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Autore: DirtyCharity    31/08/2014    2 recensioni
Liberamente ispirata alla bellissima favola de: "La Bella e la Bestia" rivisitata per darle quel tocco alla Fairy Tail (e alla GajeelLevy). Giusto un attimo un cliché ma ogni tanto un po' di sano ammore non guasta!
[Partecipante al BlackIce-CreamParade! indetto dal forum TheBlackParade]
Rating arancio per colpa di Gajeel, sempre colpa sua!
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gajil Redfox, Levy McGarden, Pantherlily
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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*** Capitolo 1


Gajeel uscì dalla stanza con un ghigno soddisfatto: aveva salvato quella pazza da un sicuro spappolamento e il tutto senza aggredirla, spaventarla o shockarla più del necessario. Lily avrebbe dovuto rimangiarsi tutto! Rimase immobile per un po', cercando di sentire se quella cosina avrebbe tentato qualche altra stronzata ma, non captando nient'altro che il suo respiro, vagamente accelerato, tornò al piano di sotto diretto alla biblioteca personale. Nonostante fosse ormai giunta l'ora della cena e dato che la sua ospite era più che sveglia, si poteva dire prontissima a lavorare per lui. Ne aveva fin troppo di quella situazione e ora che aveva trovato chi poteva aiutarlo non voleva perdere altro tempo. Insolitamente di buon umore iniziò a canticchiare fra sé una canzone che parlava di quello che avrebbe fatto una volta tornato quello di un tempo e sulla ferrosa maestosità dei treni, mentre a lunghe falcate si dirigeva verso una delle sale più grandi e più maltrattate dell'intero maniero.
È doveroso spendere qualche buona parola per spiegare, almeno in parte, il motivo di un simile accanimento verso quella parte di casa che normalmente viene considerata come simbolo di grandezza e cultura del proprietario; difatti in tutti i salottini mondani non c'era signorotto o matrona vanesia che non sciorinasse ad ogni ospite, vecchio o nuovo che fosse, quanto fosse ben fornita e  ben vasta la libreria di famiglia; che poi tutta quella carta scritta stipata in una stanza venisse veramente anche solo sfogliata non era dato saperlo. Gajeel fu colpito dalla sua maledizione quando era soltanto un ragazzetto di quattordici anni e aveva appena imparato a leggere qualche parola appena prima di perdere la possibilità di intrattenere qualsivoglia relazione umana, perciò il suo livello di istruzione era rimasto scarso, quasi nullo: figuriamoci l'enorme difficoltà a decifrare interi libri con parole lunghe e complicate! Facile immaginare quindi la sua frustrazione e odio verso quei fogli di carta quasi illeggibili per lui, che potevano nascondere da qualche parte la soluzione a tutti i suoi problemi. Non che qualche ospite, titolato o meno, avrebbe mai visto la desolante confusione di libri lanciati in ogni dove, senza rispetto di pagine e copertine antiche o anche solo fragili. Di sicuro non sorprese il proprietario del maniero che, accingendosi a finire la sua nuova canzone - “Perché essere di ferro è figo, ma non puoi fare niente; quando tornerò umano invece, sarò ancora più incosciente!♪” - spalancò i due battenti a tutela della biblioteca e senza perdere tempo ad accendere alcuna lampada ad olio o candela  -conosceva ogni minimo anfratto, scalino o mobile della casa- raccattò svariati libri abbandonati a terra e lasciò nuovamente quel salone freddo e semi-dimenticato.
Superò a gran velocità, sfidando la gravità con la sua enorme pila di libri, il primo corridoio laterale che portava all'atrio dell'ingresso ed  intraprese poi l'ultima scalinata per giungere dalla tizia ma, come in ogni miglior missione, avvenne il fatidico imprevisto: «Gajeel dove pensi di andare?».
L'uomo dal corpo di ferro non poté fare a meno di tentennare alla domanda piena di biasimo del suo amico, ma niente lo avrebbe comunque fermato. «Non sono affari tuoi, gatto» e cercando di svignarsela riprese la corsa nascondendo il volto, colpevole, dietro alla pila di libri. «Non ci provare, fila a far qualcosa da mangiare, non puoi lasciarla morire di fame!» «Io non la faccio morire di fame! Prima il lavoro poi la cena...» «Non si ragiona a stomaco vuoto, caprone!» detto ciò Panther Lily, spazientito, aumentò considerevolmente di taglia abbandonando così le sue fattezze animali per rassomigliare di più ad un uomo dalla pelle color cioccolato con ancora coda e orecchie da gatto. Potendo ora confrontarsi alla stessa altezza si piazzò in mezzo alle scale impedendogli ogni possibilità di fuga, se non verso il piano sottostante e quindi la cucina. «E comunque puoi benissimo far te da mangiare!» non avrebbe ceduto, dannazione a lui e alle buone maniere! «L'ospite inattesa è tua, e tuo è il compito di trattarla come si merita, non farmi ripetere cose ovvie» continuò imperterrito Lily e per chiudere ancora più la questione gli prese dalle mani i libri e se ne tornò verso la biblioteca. «Ancora non si è meritata niente» disse tra i denti Gajeel, contrariato per essere stato costretto a far quello che voleva lo stramaledetto gatto. «Dannata fata, te e le tue clausole!». Mestamente intraprese la via verso le cucine, sbattendo nel tragitto tutto quello che si trovava sulla sua strada, comprese qualche porta già chiusa e senza risparmiare la mobilia dislocata lungo i vari corridoi. Per non parlare delle ante dei pensili: che contenessero pentolame o viveri in scatola, tutto era facile preda della stizza del padrone di casa e nonostante fosse ben consapevole che il suo comportamento fosse inutile e fondamentalmente infantile continuò imperterrito a far il maggior rumore possibile, lasciandosi sfuggire qualche urlo rabbioso di tanto in tanto. Come se la ragazza a un solo piano di distanza non fosse già abbastanza spaventata.


