Anime & Manga > Fairy Tail
Segui la storia  |       
Autore: liberty_dream    30/08/2014    6 recensioni
STORIA AD OC
Cento anni dopo la morte dell'ultima ninfa la situazione è la stessa del secolo scorso: il sovrano ha ottenuto la fonte della giovinezza ed è ancora in vita, si tratta di un re sanguinario e violento.
Ma un gruppo di volontari è deciso a combattere contro di lui ed annientarlo. Loro hanno un'arma che può sconvolgere le sorti della guerra: l'ultima ninfa è rinata, ma devono ancora trovare la ragazza che ha ereditato le sue origini ed i suoi poteri.
La lotta tra il bene ed il male ricomincia... l'ago della bilancia a chi concederà la vittoria?
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gray, Fullbuster, Natsu
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

THE LAST NYMPH TALE



- Papà!- urlò esasperata una ragazza- Dai cazzo, sbrigati! Anche Gavriel è già pronto. Possibile che manchi solo tu? Faremo tardi.- Quello era un giorno importante per l’intero regno e nessuno, lei compresa, voleva arrivare tardi alla piazza, e non solo per la punizione corporale che era inferta ai ritardatari e agli assenteisti, ma perché, per la prima volta nella storia da che si avesse nota, un principe sarebbe stato giustiziato.Tutti speravano in un intervento dei ribelli ma, da quando avevano attaccato il palazzo la sera del ballo durante il quale il principe Taichi aveva scelto la sua consorte, e da quando questa era stata ‘’rapita’’, tra l’altro senza alcuna rivendicazione da parte degli stessi, contrariamente a ciò cui erano avvezzi. Tutte queste accuse furono imputate a un tentativo di liberare il traditore Gilbert Von Paradise, ma tutti questi avvenimenti, ogni fatto che ho appena narrato, erano filtrate dall’interpretazione della corte del re.

La fanciulla era sparita, quest’era vero, ma era scappata, non stata rapita. I ribelli non avevano attaccato, ma era stata una e una sola persona ad aver combattuto e non per un’azione offensiva, ma per difesa. Ma chi era questa persona che era entrata nelle vite del palazzo lasciandosi dietro una morte? Certamente nessuno lo avrebbe scoperto, o quasi.
Ma torniamo in quella casa sperduta, dove poc’anzi stavo narrando gli avvenimenti. Era semplice ed essenziale, senza alcun segno distintivo, era anonima e divisa, all’interno, in due sole stanze, quella centrale, adibita a vera e propria ‘’abitazione’’ e quella sul retro, usata come ripostiglio. Anche l’interno era indifferente agli occhi degli altri popolani: terra sul pavimento e terra sulle pareti, qualche misera stuoia fatta di frasche tenute insieme da delle strisce di canapa, un baule microscopico ligneo contenente i pochi vestiti posseduti e un piccolo forno a legna fatto di mattoni cotti al sole (come quelli che costituivano la casa). Qua e là, qualche asse sporgeva e, probabilmente, la sua funzione era meramente quella di sostegno.

Era una casa molto modesta, e sarebbe stata anche ‘’normale’’ secondo i canoni di Fiore, se al centro del tetto non ci fosse stato un grande foro voluto appositamente per far disperdere il fumo quando si accendeva il fuoco per riscaldarsi. E quell’ottobre, pareva sempre più intenzionato a far avvicinare la consueta data di accensione.
Lei era già pronta nel suo vestito di ogni giorno, il fratellino pure che, seduto al suo fianco, era fin troppo calmo. Mancava solo lui: il padre.

- Muoviti papà!- continuò lei a gridare- Non possiamo arrivare tardi.

- Sì sì- borbottò quello in risposta mentre lo si sentiva trafficare con qualcosa.Emerse dal retro dell’abitazione, con il viso accaldato e le gote rossicce: stava lavorando.

- Ancora a lavorare? Cazzo padre, muovi il tuo culo e usciamo da qui! Non voglio passare un’altra notte in cella per colpa tua!

