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Autore: Peter The Sloth    28/08/2014    1 recensioni
Era d'obbligo: la perfezione sarebbe stata tale solo con una bellissima lettera. Poco sarebbe contato trovarsi all'altezza del petto le scarpe di una persona cara appesa al soffitto: sotto di lui, infatti, ci sarebbe stata una lettera perfetta, scritta senza cancellature da una matita ben temperata.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il temperino
 

Si era fatto male temperando la matita. Il nervosismo della ricerca esasperata della perfezione per quella lettera l'aveva portato a infilare inavvertitamente nel temperamatite l'unghia, e con essa un po' di pelle. La pellicina che si era creata bruciava. Pensò di andare in bagno a disinfettarsi, come di solito avrebbe fatto; poi, senza guardarla, si ricordò della corda appesa al soffitto e lasciò perdere. In effetti, quella corda gli metteva ansia e qualche ripensamento lo aveva sempre: vivere era stato vagamente divertente e decisamente bello, alle volte. La piega che avevano preso gli eventi, però, non era di certo ottimale: il modo in cui l'avrebbero affrontata più o meno tutti lo sarebbe stata ancora meno. Se non a farlo rabbrividire, quella riflessione l'aiutava a scacciare ogni ripensamento.
La giornata era fredda senza essere sgradevole e libera da ogni impegno. L'unica pratica riguardava lui e lui solo: la lettera. Sapeva perfettamente che, in determinate occasioni, avrebbe scritto una lettera di benvenuto, di rimprovero, d'amore, di disprezzo, d'addio. Era d'obbligo: la perfezione sarebbe stata tale solo con una bellissima lettera. Poco sarebbe contato trovarsi all'altezza del petto le scarpe di una persona cara appesa al soffitto: sotto di lui, infatti, ci sarebbe stata una lettera perfetta, scritta senza cancellature da una matita ben temperata. Ci stava provando da un'ora: un tempo che può sembrare nullo, ma nella sua testa l'ordine delle parole, degli stili con cui avrebbe potuto aprire o chiudere quel suo epitaffio era sempre più confuso e non riusciva a dargli un ordine, e il fatto che fosse passata un'ora pesava. E ciò lo rendeva nervoso, tanto da ferirsi con un temperino.



Decise di alzarsi dalla sedia. Dai glutei in giù sudava: fuori c'era freddo, c'erano nuvole fredde, c'era tutto freddo, ma lui il riscaldamento lo pagava e la sua sedia imbottita lo faceva a sudare dalle gambe.
Il fresco dell'aria gli diede un brivido, tanto quanto gli sarebbe bastato per sedersi di nuovo e continuare a scrivere. Si diresse invece verso la cucina, forse per prendere qualcosa da mangiare; cambio però nuovamente idea, e pensò a come realizzarla, in piedi, fermo, per un secondo. Quindi, deviò verso la parte del grosso locale adibito a salotto, dove teneva i dischi: ne prese uno che già aveva in mente, uno che aveva consumato d'ascolti qualche anno prima e che non ascoltava, gli pareva, da almeno un decennio. Le note della prima traccia lo fecero sorridere.
Uscì sul balcone e si sedette sul divanetto. Si accese una canna che non ricordava di avere tra le sigarette che teneva in una scatolina. Sorrise nuovamente, senza guardare la stanza alle sue spalle: il salotto, la sedia, la scrivania, la corda.
Per un po' rimase lì, ad aspettare che passasse del tempo e che la lettera sembrasse perfetta così com'era: poi tornò in stanza, prese il temperino e fece la punta alla matita, per poi cominciare nuovamente a scrivere.
  
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