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Autore: Rainie    26/08/2014    2 recensioni
[ Basato sull’MV di ‘One Shot’; OT6; cameo di altri artisti kpop ]
In una realtà che si srotola davanti a loro in modo ostile, sei ragazzi cercano riparo gli uni tra gli altri. I B.A.P sono una banda criminale di grande fama sia nel sottosuolo che nel mondo alla luce del sole, sebbene nessuno osi fare il loro nome. Velati dal mistero, sono sulle prime linee della criminalità organizzata, e primi nella lista dei ricercati dalla polizia.
Poi il mondo strappa via un loro compagno, e il resto sa che avrebbe fatto di tutto per riportarlo indietro. Qualunque fosse stato il costo di quell'azione.
Genere: Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Un po' tutti, Yongguk, Youngjae
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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[ part 3: badmen ]

playlist: one shot – b.a.p.; kill bill – brown eyed girls; monster – paramore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Allora, ora state bene ad ascoltarmi, ragazzini,» iniziò Himchan, strofinandosi le mani. «Nei prossimi giorni, avremo due occasioni ottime per procurarci i soldi. Il 23, quindi fra tre giorni, un camion partirà dalla Banca Centrale alle ore 20. Trasporterà più di venti milioni in contanti. Il secondo è un pesce più piccolo, e partirà il 25 alle 23, sempre da quella banca. Porterà circa quindici milioni.

«Le due destinazioni sono diverse. È difficile predire che percorso faranno, anche se probabilmente prenderanno le strade principali, dove sappiamo che sono installate molte telecamere di sicurezza. Non abbiamo idea di quando arriveranno a destinazione, quindi consiglio di attaccarli quando staranno per partire, quello è il momento più sicuro.

«Gli scambi, solitamente, avvengono all’ingresso di servizio, qui.» Con un dito, indicò una foto che ritraeva un viale deserto, scattata da Zelo qualche giorno prima quando era andato in perlustrazione con Yongguk. «I veicoli della CTK, la compagnia che si occupa del trasporto, sosteranno su questa strada, proprio davanti all’entrata. Ci saranno solo due persone che si occuperanno del trasferimento entrambe le volte. Sono guardie della sicurezza, quindi dovremo fare attenzione a loro. E, tra l’altro, lì attorno pullula di guardie notturne.»

«E di telecamere,» gli ricordò Zelo. «E poi, nella foto non sembra così, ma la strada è più o meno larga. Possono passarci giusto due macchine.»

Himchan assottigliò gli occhi e piegò la testa lievemente di lato, incuriosito. «Larga quanto?»

«Circa cinque metri,» rispose Yongguk, «ma troppo stretta perché due furgoni possano passarci contemporaneamente, contando che c’è anche un po’ di marciapiede.»

Himchan annuì varie volte, pensoso. «Quindi, mi stai dicendo che…?»

«Quanto avevi detto che sono larghi i veicoli della CTK?»

«Uh. Due metri.»

Yongguk fissò la mappa e le fotografie. Per un po’ non disse niente, mentre gli altri membri aspettavano che parlasse. Poi sembrò decidersi, e continuò a dire in tono grave: «Quindi, quando siamo andati a perlustrare, a me e a Zelo era venuta un’idea, ma non sappiamo se è fattibile in pochi giorni.»

«Vorrà dire che dovremo costringerci a renderla tale, allora,» commentò Daehyun con un mezzo ghigno, guardandolo negli occhi. Tutti gli altri membri furono d’accordo con lui.

Il leader fece un breve cenno di assenso. «Bene, allora. Ascoltate. Visto che non sappiamo che percorso seguiranno, potremo almeno fermare il furgone prima che parta, come ha detto Himchan. Se riuscissimo a bloccarlo in quella strada – picchiettò la foto un paio di volte – avremo la possibilità di rapinarlo e prendere tutti i soldi. A piedi saremo svantaggiati. Quindi, sapete come faremo ciò?»

«Bloccheremo la via con delle auto,» realizzò Jongup ad alta voce.

Zelo sorrise, con uno scintillio maligno negli occhi. «Bingo. E avremmo anche un mezzo veloce con cui scappare prima che ci prendano.»

In quel piccolo spazio offerto dall’officina, i cinque membri si scambiarono occhiate e sorrisi compiaciuti. La luce della lampada appesa sopra il tavolo proiettò su di loro un bagliore sinistro, facendoli assomigliare a delle reminiscenze di diavoli saliti sulla superficie terrestre.

«Però,» li richiamò Yongguk, smorzando quel loro piccolo momento di entusiasmo, «dobbiamo tenere in considerazione il nostro tempo e i materiali. Dato che è una strada a doppio senso e non è nemmeno un vicolo cieco, ci serviranno due auto per poter bloccare effettivamente le vie d’uscita.»