***


Levy sarebbe rimasta volentieri in quel limbo confortante nel quale si era lasciata affondare senza tante remore. Cosa poteva mai fare in quella situazione? Era prigioniera in un luogo non identificato, ad una altezza ancora da verificare e anche se si fosse trovata al pian terreno – cosa di cui dubitava enormemente- non sarebbe mai riuscita a liberarsi da quella catena. Oh, ci aveva riprovato a sfilarsela ma l'unico risultato che ottenne fu un brutto segno viola sul polso e una nuova parte del corpo che urlava vendetta e bruciava moltissimo. Aveva pure tentato di scardinarla dal muro nel punto in cui era fissata, tirando con tutte le sue forze, cercando un qualsiasi punto debole ma nulla da fare nemmeno lì. Lo sconforto era totale e le idee per la fuga ormai terminate perciò la ragazza decise che, per il momento, non poteva fare a meno che aspettare la prossima mossa del suo rapitore. Doveva ammettere che questa esperienza superava di gran lunga ogni libro horror che avesse avuto la gioia di leggere – anche se in quel momento si maledì per aver amato così tanto un genere letterario alquanto discutibile: “Non potevo appassionarmi ai libretti rosa?!” - visto che il suo anfitrione superava di gran lunga ogni tipo di mostro conosciuto dalla fantasia umana. Chi si poteva mai immaginare un energumeno tutto muscoli, fatto di ferro e dalla forza immane? Almeno non puzzava di animale selvatico o sangue... si augurò che non avesse qualche strano feticismo o lato perverso da sfogare su di lei. Rabbrividì al solo pensiero. Le sue elucubrazioni vennero però fermate da un'accesa discussione che sentì arrivare dalla porta della camera: quindi non c'era solo la bestia in casa. Si augurò che il secondo soggetto fosse più amichevole e disposto al dialogo del suo compagno. Levy tese le orecchie più che poté ma dai toni concitati captò solo le parole: lavoro e cena. Al pensiero di un pasto caldo la ragazza sentì lo stomaco, irritato per la poca considerazione, brontolare sonoramente. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per un pasto caldo! Se i suoi conti erano giusti -e pregò che lo fossero- doveva essere a digiuno da quella mattina e fortunatamente aveva saltato solo il pranzo. Si augurò che si stessero riferendo a lei quando stavano parlando della cena! Chissà per che cosa stavano discutendo i due... per un attimo ripensò alle poche parole che le aveva rivolto l'energumeno: «Quando avrai trovato la soluzione...» forse era collegato al "lavoro" che aveva sentito un attimo prima. A pensarci bene forse avevano bisogno solo di un qualche consulto oppure che risolvesse un indovinello... questo non spiegava il rapimento però! «Aaah!» Esclamò strapazzandosi i capelli come per far volar via tutti i pensieri inutili per far spazio alla risposta giusta. Doveva mettere assolutamente qualcosa sotto i denti, non riusciva a ragionare a stomaco vuoto. Tutto a un tratto un ruggito lontano la fece sobbalzare spaventata. Stava comunque per credere che si trattasse solo uno scherzo dei suoi nervi ormai provati quando al primo ne seguirono altri, uniti a rumori ben poco amichevoli. Levy si raggomitolò più che poté su se stessa: non ne poteva più!

