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Autore: Sylia2000    26/08/2014    0 recensioni
La storia narra di questa ragazza, Sofia, presa di mira da un governo dispotico. Per il momento si è rifugiata tra i ribelli, ma per quanto ancora potrà contare sul loro aiuto per sfuggire all'Esercito?
Dal prologo: "Eppure è vero. Nessun istinto di sopravvivenza mi sta arrivando in soccorso. Nessun principe azzurro. So solo che il dolore sta scemando dal mio corpo, così come la mia vita."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maybe there's still Hope.
Le palpebre scattano all'insù senza preavviso, e so di essere viva. Le mie percezioni tornano un po' per volta, lentamente. Prima il soffitto, fatto in legno chiaro, con assi grezze, poi la coperta che mi copre, morbida e leggera, l'odore di una zuppa, che mi fa brontolare lo stomaco. Il rumore di qualcuno che traffica ai fornelli, e il fruscio delle vesti quando si gira verso di me.
-Ah... e così hai aperto gli occhi eh?- dice, entrando nel mio campo visivo. Porta una lunga tunica marrone scuro, con una corda rossa legata in vita. -Ormai non ci speravo più-
Il suo è il volto di un vecchio che ha visto di tutto nella vita, che ha gioito e sofferto molto, pieno di rughe e grinze, contornato da una foresta di capelli bianchi.
"Dove mi trovo? Che ci faccio qui?"  provo a porre queste domande, ma la mia voce non vuole uscire, nonostante i miei sforzi.
-Non parlare, è ancora troppo presto. Ti sei svegliata appena in tempo per il pranzo, sai? Ora ti aiuto a mangiare, e appena ti sentirai meglio, risponderò a tutte le domande che vorrai farmi.-
Detto questo, mi aiuta a mettermi a sedere, e io approfitto della mia nuova posizione per guardare meglio la stanza. Così come il soffitto, anche le pareti e il pavimento sono fatti in legno grezzo, insieme  alla maggior parte dell'arredamento. Sono sdraiata su un divano verde, e di fronte a me c'è un tavolo,con alcune sedie. Accanto alla porta si trova una piccola cucina, e sul fornello c'è un pentolone da cui viene l'odore di zuppa. Un paio di bombole del gas (presumibilmente vuote) sono stazionate in un angolo poco lontano. Ad ognuna delle quattro pareti è affisso un crocifisso. Strano. Non sono mai stata religiosa, perciò non ne avevo mai visto uno da vicino. Il vecchio ritorna, e mi imbocca come una bambina di due anni. Sono talmente mortificata che vorrei sprofondare, ma non c'è veramente niente che io possa fare: mi sento così debole che non riesco nemmeno a sollevare le dita. Finito il buonissimo (ma veramente imbarazzante) pasto, il vecchio posa la ciotola e mangia anche lui, dandomi il tempo di tormentarmi con domande le cui risposte mi spaventano.
Chi è questo tizio? Perchè mi ha aiutata? Che fine ha fatto l'esercito? Per quanto ho dormito? Come ho fatto a sopravvivere?
-Se corrughi un altro po' le sopracciglia, va a finire che ti vengono le rughe. Credimi bambina mia, sarebbe un peccato rovinare un visino carino come il tuo- Dice il vecchio una volta finito di mangiare. D'accordo, adesso... andiamo in ordine di importanza.
-Per quanto ho dormito?-
In realtà volevo chiedergli "Chi sei?" ma a quanto pare l'essere quasi affogata ha disconnesso il mio cervello dalle labbra. Mi stupisco io stessa della mia voce. Sembra quasi che qualcuno mi abbia grattato le corde vocali con una grattugia. 
-Tre giorni- risponde lui tranquillo. -Ti ho trovata giù al fiume, praticamente mezza morta, non ero nemmeno sicuro che ti saresti svegliata, ma non era giusto lasciarti lì- 
Bene. Il vecchio è uno che va dritto al punto, senza mezzi termini. Proprio come piace a me. Non ha senso indorare la pillola.
