LL: Longofellow Library
Gli
starnazzanti rumori delle macchine, le risate argentine dei giovani liceali e
perfino il dolce suono della brezza... Niente aveva il
permesso di entrare nell'edificio. Passato il cancello bianco sporco e ruggine
il silenzio diveniva assordante. A Reason esistevano due
biblioteche: la prima era la più grande costituita da un intero edificio di due
piani con dei piccoli tavolini immersi nel verde e delle due era
tenuta malissimo, la seconda era nuova ma più piccola e decisamente
molto più frequentata dell'altra. Lei aveva sempre preferito
-E'
già arrivata?- chiese curioso un uomo distinto vestito
elegantemente visibilmente vittima della calvizie.
La
giovane si limitò ad un cenno del capo.
La
videro esitare un secondo davanti alla porta di legno di ciliegio e toccare la
maniglia d'ottone. Ritrasse la mano e l'avvicinò
ancora: un rituale che si svolgeva
sempre.
Aveva
una singolare e maniacale fissazione su questo. Doveva
rimanere sola. I frequentatori abituali della Longfellow
lo sapevano bene, una volta entrata lei nella sala nessun
altro aveva il permesso di avvicinarsi e chi malcapitatamente aveva la sfortuna
di trovarsi già dentro si affrettava ad uscire di corsa improvvisamente preda
di un impegno dimenticato... La rispettavano. Sapevano che lei era diversa dai
soliti lettori o studenti, nelle sale di quel luogo cercava qualcosa che non
trovava negli altri.
Entrò
e i cardini della porta stridettero come per avvisare del suo arrivo. Sospirò
di sollievo: la stanza sembrava vuota. Si avvicinò lentamente ad uno scaffale e delicata, leggera con la punta delle dita
esili, toccò un volume. Cadde a terra. Si chinò a raccoglierlo quasi
mortificata. Quando si è in assenza di altri rumori ogni più piccolo suono s'ingigantisce. Avvertì un respiro e rialzandosi
scorse dietro uno scaffale una figura. Era seduto e
appoggiava i gomiti al tavolo immerso nel tomo che leggeva. Le era familiare.
La
linea del collo, il modo in cui toccava i capelli dorati e a spazzola come in
preda ad un breve imbarazzo, i muscoli delle braccia non troppo accentuati ma
ben visibili sotto la maglietta nera a maniche lunghe. La tentazione di vedere
in volto lo sconosciuto fu più forte della voce in fondo alla testa che la
richiamava e le intimava di cacciarlo. La coscienza non viene
mai ascoltata. La curiosità però può far male e infligge molto spesso più
ferite e rimorsi di quante non ne faccia la semplice
prudenza e il buon senso. Scivolò fra uno scaffale e l'altro, a suo agio tra
l'odore delle pagine di carta leggera, dei giornali vecchi ormai poco più che
friabili stracci fra le mani meno accorte e tra i classici della letteratura
sfiorati da mille mani e ricordati da molti.
Sfogliò
lentamente una non più nuova edizione di "Romeo e Giulietta". Il
fruscio dei fogli pesanti che riprendevano le parole dei due amati amplificava
la sua voce rendendo il fastidioso silenzio lentamente opprimente. Sicura
sfiorò la copertina rossa di "Cime tempestose" cercando fra i numeri
a fondo pagina quello dove si trovava una citazione che amava. Talmente
concentrata, aggrottò un pò
le sopracciglia fra la frustrazione e il disappunto leggermente indispettita
dal fallimento della sua operazione, rilesse tre volte la stessa frase prima di
rammentare il perché della sua presenza lì. Alzò lo sguardo come per rimettere
al suo posto il libro ingiallito; due occhi grigi la inchiodarono al suolo
impedendole i movimenti.
Fece
per sollevare una mano come a scacciare un insetto quantomeno fastidioso ma,
perfino un sforzo di tali dimensioni le veniva reso un
impresa da raccontare. Forse un giorno tra le storie di quella sala ne avrebbe
trovata una intitolata "La tredicesima fatica di
Hercules: muovere il braccio!".
Chissà,
mai dire mai.
-Allora?-
-Allora
cosa, Cooper?-
-E'
maleducazione rispondere alle domande che vengono
fatte con altre richieste- asserì il ragazzo deciso.
Le
labbra si aprirono per provare a sussurrare una replica convincente. Niente. Un
suono muto che le serrò la mente, i pensieri vorticavano confusi, spirali di
lettere che non riuscivano a prendere un senso compiuto.
-Che
ci fai tu qui?- chiese di nuovo quasi... con rabbia.
-Cosa
si fa in una biblioteca di solito?-
Giusto.
Rispondigli
per le rime Haley Meyer, forza, non sei degna figlia di tuo padre? Si,
esatto, quello che fa l'avvocato! Ricordi?
Senti...
lo so che lui ti piace ma...
