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Autore: Fiamma Erin Gaunt    27/08/2014    4 recensioni
[Storia a OC - 6 Ragazzi & 6 Ragazze]
In un futuro ben lontano dalle vicende di Percy & Co, un gruppo di scienziati sta conducendo esperimenti genetici sui semidei con lo scopo di riuscire a estrapolare il gene che permette loro di essere più forti, agili e resistenti degli esseri umani. Ma dietro tutto ciò c’è qualcosa di più pericoloso e cattivo che si nasconde nell’ombra.
In una lotta per la sopravvivenza, i nostri semidei avranno a che fare con organizzazioni segrete, amori più o meno corrisposti, i drammi della vita di un comune adolescente e una maledizione che sembra accanirsi senza tregua su di loro.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuova generazione di Semidei
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap 3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

'Cause it makes me that much stronger
Makes me work a little bit harder
It makes me that much wiser
So thanks for making me a fighter
Made me learn a little bit faster
Made my skin a little bit thicker
Makes me that much smarter
So thanks for making me a fighter

 

 

 

 

 

 

Dean

 

 

Il centro d’addestramento del quartier generale era diverso da come se l’immaginava, per molti versi era una specie di Campo in miniatura e per altri era infinitamente più attrezzato. La zona scherma era formata da un ovale e su una delle pareti in fondo era appesa una rastrelliera con ogni tipo di armi, alcune delle quali non sapeva neanche esistessero.

- Dean, concentrati – la voce di Jace lo riportò alla realtà un attimo prima che la spada di bronzo celeste calò sulla sua spalla.

Era un colpo di piatto, pertanto non riportò alcuna ferita, ma la botta fu sufficiente a fargli stringere i denti per impedire al minimo lamento di uscire dalle sue labbra.

- Ehy, non vale, ero distratto – protestò, massaggiandosi la spalla.

- Pensi forse che mostri e scienziati ti diano il preavviso prima di attaccarti? Devi concentrarti, fratellino. –

- Lo so, lo so, è solo che sono stanco – borbottò.

Jace rinfoderò la spada, scrollando le spalle. – Cinque minuti di pausa, poi riprendiamo. –

Raggiunse una delle panche e vi si lasciò cadere sopra stancamente.

- Ti sta mettendo sotto, eh? –

La voce femminile lo spinse a voltarsi verso colei che aveva parlato. Katherine gli stava davanti, l’espressione divertita, e faceva roteare con un movimento preciso del polso la sua spada.

- Non dovresti aspettare ancora un po’ prima di riprendere ad allenarti? –

- Dovrei? Sì, certo. Lo farò? Ovviamente no. –

Dean si lasciò scappare uno sbuffo divertito. – E io che pensavo fossi una figlia di Ares piuttosto anomala; evidentemente mi sbagliavo. –

- Perché “anomala”? – domandò, mettendosi subito sulla difensiva. A quanto pareva non le piaceva quando qualcuno metteva in dubbio il suo essere all’altezza del padre.

- Perché non ho mai visto una figlia di Ares così bella, non credevo potesse esistere – replicò candidamente, rivolgendole il migliore dei suoi sorrisi smaglianti.

- Ma davvero? – domandò, avvicinandoglisi e piegandosi per portare i loro volti più vicini.

- Certo. Non mi stupirei se tu fossi addirittura più bella della Divina Afrodite. –

Dean si sporse un po’ in avanti, provando ad annullare del tutto la distanza che li separava. Una frazione di secondo e si ritrovò a terra, sdraiato sulla schiena.

- Mi hai spinto giù? – domandò incredulo.

- Però, sei proprio un fulmine. Va’ a provarci con qualche figlia di Afrodite che magari si beve queste idiozie. Figli di Zeus, tutti uguali – disse, allontanandosi a passi rapidi e cominciando ad allenarsi.

Jace scoppiò a ridere, avvicinandosi e aiutandolo a rialzarsi.

- Forse avrei dovuto dirti che Katherine non è una che ci sta facilmente. –

- Bè, grazie per avermi avvertito, eh fratellone? –

- Coraggio, torniamo ad allenarci. Magari dopo quest’umiliazione ti concentri un po’. –


Evanna

 

 

- Sei assolutamente sicuro di quello che hai visto, Destin? –

Il ragazzo dall’altra parte annuì. Aveva capelli mossi e biondo scuro, gli occhi erano di un azzurro vagamente elettrico e le occhiaie profonde lasciavano intendere che non doveva aver dormito molto in quei giorni. Non per questo, tuttavia, appariva meno bello ai suoi occhi.