-E... Tu... Tu chi sei?- 
-Sono un uomo di chiesa e religione, che ha scelto di dedicare la vita a Dio e ai suoi insegnamenti, trascorrendo la mia esistenza nella natura, e andando in città solo per comprare alimenti di prima necessità- 
Wow... Che matto...
-Ok...-comincio a dire, esitando. Nonostante sia evidente che dice la verità, che viva isolato dal mondo, è praticamente impossibile che non sappia chi sono.
-Emh... Non che non ti sia riconoscente, anzi, ti sono molto grata per avermi salvata ma... Perchè non...?-
-Perchè non ti ho consegnata all'esercito non appena ti ho riconosciuta? Perchè al cospetto di Dio siamo tutti uguali, signorina Lemani, perciò trattarla come peccatrice quando in realtà non ha infranto alcun comandamento, ma solo una sciocca legge terrena... Sarebbe stato alquanto deplorevole, da parte mia, confondere la Legge del Cielo con quella di noi miseri esseri umani. Per quanto mi riguarda, lei è assolutamente innocente.-
Ho appena deciso che d'ora in poi adorerò i comandamenti. E chi è talmente matto da rinunciare alla ricompensa per la mia cattura per fede. Sì, adoro questo tipo. Ho finito le domande, perciò rimango in silenzio per un po', mettendo a posto le idee. Sollevo di nuovo lo sguardo, ma quando i miei occhi si posano sul vecchio, mi accorgo che sta dormendo. Lo schienale della sedia è alto, e ha entrambe le braccia appoggiate ai braccioli. Insomma, immagino che solitamente usi il divano, e improvvisamente mi sento pervadere da un profondo senso di colpa, non solo per avergli rubato il letto, ma soprattutto perchè, più ci penso, più sono convinta che la mia presenza qui potrebbe dargli problemi ben peggiori: l'ultima cosa che voglio è che venga accusato di alto tradimento per avermi curata e nascosta. Un dubbio mi affiora in testa, e la mia mano va automaticamente alla gola: Il ciondolo è ancora lì, la forma di piuma rassicurante tra le mie mani. Un'ondata di sollievo mi attraversa: ho seriamente temuto di averlo perso. Devo andarmene prima che l'esercito mi trovi, e anche prima che si svegli: sono piuttosto sicura che non mi lascerebbe andare volentieri, non prima di essersi assicurato che io sia completamente guarita. Ora, non fraintendetemi: mi sento uno schifo; ora che ho mangiato sento una stanchezza profonda, di quella che ti pervade le ossa, e credo di avere anche un po' di febbre. Mi tremano le braccia e le gambe. Tuttavia, so bene di non potere stare qui a lungo: l'Esercito avrà già organizzato delle squadre di pattuglia e, considerando quanto ci tengono a catturarmi, immagino stiano esplorando ogni singolo acro di bosco, su entrambe le sponde. E, non appena vedranno questa casetta, sarà il primo posto che controlleranno. Conclusione: devo andarmene, prima di mettere il vecchio in pericolo, ora e subito. Provo a tirare via il lenzuolo con le poche forze ritornatemi dopo la zuppa, ma mi sento come se nelle vene mi scorresse del piombo, al posto del sangue. Solo dopo aver tolto il lenzuolo di mezzo, ed essere riuscita a buttare giù una gamba dal divano, mi accorgo di avere indosso dei vestiti puliti. E' una camicia da notte verde, di taglio sartoriale, da donna, un po' troppo grande per me. Qualcosa di pregiato che mal si abbina alla povertà della casa. Magari era della moglie del vecchio, o forse di sua figlia. Bhè, ad ogni modo, è già abbastanza difficile tentare la fuga così, dopo un mezzo annegamento e tre giorni di coma: di certo l'ultima cosa di cui ho bisogno adesso è divagare. Adesso entrambi i miei piedi nudi stanno toccando il pavimento freddo, di legno scuro. Lentamente, cerco di mettermi in piedi. Ce l'ho quasi fatta, con gambe tremolanti e tutto il resto, quando all'improvviso mi si oscura la vista. Sento il mondo girare attorno a me, e ricado pesantemente sul divano. Aspetto qualche secondo, consapevole di essere vittima di un attacco veramente forte di vertigini, e che dovrebbe passare a momenti. L'oscurità si dirada leggermente, ma dopo diversi secondi è ancora lì, con quella nausea e la sensazione di stare cadendo. Ok. Con calma. Mi sdraio di nuovo e molto lentamente porto i piedi sullo schienale del divano. Le vertigini passano, ma adesso il mio corpo è ancora più scombussolato di prima. Un mal di testa atroce mi affligge le tempie, e prima di rendermene conto, sto già dormendo.

