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Autore: Mela Shapley    26/08/2014    2 recensioni
Marzo, 1943: la Camera dei Segreti libera per la prima volta i suoi orrori, e mentre il panico dilaga alcuni studenti di Hogwarts rimangono vittima di misteriose pietrificazioni. Ma quello di Salazar Serpeverde potrebbe non essere l'unico mostro a vivere nel castello...
Dalla storia:
I suoi occhi ora erano rossi, iniettati i sangue. Le vene del suo viso erano in risalto come nuove cicatrici. Ringhiava minacciosamente, mettendo in evidenza i denti innaturalmente allungati e appuntiti.
[…]
“Cosa sei?”, balbettò.
“Sono la stessa cosa che ora sei anche tu,” rispose, e poi alzò un sopracciglio. “Sono un vampiro.”
Genere: Drammatico, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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XI - la camera dei segreti.







Dal capitolo precedente:

Di colpo Katerina sentì un dolore lancinante invaderle la schiena e lo stomaco, e lanciò un grido. Era una cosa atroce, qualcosa non aveva mai provato prima. La vista cominciò ad oscurarsi, mentre sentiva le forze abbandonarla; cadde sulle ginocchia, e sentì Tom fare qualche passo indietro.
Le sue mani corsero a coprirsi lo stomaco, in un disperato tentativo di arginare quel dolore, e toccarono una forma appuntita che non doveva essere lì.
Abbassò tremante lo sguardo, mentre il sangue le ricopriva le mani e i vestiti: profondamente impiantato nel suo stomaco, c’era un grosso paletto di legno.
[...]
“Perché io so cosa sei,” le rispose Tom gelidamente. “Dovresti ringraziarmi per non averti colpita all’altezza del cuore, cara la mia vampira.”
“Non avresti dovuto,” fece lei rabbiosamente. Si sentiva un animale in trappola. Cercò di alzarsi, ma le ginocchia cedettero.
“Ferma,” le ordinò il ragazzo in tono quasi carezzevole. Le puntò contro la bacchetta.
“Incarceramus,” pronunciò, e Katerina fu immobilizzata da corde apparse dal nulla. Tom torreggiava su di lei, un sorriso tronfio sul viso.
“Vedi, io non penso che dei vampiri dovrebbero stare ad Hogwarts. E’ sbagliato permettere a dei mostri di girare liberi in mezzo a ragazzi innocenti. Qualcuno potrebbe finire per farsi male,” disse lui in tono noncurante.
“Cosa vuoi fare?”, gli chiese lei, tradendo un’inflessione di paura nella voce.
“Questo,” rispose Tom. Il ragazzo si chinò su di lei e le puntò allusivamente la bacchetta sul cuore. Katerina sgranò gli occhi e cercò disperatamente di spostarsi, ma le corde la tenevano bloccata.
“Avada Kedavra,” sentì, e un lampo verde fu l’ultima cosa a riempirle gli occhi.

 
* * *


Katerina si tirò su di scatto, tenendosi una mano sul petto, mentre l’aria le entrava prepotentemente nei polmoni. Si ritrovò ad annaspare e a tossire, cercando di ricordarsi come si faceva a respirare normalmente. Ogni angolo del suo corpo le doleva, ma piano piano la tosse cominciò a scemare.
Era un incubo. Doveva esserlo, pensò, perché ogni altra ipotesi era semplicemente irragionevole.
Con mani tremanti si scostò i lunghi capelli dagli occhi, e si guardò attorno.
Non era mai stata in quel posto. A prima vista pensò di trovarsi in una caverna, un antro dalle alte pareti, così alte che non riusciva a vedere il soffitto. Tutto intorno a lei si ergevano pietre gocciolanti. Era buio, ma la flebile luce delle torce permise ai suoi occhi non umani di adattarsi velocemente all’oscurità. Ora distingueva anche la presenza di un’enorme statua in fondo alla sala, e della sua borsa coi libri abbandonata a qualche metro di distanza. Il pavimento era sporco, umido e polveroso, come se nessuno avesse messo piede in quel posto da secoli.

E a poca distanza da lei c’era Tom, il ragazzo che l’aveva prima trapassata con un paletto e poi colpita con la Maledizione Che Uccide. Sentì una fitta di paura. Lui era in piedi e la stava guardando con blando interesse.

“Dunque avevo ragione,” commentò il ragazzo con aria scientifica. Il suo aspetto era curato come sempre; non un filo dei suoi capelli neri era fuori posto. I suoi occhi blu riflettevano una luce spregiudicata e intelligente. “Un Avada Kedavra non può ucciderti, se sei già morto. Abbiamo corso un bel rischio, ma devo dire che è stato molto istruttivo. Sei il primo caso noto a sopravvivere a quell’incantesimo.”

“Fa un male cane,” borbottò lei con voce roca. “Dove siamo?”

“Benvenuta nella Camera dei Segreti, Katerina,” annunciò il ragazzo facendo rigirare distrattamente la bacchetta tra le dita. “Potresti almeno fare lo sforzo di sembrare sorpresa?”

Katerina non disse nulla. Stava cercando di mettere a tacere il terrore che si agitava nel suo stomaco. Si tirò faticosamente su in piedi, avvertendo una fitta intensa di dolore dove lui l’aveva colpita, e studiò la situazione. Tom era a pochi metri da lei, ed erano soli nella grande sala vuota. Riusciva a intravedere la punta del legno coperto di sangue che gli fuoriusciva dalla tasca della divisa. Lui aveva una bacchetta, ma non gliela stava puntando contro. Se lei avesse fatto uno scatto improvviso e gli avesse piantato i denti nel collo…

“Non ci pensare neanche,” la redarguì pigramente lui. “Mi sono lanciato addosso tre diversi incantesimi di protezione. Se solo provi a toccarmi te ne pentirai immediatamente. Avanti, voglio solo fare due chiacchiere con te. Perché non ci sediamo?”