Cheee? No, per niente! Sei fuori strada, tesoro!
Casie
aveva di certo una brutta influenza di lei. Perfino quando pensava
la ritrova!
-Sono
venuta qui per stare da sola, e sottolineo da sola,
perciò Jack perché non te ne vai?- provò a domandare, per quanto le riuscisse
difficile, gentilmente.
-Non
mi conosci abbastanza... Haley-
risoluto. Gli angoli della bocca si sollevarono per accennare un sorriso mentre
il ragazzo si avvicinava riducendo le distanze fra di
loro. La moretta indietreggiò per scappare al contatto ma la sua fuga non durò
a lungo. Alle sue spalle uno scaffale di legno chiaro le bloccava il passaggio.
Questa volta i libri non l'avrebbero aiutata.
Il
biondo si affrettò a sfruttare quell'effimera occasione. Poggiò lentamente un
braccio sulle parete accanto a lei, ormai senza più
vie d'uscita.
-Io
so molto più di quanto tu creda- cercò di riottenere
una posizione in quello scontro. Difficile capire chi stesse vincendo tra di
loro. Probabilmente gli stessi giocatori non conoscevano le proprie regole.
-Ah,
davvero?- domandò lui in un orecchio, mormorandole le parole in un soffio, lento ed incosciente. Rabbrividì, ancora una volta, come
sempre quando lui decideva di cominciare la sua battaglia senza leggi.
-So
che ti comporti da superiore. So che hai quattro fratelli e sei il minore. So
che i tuoi genitori non ti hanno mai dato peso come agli altri. So che ti ritenevano
"quello che dà problemi". So che fai tutto
questo per divertimento, uno sciocco divertimento a cui
tu non dai importanza. So che hai imparato che nulla conta veramente se non te
stesso. So che Lucas, il tuo migliore amico è l'unico che sa come ti senti. So
che ami apparire. Mai essere. So che tutti cadono ai tuoi piedi con una sola
affermazione. Sei carismatico, te lo concedo. E so, che non conosci nulla di me
nonostante noi ci incontriamo ogni giorno fin da piccoli...-
il discorso iniziò a fuoriuscire a fiotti in lettere senza legami. Infondo
neanche lei aveva idea di che cosa volesse dimostrare. Alzò gli occhi blu al
cielo noncurante di ciò che Haley aveva detto. Sapeva già tutto senza che lei
venisse a ricordarglielo. Sua sorella e uno dei suoi fratelli erano legati
dall'asilo diventando poi migliori amici, era inevitabile quindi che anche loro
iniziassero a vedersi. L'ultima frase lasciata cadere a metà, lo rese gelido. Strinse di più il legno tra le dite con forza tale da rovinarlo. Per poco ebbe paura, un attimo in più e tra le sue dita si sarebbe
frantumato in polvere. Non aveva mai insinuato che loro non fossero...
La
fissò con intensità maggiore.
-So
che non ti piace provocare le persone. Non è da te. So che hai carattere e che
passare il limite con una così è pericoloso. So che hai solo una sorella
maggiore. So che la ritieni perfetta e pensi che per sempre le sarai inferiore.
So che ti sei arresa da tempo nonostante continui a
provare. So che ami immergerti nei libri. So che lo fai per rifugiarti dagli
altri. So che Casie è la sola di cui riesci a fidarti. So che scegli le persone
che possono e non possono sapere veramente chi sei. So
che temi il giudizio degli altri. E so, Dio se lo so, che...-
Non fece in tempo a continuare a parlare. I suoi occhi verdi di vetro sbarrati
così bizzarramente ingranditi del colore del mare in tempesta immenso,
tumultuoso e verde, eternamente sorpresi, il suo profumo dolce e deciso di
quelli che riescono a far delirare e turbano la volontà, la frangetta scomposta
sulla fronte in ciocche del colore dello zucchero di
canna morbidamente posata sulla pelle chiara e diafana...
La
baciò. Ancora.
Non
gli aveva più rivolto la parola dalla manifestazione di inizio
anno dopo.. beh, dopo la canzone. Casie pensava dovesse, com'è che aveva detto?
Sbollire.
Inconsapevolmente
chiuse gli occhi e rispose. Contro ogni logica il cervello si scollegò dal
corpo. Smise di pensare. Le labbra combaciavano alla perfezione con quelle
morbide di lui come fossero disegnate per quel solo scopo. Le mani delicate si
mossero veloci guidate da una propria volontà dietro al collo di Jack. Strinse
i capelli corti e setosi fra le dita esili cercando di
allontanarlo ma consapevole che, paragonata alla sua, la forza di Jack era di
gran lunga superiore e di non voler, nonostante tutto, interrompere il
contatto. Senza capire come, riuscì a liberarsi dalla sua presa scivolando
lentamente sotto il braccio di lui che la fermava.