- Non sarei certo qui a dirtelo altrimenti, no? Fidati di me, Eve, è una pista sicura. –

E lei si fidava di quella voce calda e rassicurante. Destin le era stato accanto ogni volta in cui ne aveva avuto bisogno e senza le sue preziose dritte probabilmente l’Antàrtes non sarebbe neanche esistito.

- Quando tornerai al quartier generale? Mi manchi – ammise, mordendosi la lingua subito dopo. Erano in pieno conflitto e Destin era un informatore perfetto, aveva occhi e orecchie ovunque, non era lontano da lei per sua libera scelta.

- Presto, tesoro. Ora devo andare, credo che stia arrivando qualcuno – tagliò corto, lanciandole uno di quei suoi sorrisi sghembi in grado di farla sciogliere e chiudendo la conversazione.

Si ricompose velocemente, tornando a indossare la maschera da fredda ed efficiente leader, per poi affacciarsi in corridoio.

- Jem, fai venire qui Bellamy. –

Il fratello fece capolino dalla sua stanza, i capelli stropicciati e l’aria assonnata.

- Non puoi andartelo a chiamare da sola? Stavo dormendo – protestò.

- James Matthew Hale, muoviti e va’ a chiamarlo. Forza, scattare! –

- D’accordo, d’accordo. Sto andando, sto andando – brontolò, incamminandosi verso la stanza del figlio di Tanato e mormorando un udibilissimo: - Io non ho una sorella, ho una strega despota dai capelli bianchi. –

- Ti ho sentito! –

- Buon per te, significa che non sei sorda. –

Alzò gli occhi al cielo. Certe volte non riusciva proprio a credere che fosse lui il maggiore; Jem aveva l’abilità di trasformarsi in un ragazzino nel giro di un paio di secondi per poi tornare a vestire i panni del guerriero.

Se solo Destin fosse stato lì a darle una mano. Scacciò quel pensiero con forza. Non era quello il momento di piangersi addosso né di pensare al suo … come poteva definirlo? Luogotenente? Amico? Quasi pseudo ragazzo?

Non ebbe il tempo di giungere a una definizione soddisfacente che Bellamy le si parò davanti, facendola sussultare.

- Calma, principessa, sembra quasi che tu abbia visto un fantasma – la canzonò.

- C’era proprio bisogno di fare un viaggio ombra per attraversare un semplice corridoio? –

- Probabilmente no, ma in quale altro modo avrei potuto farti prendere un colpo? –

Decise d’ignorarlo. Trattare con Bellamy Black diventava una cosa possibile solo quando non gli si dava la soddisfazione di fargli capire quanto sapesse essere irritante.

- Destin dice che i semidei del Campo sono partiti da poco per un’impresa: vogliono ritrovare la figlia di Afrodite che è stata rapita. Sono diretti alla sede del O.R.G. di New York. Dobbiamo allestire una squadra e andare a dar loro una mano. L’unico modo per affrontare ciò che sta accadendo è essere uniti. –

- Bè, se lo dice Destin allora cambia tutto – disse sprezzante, prima di aggiungere, - Chi vuoi che mi porti dietro? –

Evanna scrollò le spalle, piccata per il modo in cui aveva pronunciato il suo nome. Bellamy era un attaccabrighe, questo lo sapeva bene, ma non riusciva proprio a capire perché Des gli stesse tanto antipatico.

- Lascio a te la scelta, ma che sia un gruppo ristretto, darete meno nell’occhio – decretò.

Bellamy annuì brevemente, scomparendo nuovamente nell’ombra.

 

 

 


Madeleine


L’ingresso dell’ O.R.G. non sembrava molto diverso da un qualsiasi istituto medico. Era una costruzione imponente, di circa nove piani, interamente realizzata in acciaio e vetro e persino da fuori si riusciva a vedere che ogni cosa era di un bianco accecante.

- Lissa deve essere tenuta nei sotterranei, le celle saranno sicuramente lì – decretò Rem, osservando con aria concentrata la piantina che Evelyn era riuscita a “prendere  in prestito” dal catasto della città.

- Possiamo dividerci e ispezionare varie ale del centro – propose Jude.

Madeleine annuì. – È una buona idea. Io, Rem ed Evelyn andiamo a dare un’occhiata all’ala Est. Jude, Blake e Nathan prendono quella Ovest. –

- E noi che facciamo? – domandò Zoey, seccata per non essere stata messa al centro dell’azione.

- Tu, Marco e Velstand rimanete qui e ci fate da copertura nel caso ci sia qualche problema. È un compito abbastanza dignitoso per te? – replicò seccamente la figlia di Afrodite.

Zoey annuì, prendendo da parte Remus un attimo prima che entrassero in azione.