Tom agitò la bacchetta e due poltrone dai cuscini verdi apparvero una di fronte all’altra. Mentre l’altro si accomodava su quella più vicina, Katerina le guardò con sospetto. Sembravano morbide, affidabili, perfettamente innocenti; non sarebbero sembrate fuori posto in una sala da tè, pronte ad accogliere avventori infreddoliti in un dolce tepore. Ma la loro presenza dentro quella caverna era surreale.

Il ragazzo le fece un gesto come per invitarla a sedersi, e Katerina obbedì con riluttanza. Fino a che non avesse trovato una scappatoia era opportuno assecondarlo. Si lasciò sprofondare tra i cuscini, e con un grosso sforzo alzò il viso per fissarlo negli occhi.

Ora la stava guardando con un’aria che si poteva definire famelica.

“Ti chiederai qual è il senso di tutto questo,” cominciò Tom con un gesto vago della mano, dato che lei continuava a rimanere in silenzio.

“Sei davvero tu l’Erede di Serpeverde?”, gli chiese finalmente Katerina.

Il senso di oppressione che sentiva nel petto era insopportabile. Il solo fatto di stare lì seduta, quando invece avrebbe voluto scappare a miglia di distanza, era uno sforzo impossibile. Non aveva mai visto quell’espressione sul viso di Tom, non aveva mai udito una voce del genere uscire dalla sua bocca. Tutto quello le rendeva difficile respirare.

“Così sembra,” confermò lui. “Non ne ero sicuro prima di quest’anno, ma a quanto pare sono riuscito ad aprire la Camera. Da quanto tempo sapevi che ero io?”

“Non ne ho mai avuto la certezza,” rispose lei. La sua voce risuonò estranea alle sue orecchie. “Altrimenti ti avrei fermato molto tempo fa.”

Tom annuì, e appoggiò la testa su una mano con fare pensieroso.

“Certo, ma qualche dubbio lo avevi. Cosa mi ha tradito?”, le chiese, gli occhi scintillanti di curiosità. Era come se stessero facendo una delle loro solite conversazioni riguardo i compiti o le pozioni. Katerina scrollò le spalle con finta indifferenza.

“Era solo una sensazione, unita al tuo alquanto improvviso interesse per me.”

“Capisco. Ho semplicemente pensato che, conquistando il tuo cuore e la tua fiducia, sarei riuscito ad avvicinarmi a te e convincerti a rivelarmi i tuoi segreti. Di solito con le ragazze funziona, ma avrei dovuto immaginare che tu avresti avuto più di un motivo per fare attenzione. Ma non importa, quel che è stato è stato. Ora siamo qui e possiamo parlare.”

“E’ davvero necessario, Tom? Tutto questo,” fece lei indicando con un gesto la Camera dei Segreti. “Pietrificare la gente, gettare la scuola nel terrore. Hai ucciso delle persone, Tom. Pare che tu abbia ucciso persino me,” terminò, mentre la voce le si spezzava. Una parte di lei sperava ancora che fosse solo un gigantesco equivoco.
“Non mi sembra che la cosa ti abbia creato grossi problemi,” fece lui con un lieve sorriso che accentuò la crudeltà nel suo volto. “Ma per rispondere alla tua domanda, no, non era esattamente necessario.”

“E allora perché?”, chiese lei con una nota di disperazione nella voce.

“Perché no?”, ribatté lui appoggiandosi allo schienale della poltrona. “Avevo a disposizione questo enorme potere e sarebbe stato stupido da parte mia non approfittarne, e da vigliacchi. E ti assicuro che non sono un vigliacco. Ho il coraggio e le dedizione di fare le cose che vanno fatte.”

“Quali cose? Di cosa stai parlando?”, chiese stancamente Katerina.

“Migliorare la Comunità Magica, ad esempio,” rispose lui. La bocca che lei aveva trovato così seducente si aprì in un altro sorriso, un’espressione quasi ispirata. “Donare ai maghi la libertà e un posto nel mondo. Relegare i Babbani nelle fogne che si meritano. Siamo più potenti di loro, eppure siamo noi a doverci nascondere. Non ti sembra assurdo?”

“E’ per questo che hai iniziato ad attaccare i Mezzosangue e i Nati Babbani? Perché ti senti superiore?”

“Te l’ho detto, l’ho fatto perché potevo. Non ho niente contro di loro, a patto che decidano di rinnegare le loro origini e di unirsi al mio nuovo ordine. Ogni goccia di sangue magico deve essere valorizzata, dopotutto. Quella degli ultimi mesi è stata perlopiù una dimostrazione di forza; la vedo come una nota da inserire nel mio curriculum quando sarò pronto a rivelarmi al mondo. Ho sempre saputo di essere destinato a grandi cose, fin da quando all’orfanotrofio ho scoperto di possedere poteri che nessuno degli altri bambini aveva.”

Tom le aveva parlato in precedenza della sua vita all’orfanotrofio, ma lei non aveva mai sentito tanto astio nella sua voce. Si morse un labbro, cercando di mettere ordine tra i pensieri. Le sembrava incredibile dover sostenere quel tipo di conversazione, in quel luogo, in quel momento. Nuove considerazioni si facevano largo nella sua mente, perdendosi subito nella nebbia della confusione. Doveva restare concentrata. Doveva trovare un modo per uscire di lì.

“Può essere sensato che tu abbia un… un programma politico per la comunità magica, Tom, ma non otterrai nulla con la violenza. E’ un’idea folle.”

“Non si tratta di violenza, mia cara. Si tratta di essere più forti degli altri, per proteggere ciò che è nostro e le persone che ci sono care. E tu, come ti ho già detto in passato, sei certamente tra le persone che più mi sono care,” le disse con voce di seta. Scostò il busto per avvicinarsi a lei, come se gli premesse di farle capire come stavano le cose. “Non dire che non mi comprendi, Katerina. So bene cosa sei, ormai. La popolazione magica ti ucciderebbe senza pensarci due volte, se potesse mettere le mani su di te. Ti vedrebbe solo come un mostro; non ti capirebbero.” Scosse la testa, come sconfortato dalla pochezza degli altri maghi. “Ma io ti capisco, Katerina. So che sei ancora la ragazza onesta e intelligente che eri mesi fa. Ti sono stato vicino in tutti questi mesi perché volevo conoscerti meglio. Volevo trovare un modo per dimostrarti cosa potresti diventare, se solo lo volessi. Ma gli altri sono ciechi. La verità è che non si accorgono di che razza di meravigliosa creatura tu sia, e la loro incomprensione non ti consentirà mai di avere la libertà che meriti. La violenza che sembri disprezzare non è qualcosa che utilizziamo perché ci piace: è solo un mezzo necessario per aprire i loro occhi. Tu stessa, per la tua natura, sei costretta a usare la forza per nutrirti delle tue vittime. Non è né giusto, né sbagliato: è semplicemente necessario. Non ti piacerebbe vivere in un mondo in cui non dovrai essere costretta a nascondere quello che sei? Quel mondo diventerà una realtà, quando avremo finito di costruirlo. Se resterai con me, io ti terrò al sicuro.”

