Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Shadow writer    28/08/2014    4 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
____________________________________________________________
Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mancano quattro giorni all'inizio della scuola e decido di fare dei programmi per sfruttarli nel migliore dei modi.
Troppo curiosa per resistere alla tentazione, il primo giorno visito la cittadina che mi ospita. 
Localizzo il centro commerciale e tutto ciò di cui avrò bisogno in questo anno.
Il secondo giorno mi chiudo in casa per disfare le valige e sistemare il mio alloggio.
IL terzo mi reco alla segreteria della scuola per ricevere tutte le informazioni necessarie.
La donna annoiata dietro il bancone mi dice che per ottenere crediti e avere valutazioni superiori devo partecipare per tutto l'anno ad almeno un'attività di volontariato, mi ha presa subito per una secchiona. Le attività sono come aiutare nella mensa, fare giardinaggio e altri lavori pubblici nella città o prestare servizio al Centro Rieducativo Orwell.
Quest'ultimo ha attirato la mia attenzione.
«Di cosa si tratta?» ho chiesto alla donna.
«È un carcere» ha risposto lei controllando con scarso interesse la sua manicure.
«Cosa dovrei fare io se lo scegliessi?» ho domandato ancora con gentilezza come dimostrazione della mia infinita pazienza.
La donna ha inarcato un sopracciglio, incuriosita.
«La maggior parte dei ragazzi che si trovano lì sono stati costretti a commettere crimini, non hanno gravi colpe. I volontari li aiutano a fare i compiti, a giocare per farli sentire un po' più normali»
Ha parlato con passione e trasporto, e mi ha convinta.
Mi ha anche informata che ci sono lavori di poche ore offerti agli studenti per guadagnare qualche spicciolo.
Proprio quello che fa per me.
Ho deciso l'incarico in biblioteca, dato che amo i libri.
Il resto del quarto giorno lo impiego per altre commissioni per la scuola, che concludo la mattina dell'ultimo giorno.
Durante il mio ultimo pomeriggio girovago ancora un po' per la città e la sera preparo il necessario per la mattina successiva.
Da qui comincia la mia nuova vita.


Ho deciso di optare per dei vestiti sobri ma eleganti, jeans, camicia color sabbia e scarpe dello stesso colore.
Non fa caldo e il cielo è coperto.
Esco dalla mia casetta e vedo il flusso di ragazzi che si avvia verso la scuola dal sentiero principale.
Mi avvicino anche io, seppur a disagio.
Tutti si conoscono e si salutano, mentre io rimango sola in un angolo, cercando di sorridere per non sembrare un'asociale.
Faccio scorrere gli occhi sulla folla, in silenzio.
Il suono della campanella è un miracolo.
Filo dentro l'edificio e cerco la mia classe attraversando i corridoi a rapide falcate.
Non guardo dove vado, così com'è prevedibile, presto mi scontro con qualcuno.
«Scusa, scusa» dico subito facendo un passo indietro.
Davanti a me sta una ragazza piccola e grassottella, con un caschetto di capelli castano-rossicci e dei grandi occhiali dalla montatura nera.
Mi guarda un po' in cagnesco, ma alla fine il mio sorriso innocente pare convincerla.
"Chiedile se sa dov'è la classe di Letteratura Inglese."
Ma se ne sta andando.
"Fermala!"
Piroetto su me stessa e mi allungo scattante per afferrarle un braccio.
Ecco a cosa sono serviti anni di danza.
Lei mi fissa sconcertata in attesa di una spiegazione.
La lascio, imbarazzata.
«Scusami ancora, volevo sapere dov'è la classe di Letteratura Inglese...sono nuova e non vorrei arrivare in ritardo al mio primo giorno di lezione»
Il suo sguardo si distende, si fa più sereno.
«Vieni con me, anche io devo andarci» dice sottovoce.
«Grazie mille...»
«Mi chiamo Clare»
Annuisco:
«Luna, Luna Leach»
Clare mi porta nella classe giusta e si offre di sedersi accanto a me.
Accetto volentieri.
