[ part 3: badmen
]
playlist: one shot – b.a.p.; kill
bill – brown
eyed girls; monster – paramore.
«Allora,
ora state bene ad
ascoltarmi, ragazzini,» iniziò Himchan,
strofinandosi le mani. «Nei prossimi
giorni, avremo due occasioni ottime per procurarci i soldi. Il 23,
quindi fra
tre giorni, un camion partirà dalla Banca Centrale alle ore
20. Trasporterà più
di venti milioni in contanti. Il secondo è un pesce
più piccolo, e partirà il
25 alle 23, sempre da quella banca. Porterà circa quindici
milioni.
«Le
due destinazioni sono
diverse. È difficile predire che percorso faranno, anche se
probabilmente
prenderanno le strade principali, dove sappiamo che sono installate
molte
telecamere di sicurezza. Non abbiamo idea di quando arriveranno a
destinazione,
quindi consiglio di attaccarli quando staranno per partire, quello
è il momento
più sicuro.
«Gli
scambi, solitamente,
avvengono all’ingresso di servizio, qui.» Con un
dito, indicò una foto che
ritraeva un viale deserto, scattata da Zelo qualche giorno prima quando
era
andato in perlustrazione con Yongguk. «I veicoli della CTK,
la compagnia che si
occupa del trasporto, sosteranno su questa strada, proprio davanti
all’entrata.
Ci saranno solo due persone che si occuperanno del trasferimento
entrambe le
volte. Sono guardie della sicurezza, quindi dovremo fare attenzione a
loro. E,
tra l’altro, lì attorno pullula di guardie
notturne.»
«E
di telecamere,» gli
ricordò Zelo. «E poi, nella foto non sembra
così, ma la strada è più o meno
larga. Possono passarci giusto due macchine.»
Himchan
assottigliò gli occhi
e piegò la testa lievemente di lato, incuriosito.
«Larga quanto?»
«Circa
cinque metri,» rispose
Yongguk, «ma troppo stretta perché due furgoni
possano passarci
contemporaneamente, contando che c’è anche un
po’ di marciapiede.»
Himchan
annuì varie volte,
pensoso. «Quindi, mi stai dicendo che…?»
«Quanto
avevi detto che sono
larghi i veicoli della CTK?»
«Uh.
Due metri.»
Yongguk
fissò la mappa e le
fotografie. Per un po’ non disse niente, mentre gli altri
membri aspettavano
che parlasse. Poi sembrò decidersi, e continuò a
dire in tono grave: «Quindi, quando
siamo andati a perlustrare, a me e a Zelo era venuta un’idea,
ma non sappiamo
se è fattibile in pochi giorni.»
«Vorrà
dire che dovremo
costringerci a renderla tale, allora,» commentò
Daehyun con un mezzo ghigno,
guardandolo negli occhi. Tutti gli altri membri furono
d’accordo con lui.
Il leader fece
un breve cenno
di assenso. «Bene, allora. Ascoltate. Visto che non sappiamo
che percorso
seguiranno, potremo almeno fermare il furgone prima che parta, come ha
detto
Himchan. Se riuscissimo a bloccarlo in quella strada –
picchiettò la foto un
paio di volte – avremo la possibilità di rapinarlo
e prendere tutti i soldi. A
piedi saremo svantaggiati. Quindi, sapete come faremo
ciò?»
«Bloccheremo
la via con delle
auto,» realizzò Jongup ad alta voce.
Zelo sorrise,
con uno
scintillio maligno negli occhi. «Bingo. E avremmo anche un
mezzo veloce con cui
scappare prima che ci prendano.»
In quel
piccolo spazio
offerto dall’officina, i cinque membri si scambiarono
occhiate e sorrisi
compiaciuti. La luce della lampada appesa sopra il tavolo
proiettò su di loro
un bagliore sinistro, facendoli assomigliare a delle reminiscenze di
diavoli
saliti sulla superficie terrestre.
«Però,»
li richiamò Yongguk,
smorzando quel loro piccolo momento di entusiasmo, «dobbiamo
tenere in
considerazione il nostro tempo e i materiali. Dato che è una
strada a doppio
senso e non è nemmeno un vicolo cieco, ci serviranno due
auto per poter
bloccare effettivamente le vie d’uscita.»
Daehyun colse
ciò che il
leader stava tentando di dire. «Ma non abbiamo abbastanza
fondi, giusto?»
«Precisamente.
E non possiamo
chiedere ancora agli EXO di lasciarci andare con un altro
anticipo.»
«Io
avevo pensato che
potremmo prendere l’auto di Himchan hyung, mentre uno noi
guiderà una moto, ma–»
«Ma
una moto non è grande
abbastanza perché riesca a bloccare completamente la
strada,» concluse Jongup.