Katerina pensò improvvisamente di essere finita in un universo parallelo. Non poteva credere che il ragazzo che conosceva, così serio e diligente, il ragazzo che le aveva comprato lo zucchero filato a Hogsmeade e che ogni tanto le teneva la mano sotto il banco a lezione, le stesse davvero dicendo quelle parole, con quegli occhi da fanatico.

“Perché io? Perché starmi vicino per tutto questo tempo? Cosa vuoi da me?”, domandò rabbiosamente. Tom si accigliò, forse infastidito per non aver ottenuto col suo discorso gli effetti desiderati.

“Da te voglio una cosa ben precisa,” commentò. “Ma ci arriveremo. Perché prima non mi dici come sei diventata un vampiro?”

“Perché prima tu non mi dici quello che sai?”

Tom rise, di una risata vuota. Katerina rabbrividì, agitandosi sui cuscini.

“Sempre così poco fiduciosa. Va bene,” acconsentì. “Comincio scusandomi per il tuo piccolo incidente. Quando ho aperto la Camera dei Segreti volevo solo dare una dimostrazione, non uccidere davvero qualcuno, Mezzosangue o meno. A dir la verità non sono certo del tuo status di sangue, anche se da quanto mi risulta Farley è un cognome da Purosangue.”

“Non lo so nemmeno io,” ammise lei con riluttanza. “Sai che non so nulla di mia madre.”

Tom la guardò con una strana luce negli occhi.

“Siamo davvero simili,” disse, la sua voce morbida come una carezza. “Nemmeno io ho mai conosciuto i miei genitori, anche se mi hanno fatto il grande dono del sangue di Serpeverde.”

Katerina si agitò di nuovo sulla poltrona, a disagio.

“Cosa mi ha uccisa?”

“Perdonami, ma non credo che te lo dirò,” le rispose con un finto sorriso di scuse. “Preferisco che i segreti della Camera restino tali. Sappi solo che si tratta del famoso orrore contenuto qui dentro. La maggior parte delle volte si tratta di un potere che mi obbedisce ciecamente, ma possono sempre capitare incidenti. Immagina la mia sorpresa quando una sera mi ha detto di aver aggredito e ucciso una ragazza. E’ stata colpa mia, ovviamente. Non avrei dovuto lasciarlo libero dopo mille anni di prigionia.”

“Te l’ha detto?”, fece lei, incredula. Che genere di maleficio era mai quello?

“Oh, sì, può parlare. E’ piuttosto chiacchierone, a dire la verità. Mi racconta spesso di quello che gli piacerebbe uccidere o mutilare,” commentò lui, lanciando un’occhiata verso la grande statua in fondo alla sala.

“Il giorno successivo alla notizia, mi aspettavo di trovarmi in una Hogwarts sconvolta dal caos e dalla paura, un po’ come è effettivamente successo dopo la morte di Mirtilla,” continuò. “E invece nulla. Nessun cadavere smembrato a macchiare la reputazione della scuola. Nessuno era morto, almeno in apparenza.”

Le fece un sorriso ironico.

“Come hai scoperto che si trattava di me?” gli chiese lei, tormentandosi le mani.

“Per qualche giorno sono rimasto molto perplesso. Ero tentato di dubitare delle parole del mio servo, ma perché mai avrebbe dovuto mentire su una cosa del genere? Perciò gli ho ordinato di indagare, di ritrovare la sua vittima e di portarmela. L’ho lasciato libero più spesso, intimandogli di non aggredire nessuno per non attirare ancora più attenzione del dovuto. Lui dispone di sensi molto sviluppati. Pensa un po’, ti ha riconosciuta dall’odore,” le spiegò con un sorrisetto. “Nel giro di tre o quattro giorni ti ha trovata e ti ha indicata a me. Gli ho ordinato di non fare altro. A me sembravi decisamente viva, ma il mio servo mi ha assicurato che il tuo cuore non batteva più. L’ho trovato davvero curioso. Capisci, non avresti dovuto essere sopravvissuta, e io volevo sapere come ci eri riuscita. Allora ho iniziato a tenerti d’occhio per capire cos’eri. E’ stato molto semplice. Stavi sempre da sola a studiare, isolata dagli altri, ogni giorno più pallida. Poi, un giorno, mi sono accorto che stavi leggendo libri sui vampiri, ed è stato tutto più chiaro. Si è trattata di una mossa davvero poco prudente da parte tua.”

“Lo so,” fece Katerina con aria depressa. Negli ultimi mesi ne aveva davvero fatte troppe, di cose poco prudenti. Lui rise.

“I vampiri mi hanno sempre affascinato in modo particolare. Siete potenti creature Oscure, inarrestabili e immortali,” le disse. “Avevi la mia completa attenzione. Dopo averli studiati con tanto interesse, mi sembrava una fortuna incredibile averne uno a disposizione a Hogwarts. E poi, sempre grazie all’aiuto del mio servo, ho addirittura scoperto che i vampiri erano due.” Scosse la testa divertito.

Katerina si sentì mancare il fiato. No, pensò. Ti prego, no.

“Avvicinarmi a Louis Henry, però, mi sembrava troppo difficoltoso. Lo conosco da anni e so che non si sarebbe lasciato ingannare tanto facilmente. Ritenevo che con te valesse la pena fare un tentativo.”

