Una scoperta distruggente
12 Ottobre 2012 (Venerdì)Suonò la sveglia. La spensi di colpo. Sbuffai … era già ora di alzarsi. Ed io non avevo dormito per niente quella notte. Mi alzai dal letto e raggiunsi l’interruttore per accendere la luce. Poi mi guardai allo specchio, dove vidi una figura notevolmente assonnata e stanca. Avevo delle grosse occhiaie e i capelli arruffati. Non riuscendo a dormire avevo fatto le acrobazie tra le coperte, nel girarmi a destra e a sinistra, continuamente. Feci un grosso sbadiglio e mi rassegnai all’idea. Dovevo affrontare un’altra giornata. Cominciavo ad essere stufa di dovermi svegliare ogni mattina alle 6. Ricordai di Luca, e mi venne un’idea lampo, in testa. Andai subito a svegliare mia madre, facendola venire in camera mia, per parlarle. Lei mi seguì, tenendo stretto tra le braccia il suo cuscino, e non riuscendo ad aprire gli occhi completamente.
“Che vuoi? Perché mi hai svegliata?” si sforzò di dire.
Ed io le spiegai “Oggi è venerdì, e si esce all’1 e mezza. Ecco, io invece vorrei uscire prima per poter avere il tempo di andare a trovare Luca all’ospedale. Non potrei, se uscissi all’1 e mezza. Non ne avrei il tempo. Ti prego, mi fai il permesso di uscita anticipata sul libretto delle giustificazioni?”
“E non potevi dirmelo ieri sera? Prendi sto libretto, dai” sbuffò, con voce assonnata, e sgargiando gli occhi più che poteva.
“Scusa, hai ragione. Non ci ho pensato. Tieni, scrivi”
Dissi, porgendole il libretto delle giustificazioni con una penna.
“A che ora vuoi uscire?” fece lei.
“Boh, mezzogiorno?”
“12 e 00 … fatto. Mettilo nello zaino. Io torno a letto. Ciao amore, ti voglio bene, buona giornata”
Disse, finendo di scrivere, e dandomi un bacio sulla fronte. La lasciai andare a dormire, rispondendole con un dolce
“Ti voglio bene anch’io, riposati”
Poi misi il libretto nello zaino, ed andai in cucina, senza riuscire a mangiare niente. Bevvi solamente un bicchiere di succo di frutta all’albicocca. Poi andai a prepararmi. Alle 7 uscii di casa, per prendere il pullman. Incontrai nuovamente, a mezza strada, Rafa. Come il giorno prima. Mi squadrò dalla testa ai piedi, in lontananza, prima di chiedermi, appena si avvicinò
“Come stai? E non mentirmi dicendomi che stai bene”
“Sto bene, Rafa” mentii, invece io.
“Okay. Mettiamola così. Ieri Simona ed io ci siamo visti in piazza. Mi ha raccontato quello che è successo al tuo amico. Quindi, non puoi stare bene. Hai novità sul tuo amico?”
Mi spiegò. Io, sbuffando, gli risposi
“Non so niente. Ieri pomeriggio l’ho lasciato ancora in terapia intensiva. Non si è ancora svegliato, quindi i dottori non possono dire nulla in proposito”
“Ma non è grave, vero?” mi chiese.
“Non lo so, Rafa. So solo che non sopporto l’idea che si trovi in quelle condizioni. Gli voglio troppo bene”
Risposi. Lui mi guardò, senza rispondermi più. Nel frattempo, raggiungemmo l’autobus. Salimmo insieme, su. Io presi posto accanto a Simo, che stava già lì. Rafa raggiunse, come sempre i posti dietro.
“Ehi, come stai? Chiara, scusami se ieri non ti ho neanche mandato un messaggio. Ma Pietro mi aveva detto che ci avreste fatto sapere voi. Come sta Luca? Siamo molto preoccupate in proposito, sia io che Paola ed Elena”
Disse Simo, appena mi sedetti.
“Si trova in terapia intensiva. Ancora non si è svegliato” le risposi.
“Mannaggia … dì la verità, Chiara. È stato Michele a ridurlo così, vero?”
Mi spiazzò, con la sua domanda.
“Non ero presente quando è successo. Come faccio a saperlo?”
Risposi con non-scialance.