- Modera i termini, ragazzina! Stavo lavorando per darti da mangiare, se non te ne sei ancora accorta. - la rimproverò quello con il volto scuro- E non capisco come mai voi ragazzi avete tutta questa smania di vedere un uomo decapitato, proprio non lo comprendo.

- Papà! – sibilò il bambino invocando il nome del padre.

- Gavriel, dammi la mano!- ordinò al figlio e poi rivolgendosi alla giovane perentoriamente- andiamo.Anche le altre case erano semplici, qualcuna di poco migliore, qualcun’altra di molto peggiore. Passarono vicino alla chiesetta locale, semplice e in muratura, seminascosta dalla vegetazione che la copriva e distruggeva senza che nessuno si curasse di farvi una buona manutenzione. Stava diventando diroccata, solo un piccolo angelo, posto sul suo tetto, sembrava non aver subito l’effetto del tempo.

La ragazza la fissava affascinata mentre ci passava vicino e più volte, contravvenendo agli ordini del padre, era entrata lì con il suo migliore amico. Stranamente la incuriosiva, l’aveva interamente esplorata, l’aveva stregata, poi vi aveva scoperto una fiala, contenente un liquido blu, avvolta in un brandello di tessuto lacero e consunto.
Notando il suo interesse nei confronti di una bislacca e inutile costruzione, il padre dette una pacca sulla spalla della ragazza per farle volgere l’attenzione altrove.

- Shail!- la rimproverò, ma con un tono leggermente dolce.

Lei voltò lo sguardo riconducendolo davanti a sé e sgranò gli occhi meravigliata: a lato della costruzione il suo “migliore amico” la stava aspettando.

- Posso raggiungerlo?- chiese dopo aver notato che anche l’uomo lo aveva riconosciuto.

- Uff- sbuffò lui in risposta- va! Ma ricordati di esserci all’esecuzione, altrimenti oltre alla notte in cella non esci di casa per una settimana.

- Sì papà- lo ringraziò sorridendo.

- E non fate niente di compro…- ma era troppo tardi, lei era già andata, l’uomo sorrise sotto i baffi vedendo la sua amata figliola affrettare il passo verso quello che, anche lui lo sapeva, era ben più di un amico.

Iniziò a correre per raggiungerlo attraverso il prato incolto, sentendo la rugiada sotto la pianta dei piedi andando scalza. Qualche mosca stava girando sull’erba e, al suo passaggio, si levava in aria unitamente alle candide farfalle e alle piccole coccinelle.

- Ferio!- lo chiamò quella raggiungendolo.

Il ragazzo si voltò di scatto e nel riflesso dell’occhio verde, l’altro era coperto da una bandana nera, apparve la figura di lei.

- Shail!- la salutò abbracciandola.

- Finalmente sei tornato! Sei tornato!- disse ridendo quella, incredula di poterlo rivedere e stringere tra le braccia.

- Te l’avevo detto che ero via per lavoro, Shail! Sono tornato dopo un mese, come ti avevo promesso!

- Pensavo fossi morto.

- Non posso morire prima di averti sposato, mia cara!- e così dicendo le baciò una guancia- Dì la verità, ti sono mancato tappetta?

- Cazzo dici? Ovviamente no!- quella mise il broncio incrociando le braccia al petto, ma sciolse subito la sua aria di compostezza vedendo l’aria da cucciolo bastonato del ragazzo.

- Nemmeno un po’? Un pochino? Pochino Pochissimo?

- Uhm... Veramente pochissimo.- disse lei ridendo.I suoi occhi rosa erano ridenti e rispecchiavano la sua anima buona e gioviale, il suo buon’umore e la sua spensieratezza. Sciolse i lunghi capelli color latte dalla treccia che era costretta a portare per ‘’pudore’’ lasciandoli liberi di toccare terra, poi si voltò verso di lui.

-  C’è ancora un po’ di tempo prima dell’esecuzione, scendiamo al fiume?- gli propose e lui non seppe dire di no.


