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Autore: Carlos Olivera    30/08/2014    2 recensioni
Gli uomini combattono e si accaniscono per ottenere qualcosa, e più ciò che bramano è irraggiungibile o impossibile più lo desiderano. Come la rugiada scompare al sorgere del sole, così questa loro sete di nuovi orizzonti è il sogno dentro un sogno, miraggio di qualcosa che cercheranno per l'eternità senza ottenerla mai.
Dalle lussureggianti strade di Kyrador agli infuocati deserti di Alepto, Jake Aulas e Carmy O'Neill si addentrano sempre di più nei meandri più segreti ed oscuri del loro mondo, mentre ai loro occhi si dipianano poco alla volta i fili oscuri di una grande cospirazione volta a sovvertire l'ordine mondiale di Celestis, minacciando di distruggere il fragile equilbrio che governa l'esistenza della Città delle Nebbie e di precipitare il loro mondo nel caos.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales Of Celestis'
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PROLOGO

 

 

C’erano momenti in cui Sharif odiava con tutte le sue forze il suo lavoro.

In una nazione come Alepto, dove deserti sconfinati e distese brulle coperte di ulivi la facevano da padroni, vi era un gran numero di cittadine e piccoli centri urbani disseminati qua e là lungo le vecchie piste coloniali, realtà troppo piccole per essere interessate dalle rotte aeree o dalle linee ferroviarie ad alta velocità.

Così diventava indispensabile il ruolo del Coordinatore Distrettuale, veri e propri burocrati tuttofare che percorrevano incessantemente la nazione da un capo all’altro portando disposizioni, amministrando la burocrazia ed assicurando il pieno controllo del Paese da parte delle autorità centrali.

Persino la MAB si serviva di loro per amministrare la giustizia e la sicurezza nei distretti più periferici, e a Sharif in particolare era già capitato in passato di dover lavorare per l’Agenzia, trasportando documenti o coordinando, a volte personalmente, il trasferimento di qualche detenuto o criminale in attesa di giudizio.

Ma in realtà il lavoro che Sharif aveva fatto più spesso, e che stava compiendo anche in quell’occasione, era quello di un semplice supervisore e coordinatore.

A quattrocento anni dall’inizio della colonizzazione vi erano ancora insediamenti che di tanto in tanto spuntavano come funghi in varie parti del deserto, il più delle volte a seguito della scoperta di nuovi pozzi o giacimenti minerari, senza contare le grandi proprietà agricole che sorgevano nelle regioni brulle ma fertili un po’ più vicino al mare, e che alle volte arrivavano a costruirsi intorno piccole metropoli.

La regione centro-occidentale di Alepto, profondamente incuneata nel cuore di Kariya, era certamente la più inospitale e proibitiva; null’altro che interminabili distese di sabbia, basse dune e rocce che sporgevano qua e là, colonne di pietra alte e massicce simili a mastodontiche punte di lancia piantate nel suolo dalla mano di qualche gigante.

Eppure, anche lì qualcuno era riuscito a trovare un motivo per volersi fermare; qualche anno prima erano stati scoperti nella zona ricchi giacimenti aurei, e come mosche attirate dal miele un piccolo esercito di avventurieri aveva immediatamente costruito un insediamento nella zona delle miniere edificando da un giorno all’altro il villaggio di Tarohua.

Ed era lì che Sharif era diretto; il suo compito sarebbe stato di mappare e censire l’insediamento, oltre ad accertare la presenza al suo interno dei servizi minimi indispensabili nell’attesa che le autorità centrali si adoperassero per realizzare strutture adeguate.

Non era la prima volta che in quarantenne impiegato affrontava viaggi così lunghi e lontani dalla benché minima traccia di civiltà, ma di certo non gli era mai capitata una tale sequela di sfortune come quella che lo aveva portato a vagabondare, di notte e da solo, per una stradaccia dissestata e piena di buche nel bel mezzo del nulla.

Prima il treno che avrebbe dovuto portarlo a soli cento chilometri dal paese in questione era stato costretto a deviare per colpa dell’ennesimo guasto alla linea ferroviaria, costringendolo a prendere a noleggio un vecchio macinino da un rivenditore d’auto usate che odorava di truffatore lontano un miglio, quindi, per concludere, il navigatore si era quasi certamente rotto, spedendolo chissà dove dopo quasi nove ore di viaggio.

«Ma dove diavolo sono finito?» brontolò cercando di controllare la mappa virtuale proiettata sul parabrezza dal suo comunicatore

Poi, un dosso più accentuato degli altri si portò via quanto restava delle sospensioni anteriori, e percorsi pochi metri sul semiasse dopo un violento sobbalzo la macchina andò a sbandare, fermandosi, sul bordo della strada.

«Pezzo d’occasione!» tuonò l’impiegato fuori di sé. «Sì, ma per la discarica!»

Sceso furente dall’auto provò a constatare se c’era qualche possibilità di farla ripartire, ma accertata la gravità del danno poté solo rivolgere altre imprecazioni a quel rigattiere da due soldi immaginando il momento in cui gliel’avrebbe fatta pagare.

«Aspetta e vedrai, maledetta carogna! Appena torno alla civiltà ti mando un’ispezione fiscale, e poi vediamo chi riderà!»