Sentendolo nominare Louis, Katerina aveva chiuso gli occhi e cercato di calmarsi. Quando li riaprì, disse:

“Quindi hai deciso di avvicinarti a me. Hai cominciato a sederti di fianco a me durante le lezioni, hai attaccato bottone con una scusa, mi hai fatto credere di essere un amico. Mi hai invitata a Hogsmeade.”

Tom annuì.

“Già. Come ti ho detto, credevo che fosse un modo come un altro per conquistare la tua fiducia. Inoltre non ti conoscevo bene, e non sapevo cosa aspettarmi né da te, né dal tuo lato di vampiro. Non potevo semplicemente aggredirti e costringerti a dirmi tutto: i rischi che le cose andassero male erano troppo elevati. Dovevo prima scoprire le tue debolezze. Mi sono reso conto che non ti conoscevo affatto: per cinque anni abbiamo condiviso alcune lezioni, ma non ci siamo quasi mai parlati. Se devo essere sincero, ti ho sempre trovata piuttosto insignificante; una ragazza silenziosa, poco carismatica, che sta per conto suo e non attira l’attenzione. Pensavo che saresti stata facilmente malleabile, pronta a rivelarmi ogni tuo segreto alla prima sollecitazione. Quel giorno a Hogsmeade ero convinto di essere nella strada giusta. Invece non hai mai parlato di te stessa, non mi hai mai confidato i tuoi pensieri, ti sei sempre comportata come una qualunque ragazzina con una cotta. Non ti sei mai davvero fidata di me. Tutto il tempo in cui siamo stati insieme non è servito affatto a conoscerti meglio. Ti ho sottovalutata. Ma ora non ha importanza, come ti ho detto; valeva la pena fare un tentativo. Se non altro, il lavoro si è rivelato piacevole,” terminò Tom, un guizzo irriverente negli occhi. Katerina ricordò le sue mani accarezzarle i capelli, il calore delle sue braccia sulla schiena, le sue labbra muoversi sulle sue con passione. Dovette faticare per contenere la nausea.

“Non sapevo che ti sentissi così riguardo alla nostra relazione, Tom,” fece lei, sforzandosi di usare un tono sarcastico. “Forse ci sarebbe servita della terapia di coppia.”

Lui rise in modo crudele, forse divertito dalla battuta, o forse perché sapeva benissimo quanto lei stesse solo cercando di dissimulare l’umiliazione e il disgusto per essere stata usata.

“E cosa mi dici dell’esplosione di qualche tempo fa? Cosa doveva significare?”, chiese improvvisamente Katerina.

“Nulla di particolare,” le rispose con un guizzo malefico negli occhi. “Ero annoiato e arrabbiato perché non cedevi di un millimetro, perciò ho deciso di spaventare te ed Henry. Ho lanciato una Maledizione Imperio sulla Hopkins…”

“Cosa?”, lo interruppe strabuzzando gli occhi. “Flora ha causato l’esplosione?”

Tom alzò un sopracciglio, compiaciuto.

“Proprio così, brava. Le ho dato la verbena e le ho ordinato di fare il possibile per restare da sola con te e il suo fidanzato. Al momento opportuno, avrebbe dovuto fare un po’ di confusione e lanciare una maledizione a un passante innocente in modo che quello grondasse sangue ai vostri piedi. Volevo vedere quanto sareste stati capaci di resistere alla tentazione. Era un piccolo esperimento.”

Katerina era sbalordita. Flora non aveva alcuna colpa, ma non riusciva a credere di non aver pensato che la ragazza potesse essere stata coinvolta in qualche modo.

“E la verbena?”, sussurrò. “Come facevi a sapere della verbena?”

“Un altro dei miei esperimenti,” rispose lui alzando le spalle. “Volevo sapere se esistevano sostanze in grado di ostacolare i vostri poteri, come la strozzalupo per i lupi mannari. I vari libri che ho letto suggerivano parecchie idee diverse, prima tra tutte ovviamente l’aglio, e tra queste c’era anche la verbena. Ho iniziato a scartare le sostanze inefficaci provandole su di te. Quel giorno a Pozioni in cui credevi di esserti bruciata la mano toccando il calderone, era stata la verbena,” terminò soddisfatto.

Katerina si nascose gli occhi con una mano. Non c’erano giustificazioni; avrebbe dovuto accorgersene.

“L’ho data alla Hopkins solo per farvi capire che qualcuno era a conoscenza del vostro piccolo segreto. Avevo voglia di giocare un po’ con voi. Mi sarebbe tanto piaciuto vedere le vostre facce quando ve ne siete resi conto. Volevo anche vedere come avreste reagito nei confronti della ragazza, se l’avreste uccisa oppure no. Lo ammetto, sono rimasto un po’ deluso quando ho capito che avevate deciso di fidarvi di lei, ma suppongo siate riusciti a fare in modo che non parlasse.”

“Quindi è per questo che sono qui? Perché ti sei stancato di aspettare, di farmi inutilmente la corte?”

“Lo sai, Katerina, la scuola sta per essere chiusa. Forse l’anno prossimo non riaprirà nemmeno. Non potevo davvero permettermi il lusso di attendere che tu un giorno decidessi di fidarti di me. E io ho bisogno di risposte.”

Si chinò in avanti e la fissò negli occhi. L’aria era carica di aspettativa.

“Come hai visto so già molte cose, ma ci sono due aspetti che mi interessano particolarmente: il modo in cui sei diventata un vampiro e la tua immortalità. Comincia pure a spiegare.”

“Non vedo perché dovrei,” ribatté lei. Tom sospirò.

“Dovresti, perché se non lo fai di tua spontanea volontà ti costringerò con la forza. Inoltre non vuoi davvero farmi arrabbiare, Katerina. Potrei fare cose di cui io stesso poi mi pentirei.”

Tirò fuori dalla tasca il paletto di legno con cui prima l’aveva colpita e se lo rigirò tra le mani.

“Dubito che te ne pentiresti. Da come parlavi poco fa, non sembri molto affezionato a me,” disse lei seccamente, tenendo lo sguardo fisso sull’arma. Tom sgranò gli occhi. Allungò un braccio come se volesse afferrarle una mano, ma sembrò ripensarci.