Zelo
annuì, lievemente
scoraggiato. «Esattamente. In questo modo, avranno un bel
po’ di spazio su dove
guidare. Poi dovremmo anche occuparci di parcheggiarla decentemente, e
il
motore farebbe troppo rumore. Ci sentirebbero troppe persone ancora
prima di
arrivare, soprattutto le guardie notturne.»
«Ricapitolando,»
continuò
Daehyun dopo aver annuito alle parole di Zelo, «avremo
bisogno di un veicolo
grande, veloce, che possiamo lasciare in strada anche col motore
acceso, che
faccia il meno rumore possibile, e che riesca a sgommare via
rapidamente.»
Yongguk, a
quel punto, guardò
Himchan. «Se trovassimo una soluzione decente, ti occupi,
eventualmente, tu del
car tuning dell’auto?»
Quello
ghignò con
convinzione. «Per chi mi hai preso? Farò anche di
più. Mi sono appena ricordato
di un tipo che mi deve un favore, dopo che gli ho riparato una delle
sue auto
dopo la corsa del dicembre scorso. Mi farà un buon prezzo. E
poi quel
vecchiaccio maledetto ha un garage gigantesco pieno di auto,
figuriamoci se non
ne ha una per noi!»
Il leader gli
sorrise
fiducioso. Sapeva che Himchan avrebbe avuto una soluzione nelle
maniche: non
sarebbe stato il loro meccanico, altrimenti. «Se ci
procurassi un modello
simile a quello che hai al piano di sotto, sarebbe perfetto. Anche il
colore e
tutto il resto.»
«Una
monovolume, allora?
Roger.» Fecero battere i loro pugni in segno di accordo.
Himchan sospirò con
drammaticità, indossando un sorriso sulle labbra:
«Ah, non riesco ad immaginare
cosa fareste senza di me.»
«Ci
troveremmo un nuovo
meccanico,» rispose Daehyun in tono neutro. Lanciandogli
un’occhiataccia, Himchan
allungò la mano per sferrargli un pugno sulla spalla,
sibilando un «Smettila di
rovinare i miei momenti di gloria». L’altro lo
schivò con facilità.
Himchan, dopo
aver lanciato a
Daehyun un ultimo sguardo d’avvertimento, appoggiò
le mani sul bordo del
tavolo. «Comunque,» riprese, ritornando nuovamente
serio, «per recuperare
l’auto e completare il tuning ci vorrà un
po’ di tempo, anche se lavorassi giorno
e notte. Per cui, dovremo puntare al furgone che parte il 25.
È vero che c’è molto
meno denaro del primo, ma sarà comunque abbastanza per
finire di pagare sia la
merce degli EXO, che l’auto.» Una volta che furono
tutti d’accordo con la sua
proposta, si voltò verso il compagno vicino a Zelo.
«A proposito, Jongup? Cosa
ti ha detto quel tuo amico?»
L’altro
fece una minuscola
smorfia, mentre incrociava le braccia e abbassava lo sguardo sulle
fotografie
sparse sulla pianta della città. «Non mi ha
assicurato niente. Mi ha detto che potrebbero
procurarsi quello che gli ho chiesto, ma che deve prima parlarne con i
suoi
leader.»
Himchan si
illuminò a quelle
parole. «Oh, conosco Suho. Penso che lui
accetterà. Ma per quanto riguarda
l’altro… Uh.» Strizzò gli
occhi tentando di richiamare il suo nome.
«Kris,»
continuò per lui
Yongguk. «Già, penso che il problema sia lui,
principalmente. È qualcuno con
cui è difficile trattare.»
Daehyun fece
una smorfia. «Deve
avercela con noi,» aveva borbottato, ricordando tutte le
volte in cui si era
trovato faccia a faccia con l’altro leader – che
non erano poche. «Non ho mai
incontrato nessuno più inflessibile di lui, giuro!
È impossibile parlarci.» In
risposta, ricevette una pacca sulla spalla da Yongguk.
«Quindi,
niente armi
assicurate?» chiese Himchan a Jongup.
«Già,
niente armi assicurate.»
«Hey,
Daehyun hyung,» lo
chiamò Zelo dall’altro lato del tavolo,
«a te cos’hanno detto i NU’EST?»
L’espressione
di Daehyun si
rabbuiò sentendo quella domanda.
«Giusto,» disse, «non vi ho ancora
raccontato
nulla. Prendi quella busta bianca dietro di te e aprila. Dentro
c’è tutto
quello che sono riusciti a recuperarci.»
Il maknae
obbedì, allungando
il braccio fino alla pila di fascicoli alle sue spalle. Mentre tirava
fuori una
serie di carte, che variavano da profili (con le diverse voci spesso
senza
informazioni) a foto sfuocate e liste di parole scritte fitte, Daehyun
continuò
la sua spiegazione: «Sembra che JB avesse veramente ragione.
Sono i COB.ra che
ci stanno addosso, e che ora hanno Youngjae con loro.