Il professore mi rivolge un cenno di saluto come nuova studentessa, ma senza grande entusiasmo.
In un momento di pausa io e Clare confrontiamo i nostri corsi e ci rendiamo conto di averne la maggior parte in comune.
Meglio, almeno avrei avuto un volto amico.
A fine lezione qualcuno si presenta a me, ma nonostante mi costringa a ricordarmi nomi e volti mi rendo conto che ci vorrà molto tempo.

La mattinata si conclude piacevolmente.
Io e Clare ci siamo date appuntamento in mensa per mangiare insieme e quanto arrivo la trovo in un angolo con la sua borsa stretta al petto.
Capisco subito perché è stata così gentile con me, mi ha vista come una possibilità.
«Ciao, dimmi che almeno qui si mangia bene» le dico avvicinandomi.
Sorride leggermente, quasi fosse costretta dalle circostanze.
«In realtà dipende. Quando in cucina c'è Grand Mama si mangia da schifo, quando c'è suo figlio, che è un cuoco, è delizioso»
«Grand Mama?» chiedo perplessa inarcando le sopracciglia.
«La chiamano tutti così perché non ha mai detto a nessuno il suo vero nome» replica con una scrollata di spalle.
"Clare non è una persona di molte parole."
Grazie, da sola non me n'ero accorta.
Durante il pranzo le chiedo di elencarmi i nomi delle persone intorno a noi, tanto per rinfrescarmi la memoria.
Con una smorfia di disgusto mi indica quelle che immagino siano le cheerleader.
Questa è proprio una tipica scuola americana.
«E quelli con loro quindi sono i giocatori di football?» chiedo.
Annuisce.
«Non li sopporti proprio, eh?» commento.
«È così evidente?» 
«Abbastanza»
«Cos'hanno che non va?»
Clare si gonfia:
«Sono degli insopportabili, falsamente superiori palloni gonfiati che guardano il mondo circostante come se fosse abitato da comuni mortali a cui loro, misericordiosi, fanno la grazia di concedere la propria presenza»
«Piuttosto dettagliata come descrizione» replico «Ma non credo che siano proprio tutti così»
«Proprio tutti no» acconsente «Ce n'era uno normale, ma alla fine si è rivelato essere molto peggio»
"Non approfondire l'argomento."
Ma sono curiosa!
"Non farlo, punto."
Sospiro, ma do retta a Voce. Le cose che dice sono sempre giuste e io le ho sempre ubbidito.


Il mio primo giorno di scuola si conclude senza entusiasmo, come un normale giorno di scuola della mia vecchia vita. Mi sento un po' delusa, forse perché mi aspettavo qualcosa di diverso.
Mentre chiudo l'armadietto, sento una voce conosciuta chiamarmi.
«Signorina Leach? Com'è andato il primo giorno di scuola?»
Mi volto perplessa e trovo il volto pacifico di Jim Jacobs, il custode della scuola.
Tiene in mano una scopa e la sua tenuta sembra da bidello.
«Molto bene, grazie, ma mi chiami pure Luna»
«Solo se mi darai del tu e mi chiamerai Jim»
Sorrido:
«Affare fatto»
Lui fa ancora uno dei suoi sorrisi enigmatici, poi sparisce lungo il corridoio.
 
I primi due giorno li trascorro al seguito di Clare che nonostante l'umore sempre cupo e le sue critiche ciniche si rivela una buona compagnia.
Anche se le giornate trascorrono senza grandi emozioni, sono piacevoli, perché mi trovo comunque lontanissima da casa e tanto basta per farmi sentire in fibrillazione.
Il pomeriggio del terzo giorno comincia il mio incarico al Centro Rieducativo Orwell.
Non so cosa aspettarmi, sinceramente. Ho chiesto a Clare e mi ha ripetuto più o meno quello che mi aveva detto la segretaria.
Ma dato che io non credo a nessuno prima di verificarlo con i miei occhi, sono un po' preoccupata per quello che mi aspetta.