“Ti sbagli, invece. Sarei assolutamente devastato dalla tua perdita. E’ vero, all’inizio ero solo interessato al potere che potevi offrirmi, ma nelle ultime settimane sei diventata qualcosa di più. Sei la mia ragazza, dopotutto; ti ho avuto vicina come mai nessuno. Non concedo facilmente il mio affetto, ma sento che tu saresti una delle poche persone degne a riceverlo; forse l’unica. Non ti offrirei un posto al mio fianco nel nuovo ordine mondiale, se così non fosse,” disse con tono suadente.

Per un attimo, a Katerina parve di intravedere nei suoi occhi magnetici il ragazzo che aveva conquistato i suoi sentimenti. Ma quel ragazzo non era mai esistito, dovette ricordarsi. E i suoi sentimenti non erano stati guadagnati onestamente, ma rubati con l’inganno.

“In effetti, immagino che nel tuo nuovo ordine mondiale sarebbe molto utile disporre di qualcuno pronto a creare un esercito di vampiri su tua richiesta,” commentò lei, infondendo quanto più gelo possibile nella voce.

Tom fece una smorfia come se non potesse credere a tutta quella sfiducia nei suoi confronti, ma poi sorrise.

“Quindi, in base a quello che hai appena detto, i nuovi vampiri sono generati da altri vampiri. Buono a sapersi, anche se lo sospettavo già. Come funziona questo passaggio, precisamente?”

Katerina si morse il labbro, ma non disse altro.

Dopo aver atteso qualche secondo, Tom sospirò di nuovo e alzò la bacchetta.

Crucio.”

Katerina urlò. Mille aghi di legno le trafiggevano ogni millimetro del corpo, cercando di farla a brandelli. Aveva pensato che il paletto nello stomaco fosse la cosa più dolorosa che potesse accaderle, ma non era nulla in confronto a questo. Era dieci, cento, mille volte peggio. La tortura parve andare avanti all’infinito, mentre la sua mente si perdeva nel dolore.

Di colpo, tutto cessò. Sentendo il pavimento freddo sotto di sé, capì di essere scivolata a terra.

“Non farmelo rifare.” La voce annoiata di Tom proveniva da un punto imprecisato. “Come si crea un vampiro? E dimmi la verità. Me ne accorgerò se mentirai.”
Katerina cercò di riprendere fiato. Vide il ragazzo alzare di nuovo la bacchetta.

“Bisogna morire con sangue di vampiro in circolo,” rispose velocemente. La bacchetta ritornò giù.

“Sembra semplice. Mi permetto di fare qualche deduzione: tu lo sei diventata perché per qualche ragione, quando il mio servo ti ha uccisa, avevi il sangue di Henry in circolo?”

Lei annuì e si tirò faticosamente a sedere sulla poltrona, gettandogli uno sguardo di puro astio.

“Per quale motivo avevi il suo sangue?”

“Mi aveva attaccata per nutrirsi e mi aveva dato il suo sangue per guarirmi le ferite,” disse lei.

“Interessante. Va bene, per ora può bastare. Adesso, se ti garba, passiamo al discorso immortalità.”

Il ragazzo si prese il mento tra le dita. Tutto, nel suo atteggiamento, irradiava massima concentrazione.

“Cosa vuoi sapere? Sono un vampiro da poco tempo, non ho esattamente avuto modo di scoprire cosa può uccidermi e cosa no. Anche se il discorso Avada Kedavra l’abbiamo già chiarito,” dichiarò lei sprezzante.

“Ma certo,” le sorrise. “Abbiamo già visto che l’Avada Kedavra non ti uccide, e questo è davvero degno di nota. Si dice anche che i vampiri non invecchino e non muoiano di vecchiaia, o per malattia,” continuò con aria inquisitoria.

“Per quanto ne so io, è vero. Ma non posso esserne certa,” disse lei con cautela. “Perché ti interessa tanto? Vuoi diventare un vampiro anche tu?”

Dal modo terribile in cui le sorrise, Katerina capì di esserci andata molto vicina. Sussultò, mentre nella sua mente nasceva vivida l’immagine di un bellissimo ragazzo, dai capelli neri come l’inchiostro e gli occhi blu profondi come il mare, con una carnagione più pallida del più pallido essere vivente e lunghi denti aguzzi che facevano capolino dalla bocca sensuale. L’idea di un Tom Riddle vampiro era al contempo troppo affascinante e troppo spaventosa per essere vera. Poi ricordò i suoi discorsi sul potere e sulla violenza, e sul costruire un mondo nuovo. Ricordò l’astio che traspariva dalle sue parole mentre parlava di Babbani. Tutto quel potere nelle mani di una creatura così intrisa di odio? Regalare immortalità, forza e potenza sovraumani a chi voleva la distruzione del prossimo? Al ragazzo che aveva voluto a tutti i costi il suo cuore per strapparlo in mille pezzettini piccoli come coriandoli?

No, si disse. Non finché lei sarebbe vissuta.

Tom Evocò dal nulla un bicchiere e glielo porse.

“Versaci il tuo sangue,” le ordinò. Katerina esitò, guardando prima il bicchiere e poi lui.

“Perché?”

Il ragazzo alzò il paletto di legno con fare minaccioso.

“Fallo e basta, altrimenti lo farò io al posto tuo,” disse spazientito.

Senza smettere di fissarlo, Katerina alzò lentamente il polso e lo portò davanti alla bocca. Sentì i suoi denti allungarsi e con decisione morse la sua stessa pelle. Dal braccio, il sangue cominciò a gocciolare copiosamente nel bicchiere, che si riempì fino a metà prima che la ferita fosse guarita.

Tom stava osservando il suo polso, liscio come lo era stato pochi secondi prima.

“Straordinario,” sussurrò.

Katerina, guardandolo con odio, gli restituì il bicchiere in malo modo.

