro annuì riprendendo il lavoro che stava facendo.
-Heichou, secondo me l’hai rovinata con quel disegno…- osservò Oluo piegando leggermente la testa di lato.
-Nessuno ti ha chiesto niente, Oluo.- disse impassibile il moro asciugandosi il sudore dalla fronte con l’avambraccio.
-Cosa dovrebbero significare quelle ali, Heichou?- chiese Petra inginocchiandosi di fianco a lui mentre gli alzava una manica che era scivolata un po’ troppo in basso e avrebbe potuto rovinare il suo lavoro.
-Sono le ali della libertà.- disse semplicemente Rivaille e gli altri capirono, perché era lo stesso che provavano  anche loro da un po’.
 
Cercarono la casa dell’uomo che gli avevano indicato e, seppur con qualche difficoltà, la trovarono. Era un piccola casetta nei bassi fondi di New York, alla porta, seduto su di una sedia, se ne stava un vecchio dagli occhi di falco che osservava il mondo esterno con un’espressione indifferente. Aprirono il piccolo cancelletto e percorsero il vialetto con una certa flemma.
-Cosa vi porta qui giovani ladri?- disse continuando a guardare la strada. I ragazzi si domandavano come facesse a sapere che erano ladri, ma non indagarono. Erano in quel luogo per ben altri affari.
-Vogliamo rapinare una banca.- affermò senza troppe cerimonie Rivaille. A quel punto il vecchio cominciò a squadrarlo con interesse. Sembrava quasi stupito dai modi diretti del giovane.
-Cosa vi serve? Armi? Strumenti? Persone?-
-Gente che faccia da palo mentre noi lavoriamo dentro e che ci porti via dopo la rapina.-
-Attento ragazzo: le armi sono facili da usare, ma le persone sono difficili da controllare.- affermò piantando i suoi occhi giallognoli su quelli grigi di Rivaille.
-Non ci serve la tua opinione, vecchio. Sappiamo di cosa si parla e sappiamo persuadere molto bene.-
-Perfetto.-
 
 
Trascorse quasi una settimana da quell’incontro e più volte i ragazzi tornarono a casa di Pixis sia per chiedere aiuto nel preparare il piano sia per stabilire la somma di denaro che sarebbe spettata al vecchio e agli uomini a cui si era rivolto. Non era un colpo facile quello della banca perché nelle città più grandi, quei posti sono controllati in modo molto severo ed è parecchio difficile riuscire a sfuggire alla polizia. Nonostante questo, nel corso di quei sei giorni studiarono il colpo e lo pianificarono nei minimi dettagli decidendo anche il luogo in cui la macchina guidata degli sconosciuti avrebbe dovuto aspettarli per poi portarli fuori città. Era un colpo rischioso, ma loro avevano sete di avventura e di soldi.
Già sentivano l’adrenalina pulsare nelle loro vene mentre si avviavano all’interno della banca. I loro corpi vennero animati da una forza sconosciuta non appena Petra puntò la pistola al primo agente. Le loro mani si muovevano ad una velocità folle mentre trasportavano i soldi dalla cassaforte ai sacchi.
Il respiro si fece più affannoso quando uscirono dal retro.
Il tempo si fermò quando non videro alcun furgone.
La rabbia si fece avanti nel momento in cui capirono di essere stati traditi.
La vergogna gli fece digrignare i denti mentre la polizia li accerchiava.
Una freccia si conficcò nel loro orgoglio quando alzarono le mani al cielo.
La tristezza li pervase nel momento in cui le loro ali vennero spezzate e la libertà sfumò via come tutti i loro sogni.
 
