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Autore: Leannel    14/01/2005    1 recensioni
Arathorn e Fengel erano due uomini molto diversi. Ma avevano in comune principalmente due cose. La prima:erano mortali. La seconda: non avrebbero fatto niente di buono nella loro vita,a parte i loro figli, chiaramente. Cosa c'è prima dell'inizio?
Genere: Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arathorn si svegliò presto. Dopo essersi guardato intorno si disse che forne non aveva nemmeno dormito. Quelle diavolerie elfiche lo avevano messo davvero in agitazione. Ad ogni modo afferrò quel romanzo con la copertina blu scura che aveva trovato nella biblioteca vicina alle loro stanze, la più piccola del palazzo, e si mise a leggere. Aveva saltato un lungo pezzo, verso l'inizio. Narrava di questa donna bellissima, Leannel, e di come era iniziata la sua vita e tutto il resto. Parlava anche di un'altra donna bellissima che era la madre di Leannel, ovvero colei che le permetteva di combattere o comunque di fare tutto ciò di cui avesse voglia. Era piuttosto noioso. Ad Arathorn sembravano davvero noiose le cose felici e tranquille. Era arrivato invece ad un punto in cui le cose si facevano più interessanti. La madre era morta in circostanze misteriose, o si era uccisa, e allora la donna elfo era diventata solitaria, aggressiva e tutto il resto. Ora che ci pensava gli faceva anche un po' pena. Era quella che aveva avuto la visione, per questo gli interessava. Ma anche da lì aveva fatto un bel salto in avanti ed era arrivato magicamente al capitolo riservato a Reimer il maledetto.

Era quindi quello un giorno di festa. Uno di quei giorni in cui Leannel era solita rimanere chiusa nella solitudine delle sue stanze. Quella volta non le fu concesso. La festa era in suo onore.

Non era quello che cercava. Arathorn andò avanti.

Così cavalcava da sola nella notte quando alle sue spallenotò una strana presenza. Fengel, il suo cavallo nitrì e s'impennò. Leannel lo fece correre più di quanto mai avesse corso. Ma quando fu lontana abbastanza da quella presenza scura che tanto aveva intimorito la sua pur nobile cavalcatura sentì una voce provenire dalle verdi frasche, illuminate dalle luce della notte.

“Chi sei?” Arathorn alzò la testa di scatto. Quella era la frase. Nel buio qualcuno l'aveva citata con esattezza quasi maniacale. Per quanto di maniacale potesse essere in tre parole. Reimer era davanti a lui. Per poco non gridò. Reimer rideva.

“Come diavolo hai fatto?” disse Arathorn

“Il libro? L'ho scritto io” Arathorn lo fissò stupefatto. Girò il libro. Era inconfutabile, sulla pelle tinta di blu erano scritte in caratteri dorati 'di Reimer il meledetto'

“Tu?” Arathorn sembrava spaventato. Reimer lo trovava quasi ridicolo. Più che altro ora sembrava confuso. “Come hai fatto a entrare?” Reimer rise ancora. Non rispose.

“Lo hai scritto tu?”

Reimer annuì “Si. Sono tutte cose che ho vissuto oppure altre che ho scoperto”

“Come sapevi il punto dov'ero arrivato”

“Gandalf me lo ha detto più di una volta che questi miei scritti sono coinvolgenti. Forse avrei dovuto fare qualcosa del genere invece che andare in giro ad ammazzare orchi. Leggevi ad alta voce, Arathorn”

Arathorn lo fissò, sempre più stupito. Si sentì improvvisamente stupido. Poi alla mente gli venne una domanda stupida.

“Perchè 'il maledetto'? Voglio dire, maledetto non lo sei più. Non è più morto nessuno.”

Reimer rise ancora. “Io sono sempre stato il maledetto”

“Si” rispose Arathorn “Ma non è una cosa bella. Voglio dire avresti potuto chiamarti Reimer il moro o chessoio”

“Il moro?” Reimer rideva sempre di più. Molto tempo che non rideva tanto.

“Chissà perchè hai smesso di portare sfortuna..”

“Sei sicuro di stare bene, Arathorn?”

“No, dico davvero. Secondo te perchè?”

“Ho trovato qualcuno di più maledetto di me”

Arathorn non capiva.

“Faresti meglio” continuò Reimer “A leggere tutte le parti” così, sempre ridendo, L'elfo scuro si allontanò dalla stanza di Arathorn.

Reimer passeggiava tranquillamente. La notte era calata da molte ore e non era preoccupato di trovare qualcuno. Ma si sbagliava. Senza quasi rendersene conto gli arrivò un pugno in pieno viso.

“Lo sai che hai combinato? Sciocco.”

“So, cos'hai combinato tu, Elohir, ragazzo mio”

“Non chiamarmi ragazzo. Avrei potuto essere ben più crudele”

“Ne dubito. Ne dubito, davvero”

“In ogni caso tu non hai idea del guio che hai combinato.”

Reimer lanciò a Elohir un'occhiata interrogativa.

“Lei dice che vuole tornare a Lorien.”

“Pensavo avesse deciso di restare più a lungo”

“Anche lei lo pensava. Fin quando non ha incontrato il tuo amico barbaro, scusa, mortale”

“Nelle ostre vene scorre il medesimo sangue”

“Non ne hai le prove”

“Non ne ho.. maledizione ha gli occhi di tuo padre! Anzi, ragazzo, ha i tuoi occhi!”

“Rimane il fatto che l'hai combinata grossa. Non so perchè mio padre ti ama tanto, ma dopo questa non te la caverai tanto facilmente”

“Vuoi dirmi che.. accidenti, quel vecchio mortale la sa davvero lunga”

“Non complimentarti con te stesso!”

“D'accordo state calmo vossignoria. Cosa devo fare per farmi perdonare da voi e tutta la vostra nobile stirpe?”

Reimer risultava davvero stupido quando lo desiderava.

“E' stata qella donna a ridurti così?”

“Leannel? Sai non ha un gran senso dello spirito”

“Già, Leannel. Oppure Morien?”

“Tu parli di cose che non conosci”

“Hai ragione. Pienamente. Ma Leannel lo diceva sempre che eri un inetto.” Elohir si voltò per andarsene “Sta' tranquillo l'ho scoperto solo io. In ogni caso, direi che faresti meglio a parlarle. È sempre stata molto propensa verso i mortali. Quasi mi azzarderei a dire che la colpa è tua. Le sei sempre piaciuto. Proprio per questo, le piacciono, forse. Si, parlale”

Reimer sbuffò. Per lo meno era rimasto solo. Elohir stava diventando troppo sagace. Non si era mai incontrato con Talmaye, ma se fosse mai accaduto, avrebbero fatto scintille, insieme. Prensò che era tardi e Arwen non avrebbe desiderato essere svegliata. Si disse che le avrebbe parlato la mattina seguente. O quella dopo ancora. Poi gli venne alla mente un particolare delle parole di Leannel. Maledizione. Si era scordato, ma doveva riferirle delle cose importanti. Non avrebbe potuto rimandare. Se se ne fosse scordato Leannel lo avrebbe ucciso. Decise quindi di recarsi da dama Arwen la stella del vespro, con la speranza di ottenere clemenza, sia dal signore di quelle terre che da quella delle sue. Fece qualche passo. Non ne ho nessuna voglia, si disse. Quindi tornò verso le sue stanze.

  
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