Daehyun colse ciò che il leader stava tentando di dire. «Ma non abbiamo abbastanza fondi, giusto?»

«Precisamente. E non possiamo chiedere ancora agli EXO di lasciarci andare con un altro anticipo.»

«Io avevo pensato che potremmo prendere l’auto di Himchan hyung, mentre uno noi guiderà una moto, ma–»

«Ma una moto non è grande abbastanza perché riesca a bloccare completamente la strada,» concluse Jongup.

Zelo annuì, lievemente scoraggiato. «Esattamente. In questo modo, avranno un bel po’ di spazio su dove guidare. Poi dovremmo anche occuparci di parcheggiarla decentemente, e il motore farebbe troppo rumore. Ci sentirebbero troppe persone ancora prima di arrivare, soprattutto le guardie notturne.»

«Ricapitolando,» continuò Daehyun dopo aver annuito alle parole di Zelo, «avremo bisogno di un veicolo grande, veloce, che possiamo lasciare in strada anche col motore acceso, che faccia il meno rumore possibile, e che riesca a sgommare via rapidamente.»

Yongguk, a quel punto, guardò Himchan. «Se trovassimo una soluzione decente, ti occupi, eventualmente, tu del car tuning dell’auto?»

Quello ghignò con convinzione. «Per chi mi hai preso? Farò anche di più. Mi sono appena ricordato di un tipo che mi deve un favore, dopo che gli ho riparato una delle sue auto dopo la corsa del dicembre scorso. Mi farà un buon prezzo. E poi quel vecchiaccio maledetto ha un garage gigantesco pieno di auto, figuriamoci se non ne ha una per noi!»

Il leader gli sorrise fiducioso. Sapeva che Himchan avrebbe avuto una soluzione nelle maniche: non sarebbe stato il loro meccanico, altrimenti. «Se ci procurassi un modello simile a quello che hai al piano di sotto, sarebbe perfetto. Anche il colore e tutto il resto.»

«Una monovolume, allora? Roger.» Fecero battere i loro pugni in segno di accordo. Himchan sospirò con drammaticità, indossando un sorriso sulle labbra: «Ah, non riesco ad immaginare cosa fareste senza di me.»

«Ci troveremmo un nuovo meccanico,» rispose Daehyun in tono neutro. Lanciandogli un’occhiataccia, Himchan allungò la mano per sferrargli un pugno sulla spalla, sibilando un «Smettila di rovinare i miei momenti di gloria». L’altro lo schivò con facilità.

Himchan, dopo aver lanciato a Daehyun un ultimo sguardo d’avvertimento, appoggiò le mani sul bordo del tavolo. «Comunque,» riprese, ritornando nuovamente serio, «per recuperare l’auto e completare il tuning ci vorrà un po’ di tempo, anche se lavorassi giorno e notte. Per cui, dovremo puntare al furgone che parte il 25. È vero che c’è molto meno denaro del primo, ma sarà comunque abbastanza per finire di pagare sia la merce degli EXO, che l’auto.» Una volta che furono tutti d’accordo con la sua proposta, si voltò verso il compagno vicino a Zelo. «A proposito, Jongup? Cosa ti ha detto quel tuo amico?»

L’altro fece una minuscola smorfia, mentre incrociava le braccia e abbassava lo sguardo sulle fotografie sparse sulla pianta della città. «Non mi ha assicurato niente. Mi ha detto che potrebbero procurarsi quello che gli ho chiesto, ma che deve prima parlarne con i suoi leader.»

Himchan si illuminò a quelle parole. «Oh, conosco Suho. Penso che lui accetterà. Ma per quanto riguarda l’altro… Uh.» Strizzò gli occhi tentando di richiamare il suo nome.

«Kris,» continuò per lui Yongguk. «Già, penso che il problema sia lui, principalmente. È qualcuno con cui è difficile trattare.»

Daehyun fece una smorfia. «Deve avercela con noi,» aveva borbottato, ricordando tutte le volte in cui si era trovato faccia a faccia con l’altro leader – che non erano poche. «Non ho mai incontrato nessuno più inflessibile di lui, giuro! È impossibile parlarci.» In risposta, ricevette una pacca sulla spalla da Yongguk.

«Quindi, niente armi assicurate?» chiese Himchan a Jongup.

«Già, niente armi assicurate.»

«Hey, Daehyun hyung,» lo chiamò Zelo dall’altro lato del tavolo, «a te cos’hanno detto i NU’EST?»

L’espressione di Daehyun si rabbuiò sentendo quella domanda. «Giusto,» disse, «non vi ho ancora raccontato nulla. Prendi quella busta bianca dietro di te e aprila. Dentro c’è tutto quello che sono riusciti a recuperarci.»

