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Autore: benzodiazepunk    30/08/2014    4 recensioni
13 racconti per 13 anni, 13 piccole immagini di momenti di vita quotidiana.
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«Dobbiamo decidere cosa fare del nostro futuro» affermo.
«Come possiamo saperlo? Siamo solo dei bambini» sbotta lui alzando gli occhi al cielo.
«Io voglio diventare famoso» decreto, senza nemmeno ascoltarlo. «E tu diventerai famoso insieme a me»
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«Questo è il nostro sogno. Non è sbagliato inseguire i propri sogni» affermo con un tono sicuro che mi fa quasi sobbalzare perché è quello che usa Bill quando la questione “è così punto e basta”.
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Mi devo operare, e questo già di per sé è una cosa orribile.
Mi devo operare alle corde vocali, e nessuno che non sia un cantante può davvero capire cosa significhi.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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26 Novembre 1997 – Tom
 

Sono arcistufo di oziare in casa. È pomeriggio inoltrato, è domenica e non ho altro da fare che guardare la tv dove oltretutto danno solo programmi cretini. Basta, ho deciso, ora vado di là e butto mio fratello giù dal letto. Mamma aveva detto che saremmo andati allo zoo oggi, insieme a Gordon, per fare qualcosa tutti insieme e Bill mi aveva promesso che prima di uscire avremmo fatto una partita a pallacanestro. Ma ovviamente l’ora della gita è quasi arrivata e lui non è ancora uscito dalla sua stanza.
Mi avvio con passo pesante verso le scale, poi spalanco la porta della camera di mio fratello con un certo cipiglio.
Bill nemmeno mi sente. È alla scrivania curvo su quello che sembra un foglio tutto scarabocchiato; ha una penna in mano con cui ogni tanto si gratta la testa per poi tornare a scrivere i suoi scarabocchi.
Incrocio le braccia e lo osservo per qualche secondo, poi «Bill» esclamo sempre più seccato dalla sua indifferenza.
Mio fratello sobbalza come se non si fosse accorto della mia presenza, si volta di scatto e inaspettatamente di fronte alla mia espressione arrabbiata si apre in un enorme sorriso tutto denti.
«Tomi vieni a vedere!» esclama poi facendomi segno con una mano. «Vieni a vedere se ti piace»
Vorrei dirgli di non rompere, che se lui non gioca a basket come aveva detto io non guardo proprio niente, vorrei girare i tacchi e andarmene, vorrei tirargli un pugno e dirgli che non giocherò mai più con lui nemmeno se me lo chiederà, ma non faccio nulla di tutto questo. Sbuffo e mi avvicino alla scrivania. Bill mi tende il suo prezioso foglio e sorride ancora.
«Leggi leggi dai! Dimmi se ti piace»
«Che roba è?» gli chiedo.
«È una canzone. Beh, la mia canzone!» Il suo entusiasmo è evidente e io resto per un attimo imbambolato a fissarlo.
Una canzone? Perché mai si sarebbe messo a scrivere canzoni ora? Sogghigno, chissà che razza di temino sarà ‘sta cosa, ma mi decido a leggere. Di fronte alle follie di mio fratello sono impotente. 
Leggo, e quando arrivo in fondo rileggo tutto un’altra volta. Mi fermo a fissare il testo, poi lo rileggo ancora. Infine alzo gli occhi su Bill che mi osserva impaziente.
«Allora?!» esclama, incapace di trattenersi oltre. «Che te ne pare? È decente?»
«Decente? Bill questa è una canzone vera!» So che deve sembrare sciocco perché lui sbuffa.
«Ma certo che lo è, te l’ho detto. Ma è bella? Ti piace?»
«Certo che mi piace, e come non potrebbe? È una specie di opera d’arte, è una canzone come quelle che si sentono alla radio, è… Se la fai leggere a qualche cantante famoso te la compra di sicuro, e potrebbe pagarti anche tanti soldi!»
Bill scuote la testa sorridendo sotto i baffi. «No che non la vendo. La posso cantare anche io e tu potresti suonare, magari puoi inventare una musica. Magari potremmo…»
«Frena, frena, frena!» lo blocco. «Sei ammattito per caso? Bill abbiamo otto anni ok? Nessun bambino di otto anni diventa famoso con una canzone, e nemmeno a dieci, o a dodici, o a quindici anni, quindi…»
«Con una canzone no, ma io posso scriverne altre. E poi Gordon che si vanta tanto di essere esperto di musica potrebbe aiutarci con tutte le cose che servono per farci diventare famosi. Così sarebbe utile per qualcosa, una volta tanto»
Bill storce la bocca, lo so che non è ancora del tutto convinto di Gordon e della decisione della mamma di vivere insieme a lui facendo come se fosse il nostro papà; nemmeno io sono convinto, ancora. Anche se Gordon è un bel tipo ed è pure simpatico.
Rido e Bill scoppia a ridere insieme a me.
«Allora lo facciamo?»
«Ma cosa?» chiedo esasperato.
«Diventiamo dei cantanti?»
«Io non canto proprio niente» chiarisco, ma poi di fronte all’espressione carica di aspettativa del mio gemello lascio da parte la mia arrabbiatura; gli prendo il foglio dalle mani, corro via, e sento che lui mi insegue.
Non mi pare che “l’età della ragione” abbia fatto mettere a Bill la testa a posto; ma d’altronde se non sfornasse idee bizzarre e impossibili non sarebbe Bill.

  
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