Al mio risveglio, il vecchio è sparito dalla sedia. Accanto a me, su un tavolino basso, c'è un bicchiere d'acqua e un cesto di pane. Mi rendo conto di avere una fame assurda, e divoro tre panini prima di concedermi un po' d'acqua. Riprovo a muovermi. Adesso faccio molta meno fatica, anche se mi sento ancora come se avessi le ossa  a pezzi. Stavolta ho deciso di prendermi più tempo: mi metto seduta dritta sul divano. Aspetto qualche secondo, poi striscio fino al bordo e poi mi butto giù a testa sotto, finendo con la schiena sul pavimento freddo e i piedi appoggiati ancora al divano. Non proprio la posizione ideale visto che sto indossando una camicia da notte, ma vabbè. Tanto per adesso non c'è nessuno. certo che, se dovesse arrivare il vecchio e vedermi così, sarebbe parecchio imbarazzante. Parecchio imbarazzante. E questo mi porta ad un'altro interrogativo non proprio felice: Ho una camicia da notte addosso, ma i miei vecchi vestiti non ci sono più: ora, o ho la capacità di cambiarmi nel sonno (ed un sonno veramente moooolto profondo) oppure, ipotesi più probabile, qualcuno mi ha cambiata. Quindi, dal momento che non sembra esserci nessuno in questa casa eccetto noi due, dev'essere stato il vecchio. Questo sì che è imbarazzante. Una volta finito il mio ragionamento, decido che è il momento di mettermi un po' alla prova (sperando di non finire lunga distesa come un sacco di patate, ovviamente). Tiro giù le gambe dal divano e mi metto in ginocchio, con cautela. Niente. Ok. Prendo un respiro profondo e provo ad alzarmi, una gamba per volta. Tutto bene. Alla fine sono in piedi, e devo aggrapparmi solo per qualche secondo alla spalliera del divano, combattendo le vertigini. Quando mi passano, provo a muovere un passo, con la gamba tremante. Poi un'altro. Continuo così, finchè non arrivo al muro, dove c'è una finestra rettangolare nascosta da una tenda di pesante velluto  arancione. Anche questa sembra un po' in contrasto con l'aspetto apparentemente povero della casa. Non sono fatti miei, quindi cerco di dirottare i pensieri altrove. La finestra. Voglio cercare di dare un'occhiata fuori. Devo essere veramente veloce, perchè se qualcuno sta tenendo d'occhio la casa, non voglio dargli un motivo per fare irruzione e chiamare rinforzi. Per assicurarmi che i miei riflessi non mi abbiano abbandonata del tutto, provo un paio di volte il movimento prima di farlo. Uno strappo alla tenda secco, per scostarla, e poi il cambio di direzione, senza pause, per richiuderla. Quando sono soddisfatta della velocità del mio braccio, lo applico alla tenda. E' solo per un istante, eppure riesco a vedere la selva del bosco, la piccola radura dove sorge la casa, e lo scintillio del fiume poco distante. Il tutto illuminato dal tenue rosso-arancio del tramonto, che rende il tutto molto più bello e suggestivo. Bene. Informazioni acquisite: 
1. Il vecchio diceva la verità: vive isolato dal mondo.
2. Seppur lentamente, sono in grado di camminare. 
3. E' il tramonto, e se quando mi sono svegliata la prima volta era l'ora di pranzo, a meno che di non aver dormito un giorno intero, sono rimasta incosciente dalle cinque alle sette ore.
Proprio quando finisco questo pensiero, la porta si apre, lasciando entrare il vecchio, che quando mi vede, dice con voce divertita: 
-Oh, ma bene, siamo svegli. D'accordo bambina, dimmi pure: ti serve qualcosa?-
-Volevo innanzitutto ringraziarla per avermi salvato la vita e... sì avrei un informazione da chiederle- Rispondo, guardandolo con sincera gratitudine.