«Sono
un gruppo che si è
formato più o meno sei anni fa, non si sa con esattezza, ma
per un paio di anni
sono stati i leader nel mercato degli organi. I loro membri arrivano
fino a
venticinque, se non di più, la loro età varia dai
diciannove ai trentacinque
anni.
«Il
capo si chiama Haejong.
Ha trentatre anni. Del suo passato non si sa molto, ma il suo profilo
criminale
include possesso di droga e armi da fuoco, e alcuni omicidi colposi,
oltre a numerosi
furti. Solitamente, però, preferisce lasciar fare il lavoro
sporco ai suoi
subordinati, e infatti molti di loro hanno un profilo anche peggiore
del suo.»
Per un
po’, nella stanza si
sentirono solo la voce di Daehyun e il fruscio dei fogli che venivano
passati
da membro a membro. Ognuno cercava di afferrare nella mente tutto
ciò che
poteva, tentando di trovare uno schema ricorrente dietro le azioni di
ogni
membro dei COB.ra, in modo tale da potersi preparare per quando li
avrebbero
affrontati. Ma, ovviamente, non era così semplice, con dati
tanto scarsi.
I COB.ra non
erano delle
persone qualsiasi, che non avevano idea di cosa andasse avanti nel
sottosuolo,
al sicuro nella familiarità delle loro abitazioni. Erano
bensì assassini,
rapinatori, trafficanti di droga, street fighters, truffatori.
Professionisti
del campo, che non si sarebbero fatti scrupoli di nessuno che tentasse
di
bloccare a loro la strada.
Si chiesero
come se la stesse
cavando Youngjae, se sarebbero riusciti a riaverlo con loro vivo e
vegeto la
settimana successiva. Perché, da quanto avevano visto dai
video, sembrava sul
punto di crollare, e quel pensiero era insopportabile per ognuno di
loro.
«La
gara dell’anno scorso,»
disse ad alta voce Jongup, leggendo un documento che riportava le
attività
(perlomeno quelle conosciute) a cui avevano preso parte i COB.ra,
«a quella non
avevamo partecipato anche noi?»
Zelo
allungò il collo per
dare un’occhiata al foglio: i COB.ra si erano piazzati al
secondo posto.
«Quella volta aveva vinto Himchan hyung,»
commentò, guardando dall’altra parte
del tavolo, verso il sopra menzionato uomo. Quello non
sembrò prestargli
attenzione, tanto era preso dal documento che aveva in mano.
Passò
qualche momento prima
che parlasse. «Questo tipo era nell’ultimo
video,» disse, e alzò il foglio in
modo che tutti potessero vedere il profilo di un ragazzo abbastanza
giovane. «Qui
dice che ha partecipato a quel torneo di street fight del settembre
scorso… Non
eravamo lì anche noi?»
Jongup, che ne
era stato il
partecipante effettivo, strizzò gli occhi al nome riportato
sul profilo.
«‘Sung’?» lesse. Per un paio di
secondi non disse niente, ma poi sembrò
illuminarsi. «Ricordo che è stato uno dei miei
avversari.»
«E?»
chiese Himchan, con un
sopracciglio alzato.
«Avevi
vinto, non è così?»
rispose Daehyun prontamente, e l’altro confermò
con un cenno, capendo cosa
stesse insinuando il suo hyung. «Da qualche parte deve
esserci anche scritto
che abbiamo partecipato alla stessa asta, l’anno
scorso,» continuò a dire. «E
immagino che ci siano anche altri fatti per cui adesso vogliono la
nostra
testa, ma non ce ne siamo mai accorti.»
Tutti
annuirono, non
sorprendendosi più di tanto di ciò che aveva
raccontato Daehyun. Nel corso
degli anni, erano coscienti di essersi fatti più nemici di
quanto
immaginassero. Avevano ricevuto minacce ed avvertimenti di tutti i
tipi, certe
volte dovettero persino scontrarsi di persona, ma non era niente che
non si
fosse potuto sistemare – seppur con la forza.
Tuttavia, mai
una volta era
capitato che uno di loro fosse stato sequestrato tanto facilmente, e in
solo un
paio di giorni. Sentivano fortemente il dovere di riportare il loro
amico
indietro, in modo tale che non si dovesse sentire ancora più
oppresso.
Junhong
contemplò il silenzio
con lo sguardo abbassato. Era il più giovane tra i membri,
forse anche il più
ingenuo e innocente (sempre se uccidere qualcuno a sangue freddo
può essere
considerata innocenza), e per questo credette di essere
l’unico che sperava che
tutto quello fosse solo un incubo, che si sarebbe presto svegliato ed
avrebbe
visto Youngjae incolume.
Ma quel
pensiero era
condiviso da tutti i suoi compagni, i quali, senza proferire alcuna
parola,
cercavano disperatamente una via d’uscita sicura, al riparo
dalle falci di una
Morte che sembrava stare costantemente col fiato sul loro collo.