Passando attraverso la foresta di pini di quel paese, chiamata semplicemente Il Bosco, sbucarono, tra funghi, margherite e pigne, sulla sponda destra di uno di quei pochi fiumi che attraversavano quell’area sperduta della regione di Fiore. L’aria era fredda vicino alle pendici dei monti e l’ubicazione di quel paese, chiamato Slave Town, quello più vicino alla città reale, Magnolia, era stato scelto come luogo per ospitare la pubblica esecuzione del principe Gilbert, detto il Traditore.
Ferio si sedette sulla riva, giocando con un ciuffo d’erba, a guardare la sua promessa sposa saltellare sui sassi dopo essersi tolta il vestito per non bagnarlo e rimasta soltanto in una sottana un po’ troppo trasparente per i suoi bassi istinti. Stava ridendo tra gli schizzi, bagnandosi i capelli sciolti e facendo appiccicare ancora di più la veste alle morbide curve del suo corpo. Il ragazzo, fin troppo alto per i canoni dell’epoca, di pochissimo più basso del metro e novanta, stava cercando di domare l’imminente erezione  che, anche la sola vista delle gambe della giovane, era in grado di provocargli. Non resistendo al desiderio di baciarla la richiamò e, con la scusa che era già passata una delle tre ore che ancora avevano prima che il boia calasse la sua scure, la fece tornare da lui.

Per lo stesso motivo per cui lei si era spogliata rimanendo in sottana, lui la baciò possessivamente, come già aveva fatto in quella chiesetta diroccata. Con la scusante che nessuno poteva vederli e che l’onore della ragazza era già stato macchiato dal marchio dell’infamia, le sue mani scivolarono lungo le cosce proibite preda della lussuria, ma rimproverate da quelle della bionda, tornarono sulla sua schiena, attestando il tangibile segno dell’insubordinazione sua e percorrendo il segno che, a sangue, le aveva rovinato la reputazione: quello di una frusta.
Lei si staccò da lui per riprendere l’aria.

- Vaffanculo Ferio! Da quando sei diventato così audace? Non eri tu il ragazzino senza palle che perdeva sempre contro di me e che aveva paura di fregare una cazzo di ciambella al fornaio? Mi sorprendi.- commentò quella.

- Se non sbaglio ero così anche la scorsa volta, ma non ti sei fatta tutti questi problemi a rendermi succube. Cos’è, ti spaventa che reagisco anch’io?

- Cazzo no! È così… così… - cercò una parola per descriverlo.

- Eccitante- sussurrò lui mentre la ragazza gli sfilava la casacca.

- Uhm…  sì- sussurrò lei tracciando un percorso immaginario tra i suoi pettorali- ma eccitante quanto?- il giovane uomo le prese la mano delicata, ma già lievemente rovinata dal lavoro nell’orto, e la portò all’altezza del cavallo dei suoi pantaloni.

- Lo senti quanto?- la sua voce s’incurvò un poco quando lei gli toccò il rigonfiamento troppo evidente.


L’unica risposta che Shail gli dette fu quella di baciarlo con più passione e possesso di quanto avesse fatto prima, ricercando un contatto sempre più approfondito. E lui, trascinato dallo stesso turbine  di emozioni e sensazioni che avevano preso l’istinto di lei, la ribaltò, facendo aderire il suo corpo all’erba, slacciò quasi con troppa perizia la sottoveste che copriva il corpo dell’amata permettendo di rivelargli i morbidi seni, ma non scese a svelargli la sua femminilità. Iniziò a giocarci con le mani, passò la bocca attorno ai capezzoli turgidi. Ma un urlo femminile improvviso, fece svegliare i due giovani amanti dalla lussuria.
Si guardarono spaventati: una leggenda narrava di un drago di fuoco che girovagava per quelle foresta andando a rapire le fanciulle per poi divorarle nella sua tana. Tuttavia questo racconto mitologico è quello volutamente tramandato dal re, la versione reale è differente e risalente a ben più di cent’anni prima, di conseguenza ad un’epoca precedente a quella governata dall’attuale sovrano. Esso iniziava così…

 
 ***

Tempo fa, presso uno dei pochissimi fiumi, in un punto incognito del letto, una giovane donna, bionda e dai grandi occhi color cioccolato, stava lavando i panni suoi e della sua famiglia, sorridendo al pensiero dei suoi figli che stavano cercando i funghi per la cena. Tuttavia, il sorriso delle labbra, non si rispecchiava negli occhi: da troppo tempo, il marito, essendo un mago,  era partito per una delle tante guerre tra gilde, richiamato da quella presso cui era vassallo: Fairy tail. E la preoccupazione era fin troppo evidente anche quando il cuore le si inteneriva.