In realtà, da ridere in quel momento c’era ben poco.

L’assenza di ripetitori in quella zona impediva di mettersi in contatto per chiedere aiuto, e Sharif non era sicuro che  il sistema di emergenza satellitare installato in quel vecchio macinino fosse stato in grado di inviare il segnale d’aiuto. Inoltre, anche nel caso in cui ciò fosse davvero accaduto, ci sarebbero volute almeno sei ore prima di veder arrivare qualcuno, e come fosse sorto il sole quel fazzoletto di deserto si sarebbe tramutato in una fornace.

Non poteva fidarsi di quel rottame.

Doveva trovare il modo di comunicare con l’esterno personalmente; quindi, lasciata la macchina, alla luce di una torcia si avviò a piedi verso una piccola formazione collinare a destra della strada, distante non più di qualche centinaio di metri. Forse, salendoci sopra sarebbe riuscito ad avere abbastanza segnale per usare il comunicatore.

La notte era calma e silenziosa, e l’assenza di qualsiasi fonte luminosa permetteva alla luce pallida di Neos e a quella azzurro luminescente di Erithium di riflettersi come in uno specchio sulla sabbia liscia, colorandola come una enorme tavola da disegno.

Ma nel deserto, e questo Sharif avrebbe dovuto saperlo, le distanze potevano risultare ingannevoli, e invece di pochi minuti impiegò quasi due ore per riuscire, finalmente, a raggiungerle.

Poi, nel momento in cui fu abbastanza vicino, vide qualcosa che lo colpì: da oltre il crinale, tenue ma costante, giungeva una luce, forse artificiale.

Il che era molto strano.

A dare retta alle mappe, non vi erano né insediamenti provvisori né stazioni di alcun genere in quella zona, e certamente nessun villaggio o cittadina.

Rinvigorito dalla curiosità, Sharif trasse le forze necessarie per dare la scalata a quel piccolo, e a conti fatti neanche troppo alto, scivolo roccioso, poggiando di tanto in tanto le mani sulla pietra per aiutarsi nella salita.

Poteva trattarsi di qualche carovana, e in quel caso sarebbe stata davvero una benedizione.

Il deserto poteva essere un luogo molto pericoloso, e non era raro che gruppi di mercanti o viaggiatori formassero delle grandi comitive per affrontare i viaggi più pericolosi, specie se la destinazione era qualche Paese straniero oltre la Gola, senza contare che le rotte migratorie dei Tugus non dovevano essere troppo lontane da lì data la vicinanza al confine.

La speranza di trovare una inaspettata traccia di civiltà, per quanto arcaica, spinse Sharif a mettere ancor più vigore nelle gambe indolenzite per le molte ore di treno e di macchina, ma quando, dopo un lungo incedere, si ritrovò improvvisamente alla fine della salita, la scena che si aprì dinnanzi a lui lo lasciò impietrito.

Più in basso, la vallata, piatta e sterminata, rifulgeva alla luce delle due lune.

Enormi quadrati luminosi scintillanti di un debole ma costante bagliore blu, simile per intensità a quello emesso continuamente dalla luna Erithium, emergevano dal terreno sassoso ad uguale distanza l'uno dall'altro, divisi tra di loro da un preciso dedalo di stradine che formando una rete confluivano tutte verso il centro, verso una grande casa in stile coloniale arroccata su di una bassa montagnola.

Sharif restò a fissarlo a lungo, attonito e inebetito.

Aveva visto già altri campi come quello nel corso dei suoi viaggi, e molti li aveva anche ispezionati, ma nessuno aveva mai raggiunto dimensioni simili; dovevano essere come minimo cinque ettari.

E poi, che ci faceva in un posto simile? Non aveva mai sentito di piantagioni in quella regione, eppure aveva sempre pensato di conoscere ogni singolo latifondo di Alepto come il giardino di casa sua.

Di colpo, uno strano brivido gli attraversò la schiena, e mentre cercava di fermare un fastidioso tremore alla mano che lo tormentava fin da bambino nei momenti di tensione un rumore sordo, come uno scatto metallico, risuonò alle sue spalle.

Il primo colpo raggiunse la spalla, forse per colpa del buio, ma il secondo fu molto più preciso, e grazie all’incantesimo disgregante che avvolgeva le pallottole del contabile Sharif Abbas, prima ancora che il suo corpo già privo di vita potesse cadere a terra, non rimase che polvere.

 

 

Nota dell’Autore

Eccomi qua!^_^

Eccoci qui dunque con la seconda parte di “La Città delle Nebbie”.

In realtà, più che di una seconda storia, si potrebbe parlare piuttosto di una seconda parte, come il titolo stesso lascia intendere.

Su consiglio della mia beta di fiducia, infatti, ho deciso di “snellire” la narrazione creando tre storie distinte corrispondenti alle tre parti in cui è divisa la vicenda (Il Regno di Cristallo, La Tomba dell’Ambizione e Il Cimitero delle Aquile), anche per non terrorizzare eventuali nuovi lettori che spaventati dal numero di capitoli potrebbero decidere di non avventurarsi nella lettura: già sento di averne pochi^^

Ecco, per ora è tutto.

A presto!^_^

Carlos Olivera

  
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