“Lo so io. Ieri li abbiamo sentiti litigare e darsi appuntamento proprio al parco. Non può essere una coincidenza”
Continuò, lei. Io non le risposi ed infilai le cuffie per distrarmi con un po’ di musica. Lei decise di non dirmi più nulla. Capì, probabilmente, che non mi andava di parlarne. Una volta arrivati a Ventre, scendemmo dall’autobus e, dopo aver salutato Rafa, io e Simo ci incamminammo verso la nostra scuola. Di fronte ad essa regnava un gran disordine. Ragazzi che parlavano ad alta voce. Maschi e femmine, divisi in tanti piccoli gruppi, davanti all’istituto, sparlottavano di non so cosa. Sembravano molto seri, nei loro discorsi. Tesi le orecchie per sentire cosa dicessero, mentre mi facevo spazio con Simo, per entrare a scuola.
Qualcuno affermava con decisione “Dicono che i due non si parlavano da un po’ di tempo”
Qualcun altro rispondeva “So solo che quel poverino sta in brutte condizioni, per colpa di un ragazzaccio”
Cominciai a capire che parlavano di Luca. La notizia si era sparsa velocemente per tutta la scuola, quindi … la cosa non mi faceva così piacere.
“Pietro”
Esclamai, appena entrata nell’istituto, incontrando Pietro alle macchinette, bere un thè.
“Ehi, buongiorno. Come stai?”
Rispose, avvicinandosi a me, e dandomi due baci sulle guancie.
“Insomma … la notizia si è saputa presto” mi lamentai.
“Purtroppo ne è piena la scuola. La notizia è uscita sul giornalino dell’istituto” mi informò, lui.
“Come sul giornalino?” gli chiesi.
Nel frattempo Simo stava lì, vicino a me, senza parlare. Osservava in particolar modo Pietro, per sentire cosa mi dicesse.
“Aspetta” rispose Pietro. Poi si voltò verso un ragazzo che stava lì vicino, e gli chiese “Me lo presti un attimo solo?”
Questo ragazzo gli porse il giornalino della scuola. Allora Pietro lo diede a me indicandomi un articolo in prima pagina.
“Leggi qui” mi disse.
Lessi le parole dell’articolo.
‘Ragazzo quattordicenne aggredito da tre ragazzi del suo paese. Condizioni gravi. Ora si trova all’ospedale San Vito, in terapia intensiva. I tre ragazzi sono stati interrogati dalla polizia di Ventre nella serata del giorno 11 ottobre. Hanno confessato, e sono stati arrestati, e mandati nel carcere minorile. Scandalo per l’ITC di Ventre’
Appena conclusi, rimasi fredda e immobile e mi rivolsi a Pietro, restituendogli il giornalino
“Sono stati arrestati?”
“Sì, ieri sera tardi. Dicono che uno dei tre ragazzi sia un certo Michele Terme. Frequenta la prima A, nella nostra scuola. Anche lui ha quattordici anni”
Mi spiegò lui, tra un sorso e l’altro del thé. Io rimasi scioccata dalla notizia. Mi aspettavo che dopo la mia confessione, la polizia si sarebbe subito recata a casa di Michele. Ma non mi aspettavo che sarebbero stati arrestati così, subito. Rimasi, però, positivamente scioccata. Nel senso che ero felice per questa notizia. Non avrei incontrato più Michele, per chissà quanto tempo. E lui non avrebbe più fatto del male a nessuno. La polizia aveva avuto una tale tempestività, che mi aveva impressionata. Una parte del merito, però era anche mia. Mi sentii bene, finalmente. Dopo giorni di terrore e ansia. Ora stavo bene. Sorrisi come un ebete, per un paio di minuti, credo. Lasciando perplessi gli sguardi di Pietro e Simona. Dopo un po’, prese parola Pietro, dicendomi
“Posso parlarti un attimo, in privato?”
“Sì, dimmi. Simo, un attimo solo, aspettami qui” mi rivolsi a Simo, facendola aspettare ad un angolo vicino alle scale.
Poi mi allontanai un po’ di passi, insieme a Pietro. Subito mi chiese
“Quando ti ho seguita, ieri, fino al parco, poi mi sono nascosto dietro di te, quando hai trovato Luca, prima di intervenire. Ti ho sentita urlare e disperarti. Hai anche urlato, dando dei bastardi, a non so chi, e chiamando un certo nome, in particolare, ‘Michele’. Ora mi chiedo, tu sapevi che era stato lui, con i suoi amici, ad aggredire Luca?”