Per raggiungere il centro devo prendere il pullman (abbonamento pagato sempre dal mio benefattore) e il viaggio dura venti minuti.
Nel mezzo ci sono solo cinque persone, comprese io e l'autista.
Sono l'unica che scende alla fermata vicino al Centro, ma mi sembra di avere gli sguardi di tutti puntati addosso.
Questo non favorisce a tranquillizzarmi.
Scorgo l'edificio sulla cima di una piccola collina.
È una costruzione molto semplice, geometrica, vista da lontano sembra verde, ma mentre mi avvicino mi rendo conto che in realtà è grigia.
Raggiungo l'ingresso, dove devo suonare un campanello per farmi aprire.
Poi mi ritrovo in una sorta di sala d'attesa vuota.
L'unica altra persona oltre a me è la donna dietro il bancone che mi saluta con un sorriso entusiasta.
«Ciao!» esclama «Io sono Teresa! Cosa ci fai qui?»
«Sono qui per il volontariato» rispondo e le tendo il foglio che mi aveva dato l'altra segretaria.
«Benvenuta al Centro Rieducativo Orwell, i nostri ragazzi ti saranno riconoscenti di essere venuta. Tra poco c'è la pausa compiti, quindi potrai aiutarli. Sono nella sala principale, là troverai Brad che ti dirà cosa fare. Ancora benvenuta!» 
Parla in tono concitato, i suoi occhi luccicano febbricitanti come se fosse emozionata.
Mi dà le indicazioni per raggiungere la sala principale e mi saluta gioiosa.
Dopo la breve chiacchierata mi sento meglio e meno preoccupata.
Devo attraversare corridoi piuttosto spogli, abbelliti solo dai colori pastelli e qualche cartellone di tanto in tanto.
Nell'entrare ho notato che nella parte posteriore c'è una sorta di cortile circondato da mura piuttosto alte, quindi nonostante le pareti colorate, non riesco a togliermi di dosso la sensazione di essere in un carcere.
«Ciao, io sono Brad, tu devi essere la nuova arrivata» mi saluta un uomo alto dalle spalle larghe.
Ha un velo di barba e degli scuri occhi color nocciola che lo rendono nell'insieme un bell'uomo.
«Mi chiamo Luna» dico stringendo la mano che mi porge.
«Benvenuta. Grazie per aver scelto di lavorare qui, ultimamente abbiamo sempre meno personale. La gente crede che qui si trovino pericolosi criminali perché non conosce i nostri ragazzi sul serio. Scommetto che t'innamorerai di tutti loro» mi spiega con un sorriso facendo un cenno alla sala in cui ci troviamo.
È una stanza molto ampia e luminosa, disseminata di lunghi tavoli affollati.
C'è un mormorio costante che mi fa chiedere come facciano questo ragazzi a studiare.
«Come te la cavi con la matematica?» mi chiede Brad sorridendo.
Ha lo stesso entusiasmo di Teresa, entrambi amano il proprio lavoro.
«Anche se non mi piace me la cavo» rispondo.
«Preferisci la letteratura?»
«Assolutamente» annuisco.
«Bene, allora potresti aiutare Marcelo. È un ragazzino intelligente e curioso, ma tutti quelli che lo hanno aiutato non sono riusciti a renderlo appassionato, potresti provarci tu»
Certo che questo Brad sì che sa incoraggiare le persone, penso sarcastica.
Marcelo è un ragazzino non molto alto dai capelli e occhi scuri, con la pelle olivastra e un grande sorriso.
Si dimostra fin da subito molto paziente e mi sta ad ascoltare senza molte storie.
Vedo Brad mostrarmi i pollici alzati e poi sparire per svolgere qualche altro compito.
«Allora hai capito?» chiedo al ragazzino.
«Ho capito l'argomento ma non capisco a cosa mi possa servire nella vita» commenta lui strizzando un po' gli occhi.
«La letteratura, a livello pratico, non serve a nulla nella vita» replico.
Lui mi guarda, forse sorpreso dalle mie parole.