 Era sola con una veste dalle morbide tonalità rosate in mano, quando, dal folto degli alberi, sbucò una piccola creatura rossa. Poggiava su quattro zampe e, nei suoi grandi occhi rosa, era possibile leggere diffidenza mista a tristezza. La giovane donna, che non aveva più di vent’anni essendosi sposata a quindici, si alzò di scatto spaventata lasciando cadere nel fiume la cesta di canapa contenente il poco vestiario della sua famiglia, si voltò cercando di allontanarsi, ma la creatura, screziata da venature sanguigne, aprì le ali e, con un elegante balzo, decollò e planò di fronte a lei, percorrendo la distanza di almeno una decina di metri in un paio di secondi. La bionda crollò in ginocchio cercando di nascondersi alle pupille verticali dell’essere che la sovrastava, ovviamente invano. Quella chiuse le ali e avvicinò il muso affusolato verso di lei, annusandola; nelle iridi rosate ora si poteva leggere curiosità e allegria. Ad averla vicino, quell’umana le pareva così piccola e fragile, esprimeva tenerezza in quella posa rannicchiata e seminascosta dalle braccia nivee, avvertiva il suo bisogno assoluto di protezione, la sua paura nell’essere torreggiata da lui. E prese una decisione.

Un ruggito forte e potente fece svegliare tutti gli uccelli del bosco, scappare gli abitanti del villaggio verso Magnolia, mentre le fattezze dell’essere iniziarono a mutare. Le sue dimensioni si rimpicciolirono e la sua forma cambiò. Le grosse e massicce zampe divennero sempre più piccole mantenendo il proprio vigore, sino a diventare della forma e delle dimensioni di quelle di un uomo; la cassa toracica si restrinse, e così tutti gli organi interni. Una fitta di dolore travolse il giovane drago mentre le ali e la coda si ritiravano nella schiena; anche i lineamenti del muso cambiarono lasciando spazio ad una folta e disordinata capigliatura rosata e ad un viso gioviale. L’unica cosa che non cambiò in lui furono gli occhi: si rimpicciolirono, ma il taglio degli occhi rimase perfettamente uguale, le iridi del medesimo colore screziato, le pupille nere come fessure verticali. La creatura era diventata un uomo.

La giovane sgranò gli occhi, sbatté più e più volte le palpebre sperando che fosse solo un sogno, mentre il suo corpo iniziava a tremare dalla paura. Scossa da gemiti e da singhiozzi, non riusciva a muoversi e si ritrovava paralizzata di fronte alla figura dell’uomo che aveva davanti, incapace sia di proferire parola, sia di spostare i muscoli a suo piacimento. Non poteva negare la sua bellezza e quello, una volta che le fu apparso davanti sostituendosi alla creatura mitologica, non riuscì a reggersi in piedi e cadde sull’erba chiudendo gli occhi.

La donna era confusa: non sapeva che fare. Una domanda assillava la sua mente e le domandava con insistenza cosa avrebbe fatto, se andare via lasciando quello sconosciuto giacente sull’erba o, magari, provare a portarlo nella propria abitazione e offrirgli riparo. Se l’avesse condotto nella sua casa sarebbe senz’altro incorsa nelle ire di suo marito e i malparlieri avrebbero sparlato di lei infangando il buon nome della sua famiglia, se non l’avesse fatto la sua coscienza l’avrebbe tormentata fino alla fine dei suoi giorni. Dunque che fare? Più lo fissava, più scrutava e analizzava il suo volto, più si rendeva conto che il giovane uomo stava soffrendo di un qualche dolore atroce che lo attanagliava dal profondo; la sua fede non gli permetteva di abbandonarlo così: sarebbe senz’altro morto cadendo vittima delle belve e delle creature del bosco, e anche di quel drago, se fosse stato “fortunato”. Era incerta, dannatamente insicura del da farsi da non saper prendere una decisione e, tanto più cercava di capire quale scelta fosse la migliore, tanto più la paura e lo sconforto di sbagliare le attanagliavano lo stomaco. Distolse, quindi, lo sguardo cercando un segno divino da interpretare per avere la sua agognata risposta, ma si sentì chiamare.