“Sì, lo sapevo. Sapevo anche che avevano appuntamento lì, all’uscita da scuola. Solo che io sono uscita all’1. Luca e Michele si sono fatti il permesso a mezzogiorno. Non ho fatto in tempo ad intervenire, prima”
Gli spiegai.
“Immaginavo. Beh, ora puoi stare tranquilla, direi”
Mi sorrise, lui.
“Sì” affermai.
Poi ci avvicinammo nuovamente a Simo. Salutammo Pietro e salimmo per le scale, per raggiungere la nostra classe.
“Quindi è stato Michele … tu lo sapevi”
Disse Simo, appena giunte nella classe ancora vuota.
“Sì, lo sapevo già. Infatti sono felice che li abbiano presi”
Dissi, con decisione.
“Conosci i nomi anche degli altri due?”
Mi spronò, quindi.
“Non ne sono sicura. Ma se sono gli stessi che hanno provato a violentarmi il 27 settembre …”
Le parole mi scivolarono di bocca, così, come se stessi parlando di cose stupide. Non mi andava più di avere segreti con nessuno. Quindi, neanche con Simo. Riuscii a mantenere un espressione tranquilla, nonostante l’affermazione che avevo appena fatto.
“Come scusa? Non credo di aver capito bene”
Disse Simo, sgranando gli occhi.
“Hai capito benissimo. Ecco qual’era la cosa brutta che mi è successa quando io e tu non ci parlavamo. Michele, insieme a due suoi amici, hanno tentato di violentarmi. Ma Davide è arrivato giusto in tempo, e mi ha salvata dalle loro grinfie. Per giunta, quando sono salita sul pullman, per tornare a Dermi, due ragazzacce mi hanno insultata e presa in giro”
Quest’ultima frase la dissi con le lacrime agli occhi, ricordando il cambiamento che in quel periodo stava svolgendo Simona. Ricordai che fu proprio lei, quel giorno a prendermi in giro. Non ebbi peli sulla lingua, nel volerglielo ricordare. Lei capì che parlavo di lei, ed abbassando lo sguardo mi rispose
“Non ne potevo sapere niente. E poi, quella ragazzaccia non esiste più. Te lo giuro, Chiara. E ti chiedo scusa”
“Ah, ma non è niente. Sai, dopo l’incubo che avevo appena vissuto, le tue parole e quelle di Vicky, per me erano bazzecole. Devo proprio ringraziare Davide, per quel giorno”
Dissi, mantenendo sempre un tono freddo e distaccato. Parlavo di una cosa che era successa a me, come se parlassi di un’altra persona.
“Perdonami, Chià”
Continuò, lei, sedendosi al banco. Mi sedetti anch’io, senza risponderle. Dopo un paio di minuti, solo, decisi di informarla
“Esco a mezzogiorno, comunque. Vado a trovare Luca”
“E Davide, a proposito? Viene oggi a scuola?” mi chiese, lei.
“No, ancora ha i decimi di febbre. O almeno, li aveva ieri sera. E, acqua in bocca, comunque. Non sa niente di tutto quello che è successo ieri, a Luca”
La raccomandai. Nel frattempo, nemmeno a farlo apposta, mi arrivò il ‘buongiorno’ di Davide. Gli risposi, e cominciammo a scambiarci i soliti messaggi. Gli chiesi anche come stava, e mi rispose che stava meglio, e che la febbre non ce l’aveva. Poi, arrivò la professoressa di informatica, e ci condusse in laboratorio, al piano superiore. Facemmo i soliti esercizi al computer. Poi, alla seconda ora, venne la prof di italiano a spiegarci un nuovo capitolo di storia. Alla terza ora, fu il momento di matematica. Ecco, la materia che io avrei abolito dal’istituzione scolastica, per sempre. Poi venne l’intervallo. Io e Simo uscimmo per una passeggiata. Incontrammo, durante il tragitto, Pietro. Subito mi sorrise, e si avvicinò.
“Dove andate di bello?”
Chiese, con tono simpatico.
“In giro per la scuola. E tu?”
Gli rispose Simo, ricambiando il sorriso.
“Controllavo che non vi metteste nei guai”
Detto questo, mi schioccò un occhiolino. Io risi e gli risposi in modo sfacciato.
“Non abbiamo bisogno della guardia del corpo”
Ma lui, stendendo un broncio, fece l’offeso, e facendo per andarsene disse
“Va bene, me ne vado, allora. Scusate, eh”
“Ah deficiente … vieni qua. Piuttosto, ho una fame, io … vieni con noi alle macchinette?”