In un primo mento vennero trascinati nella caserma di New York nella quale subirono molti interrogatori su vari furti che avevano commesso. Avevano rubato almeno una volta in quasi tutti gli Stati d’America e la loro pena, così gli avevano detto, non poteva che essere di svariati anni. Dopo circa una settimana vennero trasferiti a Washington DC dove ad accoglierli vi fu la persona che sovraintendeva il loro caso.
-Buon giorno sono Neil Doak.- un uomo dallo sguardo truce e da corti capelli neri si presentò davanti alla cella in cui erano stati rinchiusi.
-Io seguo il vostro caso da un po’ e devo dire che la vostra costanza nel commettere furti mi ha affascinato parecchio, ma prima o poi tutti i fuori legge vengono acciuffati e quindi eccoci qua, come vi sentite ladruncoli?-
-Vai a farti fottere.- sibilò Rivaille seduto in un angolo di quella stanza lurida. Gli altri ragazzi non dissero nulla, se ne stavano semplicemente seduti vicino al loro capo con la testa bassa.
-Tu devi essere Rivaille, giusto?- chiese il poliziotto sistemandosi la divisa su i fianchi.
-Che cazzo vuoi da me?- gli sputò addosso il più basso alzandosi per andare verso di lui.
-Cercavo proprio te, c’è una persona che ti vuole parlare.- disse freddamente estraendo delle chiavi arrugginite dalla tasca dei pantaloni scuri.
 
Rivaille si fece condurre da quest’ultimo tra i corridoi freddi e umidicci, ne memorizzò ogni particolare con una precisione quasi impossibile. Non aveva intenzione di starsene ancora rinchiuso in quel buco di posto. Neil aprì una porta verde e con poca grazia spinse il carcerato all’interno della stanza. Il moro sibilò un insulto rivolto a quel poliziotto poi si ritrovò a sgranare gli occhi non credendo a quello che vedeva.
Davanti a lui, seduto tranquillamente ad un tavolo bianco se ne stava un uomo biondo, un poliziotto, anche lui in divisa che lo osservava tagliente con quegli occhi della stessa tonalità del cielo.
-Erwin…- mormorò mentre i suoi piedi si muovevano da soli verso il tavolo.
-Dopo che non ti sei più fatto sentire, qualche mese fa, ho preso la mia decisione e sono partito per Washington. Qui sto frequentando una specie di Accademia e quando ho tempo libero aiuto Neil nei suoi casi. Sono come il suo braccio destro e non appena finirò l’Accademia mi assumeranno qui e diventerò un poliziotto a tutti gli effetti, molto probabilmente farò qualche specializzazione e diventerò investigatore.-
-Perché mi stai raccontando tutte queste stronzate, Erwin?- disse il ragazzo che aveva già preso posto davanti all’amico.
-Sono stato io a catturarti e sono io che mi occupo del tuo caso anche se con la supervisione di Neil.- Rivaille strinse le mani attorno ai braccioli della sedia. Sapeva che sarebbe successo prima o poi, ma non pensava che sarebbe stato così presto.
-Dimmi che cazzo vuoi, non sei già soddisfatto di avermi privato della mia libertà?- chiese a denti stretti il più basso.
-So chi sei, Rivaille. So che tipo di persona sei, so quello di cui sei capace, ti conosco da non so quanto tempo e ti considero ancora mio amico.- il moro ghignò.
-Di amicizia mi vieni a parlare-
-Ascoltami, Rivaille. Gli anni che daranno a te e alla tua “squadra” non saranno meno di cinque e potrebbero andare fino ad un massimo di dieci, so quanto tu ci tenga alla tua libertà ed è per questo che voglio farti una proposta.-
Il moro posò i gomiti sul tavolo e incrociò le dita delle mani appoggiandoci sopra il mento. Quello voleva dire che stava ascoltando.
-Entra nella polizia e sconta la tua pena con questo tipo di servizi.- Rivaille si morse la lingua per non perdere la pazienza. Avrebbe solo peggiorato le cose.
-E i miei uomini?-
-Loro potranno ritornare nella nostra città a patto che non si muovano da lì. Appena faranno un passo falso ritorneranno dentro.- Il moro si abbandonò sulla sedia e incrociò le braccia al petto. Lui aveva il destino dei suoi compagni nelle sue mani. Doveva fare una scelta e qualsiasi cosa avrebbe fatto ci avrebbe rimesso.
 