Perché,
alla fine, a nessuno
piaceva quello stile di vita.
Fu Yongguk che
riprese in
mano le redini della situazione per primo. «Va
bene,» disse, ed alcuni dei
membri balzarono sul posto per la sorpresa, «a loro penseremo
dopo, quando
avremo un piano decente per procurarci i soldi.»
E in un
secondo, le loro
espressioni ritornarono quelle dei B.A.P, una banda criminale nota per
i loro
colpi portati a termine perfettamente, uno dei maggiori esponenti del
movimento
clandestino della città. I loro sguardi calcolatori
rimpiazzarono quelli
esitanti ed insicuri di poco prima mentre studiavano la mappa stesa sul
tavolo,
ascoltando le indicazioni che dava il loro leader e offrendo ognuno il
proprio
punto di vista.
Pianificarono
in ogni
dettaglio l’operazione, dalla posizione che avrebbero dovuto
assumere al
percorso che avrebbero seguito. Occhiate complici venivano scambiate
tra una
battuta e l’altra. Compiti individuali venivano distribuiti
tra i membri.
Implicita era la certezza del loro successo, perché i B.A.P
non sbagliavano
mai, perché erano i migliori, gli assoluti, i più
perfetti; non c’era posto per
l’esitazione.
Ruggivano
ostilmente contro
un mondo altrettanto ostile, e non si tiravano indietro alle sfide. Era
questo
che erano, e sarebbero riusciti a liberare Youngjae ad ogni costo.
«Allora,
come sta andando la tua ricerca?» gli chiese Yongguk,
sedendosi sul divano dell’officina, a fianco a lui. Youngjae
gli lanciò un
ghigno indecifrabile.
«Non
c’è male. Stare con voi mi sta aiutando molto.
È un po’ diverso
da come immaginavo che fosse, date tutte le voci che giravano sul
vostro
conto,» gli disse, guardandolo abbassare la testa e aprire le
labbra in un
mezzo sorriso, quasi imbarazzato. Avendo paura che fraintendesse,
Youngjae si
affrettò a spiegare. «Lo dico in modo positivo!
Non avrei pensato che poteste
essere così… normali. Tutti parlano di voi come
se foste dei demoni scesi in
terra.»
Questa volta,
Yongguk rise di gusto. «Lo immaginavo,»
commentò. Da
dietro di loro, Himchan, che era rimasto in ascolto mentre lavorava su
un’auto
che un loro cliente gli aveva portato (“Per
farla diventare un gioiellino speciale”),
disse ad alta voce: «Colpa della tua faccia spaventosa,
Bbang.» Yongguk decise
di ignorarlo, così Youngjae lo imitò, sentendosi
anche un po’ in colpa per
l’altro hyung. Himchan, dal canto suo, non diede loro molta
importanza.
«Non
siamo un gruppo numeroso,» disse Yongguk, sprofondando nel
confortevole divano, «e nemmeno siamo come la maggior parte
delle gang qui
intorno. Pensavo che il nostro comportamento da Robin Hood non ti
sarebbe
andato a genio.»
«No,»
rispose subito Youngjae. «No, va benissimo. Penso che sia
molto nobile.»
Nei mesi
precedenti, avendo partecipato alle operazioni dei B.A.P,
era spettata anche a lui la sua parte di ricompensa. Mentre la maggior
parte di
quello che avevano ricavato andava a certi affari che avvenivano nel
sottosuolo, lontani dagli occhi indiscreti dei cittadini onesti,
Youngjae fu
sorpreso nel scoprire che una piccola parte andava ad
un’associazione di
beneficenza. Non aveva mai incontrato, in quella cerchia illegale,
persone del
genere.
A quelle
parole, il leader, con lo sguardo basso, alzò i lati della
bocca in un sorriso – seppur poco convinto, sembrò
a Youngjae. «Grazie. È
passato molto tempo da quando mi hanno considerato
così.»
Passò
un silenzio teso. Youngjae ebbe la sensazione che Yongguk
volesse dire qualcos’altro, ma quest’ultimo non
proferì parola. Stava per
chiedergli se ci fosse qualcosa che lo stesse turbando, quando Himchan
parlò al
suo posto, con un tono che era appena udibile da dove erano seduti.
«Non
siamo nobili,» gli disse. «Siamo sporche, cattive
persone. Il
genere di ragazzi che proibiresti a tua figlia di frequentare. Anzi,
siamo
sicuramente peggiori di loro.»
Himchan poi si
scusò per doverli lasciare soli, dicendo di dover
andare a recuperare un po’ di materiali dal ripostiglio, e
sparì dietro la
porta. Yongguk e Youngjae furono lasciati nell’atrio
dell’officina Kim. Passò
qualche momento prima che il primo ricominciasse a parlare.
«Himchan ha
ragione. Siamo lontani dall’essere brave persone. Siamo
sporchi assassini e
trafficanti di droga e schifosi fuorilegge, tutti lo sanno.»
L’espressione
di Yongguk era più cupa di quanto Youngjae avesse mai
visto su di lui. Le mani giocherellavano l’una con
l’altra, e tutto del suo
corpo – dalle spalle basse al suo sguardo costantemente
incollato al pavimento
– sembrava voler negare tutto quello che, di fatto, era.
«Le nostre buone
azioni non compenseranno mai quello che stiamo facendo. Mi vergogno
persino di
guadagnare i soldi in questo modo, ma che ci possiamo fare? Nessuno di
noi cinque
ha avuto molte scelte.»
Finalmente
alzò gli occhi sul più giovane, combattendo
l’immensa
voglia di distogliere lo sguardo. «Ognuno ha qualcosa, una
storia, un motivo
che non vuole far sapere agli altri. Questo vale anche per tutti noi
B.A.P; non
credere che siamo solo demoni senza cuore,» gli
confidò. A Youngjae parve che,
in quel momento, il leader gli stesse praticamente porgendo la parte
più
vulnerabile, la sostanza attorno alla quale ruotava tutto il gruppo.
Cercò
di trovare le parole giuste, ma non gli venne in mente niente.
«E tu, hyung?» gli chiese semplicemente, sentendosi
sciocco e indiscreto nel
sentire la sua stessa voce. Tuttavia, anche se lo fosse stato per
davvero,
Yongguk non lo notò, e gli lanciò un triste
sorriso.
«Ho
un fratello,» gli rispose. «È in coma da
sei anni.»
Youngjae
ascoltò il leader raccontargli di ciò che lo
aveva portato
sino a lì – il padre, leader di un gruppo proprio
come lui; il suo gemello in
bilico tra la vita e la morte sin da quando capitò in una
sparatoria; il desiderio
di vendetta che da allora era cresciuto fino a seguire le stesse orme
del
padre; il modo in cui aveva accolto gli altri membri sotto la sua ala.
Sarebbe
sembrato sciocco da un punto di vista esterno, la sua decisione si
adattava
perfettamente alle circostanze. Youngjae accettò tutto
quello che gli fu
raccontato.
«Vedrai
che anche gli altri se la sentiranno di raccontarti di
loro,» gli disse poi, con una pacca sulla spalla,
«Siamo una famiglia, ora.»
In quel
momento, Himchan ritornò, e diede loro un’occhiata
sospettosa. Chiese a Yongguk se avesse detto qualcosa di strano sul suo
conto
al povero Youngjae, e lui rispose di no, con una risata.
Le parole di
Yongguk si avverarono presto. Nei successivi mesi, uno
ad uno, Youngjae ascoltò con pazienza (e anche un
po’ di curiosità) i membri
aprirsi a lui. Il giovane Junhong era scappato da una casa con una
storia di
violenza e abusi domestici. La ricca famiglia che aveva adottato
Daehyun non
gli mostrò mai il calore che si era aspettato, deludendolo
profondamente.
Himchan aveva guardato la madre prostituta negargli la parentela sin da
quando
aveva ricordi. Jongup aveva dovuto sopportare un padre criminale con
aspettative troppo alte.
Youngjae
imparò tutte le sfumature di quel gruppo, persino quelle
più subdole, e le accettò tutte quante senza
neanche un minimo di esitazione.
Pensò che era questo, ciò che rendeva i B.A.P
tali, perché la sincerità con cui
glielo avevano confidato era tanto ingenua e disarmante che sembravano
solamente dei ragazzi spaesati, e non criminali ricercati.
Quando Jongup
e Daehyun
scesero le scale e misero piede nel sotterraneo arido, gli EXO erano
già lì ad
attenderli. Non erano nella totalità del loro gruppo, ma i
B.A.P sapevano che
avrebbero fatto meglio a non fare passi falsi di fronte a loro.
I due
attraversarono la
banchina della stazione con lunghi passi. Da davanti a loro, un ragazzo
sorrise
affabile alla coppia. «Hey, Jongup,»
salutò, offrendo una mano che Jongup
strinse con confidenza.
«Kai.
Grazie per essere
venuto,» gli disse.
«No
problem. Più che altro,
mi ci hanno obbligato,» rise Kai, e Jongup lo
imitò. I due non erano
esattamente amici per la pelle (far parte di due gang diverse
significava non
fidarsi completamente l’uno dell’altro), ma si
conoscevano abbastanza da
considerarsi, perlomeno, più che comuni conoscenti.
Kai introdusse
i due hyung
che lo avevano accompagnato – Baekhyun, il più
basso tra i tre, e Luhan, che
indossava un’espressione neutra sul viso. Jongup fece lo
stesso, nonostante
Daehyun e Baekhyun non ne avessero bisogno, essendosi i due
già incontrati in
precedenza quando i due gruppi dovevano trattare.
Le due parti
si scambiarono
dei brevi cenni di riconoscimento. Daehyun non perse tempo ad andare
direttamente al sodo, volendo finire il tutto più
rapidamente possibile:
«Allora, avete preparato la roba?»
Fu Baekhyun a
rispondergli,
con un largo sorriso sulle labbra. «Tutta qua,» e
mostrò loro, con fare orgoglioso,
due casse di legno ai loro piedi. «Sono ancora fresche di
fabbrica, nuove di
zecca!»
Daehyun
lanciò un’occhiata
alle casse, e si accovacciò per esaminarle, impaziente.
Stava per sollevare di
coperchio di una, ma un piede premette sulla sua superficie quasi
istantaneamente, forzandolo giù. Il ragazzo alzò
lo sguardo e lo scontrò con
quello duro di Luhan, che lo guardava con sufficienza. «Non
ancora,» disse, e
allungò la mano verso Daehyun, indicando che prima avrebbe
dovuto pagarlo.
Daehyun si voltò allora verso Jongup, sapendo che per quella
volta avrebbe
dovuto lasciar fare a lui.
Kai
sospirò. «Senti, Jongup,»
cominciò a dire, «lo faccio solo perché
siamo amici, e perché i nostri due
gruppi sono in buoni rapporti. Ne ho parlato con i miei boss, e sono
riuscito a
convincerli a lasciarvi andare con solo un anticipo. Quanto avete,
ora?»
Jongup gli
porse una cassetta
che si era portato fino al luogo d’incontro. «Sono
diecimila.»
Kai diede una
veloce occhiata
ai mazzi di banconote impilati ordinatamente uno sopra
l’altro, e passò la
cassetta a Baekhyun e Luhan al suo fianco. I tre si scambiarono uno
sguardo
complice, un codice segreto che solo loro riuscivano a leggere.
Dopodiché, il
ragazzo si voltò nuovamente verso il suo amico.
«Va bene,» sospirò. «Solo,
assicuratevi di restituite il resto. Non ci piace aspettare,
okay?»
Dentro di
sé, Jongup si
rilassò a quelle parole. «Non ti preoccupare, fra
un paio di giorni vi
pagheremo tutto quello che vi dobbiamo.» Kai
accettò le sue parole con un cenno
del capo.
Daehyun ebbe
l’impressione
che Jongup avesse assunto un tono più cupo del solito, ma
non lo biasimò.
Invece, si voltò a guardare Luhan, che finalmente si decise
a togliere il suo
piede dal coperchio della cassa. Daehyun si affrettò a
scoprirne il contenuto.
All’interno
vi era una pila
di innumerevoli pistole. Le loro superfici riflettevano, in un lieve
scintillio, la debole luce della lampada sopra loro, che di tanto in
tanto si
spegneva a scatti. Ve ne erano di diversi tipi, la maggior parte erano
delle pistole
semiautomatiche (Glock 17, 19, 21; Beretta Serie 81, 8000, 92; le
centerfire
della Ruger), ma si potevano distinguere anche alcune pistole
mitragliatrici.
Daehyun ormai non si sorprendeva più della grande
quantità di armi da fuoco, ma
le sue mani fremettero automaticamente al pensiero di poterne impugnare
delle
nuove comunque.
Baekhyun
ghignò alla vista di
tutte quelle pistole. «Belle, vero? Penso che quelle appena
uscite dalle
fabbriche siano le migliori: intoccate e perfettamente funzionanti, e
sarai tu
l’unico a sapere come maneggiarle nel migliore dei
modi.»
Mentre Daehyun
fece un
sorriso di cortesia, Luhan invece roteò gli occhi alle sue
parole, preferendo picchiettare
l’altra cassa con la scarpa. «Qui dentro ci sono le
munizioni,» informò i loro
acquirenti.
In effetti,
quando Daehyun
sollevò il suo coperchio, fu accolto dalla vista di
proiettili di diverso
calibro, e a sua volta ogni calibro arrivava in diversi tipi. Da sole,
le
pallottole sembravano tanto innocue da poter essere scambiate per
giocattoli,
ma ognuno di loro, naturalmente, sapeva bene che una
quantità del genere
rappresentava una miniera. Non d’oro, come il loro colore
suggeriva, ma di
qualcosa di più macabro e sinistro.
Dalla prima
cassa, Jongup
raccolse una pistola – una Glock 19 – e la
esaminò alla luce della lampada.
Ogni linea era stata perfettamente studiata e disegnata, il profilo non
aveva
alcun difetto estetico, l’impugnatura dava una sensazione
diversa dalla sua
vecchia pistola, ma si adattava perfettamente alla sua mano destra. Con
la
sinistra, percorse la superficie liscia del carrello, e lo
tirò indietro.
Un secco
‘click’ risuonò
contro le pareti spoglie del sotterraneo.
Quel
pomeriggio, al
tramontare del sole, Yongguk si era seduto sul divano di pelle rossa al
secondo
piano del loro covo. Osservò per un momento il tavolo da
biliardo di fronte a
lui, che aveva ancora la pianta della città stesa sopra, e i
modellini di auto
erano rimasti nella posizione in cui li avevano lasciati giorni fa: due
automobili che intrappolavano un furgoncino sia dalla parte anteriore
che
posteriore.
Da Himchan
aveva sentito che
il tuning delle due monovolume era stato completato perfettamente, e
che quella
sera avrebbero potuto utilizzarle senza problemi. Yongguk lo aveva
ringraziato
per il lavoro, decidendo poi di prendersi un momento per sé.
In poche ore,
avrebbero
finalmente messo le mani sul denaro con cui avrebbero potuto liberare
Youngjae,
ponendo fine a quella storia una volta per tutte. Yongguk fremeva per
l’impazienza.
La sua memoria ripercorse i momenti in cui lo avevano mostrato
picchiato e
sanguinante, e si chiese come il suo membro se la stesse cavando nelle
mani del
nemico.
Youngjae si
era aggregato a
loro solo un anno e mezzo prima, tuttavia ciò non
significava che contasse meno
degli altri. Anzi, i membri non esitavano a fare affidamento su di lui.
Per
certi era un fratellino di cui prendersi cura, per altri un fratello
maggiore
da seguire. Sebbene all’inizio si sospettassero a vicenda,
rifiutando di porre
la minima fiducia in lui (era normale, date le circostanze sotto le
quali si
erano conosciuti e con il genere di passato che ognuno aveva), presto
nessuno
ebbe problemi a trattarlo come uno di loro.
Ripensandoci,
Youngjae aveva
fatto davvero molto per i B.A.P. Il suo acuto senso di osservazione gli
era
valso il titolo di “Cervello” del gruppo, e non
poche volte aveva aiutato gli
altri membri con i loro allenamenti. Era stato lui a suggerire degli
accorgimenti quando pianificavano le loro azioni, lui a dare consigli e
a
svelare piccoli trucchetti che aveva imparato dall’esperienza
lui stesso, e
sempre era lui quello disponibile per parlare (o, secondo Daehyun, che
riusciva
a sopportarlo).
Yongguk non
era mai stato il
tipo da essere interessato nell’esistenza di un Dio. Eppure,
guardando la
collana con il simbolo di una croce gotica che Youngjae gli aveva
regalato
tempo prima (“Ho pensato che ti si
addicesse”), sperò che, qualsiasi fosse
l’entità che stava governando su
loro, potesse aiutare lui e i B.A.P ad avere successo nella loro
operazione.
La notte
arrivò silenziosa,
strisciando come un’ombra sulla città che si
preparava per il giorno
successivo. Molte persone, tuttavia, ancora non erano pronte per il
sonno; in
particolare cinque ragazzi che, nell’oscurità,
erano usciti fuori da una certa
officina e ora erano solo in attesa dell’ora stabilita.
Quattro di
loro erano
distribuiti equamente in due auto dalla carrozzeria scura. Himchan era
alla
guida della prima, accompagnato da Jongup. Al volante della seconda vi
era
Daehyun, con a fianco Zelo. I due conducenti aspettavano pazientemente
che il
loro leader desse loro le istruzioni.
Sul terrazzo
di un edificio
vicino, Yongguk attese che i due addetti al trasporto uscissero dalla
porta di
servizio. Avrebbe voluto partecipare anche lui all’azione
effettiva, ma le
parole del maknae (“Non dovresti
venire
con noi. Se fossimo tutti catturati, cosa ne sarà di
Youngjae hyung?” aveva
detto) convinsero il resto dei membri a lasciarlo fuori.
Abbassò
lo sguardo
sull’orologio da taschino che aveva appeso al collo
– erano passati dieci
minuti dalle 23. In quel momento, i due uomini uscirono
dall’edificio, portando
con sé due grossi sacchi di stoffa scuri. A quella vista,
Yongguk parlò nella
sua ricetrasmittente, ed ordinò ai suoi compagni di tenersi
pronti e in
posizione.
Il leader
osservò la porta
del camion chiudersi in uno scatto, mentre la chiave veniva presa in
custodia
da uno dei due addetti. Quando questi salirono sul furgone, Yongguk
diede il
via ai suoi membri.
Le due auto
arrivarono in un
basso rombo appena il camion dei trasporti accese il suo motore. Gli
vennero
bloccati in pochi secondi la via anteriore e posteriore, e gli addetti,
non
capendo cosa stesse succedendo, scesero dal mezzo con occhiate
allarmate. I
B.A.P fecero lo stesso, con la loro identità nascosta da una
maschera alzata
sul viso. Da una parte, Jongup e Daehyun formavano un gruppo,
dall’altra
c’erano Himchan e Zelo.