- Lu… Lucia…- il rosato protendeva la sua mano verso di lei, gli occhi spalancati a invocare qualcosa- Lucia… aiutami.

La bionda stava andando nel panico: come faceva quello sconosciuto, che mai, mai, aveva visto prima, a conoscere il suo nome? Ma gli dei aveva dato il loro segno, il segnale che avrebbe sancito la rovina della povera donna e della sua sfortunata famiglia.

 
 ***
 
Si rivestirono più in fretta che poterono, in silenzio e cercando di non fare nemmeno un minimo rumore. Quando lei ebbe di nuovo indosso il suo vestito a tratti bianco e ad altri rosa, iniziarono a correre verso il paese mentre altre grida femminili si alzavano nei meandri della foresta invocando alcuni nomi.

Scalzi, con i calzari in mano, correvano lungo quell’unico sentiero per cercare rifugio dalla fantomatica bestia. Tra i rami gli uccelli si erano ammutoliti e il sole aveva perso il proprio pallore, d’un tratto il tanto ospitale Shady Woodland, si era trasformato nell’ideale ramificazione della terrificante Forest of Eternal Agony, contando che, a conti fatti, lo era realmente. Tuttavia, in un luogo recondito all’interno del bosco, si era conservato quasi integro il villaggio delle Ninfe, dove la discendente sopravvissuta, poiché caduta in un pozzo, viveva senza essere scoperta. La Ninfa delle Sorgenti dimorava celata agli occhi di tutti perennemente nascosta dietro una spessa coltre di nebbia che aveva la capacità di annebbiare le menti di coloro che vi si avventuravano all’interno. La sua presenza dava vigore alla natura, donava colore alla foresta sempre grigia e scura andando a costituire l’unica macchia verde in uno scenario color delle nuvole cariche di pioggia.

 
 ***

La piazza era gremita; nessuno poteva mancare a quel tipo di evento:  tutti dovevano assistere e capire in cosa si incappava nell’andare contro il re assoluto di Fiore, indipendentemente dall’età e dalle condizioni fisiche, chiunque fosse in grado di vedere doveva presenziare all’esecuzione. Ai lati dello spiazzo urbano gli illegittimi abitanti della dimora regale preservavano l’ordine tra la folla: non un soldato era stato lasciato al palazzo, solo i membri della Guardia Reale per proteggere il castello erano rimasti a Magnolia di stanza all’edificio e, nel cortile del palazzo, uno di loro stava giocando su una primordiale altalena fatta da un’asse mal limato e da alcuni cenci di corda appesi all’albero dell’impiccato, il luogo secondo la leggenda, il drago, in forma umana, si sarebbe impiccato, ma di questa parte della leggenda ne parleremo più avanti.

La piazzetta del villaggio era completamente diversa da quella di Magnolia poiché essa giaceva sulle radici del grande albero, mentre Slave town era sul confine di un bosco un tempo rigoglioso, ora spettrale. Le case che davano sulla piazza erano delle famiglie più abbienti della città, fatte con pietre ricavata dalla cava dove quasi tutti gli abitanti del paesucolo lavoravano spaccandosi la schiena a colpi di martelli e picconi. Erano davvero ben costruite: meno di dieci anni prima era stato fatto arrivare un architetto molto famoso nel continente di Fiore e aveva fatto un buon lavoro dirigendo, come capo carpentiere, i lavori di costruzione. Ora le impalcature di legno si alternavano ai mattoni fissati l’uno all’altro con l’ausilio della malta, un conglomerato legante che rendeva le abitazioni molto più lussuose e costose di quanto i normali lavoratori potessero permettersi. Da fuori erano austere, l’interno, al contrario era molto sfarzoso e lussuoso: ogni stanza aveva un proprio caminetto e nei bagni c’era, attraverso un complicato sistema di tubature che era uno degli ultimi ritrovati della scienza moderna, acqua corrente e servizi per l’igiene personale, sulle pareti vi erano affreschi e arazzi dove si alternavano scene religiose a scene pagane e profane, le finestre avevano vetrate istoriate e alcuni tappeti erano stati ricavati da belve feroci provenienti da altri continenti.