-Bene, allora chiedi pure-
-Io... Sto andando in una città, una città chiamata Limea... Lei... Lei sa come arrivarci per caso?-
Chiedo con fare esitante. Sarebbe meglio che nessuno sapesse dove sono diretta, ma non posso certo andare alla cieca; e poi, se questo vecchio avrebbe voluto tradirmi o vendermi, l'avrebbe già fatto.
-Limea eh? Capisco, è dove vivevi con i tuoi genitori giusto? Bhè è comprensibile che tu vada lì sai, ma non puoi- Dice dopo un attimo di pausa.
-Senta, io le sono veramente molto grata, so di non essere completamente guarita e che come tappa finale è un po' prevedibile e che l'esercito potrebbe facilmente intercettarmi, ma non ho altro posto dove andare.- 
-Il problema- Risponde lui tranquillo -E' che non puoi proprio andarci. Non è questione...- dice, alzando un po' la voce per impedirmi di interromperlo -...Di prevedibilità o guarigione. La città è in blocco da due giorni ormai: nessuno entra e nessuno esce, e chiunque si avvicini nell'arco di cento metri viene fermato dalle pattuglie, identificato e perquisito.-
Vedo tutte le mie speranze andare in frantumi. Adesso ho veramente bisogno di sedermi: i sento come se d'improvviso mi avessero succhiato via tutte le energie. Il mio cervello lavora a tutto ritmo. Se hanno istituito un blocco, avvicinarsi alla città è impossibile, non avrebbe senso nemmeno provarci. Certo potrei cercare di infiltrarmi introducendomi in una vettura che entri, ma se poi la perquisissero io finirei dritta dritta nelle mani dell'Esercito, e porterei alla morte con me il pover'uomo proprietario della vettura. Ci sono le fogne, anche se a questo punto penso che abbiano già sigillato tutti i tombini al di fuori delle antiche mura dalle quali è circondata Limea. Ma se non posso tornare a casa, dove andrò? Probabilmente ci sono dei focolai ribelli, nelle altre città, ma non saprei dove trovarli, e la maggior parte di essi saranno caduti dopo che l'esercito ha preso il gruppo principale. E quindi? Cosa farò, vivrò da raminga con questo vecchio per sempre? Non ho altro posto dove andare. I ribelli erano un rifugio sicuro, ma io stessa l'ho distrutto con le mie mani. E l'Esercito mi ha fatto pagare caro il prezzo del mio errore, negandomi anche l'altra unica possibilità che mi rimaneva. Tutto d'un colpo, la consapevolezza di cosa ho fatto, della mia colpevolezza, mi cade addosso come una macigno. Senza rendermene neanche conto, sono tornata lentamente al divano, e mi sto tenendo la testa tra le mani,le dita affondate nei capelli, i gomiti sulle ginocchia. E' colpa mia. Quando il vecchio parla di nuovo, trasalisco, perchè mi ero quasi dimenticata che fosse lì.
-Non disperarti, bambina, c'è un'altra possibilità per te. Ma bada bene, questa è l'ultima, perciò dovremo essere molto cauti-
le sue parole hanno su di me l'effetto di un balsamo sulle ferite. Alzo la testa di scatto, con gli occhi pieni di speranza, e lo guardo come se fosse l'ottava meraviglia del mondo. 
-Dì un po', bambina, ti sei mai chiesta come hanno fatto i ribelli a sapere subito che ti avevano presa e che ti stavano portando al Quartier Generale dell'esercito per giustiziarti, un anno fa?-
Mi sta guardando attentamente, come per leggere la mia reazione.
Sinceramente, sono piuttosto confusa.  