La sua solitaria prigionia durò ancora poche ore, le più lunghe ed estenuanti della sua vita. Era addirittura riuscita ad addormentarsi per qualche minuto: subito dopo aver perlustrato tutta la stanza da cima a fondo -no, nessun passaggio segreto-, aperto tutte le ante dell'unico ed enorme armadio di legno scuro, saggiato la comodità del lettone e notato solo all'ultimo un'altra porta a destra di quella per uscire sul corridoio. Con giubilo scoprì esserci un bagno là dietro, ma prima di poter fare la felice rivelazione ci mise almeno cinque minuti buoni perché insicura sull'esito della sua apertura. Doveva ammettere che aveva un terribile bisogno di usufruire di quella stanza ma il problema rimaneva sempre quello: la catena. Certo, chi aveva pensato a come legarla si era preso pure il disturbo di lasciare svariati metri di gioco così da permetterle di raggiungere ogni angolo della camera, bagno compreso, ma non aveva realizzato l'impossibilità della giusta privacy dato che la catena non permetteva di chiudere completamente la porta. Dunque era punto a capo: aveva fame, sete e un impellente bisogno di natura opposta alle prime due. Ed era ancora prigioniera e senza alcuna idea di quel che ne sarebbe stato di lei: insomma la situazione non era cambiata per nulla e stava solo peggiorando di ora in ora. Però aveva una sala da bagno tutta per sé.
Levy si rialzò dal letto dove una mezz'ora prima si era lanciata, sopraffatta dall'immobilità della sua condizione e dal pesante silenzio in cui si era chiusa la casa. Si avvicinò all'armadio ed aprì entrambe le ante, non ricordandosi in quale delle due sapeva nascondersi uno specchio. Cielo, stava uno schifo! Il vestito era tutto stropicciato, una manica quasi non esisteva più e aveva la faccia di chi non dormiva da giorni, per non parlare dei capelli divenuti una massa informe. Nemmeno si chiese che fine avesse fatto il suo cappellino visto che l'intricata acconciatura su cui aveva lavorato per quindici minuti buoni quella mattina -non era ancora passato un giorno, giusto?- rimaneva solo nei suoi ricordi. Si passò una mano tra i capelli, cercando di sciogliere più nodi possibili e tentando, sebbene invano, di domare quelle onde ribelli. La sua attività venne ben presto interrotta bruscamente quando il suo rapitore entrò nella stanza facendo sbattere con forza la porta: Levy si girò di scatto e notò quasi subito un vassoio pieno di piatti e piattini in mano all'uomo -se così poteva definirlo. Deglutì involontariamente e soffermò lo sguardo su quegli occhi cremisi che, per quanto fossero spaventosi, avevano un potere calamitante non indifferente. «È inutile che cerchi di farti bella, stai uno schifo» disse l'ospite avendo notato l'attività in cui stava indulgendo la sua... traduttrice? La ragazza si irrigidì come se avesse appena ricevuto uno schiaffo in pieno viso e, stralunata, lo guardò sconvolta. «Che c'è? Ho detto la verità!» Levy sapeva perfettamente che il commento era assolutamente sincero ma questo non le impedì di sentirsi offesa e oltraggiata per una simile uscita fuori luogo e maleducata. «Ma come vi permettete di muovermi un simile commento quando la causa di tutto questo» con un ampio gesto indicò tutta la sua piccola figura «siete voi!». Gajeel si sentì a disagio per un attimo: essere aggredito a parole da un cosino così piccolo, legato per di più, lo aveva lasciato disorientato. «Oi bimbetta, stai calma! Altrimen-» «Altrimenti cosa, screanzato? Non solo mi hai rapita in modo ignobile, mi hai pure rinchiuso qui dentro, mi hai legata e mi stai facendo morire di fame! In più non sono una bimbetta!» No, decisamente gli avevano scambiato la ragazzina: che fine aveva fatto quella cosina informe che aveva tentato il tuffo dell'angelo? Questa piccola arpia sputa-fuoco lo stava disabilitando un poco. «E sentiamo, quanti anni avresti, donna vissuta?» Però doveva ammettere che era più stimolante questa qui; sperò solo che fosse comunque capace di leggere. «Cosa!? Osate offendermi ancora di più! Non lo sapete che un vero gentiluomo non chiede mai l'età ad una signorina? Con quel tono poi» Sbuffò irritata incrociando le braccia al petto e, per condire al meglio il tutto, lo guardò con biasimo. «Cosa...? Senti, microbo, ti ho portato da mangiare, se lo vuoi vedi di star zitta e non aggredire chi ti sta aiutando!» Rispose Gajeel alzando il vassoio quel tanto che bastava per farle attirare l'attenzione sul cibo. «Visto che sei così gentile allora slegami!» «Seh certo, così puoi riprovare il tuo volo acrobatico? No, grazie» Levy stava iniziando a spazientirsi. Possibile che dovesse trattare con un testone simile? «Stavo tentando di scappare, zuccone!» Quella cosina aveva preso la brutta abitudine di offenderlo con troppa leggerezza. «Mi pare di capire che non hai fame: molto bene Miss Volevo Solo Scappare Uccidendomi, passate una buona notte» e, dopo aver usato il collo del piede per recuperare la porta riuscì, in qualche modo oscuro alle leggi della fisica, a chiudersela dietro, senza rovesciare nulla di quello che era presente nel vassoio. Levy corse alla porta e urlò: «Fammi uscire di qui! Ehi! Ti conviene liberarmi, ormai saranno tutti sulle tue tracce e quando ti troveranno...!» la risposta le arrivò subitanea «Con tutti intendi quei due bambocci? In tal caso non avrò molti problemi, gihihihi». Ma quel tipo sapeva solo offendere?, si chiese Levy. Gli intimò subito di non insultarli, ma non venne proferita altra parola.
«Ehi, la mia cena!»provò allora ad urlare, ma tutto quello che riuscì a sentire come replica fu un ringhio basso. Si abbandonò contro il legno chiaro dandosi della stupida e, per meglio ribadire il concetto, iniziò a dar leggere testate all'uscio e darsi sommessamente della stupida.