“Ecco qui. Avanti, bevilo,” gli disse in tono di sfida. Incrociò le braccia, mentre quelle parole sarcastiche lo facevano visibilmente esitare. Con finta noncuranza, Tom versò il sangue in un’ampolla, la richiuse e poi la guardò di nuovo.

“Cos’è che non so?”, le chiese. Il suo tono era tranquillo, ma Katerina poteva vedere una minacciosa ombra scura dietro i suoi occhi.

“Non è niente,” fece lei alzando un sopracciglio. “Nulla di cui tu ti debba preoccupare.”

Di colpo, il volto di Tom fu deturpato da una smorfia di rabbia.

Crucio!

Stavolta lei era pronta, e sfruttò la sua velocità vampiresca per spostarsi. Quando il lampo di luce rossa colpì la poltrona, lei non era più lì: era di fianco a Tom, pronta per spezzargli il collo.

Non appena il suo dito sfiorò la pelle del ragazzo, venne catapultata a quattro metri di distanza da una forza invisibile. L’impatto col pavimento le spezzò il respiro e la lasciò inerte.

Tom assunse un’aria scioccata, ma dopo qualche secondo la sostituì con una risata di scherno. Gli aveva fatto paura, però: pur essendo distante e stesa a terra, lei sentiva il suo cuore battere più forte di prima, con un rimbombo cupo che pareva provenire da tutte le pareti della stanza.

Era una magra consolazione, ma in qualche modo il suo spirito di vendetta si sentiva un po’ più soddisfatto.

Nel giro di qualche secondo se lo ritrovò sopra. Il ragazzo posò i piedi sul pavimento vicino ai fianchi di lei, e poi piegò le gambe in modo da avvicinare il viso a poca distanza dal suo. Una mano teneva ancora il paletto di legno bene in vista, ma con l’altra le scostò qualche ciocca di capelli spettinati dal volto - una carezza che contrastava con la minaccia contenuta nell’altra mano come il giorno contrastava con la notte.

Katerina sussultò e chiuse gli occhi, aspettando si sentire di nuovo la stessa reazione violenta di quando l’aveva toccato poco prima. Ma non accadde nulla, e lei aprì gli occhi, ritrovandosi di nuovo a fissare quelli di lui da più vicino di quanto si credesse in grado di sopportare. Era troppo. Lei era così esausta, così dolorante, mentre lui sembrava inarrestabile. Lei non poteva toccarlo; lui invece poteva ucciderla senza alcuno sforzo, e ora la sua mano calda era scesa a sfiorarle le labbra, e poi il mento, e il collo, e poi di nuovo le labbra. Aveva un’espressione indecifrabile sul viso.

“Te lo richiedo,” disse piano. “Cosa c’è che non so?”

Katerina avrebbe voluto mostrargli un sorriso malevolo, ma più di tutto avrebbe voluto che quelle dita ingannatrici smettessero di accarezzarle in quel modo il viso.

“Perderai i poteri,” sussurrò lei. “Se bevi quel sangue e ti trasformi in vampiro, perderai i tuoi poteri magici.”

Nel giro di un attimo, la situazione era cambiata. La sua espressione non era più indecifrabile, ma rivelava sorpresa e rabbia, oltre a confusione. Il ragazzo si spostò di lato.

“Cosa? Bugiarda!”

Tom alzò il paletto di legno, forse per colpirla, ma lei era già scivolata via.

“Non è una bugia,” lo canzonò, spuntando un paio di metri dietro le sue spalle. “E’ ciò che succederà a me, a Louis e a tutti gli altri vampiri, te compreso, se vorrai diventarlo. La verità è che la magia è una forza legata alla vita e all’energia di un individuo. La si può imporre su un oggetto, ma prima o poi si affievolirà fino a svanire nel nulla. Allo stesso modo, non può restare in un corpo morto; sarebbe contro natura. E’ un processo lento, incontrollabile, ma inevitabile. Prima o poi, un vampiro perde ogni suo potere.”

Tom la fissò con disprezzo.

“Il mio potere è troppo grande per dissiparsi come fumo,” fece lui, ma lei colse una sfumatura di dubbio nella sua voce, e agitò una mano per schernirlo.

“Se ne sei convinto.”

Il ragazzo continuò a fissarla con rabbia, come se stesse aspettando una ritrattazione, ma poi abbassò il paletto.

“Questa è davvero una circostanza sfortunata,” disse alla fine, mentre rughe pensierose gli solcavano la fronte. Le lo guardò, scuotendo lentamente la testa.

“Quindi era questo quello che volevi fin dall’inizio. Tutta la messinscena di avvicinarti a me e scoprire i segreti dei vampiri… era perché vuoi renderti immortale?”

Tom sospirò. Con eleganza, si portò alle spalle della poltrona su cui era seduto prima, e si appoggiò con le braccia allo schienale, come se il peso di quella rivelazione fosse troppo pesante da sopportare.

“Si può dire così, sì. E’ stato un chiodo fisso per anni. Non trovi che sia assurdo sapere di essere destinati a grandi cose, ma anche di dover morire un giorno? E’ uno spreco, una cosa ridicola. Non posso accettarlo. Diventare un vampiro mi sembrava un compromesso accettabile, anche se è buffo che per farlo si debba morire, che è esattamente ciò che voglio evitare. Ma mettere in pericolo la mia magia non è assolutamente proponibile. Dovrò cercare un’altra soluzione,” disse malvolentieri. La fissò, i lineamenti congelati in una smorfia di irritazione.

“Mi dispiace di essere stata un fallimento per te,” fece lei freddamente. “Siamo in un vicolo cieco, dunque; per tutti questi mesi, hai solo sprecato il tuo tempo. Ora quale sarà la tua prossima mossa? Eliminarmi?”

La bocca di Tom si piegò in un altro sorriso divertito, e lui scosse la testa come per rimproverarla di aver fatto una domanda sciocca.