- Cerca di stare attento, okay? –

Il figlio di Atena annuì, accarezzandole una guancia e portandole una ciocca dietro all’orecchio. Le iridi grigie incrociarono quelle verdemare della ragazza e parvero perdersi in esse.

- Tornerò tutto intero, non preoccuparti – sussurrò.

- Rem, andiamo, datti una mossa! –

Raggiunse Madds e il resto della sua squadra, varcando l’ingresso posteriore del centro con ogni cautela possibile.

Avevano esaminato i primi tre piani senza ottenere alcun risultato quando lo sentirono. Era un urlo femminile e decisamente familiare.

- Lissa, è da questa parte. –

Sfrecciarono verso la stanza da cui provenivano le urla, spiando dallo spioncino della porta. La scena che si trovarono davanti era qualcosa di agghiacciante.

Lissa era stata agganciata a una sedia di metallo e veniva scossa da quella che sembrava una specie di crisi epilettica. La sedia tremava sotto i suoi movimenti, le cinghie sembravano sul punto di cedere e una specie di schiuma biancastra cominciava a fare capolino tra le labbra ben definite della ragazza.

- Il siero non sta avendo la reazione desiderata – disse uno degli uomini in camice, prima di rivolgersi ad un altro dei suoi collaboratori. – Blocca la simulazione subito, rischiamo di perderla prima del tempo. –

Davanti a quell’immagine Madds non potè fare a meno di lasciarsi prendere dall’istinto e lanciarsi dentro la stanza come una furia distruttrice.

- Madds, aspetta – le gridò dietro Remus, ma fu tutto inutile e al ragazzo ed Evelyn non restò che correre dietro all’amica  per darle manforte.

 

 

 

 

 

Jude





- Da questa parte non c’è proprio niente – decretò Nathan, scuotendo la testa infastidito, prima di aggiungere: - Vado a dare un’occhiata da quella parte. Voi continuate a cercare qui. –

Jude si trattenne dal richiamarlo. Non solo non gli sembrava una  buona  idea quella di separarsi, ma per giunta non aveva alcuna voglia di rimanere solo con Blake, tantomeno se si trattava di un luogo angusto e buio come quello.

- Che c’è, angioletto, non dirmi che hai paura di me? Ti assicuro che non mordo … bè, non quando non sono a letto – si corresse, sorridendo malizioso.

- Non è proprio il momento, Blake. E poi non so che idea tu ti sia fatto, ma io … -

- Tu vorresti farmi credere che non ti senti minimamente attratto da me? – concluse per lui, inarcando un sopracciglio albino con aria di sfida.

Lo osservò dalla testa ai piedi. I capelli candidi come la neve, gli occhi scuri come buchi neri, gli zigomi alti e il volto dai tratti poco pronunciati. Era di una bellezza androgina che difficilmente sarebbe potuta essere eguagliata da qualcun altro.

E in quel momento si stava avvicinando a lui, stringendolo sempre più contro la parete dei sotterranei. Era a un soffio dalle sue labbra quando il boato di una porta che veniva buttata giù li fece sussultare.

- No, Bell, da queste parti ci sono solo due ragazzi che stavano per darsi da fare. Tra parentesi, sono felice di essere entrato quando entrambi avevate ancora tutti i vestiti addosso. –

Jude si voltò verso il ragazzo che aveva parlato. Aveva i capelli biondi, gli occhi blu in cui guizzavano scintille elettriche ed era avvolto da una specie di aria elettrica, il genere di esperienza che preannunciava una tempesta di quelle grosse.

- Tu sei … -

- Bello, affascinante, perfetto? – suggerì il nuovo arrivato, sorridendo sfrontato.

- No, stavo per dire: sei un figlio di Zeus – ribattè.

- Ah, quello. Bè, sì, tra le mie altre meravigliose qualità c’è anche l’essere un figlio di Zeus. Jace Armstrong – disse, porgendo la mano a entrambi.

- Jude Harrison, figlio di Eros, e lui è Blake Lexington, figlio di Ecate. –

Gli altri ragazzi con lui si fecero avanti, rivolgendo loro un cenno di saluto.

- Siete amici del tizio di “a spasso con i morti” che abbiamo incontrato poco fa … Nathan, giusto? – domandò Jem.

- Sì, siamo qui per ritrovare una nostra amica. –

Blake tossicchiò leggermente.

- D’accordo, un’amica di tutti tranne che sua. Così va bene? – si corresse, fulminando l’albino con un’occhiataccia.

- Sì, angioletto, così è perfetto. –

Vennero interrotti da un tonfo sordo proveniente da diversi piani sopra di loro.