Dissi, afferrandolo dal braccio.
“Se non vi do fastidio …”
Affermò, facendo spalluccie.
“Sì, ci dai molto fastidio. Ma vieni lo stesso”
Risi io, prendendolo in giro. Ci incamminammo tutti e tre fino alle macchinette. Una volta arrivati, io presi un pacchetto di m & m’s. Simo una pizzetta. Pietro non volle niente. Dopo di che, risalimmo le scale e facemmo un giro per la scuola. Con la mente io mi trovavo già all’ospedale. Non vedevo l’ora di andare a vedere come stava Luca.
“Ti vedo pensierosa”
Affermò Pietro, serio e guardandomi negli occhi.
“Penso a Luca … sono molto preoccupata per le sue condizioni. Cerco di distrarmi, ma il mio pensiero torna sempre da lui. Non sopporterei di perderlo”
Parlai io, col cuore in mano. Confessando le mie vere sensazioni.
“Ti capisco. Siete molto amici, vero?” continuò, lui.
“Sì, più che amici. Come un fratello e una sorella”
Abbassai lo sguardo, subito dopo, a terra. Smisi di mangiare le m & m’s, dato che il mio stomaco si chiuse, automaticamente. Poi mi rivolsi a entrambi.
“Mangiateli voi. Non mi vanno più. Sennò li butto nel cestino”
Simona era particolarmente silenziosa, dopo la mia dichiarazione di prima. Infatti non mi rispondeva quasi mai a parole. Annuiva e faceva ‘no’ con la testa, semplicemente. Pietro, invece cercava di distrarmi facendomi anche ridere. Alla mia proposta, prese le m & m’s, ma mi disse
“Non ti fa bene, non mangiare”
“Che ci posso fare? Ho lo stomaco chiuso quando penso a Luca”
Cercai di spiegargli.
“Va bene, non ti forzo. Li mangio io, perché è peccato buttarli. Ma cerca di rilassarti” mi rispose, imboccando il primo m & m’s.
Io non risposi e dopo un po’, suonò la campanella di fine intervallo. Salutammo Pietro, mentre lui tornava in classe sua, e ce ne andammo nella nostra classe. Ci sedemmo ai nostri posti, senza dirci niente. Io, ovviamente continuai a scambiarmi dei messaggi con Davide. Parlando del più e del meno. Venne la professoressa di diritto. Per me fu l’ultima ora di lezione. Poi, presentando il permesso firmato, alla professoressa, uscii da scuola. Mi avviai subito verso l’ospedale. Era un po’ lontano dalla mia scuola. Ma mi ero fatta il permesso proprio per questo. Per avere tutto il tempo di andare da Luca, con calma.
“Scusa”
Una voce, da dietro mi urlò così. Io mi voltai, capendo che chiamava me. Era una voce da ragazzo. Una voce grossa e apparentemente conosciuta. Quando mi voltai completamente, vidi un ragazzo alto, con la sigaretta in bocca, che mi raggiungeva. Aveva anche una bustina gialla, di quelle dove si mettono le foto, tra le mani. Appena si avvicinò a me, mi parlò.
“Tu sei Chiara, vero? Io sono Antonio, il fratello di Pietro, ricordi? Mi hai visto ieri”
Mi spiegò. Allora lo guardai bene e capii infatti, dov’era che l’avevo già visto. Era proprio lui. Ma cosa vuole da me? Pensai.
“Sì, sono un’amica di Pietro. Dimmi …”
Lo spronai a parlare. Ero proprio curiosa di scoprire cosa mi volesse dire.
“Sai, ieri sera Pietro mi ha parlato molto di te. Di come ti ha conosciuta e di quanto sei una brava ragazza. Poi mi ha anche detto che sei fidanzata con Clemente. Il nostro vicino” mi cominciò a dire.
Non capivo dove volesse arrivare, quindi glielo chiesi
“Sì, Davide è il mio ragazzo. Ma dimmi cosa devi dirmi. Perché devi dirmi qualcosa, vero?”
“Sì. Ieri sera, dopo cena, come al solito sono uscito a fare un giro in macchina. Verso le 2, poi, sono rientrato a casa mia. Ho visto … c’era Clemente, fuori da casa sua, in compagnia di una. Ecco … credevo fosse giusto che tu lo sapessi”
Cominciò. Io, alla parola ‘una’ … non capii bene cosa intendesse. E poi, non gli credetti. Gli risposi, anzi, ridendo.