Pochi minuti più tardi un leggero bussare la destò dal suo triste mantra. Levy si chiese chi potesse essere, dato che quella bestia insensibile sarebbe entrata senza troppi convenevoli – cosa che aveva già fatto due volte- e con fatica, visto che tra stanchezza e i vari lividi i suoi muscoli stavano iniziando ad abbandonarla, si rialzò e lentamente aprì la porta. Era la prima volta che lo faceva con le proprie mani: nonostante fosse sempre stata consapevole del fatto che non era mai stata chiusa dentro a chiave non aveva mai avuto il coraggio di affacciarsi dalla stanza, e sentì il cuore correre più velocemente: chissà cosa la stava aspettando! Con delusione scoprì che non c'era nessuno ad attenderla. Si chiese preoccupata se stesse diventando pazza ma un «Sono quaggiù» le fece rimangiare la paura.
«Un gatto.»
«Buonasera Miss-»
«Un gatto.»
«Diciamo di sì, è un po' lunga da spiegare... il mio nome è Phanter Lily-»
«Un gatto parlante»
«Già. Dicevo, può chiamarmi semplicemente Lily-»
«Facile Levy: è un gatto, parlante»
«Sì, vi sto parlando e se voleste-»
«È così ovvio! Chi non ha un gatto con il dono della parola?!»
«Ehm, Miss Levy tutto bene?»
«Eheh, certamente... posso toccarti le orecchie?» e senza aspettare risposta la ragazza si inginocchiò di fronte a quel singolare gatto dai modi di gentiluomo e delicatamente prese le due soffici e rotonde protuberanze in cima alla sua testa. Il nuovo venuto fu preso da sgomento e si lasciò sfuggire mugolii di apprezzamento che lei interpretò come fusa. Accettò per qualche momento ancora quei leggeri massaggi poi, con calma, le allontanò le mani accorgendosi – dal sussulto che ebbe la giovane - poi che un polso era ancora legato e aveva raggiunto una brutta colorazione violacea. Avvicinò a sé il livido per studiarlo meglio: «Sono state le catene immagino, deve farvi molto male!» Lei gli rispose che sì, non era piacevole ma tra tutti mali che aveva di sicuro la fame era quello più pressante. «Gajeel non vi ha portato su la cena!?» chiese esterrefatto Lily, eppure lo aveva visto salire la scalinata con il vassoio! «Portato è la parola giusta, poi se ne è tornato via senza lasciarlo» quindi il nome della bestia era Gajeel... «Quello stupido... venite, provvederò a curarvi la ferita e a darvi qualcosa con cui riempirvi lo stomaco, dovete essere allo stremo ormai». Lei lo guardò con gratitudine ma mestamente gli fece notare che era ancora legata in quella stanza. Lily si scusò per la maleducazione del suo amico provvedendo a liberarla immediatamente, e lo fece così velocemente che la ragazza non riuscì nemmeno a vedere come ci fosse riuscito.
Ma ci avrebbe pensato poi, decise mentre seguiva quell'essere singolare lungo il corridoio. Nel tragitto verso una destinazione ancora ignota la giovane prese nota di quante stanze stavano passando, della mobilia -incredibilmente elegante considerando l'aspetto del padrone di casa-, dei tappeti preziosi che calpestavano e di vari quadri che rendevano meno cupa quella casa così oscura -oscura in senso metaforico visto che erano dislocate ogni qualche metro delle lampade accese. «Non pensi che potrei scappare?». In tutta verità non voleva rivelare quella che era la sua idea da