- Bell, tocca a te. –

Il figlio di Tanato schioccò le dita e fece comparire il consueto passaggio.

Riapparvero sul pianerottolo del terzo piano, dove era in corso una specie di bolgia infernale.

 

 

 

 

Jace

 

 

I ragazzi del quartier generale si lanciarono nello scontro all’istante, colpendo tutto ciò che riuscivano ad afferrare. Una delle sue scariche colpì in pieno l’uomo più vicino alla finestra, che stringeva tra le braccia una ragazza dai capelli rossi che scalciava e si divincolava con tutta la forza che aveva in corpo. Lo scienziato la lasciò andare con uno strillo, portandosi una mano sul volto bruciacchiato.

- È lui, il figlio di Zeus che ha attaccato l’altro centro – esclamò, puntandogli un dito contro.

- Sembra che ti conoscano bene da queste parti – osservò la rossa, accettando la sua mano per rimettersi in piedi.

- Sì, sono una specie di celebrità. Del resto guardami, con un aspetto come questo non posso certo passare inosservato, no? – disse, ammiccando, per poi gettarsi nuovamente nello scontro.

Dean lo affiancò, scambiando con lui un’occhiata d’intesa.

- Rossa, fossi in te uscirei alla svelta, l’ambiente si sta facendo davvero elettrico – la avvertì Jace.

Una volta che furono certi che tutti i semidei se ne fossero andati, concentrarono i loro poteri in un attacco all’unisono e scatenarono la potenza dei loro fulmini in tutta la stanza.

Raggiunsero il resto del gruppo solo quando furono certi che tutti gli scienziati erano stati messi almeno temporaneamente ko.

Davanti all’ingresso dell’istituto, Jace si concesse un’occhiata ai palmi delle mani. La scarica di fulmini era stata molto più forte e duratura rispetto a quelle a cui era abituato, ma le ustioni stavano lentamente guarendo e scomparendo senza lasciare la minima cicatrice.

- È tutto ok, fratellino? –

Dean annuì. – A meraviglia, perché non si vede? –

Ridacchiarono, scuotendo la testa.

Doveva ammettere che questa cosa di avere un fratello gli piaceva sempre più ogni momento che passava.

- Ehy, voi due siete tutti interi? –

La rossa che aveva salvato si fece avanti, scrutandoli con i profondi occhi castani. D’un tratto ebbe l’impressione di averla già vista da qualche parte, ma non riusciva proprio a ricordare dove. Era strano visto che era un vero e proprio schianto e non era affatto da lui dimenticarsi di una ragazza così.

- Interi e splendidi come sempre. Sono Jace e lui è il mio fratellino, Dean – si presentò, abbagliandola con il migliore dei suoi sorrisi da “lo so che non puoi fare a meno di pensare che sia stupendo”.

- Madeleine, figlia di Afrodite. Ora, mr macho, perché non ci dai una mano con la mia di sorella? –

Ecco, ora sì che aveva capito dove l’aveva già vista. L’intera New York era tappezzata con cartelloni delle sue pubblicità: Madeleine Dubois. L’aveva sempre saputo che era troppo bella  per essere una semplice umana.

Lanciò un’occhiata in direzione della ragazza svenuta. Effettivamente non aveva una bella cera e sembrava che Ethan e Katty avrebbero dovuto fare un vero e proprio miracolo per rimetterla a nuovo.

- Forza, si torna al quartier generale, così rimetteremo in sesto la vostra amica – decretò Bellamy, preparandosi a una nuova partenza.

- Aspetta, quale quartier generale? –

Madeleine si era fatta immediatamente più sospettosa.

- Bellamy parla del quartier generale dei ribelli. Semidei strafighi dal 2014 – spiegò, facendola ridere.

- D’accordo, mi hai convinta, veniamo con voi – assentì.

 

 

 

 

 

 

Destin


 

E anche quella era andata. La figlia di Afrodite era stata portata in salvo e i ribelli si erano uniti ai ragazzi del Campo Mezzosangue. Le cose stavano andando esattamente per il verso giusto e il suo lavoro era stato ben ripagato.

- È ora di tornare al quartier generale – mormorò tra sé e sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Sì, mi sono impazzita e ho pubblicato due capitoli in un giorno. La verità era che non resistevo all’idea di scrivere qualcosina in più e così mi sono fatta trasportare. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.

P.S.

Sto facendo dei banner con i prestavolto dei vari personaggi, ma devo vedere se l’editor me li prende. Ergo, se tutto va bene qui sopra dovrebbe comparire l’immagine di come sarebbe Jace.

Baci baci,

                 Fiamma Erin Gaunt

  
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