Il maknae obbedì, allungando il braccio fino alla pila di fascicoli alle sue spalle. Mentre tirava fuori una serie di carte, che variavano da profili (con le diverse voci spesso senza informazioni) a foto sfuocate e liste di parole scritte fitte, Daehyun continuò la sua spiegazione: «Sembra che JB avesse veramente ragione. Sono i COB.ra che ci stanno addosso, e che ora hanno Youngjae con loro.

«Sono un gruppo che si è formato più o meno sei anni fa, non si sa con esattezza, ma per un paio di anni sono stati i leader nel mercato degli organi. I loro membri arrivano fino a venticinque, se non di più, la loro età varia dai diciannove ai trentacinque anni.

«Il capo si chiama Haejong. Ha trentatre anni. Del suo passato non si sa molto, ma il suo profilo criminale include possesso di droga e armi da fuoco, e alcuni omicidi colposi, oltre a numerosi furti. Solitamente, però, preferisce lasciar fare il lavoro sporco ai suoi subordinati, e infatti molti di loro hanno un profilo anche peggiore del suo.»

Per un po’, nella stanza si sentirono solo la voce di Daehyun e il fruscio dei fogli che venivano passati da membro a membro. Ognuno cercava di afferrare nella mente tutto ciò che poteva, tentando di trovare uno schema ricorrente dietro le azioni di ogni membro dei COB.ra, in modo tale da potersi preparare per quando li avrebbero affrontati. Ma, ovviamente, non era così semplice, con dati tanto scarsi.

I COB.ra non erano delle persone qualsiasi, che non avevano idea di cosa andasse avanti nel sottosuolo, al sicuro nella familiarità delle loro abitazioni. Erano bensì assassini, rapinatori, trafficanti di droga, street fighters, truffatori. Professionisti del campo, che non si sarebbero fatti scrupoli di nessuno che tentasse di bloccare a loro la strada.

Si chiesero come se la stesse cavando Youngjae, se sarebbero riusciti a riaverlo con loro vivo e vegeto la settimana successiva. Perché, da quanto avevano visto dai video, sembrava sul punto di crollare, e quel pensiero era insopportabile per ognuno di loro.

«La gara dell’anno scorso,» disse ad alta voce Jongup, leggendo un documento che riportava le attività (perlomeno quelle conosciute) a cui avevano preso parte i COB.ra, «a quella non avevamo partecipato anche noi?»

Zelo allungò il collo per dare un’occhiata al foglio: i COB.ra si erano piazzati al secondo posto. «Quella volta aveva vinto Himchan hyung,» commentò, guardando dall’altra parte del tavolo, verso il sopra menzionato uomo. Quello non sembrò prestargli attenzione, tanto era preso dal documento che aveva in mano.

Passò qualche momento prima che parlasse. «Questo tipo era nell’ultimo video,» disse, e alzò il foglio in modo che tutti potessero vedere il profilo di un ragazzo abbastanza giovane. «Qui dice che ha partecipato a quel torneo di street fight del settembre scorso… Non eravamo lì anche noi?»

Jongup, che ne era stato il partecipante effettivo, strizzò gli occhi al nome riportato sul profilo. «‘Sung’?» lesse. Per un paio di secondi non disse niente, ma poi sembrò illuminarsi. «Ricordo che è stato uno dei miei avversari.»

«E?» chiese Himchan, con un sopracciglio alzato.

«Avevi vinto, non è così?» rispose Daehyun prontamente, e l’altro confermò con un cenno, capendo cosa stesse insinuando il suo hyung. «Da qualche parte deve esserci anche scritto che abbiamo partecipato alla stessa asta, l’anno scorso,» continuò a dire. «E immagino che ci siano anche altri fatti per cui adesso vogliono la nostra testa, ma non ce ne siamo mai accorti.»

Tutti annuirono, non sorprendendosi più di tanto di ciò che aveva raccontato Daehyun. Nel corso degli anni, erano coscienti di essersi fatti più nemici di quanto immaginassero. Avevano ricevuto minacce ed avvertimenti di tutti i tipi, certe volte dovettero persino scontrarsi di persona, ma non era niente che non si fosse potuto sistemare – seppur con la forza.

Tuttavia, mai una volta era capitato che uno di loro fosse stato sequestrato tanto facilmente, e in solo un paio di giorni. Sentivano fortemente il dovere di riportare il loro amico indietro, in modo tale che non si dovesse sentire ancora più oppresso.

Junhong contemplò il silenzio con lo sguardo abbassato. Era il più giovane tra i membri, forse anche il più ingenuo e innocente (sempre se uccidere qualcuno a sangue freddo può essere considerata innocenza), e per questo credette di essere l’unico che sperava che tutto quello fosse solo un incubo, che si sarebbe presto svegliato ed avrebbe visto Youngjae incolume.

Ma quel pensiero era condiviso da tutti i suoi compagni, i quali, senza proferire alcuna parola, cercavano disperatamente una via d’uscita sicura, al riparo dalle falci di una Morte che sembrava stare costantemente col fiato sul loro collo.

Perché, alla fine, a nessuno piaceva quello stile di vita.

Fu Yongguk che riprese in mano le redini della situazione per primo. «Va bene,» disse, ed alcuni dei membri balzarono sul posto per la sorpresa, «a loro penseremo dopo, quando avremo un piano decente per procurarci i soldi.»

E in un secondo, le loro espressioni ritornarono quelle dei B.A.P, una banda criminale nota per i loro colpi portati a termine perfettamente, uno dei maggiori esponenti del movimento clandestino della città. I loro sguardi calcolatori rimpiazzarono quelli esitanti ed insicuri di poco prima mentre studiavano la mappa stesa sul tavolo, ascoltando le indicazioni che dava il loro leader e offrendo ognuno il proprio punto di vista.

Pianificarono in ogni dettaglio l’operazione, dalla posizione che avrebbero dovuto assumere al percorso che avrebbero seguito. Occhiate complici venivano scambiate tra una battuta e l’altra. Compiti individuali venivano distribuiti tra i membri. Implicita era la certezza del loro successo, perché i B.A.P non sbagliavano mai, perché erano i migliori, gli assoluti, i più perfetti; non c’era posto per l’esitazione.

Ruggivano ostilmente contro un mondo altrettanto ostile, e non si tiravano indietro alle sfide. Era questo che erano, e sarebbero riusciti a liberare Youngjae ad ogni costo.

 

«Allora, come sta andando la tua ricerca?» gli chiese Yongguk, sedendosi sul divano dell’officina, a fianco a lui. Youngjae gli lanciò un ghigno indecifrabile.

«Non c’è male. Stare con voi mi sta aiutando molto. È un po’ diverso da come immaginavo che fosse, date tutte le voci che giravano sul vostro conto,» gli disse, guardandolo abbassare la testa e aprire le labbra in un mezzo sorriso, quasi imbarazzato. Avendo paura che fraintendesse, Youngjae si affrettò a spiegare. «Lo dico in modo positivo! Non avrei pensato che poteste essere così… normali. Tutti parlano di voi come se foste dei demoni scesi in terra.»

Questa volta, Yongguk rise di gusto. «Lo immaginavo,» commentò. Da dietro di loro, Himchan, che era rimasto in ascolto mentre lavorava su un’auto che un loro cliente gli aveva portato (“Per farla diventare un gioiellino speciale”), disse ad alta voce: «Colpa della tua faccia spaventosa, Bbang.» Yongguk decise di ignorarlo, così Youngjae lo imitò, sentendosi anche un po’ in colpa per l’altro hyung. Himchan, dal canto suo, non diede loro molta importanza.

«Non siamo un gruppo numeroso,» disse Yongguk, sprofondando nel confortevole divano, «e nemmeno siamo come la maggior parte delle gang qui intorno. Pensavo che il nostro comportamento da Robin Hood non ti sarebbe andato a genio.»

«No,» rispose subito Youngjae. «No, va benissimo. Penso che sia molto nobile.»

Nei mesi precedenti, avendo partecipato alle operazioni dei B.A.P, era spettata anche a lui la sua parte di ricompensa. Mentre la maggior parte di quello che avevano ricavato andava a certi affari che avvenivano nel sottosuolo, lontani dagli occhi indiscreti dei cittadini onesti, Youngjae fu sorpreso nel scoprire che una piccola parte andava ad un’associazione di beneficenza. Non aveva mai incontrato, in quella cerchia illegale, persone del genere.

A quelle parole, il leader, con lo sguardo basso, alzò i lati della bocca in un sorriso – seppur poco convinto, sembrò a Youngjae. «Grazie. È passato molto tempo da quando mi hanno considerato così.»

Passò un silenzio teso. Youngjae ebbe la sensazione che Yongguk volesse dire qualcos’altro, ma quest’ultimo non proferì parola. Stava per chiedergli se ci fosse qualcosa che lo stesse turbando, quando Himchan parlò al suo posto, con un tono che era appena udibile da dove erano seduti.

«Non siamo nobili,» gli disse. «Siamo sporche, cattive persone. Il genere di ragazzi che proibiresti a tua figlia di frequentare. Anzi, siamo sicuramente peggiori di loro.»