qualche minuto: dopotutto ora era libera e poteva scavalcare quel gattino in ogni momento, dato poi che quel bestione non era nei paraggi. Non aveva resistito però alla curiosità: sembrava essere assolutamente a suo agio e incondizionatamente certo che non avrebbe tentato nessuna fuga, c'era qualcosa che le sfuggiva e non le piaceva rimanere all'oscuro. Phanter Lily le rispose con un sorriso divertito e iniziò a scendere quella che era la scalinata più bella ed enorme che le fosse mai capitato di vedere. Era molto semplice in verità e collegava il suo piano a quello sottostante, ma oltre a quella direzione sulla destra c'era una sua gemella – da dove si trovava lei non si potevano vedere i gradini ma intuì comunque la presenza dell'altra scala dall'andamento obliquo progressivo del soffitto. In tutto contò tre piani e lei si trovava in quello intermedio. Deridendo il suo tentativo di fuga precedente considerò che tutto sommato il salto non sarebbe stato poi così alto. Nella discesa si appoggiò alla ringhiera e con tutta calma, continuando a studiare tutto ciò che aveva attorno a sé, seguì il suo Acheronte fino all'imponente atrio che la lasciò senza fiato. Purtroppo non ebbe modo di analizzare tutto l'arredo perché Lily per quanto fosse piccolo teneva un passo veloce, e dovette corrergli dietro per recuperare i metri persi.
Arrivarono nelle cucine, notò dall'ambiente inconfondibile, dove il gatto la fece accomodare in una sedia vicino ad un caminetto e, dopo aver preso una piccola cassettina con piccole boccette, le controllò il polso e le spalmò con delicatezza una pomata dal forte odore mentolato. «Ecco qua, questo unguento è portentoso» le disse mentre le avvolgeva delle bianche bende per proteggere l'azione benefica del balsamo «vedrai che starai meglio in pochi giorni. E ora pensiamo al cibo!». Così dicendo si avvicinò ai fuochi che erano ad un'altezza troppo elevata per un corpicino così basso. Sorridendo tra sé si chiese come avrebbe mai fatto ad arrivare lassù e stava per alzarsi ad aiutarlo quando rimase shockata: quel piccolo cosino peloso era appena diventato un enorme uomo dalla pelle scura. Con la coda. Ora capiva perché non fosse particolarmente preoccupato per una sua probabile fuga.





Continua...














































Ta-daaaaan! Come promesso a Girl Pumpkin e Gaia_chan -che ringrazio per i commenti gentili- ho postato al sesto giorno (credetemi, per una come me è un vero miracolo)! Levy si è scontrata con Gajeel, è riuscita a scappare da quella stanza e ha fatto pure la conoscenza di Lily! Nel prossimo capitolo Levy scoprirà, finalmente, il motivo del suo rapimento.

Ah si! Per motivi di immagine (date la colpa a Mashima) in questo universo ambientato nel nostro mondo (si è capito un po' il periodo storico in cui siamo?) sarà assolutamente normale avere i capelli blu/azzurri! Non potevo stravolgerla così e purtroppo all'epoca non c'erano tinture per capelli di quei colori così bizzarri!

Detto ciò, ringrazio chi mi segue nell'ombra, chi ha piaciato e preferito questa piccola favola rivisitata!


E ovviamente ringrazio la mia adorata revisionatrice ♥

   
 
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