“La mia offerta era seria, Katerina. Tutto ciò che ti ho detto è vero. Non ti senti anche tu sollevata da un peso enorme, ora che entrambi abbiamo rivelato i nostri più profondi segreti? Finalmente siamo stati sinceri l’uno con l’altra. Abbiamo gettato le basi per creare un rapporto vero e onesto, basato sulla fiducia. Fidati di me. Posso tenerti al sicuro, puoi restare al mio fianco e mettere i tuoi poteri al tuo servizio. Non dovrai mai più preoccuparti di nulla, perché penserò a tutto io. So che ora sei arrabbiata con me, ma sforzati solo per un momento di intravedere il futuro che sto immaginando io. E’ un futuro grandioso, e lo costruiremo io e te, insieme.”

Tom sembrò sottolineare l’ultima parola, i suoi occhi che si tingevano di sfumature di speranza. Falso, pensò lei. E bugiardo.

“Continuo a pensare che più che a me, tu sia interessato al vampiro che è in me,” replicò lei. Incrociò le braccia, mentre Tom non si scompose di un millimetro.

“E’ te che voglio, Katerina. Se così non fosse, mi cercherei un vampiro qualsiasi. Che ne dici? Forse potrei chiedere a Louis Henry.”

Ora il sorriso di Tom si era allargato, ma era un’espressione tutt’altro che piacevole. Katerina inclinò la testa, mentre una fitta gelata le colpiva il cuore.

“Non ti azzardare, Tom. Louis non ti può aiutare,” gli disse, sforzandosi di parlare con calma. Dentro di sé ribolliva di rabbia e paura.

Tom batté lievemente le mani, come rammaricato.

“Troppo tardi,” fece lui con noncuranza.

Katerina sentì il suo respiro incepparsi di nuovo e la sua bocca aprirsi nel tentativo di assumere più aria. Davanti ai suoi occhi balenò, per un momento, l’immagine di Louis come l’aveva visto la prima volta: misterioso, sconosciuto, con lampi di ira e ironia negli occhi. Quella scena si trasformò subito nell’attimo in cui si erano salutati la sera precedente, quando, nel corridoio buio, si era avvicinato a lei e l’aveva pregata di fare attenzione. Al suono della risata vuota di Tom, Katerina si riscosse.

“Sai, la tua espressione disperata rivela molte cose. Avevo sospettato che tra di voi ci fosse qualcosa, dopo che quel ficcanaso ha improvvisato un interrogatorio durante la ronda dei Prefetti. Ma non ha importanza. Per tua fortuna, non sono un tipo geloso.”

Mentre diceva quelle parole, però, il viso di Tom si contorse in un’espressione di odio e rabbia che lo rese quasi repellente, e molto più spaventoso di quanto fosse mai stato. La sua maschera era resistente, ma non così tanto da nascondere la verità celata dietro quelle parole e il baratro nero nascosto dietro quegli occhi.

Katerina fece un passo indietro, spaventata, e subito si ammonì per aver mostrato ancora una volta la sua paura.

“Non so di che rapporto parli, Tom,” si ritrovò a dire con voce sottile, e di nuovo si odiò per essersi sentita costretta a giustificarsi davanti a chi l’aveva tradita, ferita e umiliata.

“Non c’è bisogno di mentire,” esclamò lui, con tono di colpo più sereno. “Te l’ho detto, non ha importanza. Non più, almeno.”

“Cos’è successo a Louis?”, sussurrò lei, pensando che Tom si sarebbe arrabbiato per la sua insistenza. Il ragazzo invece le sorrise, e lei si rese conto che lui aveva atteso con ansia di sentirsi porre quella domanda.

“Lo saprai presto,” rispose, sibillino. “Prima vorrei che mi togliessi una curiosità. Tutte le fonti sono concordi nel dire che i vampiri non possono camminare sotto la luce del sole, ma tu ed Henry non avete mai avuto problemi. Come mai?”

Katerina rifletté velocemente, spiazzata da quell’inaspettato cambio di argomento. Sembrava quasi che, di lì a poco, Tom si sarebbe messo a gongolare.

“Perché non è vero. E’ solamente una leggenda,” gli rispose alla fine. Sapeva che non era prudente mentire, ma l’espressione del ragazzo le faceva provare una forte sensazione di pericolo.

“Ma davvero?” chiese lui con sarcasmo, e il suo sorriso si allargò. “Quindi, se io adesso cercassi dei talismani incantati per difendere dalla luce, su di te non troverei nulla?”

Lei si accorse di aver fatto un passo falso, ma mantenne un’aria impassibile.

“Esatto.”

Tom liberò una risata di gola, un suono alto e sgradevole.

“Sei una pessima bugiarda, mia cara.”

Mentre parlava, estrasse dalla tasca un oggetto di piccole dimensioni e glielo buttò ai piedi. Lo sguardo di Katerina seguì tutta la traiettoria dell’oggetto, ma fu solo quando quello ricadde a terra con un rumore appena percepibile dal suo udito affinato che si rese conto di cosa si trattava. Il cuore le balzò in gola, mentre ogni sospetto che le era passato per la mente prendeva di nuovo vita. All’improvviso sentì di nuovo un freddo intenso avvolgerle la pelle e annebbiarle il cervello.

A terra, ai suoi piedi, si trovava immobile il braccialetto runico di Louis, la sua unica protezione contro la luce solare.

Il monile brillava sotto la luce riflessa delle torce. Incapace di distogliere lo sguardo, Katerina vide che era spezzato. Facendosi forza per alzare il capo, incrociò lo sguardo crudele di Tom.

“Cosa gli hai fatto?”, chiese piano.

“Nulla, per ora,” rispose l’altro. Ora non riusciva più a contenere l’espressione di gioia ingorda sul viso. “Beh, quasi. L’ho Schiantato nei Sotterranei e l’ho portato in un posto più tranquillo. Credo non si sia nemmeno accorto di chi sia stato ad aggredirlo. Ma è vivo, se è questo che ti preoccupa.”

“Perché l’hai fatto?”, gli chiese, stringendo le mani a pugno. Percepì un lieve pizzicore quando le sue unghie scavarono la pelle, ma lo ignorò.

“L’ho fatto unicamente per Hogwarts, mia cara. Henry è la chiave, la soluzione a tutti i nostri problemi. Sei stata tu stessa a dirlo: se non verrà trovato un colpevole, la scuola sarà chiusa, e ammetto che la cosa mi dispiacerebbe molto.”