Rientrò nella cella intimando a Neil di tornare tra cinque minuti, poi sospirò sonoramente e si voltò verso la sua squadra guardandoli uno ad uno.
-Tra cinque minuti sarete rispediti nella nostra città. Sono riuscito a negoziare la vostra libertà.-
-La “vostra”?- chiese Erd.
-Io ho accettato di rimanere qui per fare in modo che voi ve ne andiate.-
-Ma heichou!- protestò Petra scattando in avanti.
-Noi rimarremo qui con te!- disse Aruo con decisione.
-Ho fatto la mia decisione ed è l’ultima cosa che vi chiedo come vostre capo.-
-Non possiamo seguire questo ordine.- affermò Gunther.
-Avevamo delle condizioni quando mi sono unito a voi e voglio che vengano rispettate fino all’ultimo. Fuori di qui non sarò più il vostro capo, ma fino a quel momento dovete fare come vi dico. Vi prometto che appena sarò fuori da qui non vi cercherò e non vi causerò più alcun problema, siete arrivati a questo per causa mia e non voglio avere i vostri sogni sulla coscienza. Fatevi una vita, lontana da tutto questo oppure questo mia decisione sarà stata inutile. Andate e dimenticatevi di me, io avrò modo di fare lo stesso di voi.-
Erd, Aruo, Gunther e Petra avevano gli occhi fissi su di lui. Erano profondamente in disaccordo con quello che stava dicendo, ma sapevano che aveva ragione. Aveva fatto questa decisione per loro e se loro non avessero fatto come gli aveva detto sarebbe stato tutta una mancanza di rispetto. Lui stava sacrificando la sua libertà per loro. Quello era decisamente abbastanza.
-Se avete finito Neil vi porterà fuori. Io mi occuperò di Rivaille.- I tre ragazzi uscirono, ma Petra rimase lì immobile davanti al moro.
-Fammi rimanere, heichou.- sussurrò prendendogli le mani tra le sue.
-Petra lo sai che-
-Io ti amo, Rivaille, ti seguirò fino in capo al mondo, non me ne importa di tutto questo, la mia vita fuori non-
Il moro le afferrò le spalle con una forza che quasi le fece male.
-Non aspettarti una risposta che non ti darò mai, non aspettarti una vita che non avrai mai. Vai e prenditi cura dei tuoi compagni.-
-I tuoi compagni saranno in città tra due giorni. Tu sei pronto a fare quello che va fatto?-
-Per quanto tempo starò dentro?-
-Dieci anni.- mormorò il biondo sistemandosi il ciuffo. –Sei sicuro di non voler unirti alla polizia?-
-Tu mi conosci, Erwin, dovresti sapere che tipo di persona sono.-
-Già.- disse il poliziotto richiudendosi la cella alle spalle.
-A presto, Rivaille.-
-A presto, Erwin.-
 

Dieci anni dopo…

-Qual buon vento ti porta da queste parti giovane ladro?- chiese il vecchio con la sua solita voce gracchiante.
-Pixis non rompere le palle, mi vengo a riprendere la macchina, ecco cosa.-
-E se l’avessi venduta?- chiese il vecchio alzandosi dalla sua sedia di legno.
-Ti farei il culo a strisce rosa e gialle.- affermò il moro ravvivandosi i capelli.
-La prigione non ti ha cambiato per niente, Rivaille.- disse il vecchio lanciandogli le chiavi della sua Porsche.
-Mi ha cambiato più di quanto sembri, vecchio.-
-Che intendi dire?-
Il moro si voltò ripercorrendo a ritroso il vialetto di casa di Pixis.
-Rivaille fa parte del passato. Non esiste più, ora c’è solo Levi.-







*Heichou=Capo




*Angolo Autrice*
Eccomi tornata ragazzi con un nuovo capitolo, lo so che sono in ritardo, ma ho avut una settimana impegnata e so anche che vi chiederete perché ho fatto l'angolino autrice in basso, ma ogni tanto ho voglia di cambiare quindi.....
Cooomunque, questo è il capitolo speciale sul passato di Levi (capite perché il nostro ladro non vuole condividere i suoi ricordi con Eren? E' un po' paturnato (?) ma capitelo u.u), lo so che lo aspettavate da un po' quindi ho deciso di scriverlo e, in più, è parecchio lungo quindi dovreste essere apposto per un po' xD
Vi avviso che questo è il penultimo capitolo quindi, a maggior ragione, gustatevelo.
Se trovate errori/incongruenze, segnalateli che provvederò subito a correggere :3
Al prossimo e ultimo capitolo! :D
  
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