-Parla, dove si trova?-
-Non te lo dirò mai!- disse la regina dei serpenti ormai a terra, sconfitta
-Non mi faccio scrupoli ad ucciderti tra atroci sofferenze, lo sai questo, vero?-
La regina, con le ultime forze che le restavano, agitò le mani creando segni
con le dita.
-Che cosa stai facendo?!-
-Sarai punito per i tuoi operati e per il tuo disgusto verso gli altri. Che tu
sia dannato!-
-Come osi maledire me?!- uno scatto d’ira. Fu un impeto e la testa della
malcapitata rotolò a valle.
Fu così che Sesshomaru si trovò nell’epoca moderna. Un lampo
lo portò in una giornata soleggiata, dove il cemento lo accerchiava. Dove
sono finito? Sono morto? Ma no, l’ultima cosa che mi ricordo è il duello e la
mia vittoria. Ma allora che posto è? È così strano: tutti questi umani mi
guardano e non hanno paura di me. I suoi interrogativi furono interrotti
dal miagolare di un gatto. Lo vide che se ne stava appollaiato sul muretto
della recinzione. Non gli servì molto per saltare il cancello e mettersi sulle
sue tracce. Non sapeva bene il perché ma il suo istinto gli comandava di
addentarlo e sbranarlo sotto le sue fauci. Corse facendo volare le zollette del
prato dietro di sé. Nulla lo avrebbe fermato, nemmeno la biancheria stesa in
prossimità del muricciolo. Il gatto scattò e cominciò a correre all’impazzata,
ma per lui non c’erano problemi: gli stava alle calcagna anche con le mutandine
di pizzo che gli pendevano dalla fronte. Era una furia, stava per afferrarlo
quando frenò di scatto. Ma che cosa sto facendo? Sto rincorrendo un gatto?
Ma mi è dato di volta il cervello?! Riprese coscienza, il senno gli era
ritornato tutto di colpo. Purtroppo gli era ritornato nel luogo più sbagliato.
Si udì una frenata, poi un botto. Sesshomaru era steso a terra, il mondo girava
intorno alla sua testa e la sua vista si incupiva pian piano.
-Oh cielo, spero di non averti fatto troppo male!- disse l’uomo allarmato,
scendendo dall’auto. Però il demone il dolore lo sentiva, eccome. Si rialzò con
molti tentennamenti e lo guardò con aria di chi si voleva vendicare.
-Buono, cagnone. Non voglio farti male, voglio solo portarti a medicare…stà
buono…- balbettava il tizio. Ma a Sesshomaru poco importava, era troppo
arrabbiato per ascoltarlo. Non smetteva di ringhiare, fece uno scatto per
addentarlo quando cadde svenuto ancor prima di sfiorarlo.
-Ehi, si è svegliato!-
Sesshomaru lentamente riaprì gli occhi, con molta fatica mise a fuoco la
visuale: la prima cosa che attirò la sua attenzione fu il volto di quell’uomo
che gli sorrideva dall’alto in basso. Lo trovava così odioso e nulla gli faceva
cambiare idea dal vendicarsi su di lui.
-Grrrr…- i suoi occhi iniettati di sangue parlavano chiaro, quel mortale non
aveva ancora capito con chi aveva a che fare. Aspettò il momento propizio, che
lui fosse abbastanza vicino, nella circonferenza del suo raggio d’azione che
non avrebbe lasciato scampo al prima colpo.
-Ciao, cagnone!- ad un tratto si sentì avvinghiare il collo. Strabuzzò gli
occhi, e adesso chi sarà mai? Di sicuro qualcuno in cerca di rogne. Si
voltò e vide un bambino affondare il suo faccino nella sua pelliccia.
-Haru, lascialo stare, non si è ancora ripreso. Potresti metterlo in
suggestione.- e in suggestione ce l’aveva messo per davvero. Ma non al punto di
attaccare, al punto di non sapere quello che doveva fare. E adesso questo
che vuole? Sono finito su un altro mondo dove gli esseri viventi sono tutti
matti? Sono finito nella dimensione dei matti.
-Guarda, papà! Ha una macchia a forma di luna sulla fronte, perché non la
chiamiamo Luna?- sorrise il bambino puntando il dito sulla sua fronte. Moccioso,
sono un maschio!
-Tesoro, guarda ha una medaglietta. Si chiama Sesshomaru. Purtroppo non c’è
scritto l’indirizzo del padrone- Una medaglietta?!
-Allora possiamo tenerlo?-
-Solo finché non ritroveremo il proprietario.-
-Ma perché?- Imbronciò il bambino.
-Perché, magari, il suo proprietario è una bambina come te che adesso sta
piangendo perché non lo trova più.- Tsk, sciocchezze! Voglio solo essere
lasciato in pace.
-Ok, ho capito…-