«La letteratura è consolazione, è l'amica più fidata quando ti senti solo, nella letteratura c'è tutto, ci sei anche tu, ma per poterti trovare devi studiare, cercare a fondo, frugare tra pagine e parole alla ricerca della tua vera identità»
Marcelo pare incuriosito:
«Come può la letteratura conoscermi se io manco la conosco?»
«Perché essa è tutto, solo se studierai potrai capirlo»
Temo di avere esagerato, perché il suo sguardo si fa vacuo per un istante, ma l'attimo dopo sta già sorridendo entusiasta.
«Quindi posso scoprire chi sono leggendo?» domanda ancora.
Sorrido:
«Assolutamente sì. Siamo tutti uomini, siamo tutti simili, ma ognuno può scegliere chi vuole essere e la letteratura serve a quello»
Il suo sguardo s'illumina.
«Posso scegliere chi essere?» ripete esterrefatto.
«Certo che sì»
Lui ha un'espressione radiosa.
«Grazie» sussurra, quasi commosso.
«Ti ho solo detto la verità» replico.
«Nessuno mi ha mai detto la verità» mormora sottovoce, meditabondo «Mio papà diceva che se avessi continuato a rubare la mamma sarebbe tornata, invece mi hanno portato qui e non ho più rivisto la mamma»
La bocca mi si fa asciutta. Sono senza parole.
«Sei qui perché qui puoi imparare» dico sottovoce poco dopo.
Complimenti per il tatto.
Taci Voce, almeno per un attimo, cosa ne sai tu di sentimenti?
Lui tira un po' su col naso.
«Nessuno mi aveva mai fatto sembrare questo posto bello» ammette.
Sorrido e Marcelo aggiunge:
«Tornerai vero?»
Anche se la mia risposta fosse negativa, non oserei pronunciarla qui, davanti a quegli occhioni spalancati che mi supplicano come se io fossi l'unica via di fuga.
«Certo, tornerò e li obbligherò a mettermi con te!»
Lui si scioglie in una risata.
Per un istante distolgo lo sguardo da Marcelo e lo sposto alle sue spalle, per la sala affollata che ci circonda.
Degli occhi si scontrano con i miei.
Lui mi sta fissando e le pupille rimangono incastrate.
Marcelo lo nota, si guarda alle spalle, poi scoppia a ridere.
«Guardi Will, non è vero?»
Mi riscuoto e rimetto a fuoco il ragazzino.
«Come scusa?»
«Dai, ammettilo che fissavi lui!»
«Non so neanche chi sia!» replico con un teatrale sbuffo. Butto fuori l'aria dalla bocca e faccio roteare contemporaneamente gli occhi.
«Quello coi capelli neri tutti arruffati e gli occhi blu che stavi fissando» risponde con un sorriso malizioso.
«Era lui che mi fissava!» ribatto contrariata.
«Non ci credo a tutte piace Will!»
Mi sento arrossire:
«A tutte chi?»
«Tutte le ragazze che lo vedono» Marcelo si posa il palmo della mano sulla fronte e finge uno svenimento mentre in falsetto dice: «Oh, Will, Will quanto sei bello! Sei l'amore della mia vita!»
Rido per la sua imitazione buffa.
«Non so chi sia, quindi non posso dire che mi piaccia. Però ti giuro che mi stava fissando!»
Anche Marcelo si scioglie in una risata.
«Tanto quello è matto! Un genio, ma è fuori di testa!»
«Cosa intendi?»
Il ragazzino fa un sorriso malizioso e io sbuffo ancora.
«Ma smettila!» esclamo «Se mi dici una cosa del genere è ovvio che sono incuriosita!»
Lui fa spallucce e strizza gli occhi.
«Will probabilmente è l'unico che è qui per un'accusa seria. La maggior parte di noi ha commesso reati "su istigazione o per necessità"» cita le ultime parole in tono serioso e gonfiando il petto. Non riesco a trattenere un sorriso e anche lui mi imita prima di riprendere a parlare.
