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Autore: MyShadow19    29/08/2014    1 recensioni
Verba è un racconto dalle lievi tonalità fantasy di grande atmosfera. Narra di Kadas Luthfelt, protagonista tenebroso che avrebbe molte, troppe cose da raccontare... se solo la sua filosofia non glielo impedisse; ogni parola è l'evocazione di un concetto, il più grande veicolo delle idee, la struttura su cui si forma il pensiero e quindi la base del modus ponens degli esseri viventi. La filosofia di Kadas è così forte che quando lui pronuncia una parola tutto questo cessa di essere una convinzione e diventa una verità: la realtà attorno a lui cambia. Per questo pesa attentamente quello che dice. Una parola vale più di mille immagini.
Ogni capitolo è molto breve perché lo stile di scrittura è pesante; spero che apprezzerete. Buona lettura!
Genere: Dark, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo ha scelto di essere bello, quel giorno. Il cielo ha scelto di diventare bianco, macchiandosi di candore, per far scendere delicati cristalli di ghiaccio così fragili da infrangersi al suolo. Il cielo ha scelto di essere bello, quel giorno, nevicando. E cosa di più perverso c’è nell’ostentare la bellezza sopra alla tragedia? Cosa di più perverso c’è di una cascata di fiocchi di neve sopra alla più ingiusta delle battaglie?
La battaglia stessa. La battaglia stessa è la sola cosa più perversa della neve che la ricopre. La battaglia tra due amici che si uccidono perché non hanno saputo capirsi. La battaglia tra due anime che si liberano perché non hanno saputo trattenersi. L’assassino ed il leone sono due specchi che si guardano, pronti a liberarsi dal fardello fatale che ha impedito loro di capirsi: l’immortalità. Ogni specchio riflette l’altro e non c’è un’ultima immagine se non il vuoto. Il vuoto causato dall’assenza della morte usata come assenza di dolore.
Nella città muta sotto le macerie di una torre stanno alcune torce come stelle.
Il fuoco. Il fuoco è l’arma del leone: la più primordiale e veemente forza che l’uomo possiede per dare la vita e toglierla. Il leone impugna le torce. La parola. La parola è l’arma dell’assassino: la più evoluta e sofisticata forza che l’uomo possiede per dare speranza e toglierla. L’assassino muove le labbra.
 
  • Morte.
 
Alla parola truce e vibrante viene coordinata la spalla. La spalla spinge il gomito, il gomito spinge l’avambraccio, l’avambraccio spinge la mano e il pugnale per inerzia si solleva fendendo l’aria verso il leone spaventato.
 
  • Quella parola, o assassino, non è utile per uccidermi perché io non posso morire. Riesce soltanto a terrorizzarmi, ma adesso l’ira è troppo grande persino per questo.
 
Scacciato anche l’ultimo spettro del timore il leone scaglia il proprio petto contro il pugnale e lo ferma con la sola potenza dei propri muscoli pettorali. Sogghignando sicuro in virtù del proprio coraggio il leone destreggia la torcia infuocata contro l’assassino e lo schiaffeggia con la potenza ustionante fornita dal fuoco. Un unico secco impatto della sua mano pensante è sufficiente per far precipitare a terra l’assassino. Un'unica arida falciata della sua fiamma ardente è sufficiente per far raggrinzire a morte la pelle del suo viso. E così, menomato, è di nuovo a terra. E’ così, ustionato, è di nuovo a terra.
 
  • Sarà meglio che tu trovi rapidamente la parola utile al tuo scopo, assassino, o altrimenti questa battaglia non risulterà emozionante.
 
La bruciatura, impressa nel suo volto, non è più repellente delle pieghe cadenti del suo viso. La bruciatura, impressa nel suo volto, rimarrà anche quando la luce avrà irradiato di nuovo la sua pelle. Con sprezzo il leone getta la torcia ed estrae il pugnale dal suo petto, come un coltello da caccia conficcato nella spessa corteccia di una quercia.
 
  • Dolore.
 
Novecentonovantanove chiodi crescono sotto la pelle del leone per ricordargli che in assenza della morte sopravvive il dolore. Novecentonovantanove chiodi che costringano l’indistruttibile ad implorare la distruzione. Ma nessun dolore, nessun timore può fermare l’ira. Nessun dolore, nessun timore fermerà il pugnale, adesso in mano al leone, dall’essere scagliato contro il petto dell’assassino. Brutale ed istintivo, la caccia del leone non verrà arrestata dalle emozioni. Crudele e calcolatore, il piano dell’assassino non verrà arrestato da un fallimento. Il pugnale lacera la carne e ben più lancinante è il dolore in chi è immortale nello spirito. Il pugnale lacera la carne e urla e lacrime sconvolgono chi non riconosce l’importanza del corpo.
 
  • La morte non può fermarmi, le emozioni non possono fermarmi, gli attacchi non possono fermarmi; cosa premediterai, ancora, assassino?
 
Con cupa freddezza l’assassino recupera e pulisce la propria arma. Con la stessa cupa freddezza non si rialza e colpisce di nuovo.
 
  • Debolezza.
 
La fame ed il sonno attaccano la fibra corporea del leone nel tentativo di rendere debole il suo tratto più forte. Adesso sembrano molti di più quei novecentonovantanove chiodi. Adesso sembra molto di più quel timore. La fame ed il sonno sfidano la perfezione del corpo travolgendolo con nuovi non supposti bisogni che attraverso il desiderio dell’irraggiungibile sazietà abbattono la sicurezza nelle proprie capacità. Ma la fame ed il sonno alimentano l’istinto. La fame e il sonno alimentano il cacciatore. La fame e il sonno distruggono un assassino, ma alimentano un leone. Il leone coraggioso e adirato adesso è anche un leone affamato. Agganciata la preda per le gambe il leone la finisce lentamente, bruciando la ferita del pugnale con l’altro fuoco. Cuoce a fuoco lento la sua carne per banchettare con essa.
 
  • Non sia mai che la tua ferita ti faccia morir dissanguato, assassino; lascia che il fuoco che dà e toglie la vita te la cauterizzi mentre ti consuma!
 
Ma l’assassino, che mai perde la calma durante l’omicidio, studia il punto debole della vittima anche immerso nel più profondo dolore. La mente mantiene se stessa lucida ignorando il dolore per massimizzare il profitto. Un assassino che riesce ad ignorare il dolore della propria coscienza ha lo spirito abbastanza forte per ignorare qualsiasi altro tipo di dolore. E così con imperitura forza di spirito colpisce ancora:
 
  • Karula.
 
E questa volta fatalmente.
 
  
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