Himchan poi si scusò per doverli lasciare soli, dicendo di dover andare a recuperare un po’ di materiali dal ripostiglio, e sparì dietro la porta. Yongguk e Youngjae furono lasciati nell’atrio dell’officina Kim. Passò qualche momento prima che il primo ricominciasse a parlare. «Himchan ha ragione. Siamo lontani dall’essere brave persone. Siamo sporchi assassini e trafficanti di droga e schifosi fuorilegge, tutti lo sanno.»

L’espressione di Yongguk era più cupa di quanto Youngjae avesse mai visto su di lui. Le mani giocherellavano l’una con l’altra, e tutto del suo corpo – dalle spalle basse al suo sguardo costantemente incollato al pavimento – sembrava voler negare tutto quello che, di fatto, era. «Le nostre buone azioni non compenseranno mai quello che stiamo facendo. Mi vergogno persino di guadagnare i soldi in questo modo, ma che ci possiamo fare? Nessuno di noi cinque ha avuto molte scelte.»

Finalmente alzò gli occhi sul più giovane, combattendo l’immensa voglia di distogliere lo sguardo. «Ognuno ha qualcosa, una storia, un motivo che non vuole far sapere agli altri. Questo vale anche per tutti noi B.A.P; non credere che siamo solo demoni senza cuore,» gli confidò. A Youngjae parve che, in quel momento, il leader gli stesse praticamente porgendo la parte più vulnerabile, la sostanza attorno alla quale ruotava tutto il gruppo.

Cercò di trovare le parole giuste, ma non gli venne in mente niente. «E tu, hyung?» gli chiese semplicemente, sentendosi sciocco e indiscreto nel sentire la sua stessa voce. Tuttavia, anche se lo fosse stato per davvero, Yongguk non lo notò, e gli lanciò un triste sorriso.

«Ho un fratello,» gli rispose. «È in coma da sei anni.»

Youngjae ascoltò il leader raccontargli di ciò che lo aveva portato sino a lì – il padre, leader di un gruppo proprio come lui; il suo gemello in bilico tra la vita e la morte sin da quando capitò in una sparatoria; il desiderio di vendetta che da allora era cresciuto fino a seguire le stesse orme del padre; il modo in cui aveva accolto gli altri membri sotto la sua ala. Sarebbe sembrato sciocco da un punto di vista esterno, la sua decisione si adattava perfettamente alle circostanze. Youngjae accettò tutto quello che gli fu raccontato.

«Vedrai che anche gli altri se la sentiranno di raccontarti di loro,» gli disse poi, con una pacca sulla spalla, «Siamo una famiglia, ora.»

In quel momento, Himchan ritornò, e diede loro un’occhiata sospettosa. Chiese a Yongguk se avesse detto qualcosa di strano sul suo conto al povero Youngjae, e lui rispose di no, con una risata.

Le parole di Yongguk si avverarono presto. Nei successivi mesi, uno ad uno, Youngjae ascoltò con pazienza (e anche un po’ di curiosità) i membri aprirsi a lui. Il giovane Junhong era scappato da una casa con una storia di violenza e abusi domestici. La ricca famiglia che aveva adottato Daehyun non gli mostrò mai il calore che si era aspettato, deludendolo profondamente. Himchan aveva guardato la madre prostituta negargli la parentela sin da quando aveva ricordi. Jongup aveva dovuto sopportare un padre criminale con aspettative troppo alte.

Youngjae imparò tutte le sfumature di quel gruppo, persino quelle più subdole, e le accettò tutte quante senza neanche un minimo di esitazione. Pensò che era questo, ciò che rendeva i B.A.P tali, perché la sincerità con cui glielo avevano confidato era tanto ingenua e disarmante che sembravano solamente dei ragazzi spaesati, e non criminali ricercati.

 

Quando Jongup e Daehyun scesero le scale e misero piede nel sotterraneo arido, gli EXO erano già lì ad attenderli. Non erano nella totalità del loro gruppo, ma i B.A.P sapevano che avrebbero fatto meglio a non fare passi falsi di fronte a loro.

I due attraversarono la banchina della stazione con lunghi passi. Da davanti a loro, un ragazzo sorrise affabile alla coppia. «Hey, Jongup,» salutò, offrendo una mano che Jongup strinse con confidenza.

«Kai. Grazie per essere venuto,» gli disse.

«No problem. Più che altro, mi ci hanno obbligato,» rise Kai, e Jongup lo imitò. I due non erano esattamente amici per la pelle (far parte di due gang diverse significava non fidarsi completamente l’uno dell’altro), ma si conoscevano abbastanza da considerarsi, perlomeno, più che comuni conoscenti.