«Lui invece si dice abbia organizzato un gruppo di criminali che attenta in ogni modo gli affari di suo zio. Will afferma che il vero criminale sia lui e la gente è troppo accecata dai suoi soldi per notarlo. L'unico motivo per cui non lo hanno messo in un vero carcere è che non ci sono prove contro di lui. Per questo è un genio»
«È perché è matto?» domando incuriosita.
«Diciamo che più che altro è un po' fuori di testa. Non è come gli altri, ma mi piace per questo! Gli importa solo raggiungere i suoi obiettivi e se ne frega del prezzo che lui stesso deve pagare.»
Marcelo strizza gli occhi ma non aggiunge altro.
Riprendiamo la nostra lezione di letteratura.
Per quanto sveglio è pur sempre un ragazzino e dopo mezz'ora non ne può più.
Me ne rendo conto quando cerca in tutti i modi un argomento per distrarmi dai compiti.
«Facciamo così» propongo «Finisci questa pagina e poi chiacchieriamo ancora un po'»
Lui accetta subito, entusiasta.
«Wow, Marcelo, non sapevo avessi quest' insegnante» commenta una voce alle mie spalle.
Sussulto e mi volto di scatto.
Davanti a me, in piedi, sta un ragazzo alto e sottile, dai capelli corvini scompigliati e degli occhi blu scuro.
«Ciao Will» saluta candido il ragazzino «È nuova»
«Will Lennox» si presenta tendendomi una mano affusolata.
La stringo ricambiando energicamente la sua stretta decisa:
«Luna Leach»
«Luna...sei nuova dunque?» chiede sedendosi al mio fianco.
Vedo che anche se è magro ha le spalle larghe ed è ben proporzionato.
«Esatto»
«Frequenti la scuola in città?»
Annuisco e lui fa una smorfia.
Intercetto lo sguardo di Marcelo e lui mi fa cenno di no col capo.
"Non chiedere nulla."
Grazie Voce, come al solito la tua perspicacia è fondamentale!
Anche Will deve aver notato quel silenzioso scambio perché scoppia a ridere.
«Tranquilli, non mordo, almeno non qui dentro. Potete dire quel che volete, sono per la libertà di pensiero.»
"Rispondi."
«Mhh...anche io sono per la libertà di pensiero...» commento.
"Tra tutto quello che potevi dire hai scelto la cosa più stupida."
Non si può dire che tu sia di grande aiuto.
«Interessante» commenta Will. «E credi anche nella libertà delle azioni?»
«La mia libertà finisce quando comincia quella di un altro» replico orgogliosa di poter sfoggiare una perla di saggezza.
Il ragazzo sorride e mette in mostra una serie di denti dritti e scintillanti.
Non esattamente la dentatura di un criminale, penso.
«E agiresti?» chiede ancora, scrutandomi con un sorriso divertito e incuriosito.
«Quando?» ribatto confusa.
Marcelo mi strizza l'occhio, o forse è solo il suo solito tic.
«Se devi fare un'azione, perché tu sai che è una cosa giusta. Ma facendola la gente ti criticherebbe perché non ha ancora capito. Lo faresti lo stesso? O aspetteresti gli altri?»
Lui non li ha aspettati, lo capisco.
«Dipende» dico torturandomi una ciocca di capelli senza sbilanciarmi.
Will sembra innervosirsi.
«No, non dipende, è o non è, lo fai o non lo fai» mormora.
Marcelo strizza gli occhi, ma lo sguardo che mi rivolge sembra piuttosto eloquente.
Cambia argomento.
Hai ragione, questa volta non ho sarcasmo per Voce.
Ci pensa il ragazzo, però.
«Dall'accento si direbbe che sei inglese» mi dice.
Sorrido:
«Lo sono»
«Anche mia mamma viene da lì»
«Quindi sei mezzo inglese»
«Brillante deduzione»
«Ah, ecco perché mi sembravi così familiare!»
Will scoppia a ridere, anche se la mia battuta non mi sembra così tanto divertente.
«Potete smetterla di flirtare davanti a me?» chiede Marcelo scocciato «Sto cercando di fare i compiti»
Faccio una risata nervosa:
«Ma che dici? Stiamo solo conversando»
«Una conversazione molto intrigante» aggiunge Will con uno sguardo sornione.