Inutile dire che l’intero edificio costituiva l’ufficio del governo del villaggio e il palazzo dove i membri del consesso, tutti spalleggiati e ben voluti dal monarca, dimoravano con le proprie famiglie.
La bandiera sventolava su quello che era il palazzo della giustizia, se in questo modo si poteva chiamare un processo sommario e una rapida pena. Normalmente, sia col sole che con la pioggia, vi erano frotte di persone che andavano a invocare clemenza e ascolto per i reati commessi a loro danno, generalmente nessuno di questi veniva ascoltato. Solo i crimini peggiori venivano puniti: per affronto pubblico ai dirigenti e omicidio si rischiava il carcere sull’isola Garuna, dove la popolazione mezza demoniaca era stata brutalmente sterminata.

Al centro della piazza c’era un pedana fatta in tutta fretta dai falegnami che il re aveva portato con sé, avevano lavorato alacremente smantellando il luogo dove avvenivano le fustigazioni e le esecuzioni per ricrearlo in modo che fosse degno dello sguardo del re Immortale.
Non c’era ancora sangue fresco o secco a sporcare il legno duro e destinato a resistere, ma sarebbe stata presto inaugurata. Un suono di tromba significava che il prigioniero stava arrivando; dall’alto della tribuna costruita per lui e per i nobili più importanti il re sorrise, suo figlio Taichi, il Domadraghi, si strinse nel suo schienale. Sentiva il suo disagio penetrare nelle sue ossa, quello che stava per succedere non era naturale: un figlio non moriva prima del padre, un padre non uccideva la propria prole. Incassò le spalle all’interno del suo scranno sollevando la testa per guardare il cielo. Era grigio… che anche lui capisse quello che stava per accadere e volesse piangere per l’abominio che si sarebbe consumato di lì a poco? Quello che era certo è che si stava facendo sempre più scuro e carico di pioggia. Il ragazzo dai capelli color oltremare abbassò lo sguardo angosciato, suo fratello era sempre stato il suo punto di riferimento, allora perché aveva tradito? Cosa l’aveva spinto a abbandonare la sua famiglia, più provava a dare pace a questi interrogativi e più domande affollavano la sua testa. Il comportamento di quell’uomo era sempre stato saggio, cauto e misurato, per cui quest’ultimo gesto non lo si poteva imputare alla follia. Lui avrebbe saputo darvi una risposta.

Una fioca luce, un debole bagliore venne percepito da tutti indifferentemente da ciò che stavano facendo, i bambini si voltarono di scatto. Accompagnato da un tuono fragoroso il principe Gilbert fece la sua apparizione nella piazza affollata. L’attesa era finita e il temporale era imminente.