“Ma che dici? Innanzitutto Davide ha la febbre, quindi ieri alle 2 di notte, non poteva trovarsi fuori casa. E poi, una chi? Per favore, Antonio, ci dev’essere qualcosa nella tua sigaretta, perché stai sparlando”
All’ultima frase, notando che Antonio rimaneva serio, asserii anch’io. Antonio, continuando a fumare, mi rispose più serio che mai.
“Ti sto dicendo la verità. Comunque, immaginavo che non mi avresti creduto. D’altronde non mi conosci. E posso sembrare anche antipatico, a prima vista. Forse un po’ lo sono, ma le bugie non le dico. Infatti, ti ho portato qualcosa, per far si che tu mi creda”
E detto questo, mi porse la busta gialla che avevo già notato prima. Io, diffidatamente, la presi, e la aprii lentamente. Non capivo se quell’Antonio mi stesse prendendo in giro, oppure se mi stesse dicendo la verità. Serio, era serio. Aperta la busta, dentro notai delle fotografie. Ne presi una tra le mani. Diedi prima un’occhiata ad Antonio, e poi rivolsi lo sguardo alla foto. Socchiusi gli occhi nervosamente ed aggrottai la fronte. Spalancai la bocca e rimasi immobile, sfogliando anche le altre due foto. Erano tre in tutto, e raffiguravano Davide. Nella prima, parlare con Fede, poi nella seconda, vi era Fede che gli accarezzava il mento, e nella terza … i due si baciavano. Non seppi dire nulla al riguardo. Quelle foto mi spiazzarono. La mia gelosia e tutte le mie piazzate. Erano assolutamente giustificabili. Avevo ragione a preoccuparmi. Davide e Fede, non avevano mai smesso di volersi bene, da quanto dicevano le foto. Erano chiare ed esplicite. Davide mi aveva mentito, e mi aveva anche tradita. I miei occhi cominciarono a farsi lucidi. E delle lacrime cominciarono ad attraversarmi il volto. Riguardavo quelle foto senza dire niente. Dopo un po’, prese parola, Antonio.
“Mi dispiace. Ma credevo fosse giusto che sapessi. Come vedi, non sono un bugiardo. Ora devo andare, ciao”
Mi sfiorò leggermente la spalla, che subito ritrassi indietro con disprezzo. Quel ragazzo mi aveva appena portato la notizia più brutta e distruggente che potessi sapere. Non risposi al saluto. Lui, voltò le spalle ed andò via, salendo sulla sua macchina, parcheggiata lì di fronte, dall’altro lato della strada. Io rimasi fredda. Le foto in mano e il cuore in gola. Sfogai subito il mio dolore in un pianto disperato. Dopo un paio di minuti, decisi di asciugarmi le lacrime, posare le foto nella busta e successivamente nello zaino, e mi incamminai, verso l’ospedale. Ora dovevo cercare di pensare a Luca. Avrei fatto i conti con la mia tragedia sentimentale, dopo. Ovviamente, smisi di rispondere ad ogni sms ricevuto da Davide. E furono molti. Mi chiedeva perché non rispondevo e dove ero finita. Leggevo i messaggi e li cancellavo, man mano. Non mi andava di tenerli nel cellulare. Arrivata di fronte all’ospedale, asciugai nuovamente le ultime lacrime scese. Vi entrai e salii le scale. Appena mi trovai nel corridoio delle terapia intensiva, incontrai subito i genitori di Luca. Erano seduti su delle sedie, abbracciati. Mi avvicinai a loro e subito li salutai.
“Buongiorno”
E i due, liberandosi dall’abbraccio tentarono di farmi un sorriso rispondendomi
“Buongiorno”
Poi Raffaella aggiunse
“Per venire qui, non sei andata a scuola?”
“No, ho solo fatto il permesso. Ma Luca, come sta?”
Risposi, trattenendo le lacrime che ancora cercavano di vincerla.
“Luca è come ieri. Sta fermo su quel lettino. È privo di sensi e non si è ancora svegliato. I medici non possono, quindi dirci nulla”
Disse Tonio. Io mi sedetti accanto ai due, sforzandomi di non pensare a quello che avevo appena scoperto, anche se dentro, il mio cuore era spezzato. Fuori, cercavo di non darlo a vedere. E poi, volevo pensare solo a Luca in quel momento.
Continua ...
_ziocheko_
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