Dimenticare il resto con lui era troppo semplice, troppo facile quando si
trovava così vicino raccogliere le idee e ribellarsi. Corse fino alla porta e
uscì.
Claire
Larton la vide andarsene di fretta scuotendo il capo
corvino (borbottando fra se e se una serie di insulti
che non promettevano nulla di buono) e scrutando dritta davanti a sé.
No,
decisamente non avrebbe mai capito quella ragazza.
O
forse no?
Attimi
dopo un ragazzo uscì dalla stessa sala.
cf
-Scema,
idiota, cretina, deficiente, scema, idiota, cretina,
deficiente-
-Prendi
fiato!-
-Scema,
idiota, cretina, deficiente, scema, idiota, cretina,
deficiente... CRETINA. DEFICIENTE. -
-Finito?-
Casie,
indecisa se chiamare o no uno specialista degno dell'esorcista, iniziava decisamente a preoccuparsi per lo stato mentale della sua
migliore amica che in preda ad un mitico (e speriamo isolato) attacco di panico
continuava a dare testate ad un grigiastro palo della luce fulminato ripetendo
come un disco lo stesso ritornello.
-Scema,
idiota, cretina, deficiente, scema, idiota, cretina,
deficiente-
Sospirò.
Non aveva certo pensato che la situazione fosse così grave quando Haley l'aveva
chiamata con il fiatone. Il fatto che abitassero a due metri l'una dall'altra
contribuiva a farle stare sempre assieme e c'erano voluti due minuti per
cambiarsi e raggiungerla in via Ellis, luogo
designato per i loro appuntamenti giornalieri. La madre di Haley, Antonella,
rideva sempre nel pensare a come fossero unite. -Che avrete da dirvi poi per
aggiornarvi così spesso, non lo so proprio- sorrideva la donna continuamente.
Appena aveva visto
-Bastaa! Qui urge trovare una soluzione, tesoro! Si
può sapere che cosa ti è successo di grazia?- chiese
irritata.
-Biblioteca-
-e...- continuò l'altra.
-Ha
baciato-
-Ok,
ho il complemento di luogo e il predicato! Quando saprò anche il soggetto e il
complemento oggetto riuscirò a formulare una frase di senso compiuto! Evviva!
Cosa? Hai detto baciato? Chi ha baciato chi?- esultò Casie facendosi più
curiosa.
-Me-
-Ho
anche l'oggetto, allora sono a posto! Chi ti ha baciato? Chi, cosa, come,
perché! Voglio sapere! Ora!- ordinò Casie scioccata.
-Ja... Jac...Jack...- balbettò la moretta con sguardo vuoto. Si fermò
accanto ad una siepe intramezzata a dei fiori di glicine violetto e ne recise
uno al centro. Ellis era una zona di grandi ville
isolate, la strada era larga ed asfaltata ma ogni cosa
era circondata da grandi alberi verdi di muschio che portavano al lago Reason.
Portò il gambo al viso e ne aspirò il profumo penetrante.
-Cosa,
come, perché!- altra schiera di richieste.
-Bacio,
te l'ho detto-
-Come,
perché!-
-Come?
Perché? Vorrei saperlo tanto anch'io. Quando lo vedo... Quello è un uomo
morto!- urlò una Haley ad dir poco infuriata.
-Alleluia!
Ce ne ha messo di tempo quel ragazzo a darsi una mossa!- gridò l'amica con un
sorrisone ed un pugno puntato in aria.
-Cos...
Cosa vai dicendo Casie Cromwell!-
la riprese quasi urlando la ragazza una volta recepito ciò che la bionda
diceva. Buttò lo stelo a terra e lo schiacciò con furia con la punta bianca
della scarpa da ginnastica.
-Dico
che "Tanto va la gatta al largo che si buca il canottino!"-
affermò convinta con aria di chi la sa lunga. Peccato per il proverbio* ma
sarebbe stata un ottima oratrice.
Non
si sa bene cosa sia successo alla biondina... Fatto sta che la ragazza venne avvistata mentre correva disperata in fuga da una
moretta alquanto irritabile. Come sia rimasta viva? Nessuno lo sa. Si accettano
scommesse!
*L'originale
per chi non lo conoscesse è "tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo
zampino"
Allora?
Che ne dite? Me ne devo andare dalla sezione Romantiche? Come ha fatto Casie a
restare in vita? Haley picchierà Jack? Ma soprattutto Miss.
Larton riuscirà a capire qualcosa di tutta la
faccenda?
Tutto
questo ed altro ancora nella prossima puntata!
SPAZIETTO RECENSIONI
(perché qualcuno ti ha recensito?)
Clodiina85: Ma io ti adoroooo! Come vedi ho postato! Non molto
presto ma, con i miei tempi bradipici…
Mariel92: Grazieee! Anche per i gusti musicali! Ti piace il nome
Haley allora? Ho messo un‘ eternità per sceglierlo!