Venne fatto salire sulla pedana dove era già stato posizionato il ceppo: il boia gli avrebbe tagliato la testa. Appariva stanco, dimagrito,invecchiato. Il principe Howl, quando lo vide, ebbe un brivido, stava quasi per chiamarlo “Fratellone” ma si rese conto in tempo che una parola del genere lo avrebbe compromesso agli occhi del padre, con il quale i rapporti stavano già diventando più freddi a cause di controversie sul modo di occuparsi dei problemi di stato. Anche lui, allo stesso modo di Taichi, aveva i capelli blu, ma i suoi erano più spenti, più cupi, più neri tanto che, in certe notti e in certi luoghi male illuminati, poteva sembrare pelato: erano blu notte. Sulla sua pelle lattiginosa scottata per gli allenamenti con la spada cui ogni giorno si sottoponeva per mantenere la prestanza fisica e allenarsi per eventuali combattimenti importanti, spiccavano gli occhi azzurro scuro, carichi di forza e di sapienza nonostante fosse l’ultimogenito nato dal secondo matrimonio del padre.
Gilbert venne fatto inginocchiare. Sembrava provato, negli occhi si leggeva la rassegnazione e la consapevolezza di chi sa di star per morire, ma intende farlo con coraggio, riconoscendo i suoi crimini e quindi sapendo di meritare quella fine. Nelle sue iridi nere dimoravano la fierezza e l’indignazione. Aveva qualche ferita aperta sui muscoli delle braccia e del torace, le ulcere sulla schiena dovevano essere infette per quanto erano violacee e gonfie mentre aveva i polsi piagati: doveva aver passato molto tempo legato. Alzò il capo a fatica scuotendo i ciuffi biondi, un regalo di sua madre, che gli impedivano di osservare il mondo con la sua solita arguzia e intelligenza, portò gli occhi sul padre che lo guardava con mutua soddisfazione, nascosta a malapena da una maschera di apparente tristezza che doveva indossare come conveniva per il momento.

A un cenno del re un uomo, un certo Lord Blanco a quanto annunciava il bardo si fece avanti con aria solenne. Tutti lo conoscevano come il Giocattolo Mangiauomini e il suo nome non era certo dovuto al caso: da ex cavia per gli esperimenti del Dr Clint era stato nutrito per oltre i primi quindici anni della sua vita di carne umana, persone che poi, aveva imparato a uccidere da solo con le sue stesse mani. Quando il re aveva avviato un progetto per creare “il soldato perfetto”, lui era stato una delle vittime sacrificali per la ricerca: fu sottratto alla sua famiglia a soli sei mesi, immediatamente dopo essere stato svezzato, dopo che questa lo aveva venduto come schiavo e aveva vissuto la sua intera vita sottoponendosi a trattamenti magici e alchemici che da semplice umano lo avevano trasformato nel mostro che era. Quando faceva delle sortite contro i ribelli o andava a spezzare la vita di qualcuno, aveva continuato la sua antica usanza di mangiare chi uccideva, ma prima di ammazzarli giocherellava con loro stuzzicandoli con battute per incutere più paura o usando uno qualsiasi dei suoi metodi di tortura. Ora era libero, ma aveva deciso di affidare la propria spada al re che lo trattava come un uomo di fiducia e che lo aveva sollevanto dalla triste condizione di schiavo a quella di assassino personale libero da catene e costrizioni.
Per ordine del re aveva dovuto rinunciare sia ai suoi abiti quotidiani, sia alla sua armatura. Ora indossava delle brache di lana lavorata e una semplice blusa da macellaio. Calò il cappuccio nero sui suoi riccioli bianchi, un colore strano e addirittura maledetto, e attraverso le due piccole fessure continuò a vedere lo spettacolo dinnanzi a lui. Studiò tutte le facce mentre il re perorava la storia di quanto egli fosse magnanimo e il figlio ingrato per averlo tradito a quel modo schierandosi con i suoi peggiori nemici per motivi infondati secondo quanto lui asseriva. Gilbert aveva abbandonato il castello durante una notte senza luna, adottando i colori delle tenebre nel vestiario, un pugnale semplice infilato tra le cinghie dentro il giubbino di pelle, un altro all’interno dello stivale. Era scappato con la luce dalla sua parte, ma lo avevano lo stesso trovato, allora aveva ucciso, minacciato ed era riuscito ad andarsene lasciandosi indietro la marte di due soldati che lui stesso conosceva. Ma la morte di cui si vergognava era quella della Ninfa: i due sicari che aveva inviato l’avevano abbandonata agonizzante, sola e derelitta, in un lago di sangue che pian piano si era ingrandito. Lui l’aveva vista da lontano ed era stato uno spettacolo agghiacciante: gli occhi sgranati, le pupille dilatate, i fremiti del corpo che cercava di trattenere l’anima che piano piano tornava nell’oceano. I capelli sudati per quell’ultima fatale corsa erano liberi di ricadergli sul morbido e diafano corpo; il principe ricordava ancora, a distanza di un secolo, che il cuore fece un balzo quando pensò << è bellissima>>.
Il discorso del re finì, il condannato aspettò la sentenza.