Lei scosse la testa, incredula.

“E’ assurdo. Nessuno ti crederà, Tom,” lo contraddisse. “Un vampiro non potrebbe in nessun modo aver pietrificato tutte quelle persone. La storia non sta in piedi.”

Lui si lasciò sfuggire una risatina acuta.

“Per Merlino, sei così ingenua. Pensi davvero che al Preside importerà un dettaglio del genere? L’unica cosa che può tenere aperta la scuola è catturare qualcuno, Katerina. Chiunque. Avevo in mente di dare la colpa a uno stupido Grifondoro che ho sorpreso in compagnia di una bestia piuttosto spaventosa, ma un vampiro farà decisamente più colpo presso il Consiglio dei Governatori. Soprattutto se, dopo la sua cattura, tutti gli attacchi finiranno per sempre.”

“Lo uccideranno!”, esclamò lei, dimenticandosi di nascondere la disperazione. “Louis sa che sei stato tu. Io lo so. Lo diremo a tutti, non riuscirai a cavartela.”

“Henry non lo sa,” la contraddisse lui, rigirandosi la bacchetta tra le dita. “Certamente sospetta di me, ma non mi ha visto aggredirlo, e non ha prove. Quanto a te,” qui fece una pausa, la sua bocca piegata in una piega di rammarico. “Mi duole davvero che tu non voglia unirti a me, ma sono una persona ottimista. Confido che una notte qui dentro ti farà cambiare idea, soprattutto visto che quando uscirai sarà già troppo tardi per salvare il tuo amico. Se ti dimostrerai troppo testarda, beh, potrò almeno dire di averci provato. E alla fine il Preside scoprirà che dopotutto i mostri erano due.”

Katerina rimase come congelata.

“Cosa significa che quando uscirò sarà troppo tardi?”

“Tutte queste domande stanno cominciando a diventare irritanti,” osservò Tom dopo un sospiro spazientito. “E’ molto semplice, puoi arrivarci persino tu. Significa che all’alba andrò dal Preside dicendogli di aver catturato l’Erede di Serpeverde. Vedi, Louis Henry mi ha improvvisamente attaccato nella nostra Sala Comune, ma dopo una dura lotta ho avuto la meglio e sono riuscito a metterlo fuori gioco. Per evitare di mettere a rischio la sicurezza degli altri studenti, l’ho trasportato in un luogo isolato, in una zona buia. Chiederò a Dippet di seguirmi e lo porterò dove si trova Henry. Non credo sarà troppo difficile provocare Henry. A quel punto, appena verrà colpito dalla luce del sole, il Preside ed io assisteremo sbigottiti alla sua morte. Una fine davvero tragica, ma l’aspetto positivo è che Hogwarts sarà salva. Dippet mi conferirà un premio o un’onorificenza e mi pregherà di tenere per me tutta la storia, ma a quel punto sarà tutto finito.”

Incrociò le braccia con aria soddisfatta ed esaminò a fondo il viso di lei.

“Mi dispiace solo di non aver seguito il piano alla lettera. La mia intenzione era mettere fuori gioco entrambi, portare te al sicuro per fare quattro chiacchiere, e subito dopo liberarmi di Henry una volta per tutte. Ma tu hai impiegato una quantità di tempo davvero imbarazzante per risvegliarti dall’Avada Kedavra; se devo essere onesto, cominciavo a pensare di aver tirato troppo la corda e di averti uccisa sul serio. Ormai è ora di cena e fuori sarà buio, quindi sono costretto ad attendere le prime luci dell’alba,” sospirò. “Beh, non può sempre filare tutto liscio come l’olio.”

Fu solo un attimo. Con un movimento della bacchetta le lanciò contro una scia di luce rossa, e Katerina stavolta non riuscì ad evitarlo. Sentì i suoi muscoli irrigidirsi fino a immobilizzarsi del tutto, mentre Tom si avvicinava a lei con passo tranquillo.

“Aspetta qui, mia cara. Domani mattina verrò a prenderti e rivaluteremo la tua posizione.”

Lei avrebbe voluto gridargli che se ne sarebbe pentito, che gliel’avrebbe fatta pagare; avrebbe desiderato sputargli in faccia, rovinargli per sempre quell’espressione compiaciuta. Ma non poteva muoversi. Tom, tuttavia, sospirò con aria seccata, come se avesse intuito quello che le passava per la mente.

“Devi davvero migliorare il tuo atteggiamento nei miei confronti, Katerina.”

Lo vide impugnare il paletto di legno, e solo l’incantesimo immobilizzante le impedì di tremare. Il ragazzo si mise a girarle intorno, con fare pensieroso.

“Questo è per ricordarti chi è più forte tra noi due,” disse con deliberata lentezza, e con violenza le infilzò il legno nella schiena, all’altezza dei reni. La magia soffocò il suo grido.

“Questo invece è per insegnarti ad avere più rispetto nei miei confronti.”

Il paletto infilato nella schiena sembrò scaldarsi per un attimo, e la metà rimasta all’esterno si spezzò, mentre l’altra rimaneva incastrata nella sua schiena. Tom le fece passare sotto gli occhi il moncone di legno, e le graffiò il viso con la punta aguzza. Poi, con uno scatto, lo infilò a forza nella sua spalla. Il grido che era costretta a contenere sembrò riversarsi nel suo cervello annebbiato di dolore.

Improvvisamente l’incantesimo immobilizzante che la sosteneva cessò, e lei cadde per terra gemendo. In mezzo a confusi lampi rossi di dolore, vide l’altro allontanarsi e dirigersi verso una zona di muro compresa tra due torce. Lo udì dire qualcosa, e un passaggio aprirsi. Nel giro di pochi istanti, Tom se n’era andato, abbandonandola nella Camera.





 
Note dell'Autrice: ed eccoci qua, dopo, uhm, un po' di tempo dall'ultimo capitolo ^^" chiedo scusa per il ritardo. Spero che almeno le spiegazioni di Tom abbiano gettato un po' di luce sulla vicenda.
Grazie per aver letto fino a qui, e alla prossima!
  
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