Cap
3
'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter
Dean
Il
centro d’addestramento del quartier generale era diverso
da come se l’immaginava, per molti versi era una specie di
Campo in miniatura e
per altri era infinitamente più attrezzato. La zona scherma
era formata da un
ovale e su una delle pareti in fondo era appesa una rastrelliera con
ogni tipo
di armi, alcune delle quali non sapeva neanche esistessero.
-
Dean, concentrati – la voce di Jace lo riportò
alla realtà
un attimo prima che la spada di bronzo celeste calò sulla
sua spalla.
Era
un colpo di piatto, pertanto non riportò alcuna ferita,
ma la botta fu sufficiente a fargli stringere i denti per impedire al
minimo
lamento di uscire dalle sue labbra.
-
Ehy, non vale, ero distratto – protestò,
massaggiandosi la
spalla.
-
Pensi forse che mostri e scienziati ti diano il preavviso
prima di attaccarti? Devi concentrarti, fratellino. –
-
Lo so, lo so, è solo che sono stanco –
borbottò.
Jace
rinfoderò la spada, scrollando le spalle. – Cinque
minuti
di pausa, poi riprendiamo. –
Raggiunse
una delle panche e vi si lasciò cadere sopra
stancamente.
-
Ti sta mettendo sotto, eh? –
La
voce femminile lo spinse a voltarsi verso colei che aveva
parlato. Katherine gli stava davanti, l’espressione
divertita, e faceva roteare
con un movimento preciso del polso la sua spada.
-
Non dovresti aspettare ancora un po’ prima di riprendere
ad allenarti? –
-
Dovrei? Sì, certo. Lo farò? Ovviamente no.
–
Dean
si lasciò scappare uno sbuffo divertito. – E io
che
pensavo fossi una figlia di Ares piuttosto anomala; evidentemente mi
sbagliavo.
–
-
Perché “anomala”? –
domandò, mettendosi subito sulla
difensiva. A quanto pareva non le piaceva quando qualcuno metteva in
dubbio il
suo essere all’altezza del padre.
-
Perché non ho mai visto una figlia di Ares così
bella, non
credevo potesse esistere – replicò candidamente,
rivolgendole il migliore dei
suoi sorrisi smaglianti.
-
Ma davvero? – domandò, avvicinandoglisi e
piegandosi per
portare i loro volti più vicini.
-
Certo. Non mi stupirei se tu fossi addirittura più bella
della Divina Afrodite. –
Dean
si sporse un po’ in avanti, provando ad annullare del
tutto la distanza che li separava. Una frazione di secondo e si
ritrovò a
terra, sdraiato sulla schiena.
-
Mi hai spinto giù? – domandò incredulo.
-
Però, sei proprio un fulmine.
Va’ a provarci con qualche figlia di Afrodite che magari si
beve queste
idiozie. Figli di Zeus, tutti uguali – disse, allontanandosi
a passi rapidi e
cominciando ad allenarsi.
Jace
scoppiò a ridere, avvicinandosi e aiutandolo a rialzarsi.
-
Forse avrei dovuto dirti che Katherine non è una che ci
sta facilmente. –
-
Bè, grazie per avermi avvertito, eh fratellone? –
-
Coraggio, torniamo ad allenarci. Magari dopo
quest’umiliazione
ti concentri un po’. –
Evanna
-
Sei assolutamente sicuro di quello che hai visto, Destin? –
Il
ragazzo dall’altra parte annuì. Aveva capelli
mossi e
biondo scuro, gli occhi erano di un azzurro vagamente elettrico e le
occhiaie
profonde lasciavano intendere che non doveva aver dormito molto in quei
giorni.
Non per questo, tuttavia, appariva meno bello ai suoi occhi.
-
Non sarei certo qui a dirtelo altrimenti, no? Fidati di
me, Eve, è una pista sicura. –
E
lei si fidava di quella voce calda e rassicurante. Destin
le era stato accanto ogni volta in cui ne aveva avuto bisogno e senza
le sue
preziose dritte probabilmente l’Antàrtes non
sarebbe neanche esistito.
-
Quando tornerai al quartier generale? Mi manchi – ammise,
mordendosi la lingua subito dopo. Erano in pieno conflitto e Destin era
un
informatore perfetto, aveva occhi e orecchie ovunque, non era lontano
da lei
per sua libera scelta.
-
Presto, tesoro. Ora devo andare, credo che stia arrivando
qualcuno – tagliò corto, lanciandole uno di quei
suoi sorrisi sghembi in grado
di farla sciogliere e chiudendo la conversazione.