Il ragazzino sbuffa, ma non sembra molto convinto della sua stessa idea si rimettersi a fare i compiti.
In quel momento si sente suonare una campanella e tutti i ragazzi alzano di scatto il capo.
«Cosa significa?» chiedo preoccupata.
«Ci stanno attaccando a mano armata» risponde Will tranquillo.
Mi guardo attorno allarmata, ma Marcelo scoppia a ridere:
«Ti sta prendendo in giro!»
«Lo sospettavo, sto cercando di capire la verità» replicò con un sorriso.
«Pausa merenda» ride Will «Non era così difficile»
«Non prendetemi in giro! Sono nuova!»
I due continuano a ridere.
Per merenda offrono della frutta e dei biscotti, ma mentre accompagno Marcelo a prendere la sua porzione perdo di vista l'altro ragazzo.
«Te l'ho detto che Will fa colpo su tutte» ride il ragazzino.
Sbuffo con il mio solito modo teatrale.
«Ho solo scambiato due parole con lui» replico.
«Però lo trovi affascinante!»
«Ma tu chi sei? Un agente matrimoniale?»
Ride e per un po' non dice nulla.
Anche a me viene offerta la merenda, ma al contrario di Marcelo che la sbrana voracemente e poi scappa per giocare, io mi siedo ad un tavolo e la mangio lentamente.
«Come va?» chiede una voce alle mie spalle.
Sobbalzo mentre al mio fianco si siede Brad.
«Molto bene, grazie»
«Quindi non scapperai come tutti gli altri?»
Ecco all'opera la fantastica abilità dell'uomo a persuadere di rimanere.
«No, mi piace questo posto e ho promesso a Marcelo che sarei tornata»
«I ragazzi hanno bisogno di gente come te»
Sorrido ma non dico nulla.
Dopo la merenda aiuto Marcelo a finire di fare i compiti, anche se è molto agitato ed impaziente di finire.
Verso le sei Brad viene ad avvisarmi che il mio turno è finito.
«Promettimi che tornerai» esclama il ragazzino.
«Te lo giuro! Ci vediamo dopo domani»
Mi avvio verso l'ingresso, ma sento dei passi che mi si avvicinano.
Mi volto.
È Will.
«Tornerai?» mi chiede sorridendo.
«Perché non dovrei?»
Lui si porta le mani intorno al volto e con voce spaventata esclama:
«Ma quelli sono tutti dei criminali! Se li frequenti o diventerai come loro o ti faranno fuori!»
Rido, ma con un certo nervosismo.
«Questo è quello che dice la gente di noi» commenta, ma sul suo volto è ancora stampato un sorriso sornione.
«Certo che voi sapete proprio incoraggiare la gente a restare» ribatto mentre continuiamo a camminare per i corridoi.
«Non vogliamo gente che resti con noi solo per compassione. Se vuoi rimanere è perché ci credi e vuoi davvero aiutare.»
«Voglio dare una mano, mi piace ricevere anche solo un sorriso di ringraziamento.»
«Non aspettarti che tutti ti siano riconoscenti» commenta.
Raggiungiamo la fine del corridoio, dove c'è una porta a due ante chiusa.
Per poter passare bisogna far vedere il proprio volto attraverso la rete metallica.
«Io mi fermo qui» dice Will rabbuiandosi un poco «Non mi è concesso proseguire. Allora ci rivedremo, anche se mi chiedo per quanto resisterai»
«Ti stupirò» commento, consapevole che la mia aria da ragazza per bene dica il contrario.
Le guardie al di là mi aprono e io passo.
Mi volto appena in tempo per vedere Will sorridermi e farmi un cenno di saluto con la mano prima che la porta si chiuda.




_____________________________________________________________________________________________
Ciao a tutti! Grazie a chi ha letto il capitolo ed è arrivato fin qui. Se potete lasciate una recensione, anche mini, alla prossima, 
Lux
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Shadow writer