-Bhè, in realtà...-
Per un attimo mi stupisco io stessa di quanto sia roca la mia voce. La schiarisco, per poi continuare
- ... In realtà non ci ho mai riflettuto veramente, e nessuno ne ha mai accennato perciò... Immagino di essermi ritenuta semplicemente fortunata.- Faccio una piccola pausa, per rifletterci sopra -Però, adesso che me lo fa notare... Ci sono state troppe circonstanze fortunate in quel periodo. O sfortunate.-
-Spiegati meglio, bambina-
-Bhè, quell'anno sono cambiate un mucchio di cose: il Supremo Generale, per esempio, è morto, e la carica è stata acquisita dal figlio. Quella primavera, al Test, c'è stata una prova scritta, cosa che non era mai capitata prima. Non solo, bisognava.... Si doveva creare un testo, in altre parole, scrivere. E' stato per quello che mi hanno scoperta: per quanto avessi cercato di soffocare il mio talento, ero comunque spiccata tra i miei compagni della scuola di Oratori. E poi... è successo tutto così in fretta... Mi hanno catturata, mi hanno trascinato in un camion con la cella, e dopo poche ore mi hanno liberata i ribelli.-
Aspetta, aspetta, aspetta: sto cominciando a capire dove vuole andare a parare il vecchio...
-Ma è impossibile che sapessero dove mi stavano portando, quindi come hanno fatto ad intercettarmi?- sussurro a bassa voce a me stessa. Sono vagamente consapevole del fatto che il vecchio mi stia guardando con una sorta di orgoglio mista a curiosità. Il fatto è che, quando penso, sono solita lasciare tutto il resto fuori, e a non lasciare che i rumori e le presenze altrui mi distraggano: è così anche quando scrivo o quando leggo. All'improvviso mi rendo conto che la cosa più semplice del mondo, e alla quale non avevo affatto pensato, è la risposta.
-Una spia...- Dico a voce un po' più alta, incredula -C'era una spia nella mia scuola... o forse un'intera rete di spie...-
-Ci sei andata vicina, bambina. In realtà, eravamo in due-
Mi interrompe il vecchio, risvegliandomi dai miei pensieri.
-Aspetti un attimo... Ha appena detto "Eravamo"?-
-Sì, bambina, l'ho detto. Quando tu hai fatto il test io ero l'attuale preside in carica nella scuola di Oratori. Erano già un paio d'anni che ti tenevo d'occhio, sai intravedevo del potenziale in te, e intuivo anche che lo tenevi nascosto. Naturalmente, se ti avessi chiesto qualcosa ti avrei spaventata a morte, e i tuoi genitori ti avrebbero probabilmente trasferito all'istante in un'altra scuola (erano abbastanza influenti da poterlo fare); se fosse successo ti avrei perso di vista, e non avrei potuto aiutarti qualora ti fossi fatta scoprire. Sostituii allora la tua insegnante con un'altra, la seconda spia di cui ti ho parlato, e lei ti tenne sotto osservazione per tutto l'anno, fino a quando, correggendo il tuo tema al Test, non potè fare a meno di rivelare all'esercito la tua identità. Non appena i soldati sparirono dalla stanza dove si teneva la correzione dei compiti, contattò immediatamente i ribelli, rivelandogli anche la tua destinazione finale, che era riuscita a carpire dalle guardie.-
Rimaniamo entrambi un attimo in silenzio. Io, sbigottita, cercavo di assorbire tutte quelle informazioni. Sapevo che per togliermi dalle grinfie dell'esercito c'era voluto uno spiegamento di forze notevole da parte dei ribelli... ma non pensavo che addirittura due persone avessero rischiato così tanto per me. Tutt'a un tratto mi sento una persona spregievole. Veramente tanto spregievole. Ho mandato tutto all'aria. Ho sprecato l'opportunità che queste persone mi avevano dato con tanta fatica. E in compenso, ho messo a rischio le loro vite. Chissà quanti ne sono morti, dei ribelli che mi tutelavano in quella struttura. Chissà quanti ne stanno toturando, per capire dove potrei essere diretta. Le lacrime mi inondano la gola, e mi salgono agli occhi. E' tutta colpa mia. E' tutta colpa mia. E' tutta colpa mia. 
Sento una mano sulla spalla. 