- Per aver tradito tuo padre, la tua famiglia e il tuo regno,  con il supporto del Concilio superiore del reame, delle Guardie Reali e del popolo tutto io, re Henry von Paradise, Protettore del Regno di Fiore, Custode della Fonte della Giovinezza, primo sovrano della dinastia von Paradise con oltre un secolo di comando alle spalle, lord delle isole di Garuna e Tenroujima, Patrono delle montagne, Cacciatore di vulcan sul monte Hakobe, Comandante supremo delle Armate per la Difesa Nazionale,  in virtù del potere conferitomi dagli dei e dagli spiriti, ti condanno a morte per decapitazione.

Due guardie afferrarono Gilbert per le spalle e lo condussero al ceppo, lo fecero inginocchiare e appoggiare la testa sulla protuberanza di legno; il ragazzo avrebbe sempre ricordato come quello fosse stato il suo ultimo cuscino, la sua comodità e la sua lignea presenza l’avrebbero accompagnato fino alla fine dei suoi secondi. Il Giocattolo mangia uomini gli si accostò con l’ascia in mano.

- Quali sono le tue ultime parole, Traditore?- fu l’ultima cortesia che quell’uomo mezzo albino gli fece, non che fossero andati molto d’accordo prima: era stato lord Cassiel a catturarlo!

- Non rimpiango di aver tradito. Sono pentito per aver fatto uccidere l’ultima ninfa e per aver ucciso chi l’aveva assassinata offrendo su un piatto d’argento la ricompensa: una fonte sgorgante acqua cristallina, ti ho dato un dono padre, l’Acqua della Giovinezza non ti fa morire di vecchiaia, ma qualcuno verrà e sai? Il ferro ci uccide. E tu sarai il prossimo in questa famiglia!-gli inveì contro.

- Tagliategli la testa, ora!- furono le ultime parole che il re disse quel giorno, era paonazzo per la rabbia e per il suo segreto ormai di pubblico dominio.

Gilbert chiuse gli occhi, il Giocattolo alzò la scure. Ci fu un unico tonfo secco e la testa del giovane principe grondava lontana dal corpo, grondante e spruzzante sangue, con le vertebre ben in vista. Il boia che aveva eseguito la sentenza la raggiunse, la afferrò per i biondi capelli ormai tinti e la mostrò al padre.

- Ecco la testa di vostro figlio, mio signore.- le labbra del re si contorsero in un ghigno.


Nella folla ci fu uno scambio di battute e di sguardi tra due ragazzi: Syria e Leon Silver avevano sentito tutto a dispetto degli altri ribelli appostati nella folla. Gilbert non aveva detto loro di quel “piccolo” punto debole della sua famiglia al contrario di come entrare nel castello. Raggiunsero gli altri poco fuori la piazza e, confondendosi tra la folla, tornarono tutti nel loro nascondiglio.

 









ANGOLINO DELL'AUTRICE

Immagino che per tutti questi mesi non ci siano scuse accettabili, il ritardo è talmente tanto che posso solo affermare che mi è dispiaciuto non poter scrivere.
Oggi stesso ho terminato il capitolo, quindi nella fretta non l'ho revisionato totalmente. Spero che le descrizioni non siano state molto/troppo pesanti, ma ci tenevo. Ecco a voi l'ultima ninfa, la cara Shail Aghea che l'abbiamo già vista in atteggiamenti "poco casti" insieme al suo "migliore amico", il piccolo Ferio di Wilwarind86, che spero non vi abbiano indotto a lasciare la storia- ricordate, è a rating arancione, quindi posso permettermelo :P - e il principe Gilbert è stato il primo a morire. Yeee, che bello... ok, no. Ma spero di aver reso i personaggi al meglio anche se ho qualche dubbio su Cassiel Blanco. Che dirvi? Mandatemi la vostra opinione, ci tengo tanto!

Liber
  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Fairy Tail / Vai alla pagina dell'autore: liberty_dream