Non persero
tempo. Mentre
Zelo distraeva e provocava l’uomo, Himchan scattò
subito in avanti, avvolgendo
un braccio attorno al suo collo con forza, strangolandolo in una presa
carotidea.
Daehyun,
invece, aveva scelto
una via più brutale per quanto riguardava il loro uomo,
tirandogli una
ginocchiata nell’addome e bloccandolo da dietro. Jongup
poté subito tirargli un
pugno da sotto il mento. Completamente stordito dal colpo,
l’addetto al
trasporto perse quasi subito conoscenza, e quando Daehyun lo
lasciò andare, il
suo corpo crollò per terra, immobile. I due cercarono la
chiave per il
lucchetto del camion che aveva menzionato Yongguk, ma non lo trovarono.
Capirono che era, allora, con l’altro uomo.
Dall’altro
lato del furgone,
con Himchan che non aveva intenzione di lasciare la presa sul collo
dell’addetto,
Zelo cercò frettolosamente la chiave, mentre lui si dimenava
energicamente. La
trovò appesa alla cintura, e con fatica riuscì a
districarla. Jongup, a quel
punto, chiamò da dietro Zelo il suo nome, e questi gliela
lanciò prontamente.
Una volta
presa, Jongup si
affrettò a sbloccare la porta blindata del camion. In un
attimo, l’anta si
spalancò in un suono sordo e rivelò le due sacche
scure piene di denaro.
Daehyun e Jongup si scambiarono un’ultima, veloce occhiata
d’intesa e, senza
altra esitazione, ne afferrarono una ognuno. Daehyun corse subito verso
la loro
auto, sostata posteriormente al furgone dei trasporti. Jongup, invece,
passò
rapidamente la sua sacca a Zelo.
Le loro strade
si divisero
nuovamente, in modo da poter essere difficilmente seguiti: Daehyun e
Jongup
sgommarono via per primi, portando la loro parte di bottino con
sé; Zelo
sfrecciò subito verso la monovolume di Himchan, che dovette
aspettare che la
sua vittima perdesse effettivamente i sensi prima di lasciarlo andare.
Poi,
anche loro si affrettarono a lasciare il viale, prima che la sicurezza
arrivasse.
Avendo visto
la scena
svolgersi davanti a lui in poco più di un minuto, Yongguk
non perse tempo ad
allontanarsi dal luogo incriminato, verso i suoi compagni che lo
aspettavano al
punto d’incontro prestabilito.
Quando le
guardie della banca
arrivarono, dei B.A.P era rimasto solo il segno dei pneumatici
sull’asfalto. Si
erano dileguati così come erano arrivati, in un soffio di
vento, come sempre
avevano fatto.
A/N:
sapevate che il corpo di un essere umano, se venduto in tutti i suoi
componenti
(vale a dire non solo organi, muscoli, scheletro, eccetera, ma anche i
componenti
chimici), in totalità varrebbe più di quaranta
milioni di dollari aka più o
meno trentacinque milioni di euro? Potreste comprarvi più di
duemila auto con
tutti questi soldi. Per cui, quando vi sentirete inutili, ricordatevi
di questo,
perché voi valete. (cit.)
Per tutto il
tempo che ho
scritto questa terza parte, ho continuato a ripetermi: “Giuro
che non sono una
criminale,” mentre facevo ricerche su pistole, mercati neri,
attività illegali,
il motivo per cui le persone diventano dei criminali e via dicendo. A
proposito, le pistole che avevano i B.A.P nell’MV erano
proprio delle Glock, ma
non so che modello.
Il
“tuning” delle auto è
praticamente il “truccare” le auto in GTA. Si
tratta di modificare le auto in
modo tale che possano andare più veloci, o avere meno
attrito sull’asfalto,
qualsiasi cosa che possa migliorare (o peggiorare, è la stessa cosa) le loro prestazioni. Avete visto
cosa fa
Himchan nell’MV, no? Quello. E poi, quando parlavo di
gare/corse clandestine,
mi riferivo alle corse tra macchine, che naturalmente sono illegali.
Venti milioni
di dollari sono
tantissimi, e dubito fortemente che venga trasportato tanto denaro in
un solo colpo.
Ergo, vorrei scusarmi per l’incorrettezza.
Ho deciso che
Kai e Jongup
potevano essere amici solo perché sono le due dancing
machines lmao. Ero indecisa
tra Lay e Kai, ma poi mi sono ricordata che Kai è coreano e
ha solo un anno in
più di Jongup, quindi ho scelto lui. Trivia: Suho e Himchan
sono amici anche
nella realtà! E io ho un gran debole per B.A.PEXO sob.
Il prossimo
capitolo sarà l’ultimo!
Non sono sicura di volerlo pubblicare interamente o in due parti
diverse, dal
momento che è molto più lungo di un capitolo
normale e ha flashbacks a go go
lmao.
Rainie