Si
ricompose velocemente, tornando a indossare la maschera
da fredda ed efficiente leader, per poi affacciarsi in corridoio.
-
Jem, fai venire qui Bellamy. –
Il
fratello fece capolino dalla sua stanza, i capelli
stropicciati e l’aria assonnata.
-
Non puoi andartelo a chiamare da sola? Stavo dormendo –
protestò.
-
James Matthew Hale, muoviti e va’ a chiamarlo. Forza,
scattare! –
-
D’accordo, d’accordo. Sto andando, sto andando
– brontolò,
incamminandosi verso la stanza del figlio di Tanato e mormorando un
udibilissimo: - Io non ho una sorella, ho una strega despota dai
capelli
bianchi. –
-
Ti ho sentito! –
-
Buon per te, significa che non sei sorda. –
Alzò
gli occhi al cielo. Certe volte non riusciva proprio a
credere che fosse lui il maggiore; Jem aveva
l’abilità di trasformarsi in un
ragazzino nel giro di un paio di secondi per poi tornare a vestire i
panni del
guerriero.
Se
solo Destin fosse stato lì a darle una mano.
Scacciò quel
pensiero con forza. Non era quello il momento di piangersi addosso
né di
pensare al suo … come poteva definirlo? Luogotenente? Amico?
Quasi pseudo
ragazzo?
Non
ebbe il tempo di giungere a una definizione
soddisfacente che Bellamy le si parò davanti, facendola
sussultare.
-
Calma, principessa, sembra quasi che tu abbia visto un
fantasma – la canzonò.
-
C’era proprio bisogno di fare un viaggio ombra per
attraversare un semplice corridoio? –
-
Probabilmente no, ma in quale altro modo avrei potuto
farti prendere un colpo? –
Decise
d’ignorarlo. Trattare con Bellamy Black diventava una
cosa possibile solo quando non gli si dava la soddisfazione di fargli
capire
quanto sapesse essere irritante.
-
Destin dice che i semidei del Campo sono partiti da poco
per un’impresa: vogliono ritrovare la figlia di Afrodite che
è stata rapita.
Sono diretti alla sede del O.R.G. di New York. Dobbiamo allestire una
squadra e
andare a dar loro una mano. L’unico modo per affrontare
ciò che sta accadendo è
essere uniti. –
-
Bè, se lo dice Destin
allora cambia tutto – disse sprezzante, prima di aggiungere,
- Chi vuoi che mi
porti dietro? –
Evanna
scrollò le spalle, piccata per il modo in cui aveva
pronunciato il suo nome. Bellamy era un attaccabrighe, questo lo sapeva
bene,
ma non riusciva proprio a capire perché Des gli stesse tanto
antipatico.
-
Lascio a te la scelta, ma che sia un gruppo ristretto,
darete meno nell’occhio – decretò.
Bellamy
annuì brevemente, scomparendo nuovamente
nell’ombra.
Madeleine
L’ingresso dell’ O.R.G. non sembrava molto diverso
da un
qualsiasi istituto medico. Era una costruzione imponente, di circa nove
piani,
interamente realizzata in acciaio e vetro e persino da fuori si
riusciva a
vedere che ogni cosa era di un bianco accecante.
-
Lissa deve essere tenuta nei sotterranei, le celle saranno
sicuramente lì – decretò Rem,
osservando con aria concentrata la piantina che
Evelyn era riuscita a “prendere
in
prestito” dal catasto della città.
-
Possiamo dividerci e ispezionare varie ale del centro –
propose Jude.
Madeleine
annuì. – È una buona idea. Io, Rem ed
Evelyn andiamo
a dare un’occhiata all’ala Est. Jude, Blake e
Nathan prendono quella Ovest. –
-
E noi che facciamo? – domandò Zoey, seccata per
non essere
stata messa al centro dell’azione.
-
Tu, Marco e Velstand rimanete qui e ci fate da copertura
nel caso ci sia qualche problema. È un compito abbastanza
dignitoso per te? –
replicò seccamente la figlia di Afrodite.
Zoey
annuì, prendendo da parte Remus un attimo prima che
entrassero in azione.
-
Cerca di stare attento, okay? –
Il
figlio di Atena annuì, accarezzandole una guancia e
portandole una ciocca dietro all’orecchio. Le iridi grigie
incrociarono quelle
verdemare della ragazza e parvero perdersi in esse.
-
Tornerò tutto intero, non preoccuparti –
sussurrò.
-
Rem, andiamo, datti una mossa! –
Raggiunse
Madds e il resto della sua squadra, varcando l’ingresso
posteriore del centro con ogni cautela possibile.