Kai introdusse i due hyung che lo avevano accompagnato – Baekhyun, il più basso tra i tre, e Luhan, che indossava un’espressione neutra sul viso. Jongup fece lo stesso, nonostante Daehyun e Baekhyun non ne avessero bisogno, essendosi i due già incontrati in precedenza quando i due gruppi dovevano trattare.

Le due parti si scambiarono dei brevi cenni di riconoscimento. Daehyun non perse tempo ad andare direttamente al sodo, volendo finire il tutto più rapidamente possibile: «Allora, avete preparato la roba?»

Fu Baekhyun a rispondergli, con un largo sorriso sulle labbra. «Tutta qua,» e mostrò loro, con fare orgoglioso, due casse di legno ai loro piedi. «Sono ancora fresche di fabbrica, nuove di zecca!»

Daehyun lanciò un’occhiata alle casse, e si accovacciò per esaminarle, impaziente. Stava per sollevare di coperchio di una, ma un piede premette sulla sua superficie quasi istantaneamente, forzandolo giù. Il ragazzo alzò lo sguardo e lo scontrò con quello duro di Luhan, che lo guardava con sufficienza. «Non ancora,» disse, e allungò la mano verso Daehyun, indicando che prima avrebbe dovuto pagarlo. Daehyun si voltò allora verso Jongup, sapendo che per quella volta avrebbe dovuto lasciar fare a lui.

Kai sospirò. «Senti, Jongup,» cominciò a dire, «lo faccio solo perché siamo amici, e perché i nostri due gruppi sono in buoni rapporti. Ne ho parlato con i miei boss, e sono riuscito a convincerli a lasciarvi andare con solo un anticipo. Quanto avete, ora?»

Jongup gli porse una cassetta che si era portato fino al luogo d’incontro. «Sono diecimila.»

Kai diede una veloce occhiata ai mazzi di banconote impilati ordinatamente uno sopra l’altro, e passò la cassetta a Baekhyun e Luhan al suo fianco. I tre si scambiarono uno sguardo complice, un codice segreto che solo loro riuscivano a leggere. Dopodiché, il ragazzo si voltò nuovamente verso il suo amico. «Va bene,» sospirò. «Solo, assicuratevi di restituite il resto. Non ci piace aspettare, okay?»

Dentro di sé, Jongup si rilassò a quelle parole. «Non ti preoccupare, fra un paio di giorni vi pagheremo tutto quello che vi dobbiamo.» Kai accettò le sue parole con un cenno del capo.

Daehyun ebbe l’impressione che Jongup avesse assunto un tono più cupo del solito, ma non lo biasimò. Invece, si voltò a guardare Luhan, che finalmente si decise a togliere il suo piede dal coperchio della cassa. Daehyun si affrettò a scoprirne il contenuto.

All’interno vi era una pila di innumerevoli pistole. Le loro superfici riflettevano, in un lieve scintillio, la debole luce della lampada sopra loro, che di tanto in tanto si spegneva a scatti. Ve ne erano di diversi tipi, la maggior parte erano delle pistole semiautomatiche (Glock 17, 19, 21; Beretta Serie 81, 8000, 92; le centerfire della Ruger), ma si potevano distinguere anche alcune pistole mitragliatrici. Daehyun ormai non si sorprendeva più della grande quantità di armi da fuoco, ma le sue mani fremettero automaticamente al pensiero di poterne impugnare delle nuove comunque.

Baekhyun ghignò alla vista di tutte quelle pistole. «Belle, vero? Penso che quelle appena uscite dalle fabbriche siano le migliori: intoccate e perfettamente funzionanti, e sarai tu l’unico a sapere come maneggiarle nel migliore dei modi.»

Mentre Daehyun fece un sorriso di cortesia, Luhan invece roteò gli occhi alle sue parole, preferendo picchiettare l’altra cassa con la scarpa. «Qui dentro ci sono le munizioni,» informò i loro acquirenti.

In effetti, quando Daehyun sollevò il suo coperchio, fu accolto dalla vista di proiettili di diverso calibro, e a sua volta ogni calibro arrivava in diversi tipi. Da sole, le pallottole sembravano tanto innocue da poter essere scambiate per giocattoli, ma ognuno di loro, naturalmente, sapeva bene che una quantità del genere rappresentava una miniera. Non d’oro, come il loro colore suggeriva, ma di qualcosa di più macabro e sinistro.

Dalla prima cassa, Jongup raccolse una pistola – una Glock 19 – e la esaminò alla luce della lampada. Ogni linea era stata perfettamente studiata e disegnata, il profilo non aveva alcun difetto estetico, l’impugnatura dava una sensazione diversa dalla sua vecchia pistola, ma si adattava perfettamente alla sua mano destra. Con la sinistra, percorse la superficie liscia del carrello, e lo tirò indietro.

Un secco ‘click’ risuonò contro le pareti spoglie del sotterraneo.

 

Quel pomeriggio, al tramontare del sole, Yongguk si era seduto sul divano di pelle rossa al secondo piano del loro covo. Osservò per un momento il tavolo da biliardo di fronte a lui, che aveva ancora la pianta della città stesa sopra, e i modellini di auto erano rimasti nella posizione in cui li avevano lasciati giorni fa: due automobili che intrappolavano un furgoncino sia dalla parte anteriore che posteriore.

Da Himchan aveva sentito che il tuning delle due monovolume era stato completato perfettamente, e che quella sera avrebbero potuto utilizzarle senza problemi. Yongguk lo aveva ringraziato per il lavoro, decidendo poi di prendersi un momento per sé.

In poche ore, avrebbero finalmente messo le mani sul denaro con cui avrebbero potuto liberare Youngjae, ponendo fine a quella storia una volta per tutte. Yongguk fremeva per l’impazienza. La sua memoria ripercorse i momenti in cui lo avevano mostrato picchiato e sanguinante, e si chiese come il suo membro se la stesse cavando nelle mani del nemico.

Youngjae si era aggregato a loro solo un anno e mezzo prima, tuttavia ciò non significava che contasse meno degli altri. Anzi, i membri non esitavano a fare affidamento su di lui. Per certi era un fratellino di cui prendersi cura, per altri un fratello maggiore da seguire. Sebbene all’inizio si sospettassero a vicenda, rifiutando di porre la minima fiducia in lui (era normale, date le circostanze sotto le quali si erano conosciuti e con il genere di passato che ognuno aveva), presto nessuno ebbe problemi a trattarlo come uno di loro.

Ripensandoci, Youngjae aveva fatto davvero molto per i B.A.P. Il suo acuto senso di osservazione gli era valso il titolo di “Cervello” del gruppo, e non poche volte aveva aiutato gli altri membri con i loro allenamenti. Era stato lui a suggerire degli accorgimenti quando pianificavano le loro azioni, lui a dare consigli e a svelare piccoli trucchetti che aveva imparato dall’esperienza lui stesso, e sempre era lui quello disponibile per parlare (o, secondo Daehyun, che riusciva a sopportarlo).

Yongguk non era mai stato il tipo da essere interessato nell’esistenza di un Dio. Eppure, guardando la collana con il simbolo di una croce gotica che Youngjae gli aveva regalato tempo prima (“Ho pensato che ti si addicesse”), sperò che, qualsiasi fosse l’entità che stava governando su loro, potesse aiutare lui e i B.A.P ad avere successo nella loro operazione.

 

La notte arrivò silenziosa, strisciando come un’ombra sulla città che si preparava per il giorno successivo. Molte persone, tuttavia, ancora non erano pronte per il sonno; in particolare cinque ragazzi che, nell’oscurità, erano usciti fuori da una certa officina e ora erano solo in attesa dell’ora stabilita.

Quattro di loro erano distribuiti equamente in due auto dalla carrozzeria scura. Himchan era alla guida della prima, accompagnato da Jongup. Al volante della seconda vi era Daehyun, con a fianco Zelo. I due conducenti aspettavano pazientemente che il loro leader desse loro le istruzioni.

Sul terrazzo di un edificio vicino, Yongguk attese che i due addetti al trasporto uscissero dalla porta di servizio. Avrebbe voluto partecipare anche lui all’azione effettiva, ma le parole del maknae (“Non dovresti venire con noi. Se fossimo tutti catturati, cosa ne sarà di Youngjae hyung?” aveva detto) convinsero il resto dei membri a lasciarlo fuori.

Abbassò lo sguardo sull’orologio da taschino che aveva appeso al collo – erano passati dieci minuti dalle 23. In quel momento, i due uomini uscirono dall’edificio, portando con sé due grossi sacchi di stoffa scuri. A quella vista, Yongguk parlò nella sua ricetrasmittente, ed ordinò ai suoi compagni di tenersi pronti e in posizione.

Il leader osservò la porta del camion chiudersi in uno scatto, mentre la chiave veniva presa in custodia da uno dei due addetti. Quando questi salirono sul furgone, Yongguk diede il via ai suoi membri.

Le due auto arrivarono in un basso rombo appena il camion dei trasporti accese il suo motore. Gli vennero bloccati in pochi secondi la via anteriore e posteriore, e gli addetti, non capendo cosa stesse succedendo, scesero dal mezzo con occhiate allarmate. I B.A.P fecero lo stesso, con la loro identità nascosta da una maschera alzata sul viso. Da una parte, Jongup e Daehyun formavano un gruppo, dall’altra c’erano Himchan e Zelo.