-Non è colpa tua- Dice la voce del vecchio. Ho il viso inondato di lacrime, la camicia da notte bagnata. -Mi hai sentito, bambina? Non è colpa tua. Non completamente almeno. Nessuno alla tua età dovrebbe passare quello che stai passando tu, nè avere il peso di così tante vite umane sulle spalle, o così tanti scheletri nell'armadio. Se davvero ti senti così in  colpa, sappi che il peso non svanirà mai dal tuo cuore. Potrai alleviarlo, ma non ti lascerà mai completamente.-
Fa una pausa, probabilmente in attesa di un mio cenno. Ma io mi sento vuota dentro. E' colpa mia. 
-Smettila di incolparti bambina.-
Mi rendo conto di avere parlato ad alta voce. Forse già da prima. Non me ne ero neanche resa conto.
- Se vuoi riscattarti, combatti. Combatti. Smetti di piangerti addosso e rialzati. Raccogli tutto il coraggio e tutta la follia di cui sei capace e fai di tutto per riportare questo paese alla giustizia. E' questo il senso dell'anno e mezzo che hai passato con i ribelli. Stavano cercando di trasmetterti i loro ideali di giustizia e libertà.- 
Non so bene quando, ma ho smesso di piangere. Rialzo il viso. 
-Qual'è il piano?- Chiedo con voce rotta ma ferma. Combatterò. Rovescierò questo governo. Realizzerò il sogno dei ribelli. 
-La tua vecchia insegnante,  Solpesiti Katia, mi pare si chiamasse, è ancora una spia dei ribelli. Sta ancora combattendo per la nostra causa, e ha creato una, per così dire, "classe ribelle". Tutti i giovani studenti oratori sotto il suo insegnamento sono aspiranti ribelli, che già si applicano per studiare nuovi metodi di comunicazione e strategie difensive. E, così come i loro figli, anche i genitori sono dei ribelli attivi.-
Lo guardo negli occhi, scioccata. 
-Aspetti un minuto... MI sta dicendo che i miei ex-compagni di classe sono dei ribelli?- 
-Sì, bambina. E' così.-
-Ma è ... è semplicemente assurdo!- 
-Comprendo la tua sorpresa, ma non ti sarai mica aspettata di essere l'unica in quella classe a custodire un segreto? E poi, bambina, diciamoci la verità, tu eri brava a nascondere le tue doti, ma dopo tanti anni passati insieme, tutti i tuoi compagni erano a conoscenza delle tue facoltà-
-Wow... sì insomma, sono quattro anni che conosco quei ragazzi, che ci vado a scuola insieme e non avevo sospettato niente... per tutto questo tempo...- Tiro un profondo respiro, per assimilare la notizia. 
-Ok, sono pronta, continui pure.-
Il vecchio sembra divertito dalla mia reazione.
-Bene... tutto quello che devi fare è entrare nella scuola di nascosto, contattare la signora Katia e comunicarle quello che è accaduto negli ultimi giorni, la presa della stazione da parte dell'esercito, la tua fuga, tutto. Ogni dettaglio può essere importante per organizzare una controffensiva da parte nostra. Lei poi penserà a contattare i ribelli sparsi per il paese e a riunirli per una riunione d'emergenza. La perdita di quella base è stata comunque un brutto colpo.- Si ferma un attimo, per analizzare la mia espressione, che però è decisa: basta piagnistei. Ci sarà il momento giusto per piangermi addosso. Di sicuro non è questo. Annuisce una volta, come a confermare i propri sospetti, e accenna un lieve sorriso.
-Questa operazione potrebbe richiedere molto tempo, perciò nel frattempo si premurerà che tu venga accolta in un rifugio sicuro.-
-D'accordo, quindi il primo passo è raggiungere la città dove ha sede la scuola, ovvero Narcomène.-
-Esattamente bambina. Forza, aiutami a preparare i bagagli: se partiamo domani mattina e procediamo speditamente, dovremmo raggiungere la città prima che faccia buio.-
-Ma... dove dormiremo la notte? Insomma... dovremo aspettare il mattino dopo per contattare la prof Solpesiti...-
-Tranquilla, bambina, ho un caro amico monaco che fa proprio al caso nostro.-


Ci mettiamo pochi minuti a preparare i bagagli. Da subito, però, mi rendo conto di una cosa: non ho vestiti da mettermi per il viaggio, figurarsi per portarmi il cambio! Quando, con un certo imbarazzo, faccio presente la cosa al vecchio, lui ride bonariamente e, con un sorriso gentile che mette in mostra le sue rughe, mi accompagna fuori, attraversa il cortile e mi indica un capanno sul retro dicendo:
-Ecco, lì troverai tutto ciò di cui hai bisogno. Sentiti pure libera di prendere quello che vuoi.-
Poi si allontana e torna in casa. Mi sento un po' a disagio a frugare tra le cose del vecchio, ma siccome non ho altra scelta... Giro il pomello del capanno, aspettandomi di trovare vecchie magliette da pescatore e pantaloni sdrucidi, ma devo presto ricredermi. All'interno c'è una vera e propria cabina armadio: biancheria, abiti da sera, tute da ginnastica, gonne, magliette, ma anche accessori, scarpe e gioielli di tutti i tipi. Rimango immobile per qualche secondo, a bocca aperta dallo stupore, ma poi ricordo la camicia da notte che indosso, e che non è mia. Probabilmente viene da qui. Magari erano i capi di sua moglie e adesso che lei è... assente li tiene conservati. Provo un po' di compassione per il vecchio: chissà che storia ha alle spalle. Esamino i vestiti, continuando a sentire delle fitte di disagio: sono tutti più o meno della mia taglia. Alla fine, prendo due paia di pantaloni (non jeans, non li ho mai sopportati), della biancheria di ricambio e tre magliette. Poi, spinta dall'istinto irrefrenabile di avere anche qualcosa di carino da mettere, afferro una camicietta rossa, con gli orli contornati di pizzo dorato e i bottoni neri che si allacciano sul davanti. Arrosisco all'idea di quanto sia ridicolo portarmi una cosa così delicata in viaggio. Non è che in programma ci sia una sera di gala ecco. Però è da secoli che non vedo qualcosa di così carino... Alla fine mi decido, e insieme alla camicetta prendo anche una gonna a balze dorata. Sono tentata di prendere delle scarpe abbinate, ma mi rimprovero tra me e me. Ho fatto abbastanza shopping per oggi, e devo smettere di comportarmi come un' adolescente al centro commerciale. Opto invece per un paio di comode scarpe da ginnastica e un paio di calzini di cotone (visto che sono ancora a piedi nudi). Addosso, invece, metto una maglietta nera semplice, e un paio di pantaloni, anch'essi neri. Poi esco decisa dal capanno, con le scarpette rosse abbinate alla camicia che mi guardano imploranti in un angolo. Quando finalmente chiudo la porta dietro di me, mi do uno scappellotto sulla nuca. Così imparo a comportarmi da stupida. Quando torno in casa, mi avvicino il più in fretta possibile al mio zaino, e infilo tutto dentro prima che il vecchio veda la camicetta. Mi vergogno a comportarmi in modo così ridicolo in una situazione così tragica. Finito di preparare i bagagli, consumiamo un rapido pasto, poi andiamo subito a dormire, perchè come dice il vecchio: -Sarà una lunga camminata domani, bambina, è meglio se riposiamo.- Penso che non riuscirò mai a dormire con tutte le rivelazioni che mi sono state fatte oggi, ed invece, con mia grande sorpresa, il sonno mi cattura tra le sue spire non appena chiudo gli occhi.




IMPORTANTE!!!
Ciao e grazie a tutti coloro che hanno letto questo capitolo e/o seguono la mia storia ;)
Purtroppo, ultimamente nessuno mi ha fatto sapere il proprio parere sulla mia FF, quindi non so bene se continuarla o no. :(
Perciò, faremo in questo modo. Pubblicherò il prossimo capitolo non appena questo avrà ricevuto almeno due recensioni. 
Sinceramente ragazzi, non pretendo che mi scriviate una tesina sul perchè vi piace/non vi piace: vi sto solo chiedendo di darmi dei consigli, e se non ne avete, almeno ditemi se lo avete gradito o no. Se non vi esprimete come faccio io a capirlo? Col pensiero? No, ecco. 
Scusate per questa piccola "predica" :D 
Grazie ancora, e  al prossimo capitolo!
By Sylia
  
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