Avevano
esaminato i primi tre piani senza ottenere alcun
risultato quando lo sentirono. Era un urlo femminile e decisamente
familiare.
-
Lissa, è da questa parte. –
Sfrecciarono
verso la stanza da cui provenivano le urla,
spiando dallo spioncino della porta. La scena che si trovarono davanti
era
qualcosa di agghiacciante.
Lissa
era stata agganciata a una sedia di metallo e veniva
scossa da quella che sembrava una specie di crisi epilettica. La sedia
tremava
sotto i suoi movimenti, le cinghie sembravano sul punto di cedere e una
specie
di schiuma biancastra cominciava a fare capolino tra le labbra ben
definite
della ragazza.
-
Il siero non sta avendo la reazione desiderata – disse uno
degli uomini in camice, prima di rivolgersi ad un altro dei suoi
collaboratori.
– Blocca la simulazione subito, rischiamo di perderla prima
del tempo. –
Davanti
a quell’immagine Madds non potè fare a meno di
lasciarsi prendere dall’istinto e lanciarsi dentro la stanza
come una furia
distruttrice.
-
Madds, aspetta – le gridò dietro Remus, ma fu
tutto
inutile e al ragazzo ed Evelyn non restò che correre dietro
all’amica per
darle manforte.
Jude
-
Da questa parte non c’è proprio niente –
decretò Nathan, scuotendo
la testa infastidito, prima di aggiungere: - Vado a dare
un’occhiata da quella
parte. Voi continuate a cercare qui. –
Jude
si trattenne dal richiamarlo. Non solo non gli sembrava
una buona idea quella di separarsi,
ma per giunta non
aveva alcuna voglia di rimanere solo con Blake, tantomeno se si
trattava di un
luogo angusto e buio come quello.
-
Che c’è, angioletto, non dirmi che hai paura di
me? Ti
assicuro che non mordo … bè, non quando non sono
a letto – si corresse,
sorridendo malizioso.
-
Non è proprio il momento, Blake. E poi non so che idea tu ti
sia fatto, ma io … -
-
Tu vorresti farmi credere che non ti senti minimamente
attratto da me? – concluse per lui, inarcando un sopracciglio
albino con aria
di sfida.
Lo
osservò dalla testa ai piedi. I capelli candidi come la
neve, gli occhi scuri come buchi neri, gli zigomi alti e il volto dai
tratti
poco pronunciati. Era di una bellezza androgina che difficilmente
sarebbe
potuta essere eguagliata da qualcun altro.
E
in quel momento si stava avvicinando a lui, stringendolo
sempre più contro la parete dei sotterranei. Era a un soffio
dalle sue labbra
quando il boato di una porta che veniva buttata giù li fece
sussultare.
-
No, Bell, da queste parti ci sono solo due ragazzi che
stavano per darsi da fare. Tra parentesi, sono felice di essere entrato
quando
entrambi avevate ancora tutti i vestiti addosso. –
Jude
si voltò verso il ragazzo che aveva parlato. Aveva i
capelli biondi, gli occhi blu in cui guizzavano scintille elettriche ed
era
avvolto da una specie di aria elettrica, il genere di esperienza che
preannunciava una tempesta di quelle grosse.
-
Tu sei … -
-
Bello, affascinante, perfetto? – suggerì il nuovo
arrivato, sorridendo sfrontato.
-
No, stavo per dire: sei un figlio di Zeus –
ribattè.
-
Ah, quello. Bè, sì, tra le mie altre meravigliose
qualità
c’è anche l’essere un figlio di Zeus.
Jace Armstrong – disse, porgendo la mano
a entrambi.
-
Jude Harrison, figlio di Eros, e lui è Blake Lexington,
figlio di Ecate. –
Gli
altri ragazzi con lui si fecero avanti, rivolgendo loro
un cenno di saluto.
-
Siete amici del tizio di “a spasso con i morti” che
abbiamo incontrato poco fa … Nathan, giusto? –
domandò Jem.
-
Sì, siamo qui per ritrovare una nostra amica. –
Blake
tossicchiò leggermente.
-
D’accordo, un’amica di tutti tranne che sua.
Così va bene?
– si corresse, fulminando l’albino con
un’occhiataccia.
-
Sì, angioletto, così è perfetto.
–
Vennero
interrotti da un tonfo sordo proveniente da diversi
piani sopra di loro.
-
Bell, tocca a te. –
Il
figlio di Tanato schioccò le dita e fece comparire il
consueto passaggio.
Riapparvero
sul pianerottolo del terzo piano, dove era in
corso una specie di bolgia infernale.