Non persero tempo. Mentre Zelo distraeva e provocava l’uomo, Himchan scattò subito in avanti, avvolgendo un braccio attorno al suo collo con forza, strangolandolo in una presa carotidea.

Daehyun, invece, aveva scelto una via più brutale per quanto riguardava il loro uomo, tirandogli una ginocchiata nell’addome e bloccandolo da dietro. Jongup poté subito tirargli un pugno da sotto il mento. Completamente stordito dal colpo, l’addetto al trasporto perse quasi subito conoscenza, e quando Daehyun lo lasciò andare, il suo corpo crollò per terra, immobile. I due cercarono la chiave per il lucchetto del camion che aveva menzionato Yongguk, ma non lo trovarono. Capirono che era, allora, con l’altro uomo.

Dall’altro lato del furgone, con Himchan che non aveva intenzione di lasciare la presa sul collo dell’addetto, Zelo cercò frettolosamente la chiave, mentre lui si dimenava energicamente. La trovò appesa alla cintura, e con fatica riuscì a districarla. Jongup, a quel punto, chiamò da dietro Zelo il suo nome, e questi gliela lanciò prontamente.

Una volta presa, Jongup si affrettò a sbloccare la porta blindata del camion. In un attimo, l’anta si spalancò in un suono sordo e rivelò le due sacche scure piene di denaro. Daehyun e Jongup si scambiarono un’ultima, veloce occhiata d’intesa e, senza altra esitazione, ne afferrarono una ognuno. Daehyun corse subito verso la loro auto, sostata posteriormente al furgone dei trasporti. Jongup, invece, passò rapidamente la sua sacca a Zelo.

Le loro strade si divisero nuovamente, in modo da poter essere difficilmente seguiti: Daehyun e Jongup sgommarono via per primi, portando la loro parte di bottino con sé; Zelo sfrecciò subito verso la monovolume di Himchan, che dovette aspettare che la sua vittima perdesse effettivamente i sensi prima di lasciarlo andare. Poi, anche loro si affrettarono a lasciare il viale, prima che la sicurezza arrivasse.

Avendo visto la scena svolgersi davanti a lui in poco più di un minuto, Yongguk non perse tempo ad allontanarsi dal luogo incriminato, verso i suoi compagni che lo aspettavano al punto d’incontro prestabilito.

Quando le guardie della banca arrivarono, dei B.A.P era rimasto solo il segno dei pneumatici sull’asfalto. Si erano dileguati così come erano arrivati, in un soffio di vento, come sempre avevano fatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A/N: sapevate che il corpo di un essere umano, se venduto in tutti i suoi componenti (vale a dire non solo organi, muscoli, scheletro, eccetera, ma anche i componenti chimici), in totalità varrebbe più di quaranta milioni di dollari aka più o meno trentacinque milioni di euro? Potreste comprarvi più di duemila auto con tutti questi soldi. Per cui, quando vi sentirete inutili, ricordatevi di questo, perché voi valete. (cit.)

Per tutto il tempo che ho scritto questa terza parte, ho continuato a ripetermi: “Giuro che non sono una criminale,” mentre facevo ricerche su pistole, mercati neri, attività illegali, il motivo per cui le persone diventano dei criminali e via dicendo. A proposito, le pistole che avevano i B.A.P nell’MV erano proprio delle Glock, ma non so che modello.

Il “tuning” delle auto è praticamente il “truccare” le auto in GTA. Si tratta di modificare le auto in modo tale che possano andare più veloci, o avere meno attrito sull’asfalto, qualsiasi cosa che possa migliorare (o peggiorare, è la stessa cosa) le loro prestazioni. Avete visto cosa fa Himchan nell’MV, no? Quello. E poi, quando parlavo di gare/corse clandestine, mi riferivo alle corse tra macchine, che naturalmente sono illegali.

Venti milioni di dollari sono tantissimi, e dubito fortemente che venga trasportato tanto denaro in un solo colpo. Ergo, vorrei scusarmi per l’incorrettezza.

Ho deciso che Kai e Jongup potevano essere amici solo perché sono le due dancing machines lmao. Ero indecisa tra Lay e Kai, ma poi mi sono ricordata che Kai è coreano e ha solo un anno in più di Jongup, quindi ho scelto lui. Trivia: Suho e Himchan sono amici anche nella realtà! E io ho un gran debole per B.A.PEXO sob.

Il prossimo capitolo sarà l’ultimo! Non sono sicura di volerlo pubblicare interamente o in due parti diverse, dal momento che è molto più lungo di un capitolo normale e ha flashbacks a go go lmao.

Rainie

   
 
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