Jace
I
ragazzi del quartier generale si lanciarono nello scontro
all’istante, colpendo tutto ciò che riuscivano ad
afferrare. Una delle sue
scariche colpì in pieno l’uomo più
vicino alla finestra, che stringeva tra le
braccia una ragazza dai capelli rossi che scalciava e si divincolava
con tutta
la forza che aveva in corpo. Lo scienziato la lasciò andare
con uno strillo,
portandosi una mano sul volto bruciacchiato.
-
È lui, il figlio di Zeus che ha attaccato l’altro
centro –
esclamò, puntandogli un dito contro.
-
Sembra che ti conoscano bene da queste parti –
osservò la
rossa, accettando la sua mano per rimettersi in piedi.
-
Sì, sono una specie di celebrità. Del resto
guardami, con
un aspetto come questo non posso certo passare inosservato, no?
– disse,
ammiccando, per poi gettarsi nuovamente nello scontro.
Dean
lo affiancò, scambiando con lui un’occhiata
d’intesa.
-
Rossa, fossi in te uscirei alla svelta, l’ambiente si sta
facendo davvero elettrico – la avvertì Jace.
Una
volta che furono certi che tutti i semidei se ne fossero
andati, concentrarono i loro poteri in un attacco all’unisono
e scatenarono la
potenza dei loro fulmini in tutta la stanza.
Raggiunsero
il resto del gruppo solo quando furono certi che
tutti gli scienziati erano stati messi almeno temporaneamente ko.
Davanti
all’ingresso dell’istituto, Jace si concesse
un’occhiata
ai palmi delle mani. La scarica di fulmini era stata molto
più forte e duratura
rispetto a quelle a cui era abituato, ma le ustioni stavano lentamente
guarendo
e scomparendo senza lasciare la minima cicatrice.
-
È tutto ok, fratellino? –
Dean
annuì. – A meraviglia, perché non si
vede? –
Ridacchiarono,
scuotendo la testa.
Doveva
ammettere che questa cosa di avere un fratello gli
piaceva sempre più ogni momento che passava.
-
Ehy, voi due siete tutti interi? –
La
rossa che aveva salvato si fece avanti, scrutandoli con i
profondi occhi castani. D’un tratto ebbe
l’impressione di averla già vista da
qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordare dove. Era strano
visto che
era un vero e proprio schianto e non era affatto da lui dimenticarsi di
una
ragazza così.
-
Interi e splendidi come sempre. Sono Jace e lui è il mio
fratellino, Dean – si presentò, abbagliandola con
il migliore dei suoi sorrisi
da “lo so che non puoi fare a meno di pensare che sia
stupendo”.
-
Madeleine, figlia di Afrodite. Ora, mr macho, perché non
ci dai una mano con la mia di
sorella? –
Ecco,
ora sì che aveva capito dove l’aveva
già vista. L’intera
New York era tappezzata con cartelloni delle sue pubblicità:
Madeleine Dubois.
L’aveva sempre saputo che era troppo
bella per
essere una semplice umana.
Lanciò
un’occhiata in direzione della ragazza svenuta.
Effettivamente non aveva una bella cera e sembrava che Ethan e Katty
avrebbero
dovuto fare un vero e proprio miracolo per rimetterla a nuovo.
-
Forza, si torna al quartier generale, così rimetteremo in
sesto la vostra amica – decretò Bellamy,
preparandosi a una nuova partenza.
-
Aspetta, quale quartier generale? –
Madeleine
si era fatta immediatamente più sospettosa.
-
Bellamy parla del quartier generale dei ribelli. Semidei strafighi
dal 2014 – spiegò, facendola ridere.
-
D’accordo, mi hai convinta, veniamo con voi –
assentì.
Destin
E
anche quella era andata. La figlia di Afrodite era stata
portata in salvo e i ribelli si erano uniti ai ragazzi del Campo
Mezzosangue.
Le cose stavano andando esattamente per il verso giusto e il suo lavoro
era
stato ben ripagato.
-
È ora di tornare al quartier generale –
mormorò tra sé e sé.
Spazio
autrice:
Sì,
mi sono impazzita e ho pubblicato due capitoli in un
giorno. La verità era che non resistevo all’idea
di scrivere qualcosina in più
e così mi sono fatta trasportare. Spero che il capitolo vi
sia piaciuto e che
vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
P.S.
Sto
facendo dei banner con i prestavolto dei vari personaggi,
ma devo vedere se l’editor me li prende. Ergo, se tutto va
bene qui sopra
dovrebbe comparire l’immagine di come sarebbe Jace.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt