Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Nyktifaes    01/09/2014    10 recensioni
Mi risvegliai di soprassalto con la sensazione di essere sbalzata. Mi aggrappai alla base della poltroncina, spaventata. Impiegai qualche secondo per ricordare che sedevo su un sedile e che mi trovavo su un aereo. È sorprendente quanti dettagli si possano registrare in pochi secondi di panico. Ricordo perfettamente i visi spaventati dei passeggeri, la hostess che si aggrappava ad una fila di sedili, la mascherina che usciva dal soffitto dell’aereo, a un soffio dal mio viso, un boato. E poi il buio.
-
Primo capitolo di Twilight. Bella si trova sull'aereo che la deve portare a Forks, ma qualcosa va storto.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questo capitolo è dedicato a Joan e alle sue registrazioni,

scusa per averti fatta dannare con gli indizi <3.

Capitolo XVI

Le cose andarono migliorando di giorno in giorno. Trascorrevamo il tempo in famiglia, spesso anche con classici passatempi umani. Una sera giocammo tutti insieme a sciarada e fu forse uno dei momenti migliori del mese passato a Denali. Giocammo in squadre da due, ovvero tutte le coppiette della casa si unirono le une contro le altre in una faida durata circa tre ore. Ovviamente Edward non aveva potuto giocare e, essendo anche in numero dispari, aveva scelto di fare l’arbitro. Da quel che avevo capito non erano molto corretti mentre giocavano. Emmett aveva addirittura cercato di corrompere Edward affinché gli desse qualche indicazione sui pensieri degli altri giocatori, ma il mio ragazzo era stato irremovibile. Specie in seguito alle lamentele di Alice, la quale sosteneva che, se lei “veniva marcata stretta”, nemmeno gli altri, tanto meno Emmett, avrebbero potuto barare o corrompere l’arbitro. Rivelò inoltre che la bustarella silenziosa, ovvero la promessa da parte di Emmett di piantarla di fare commenti sulla vita intima mia e di Edward, sarebbe stata rispettata per massimo un’ora. Al che, io mollai un pugno sulla spalla di Emmett – che ebbi la soddisfazione di vedere dolorante – e lanciai un’occhiataccia ad Alice. Tra le risatine generali, Edward liquidò entrambi con un semplice “Forza, Tanya e Kate, tocca a voi”. Emmett, da quando avevamo apertamente dichiarato di stare insieme, si era sentito in pieno diritto di fare battute più o meno squallide ogni volta che io ed Edward ci trovavamo a meno di trenta metri l’una dall’altro. Cosa che, ovviamente, accadeva molto di frequente. Praticamente non ci allontanavamo mai, facevamo qualsiasi cosa insieme. Per iniziare dalla caccia e terminare con la lettura, di libri diversi, certo, ma pur sempre sullo stesso divano.

E, ovviamente, Emmett e le sue battute si nutrivano di ciò.

Dato che Edward non poteva giocare, quella sera avevo fatto coppia con Irina e presto scoprimmo che nessuna delle due era particolarmente portata per le sciarade. Ma fu divertente soprattutto per questo, azzeccammo tre parole in tutto, ma passavamo i turni a sparare qualsiasi idea ci passasse per la testa. Ben presto fu evidente che si trattasse invece di una sfida tra Jasper, con Alice, e Kate, con Tanya. Jasper era un asso a sciarada. Probabilmente la sua mente da ex soldato – come mi aveva raccontato Edward in uno dei tanti pomeriggi passati ad oziare nei boschi di Denali – lo aiutava nel gioco. Aveva un’ottima capacità di concentrazione ed era intuitivo di natura. Kate, invece, adorava vincere. Aveva la competizione radicata fino al midollo e sembrava intenzionata a non lasciare che la vittoria andasse a qualcuno che non fosse lei. Alla fine fu Kate a trionfare. Alice sostenne che Jasper si fosse comportato da gentiluomo, lasciando alle due avversarie più temibili la vittoria, ma Edward proclamò che non c’era stato nessun imbroglio e che quindi le vincitrici erano Kate e Tanya. Un altro che non amava perdere era Emmett: impiegò diversi giorni per accettare la sconfitta e per smettere di assillare tutti con le sue lamentele. Alla fine arrivò alla conclusione che sciarada fosse un gioco stupido e da cervelloni e che lui non avesse tempo da sprecare con simili sciocchezze.

«Perché ridi?», chiese Edward, accarezzandomi una guancia.

«Ripensavo a Emmett, credi che gli sia passata?».

«Per la sciarada, intendi? Sì, ma sta progettando la vendetta. Credo che rimarrà parecchio deluso quando scoprirà che il clan di Denali non parteciperà alla battaglia di palle di neve», rise anche lui.

«Non potrà vendicarsi su Kate!».

«Già», annuì e si tirò indietro, posando la schiena sulla sedia. «Abbiamo finito con biologia?».

«Oh sì, basta, non ce la faccio più».

Avevamo terminato il libro del terzo anno, finalmente. Ce l’eravamo presa con comodo, nel tacito accordo di non fare terminare quei momenti di pace e tranquillità che erano solo nostri. Però eravamo comunque vampiri e io, oltre che aver frequentato un corso di biologia avanzata, apprendevo anche troppo velocemente. La lentezza mi annoiava.

«Cosa vuol dire che non ce la fai più? Devo ritenermi offeso?».

Edward si imbronciò e incrociò le braccia al petto. Mi morsi forte le labbra per evitare di ridergli in faccia.

«No, certo che no, cucciolotto».

«Ah-ah, lo spero per te. E per me. Ora, senza la scusa del dovere, come farò a rapirti tutte le volte che voglio?», brontolò, avvicinandosi nuovamente a me.

Mi mossi anch’io verso di lui, fino a sfiorare il suo naso con il mio.

«Ma tu puoi rapirmi tutte le volte che vuoi. E poi… ho portato anche il libro di letteratura!», terminai e gli scoccai un bacio a fior di labbra.

«Ah, la mia ragazza è un genio!», esclamò, facendomi ridere.

«E ora in piedi, Alice e la neve ci aspettano».

Obbedii anch’io alle mie parole e in un attimo ci ritrovammo fuori dalla stanza e poi giù, in sala. Alice era già lì, coperta da un piumino, dei pantaloni e degli stivali da nevi, il tutto rigorosamente bianco. Forse, in quel modo, pensava di potersi mimetizzare meglio.

Vedendoci, mi venne incontro e mi lasciò un oggettino argenteo in mano. Lo osservai: uno smartphone di ultima generazione, incredibilmente sottile e dall’aria incredibilmente fragile.

«Mh, Alice, ma cos’è?».

«Un telefono, mi sembra ovvio», rispose, alzando un sopraciglio.

«Sì, questo lo vedo. Intendevo: perché mi dai un telefono? Non è che io abbia tante persone da chiamare, eh».

«Non ti servirà per chiamare, infatti. Lo userai nella battaglia di neve, tutti noi useremo i nostri telefoni».

Continuavo a non capire. «Vuoi che ce li lanciamo contro insieme alla neve?».

Soppesai l’oggettino. Se l’avessi lanciato non avrebbe nemmeno avuto il  tempo di colpire il mio bersaglio, si sarebbe sbriciolato in aria.

Alice sbuffò. «Certo che no! Li useremo per comunicare tra noi, durante la battaglia. Ci comunicheremo le rispettive posizioni metteremo in atto piani d’attacco». Annuì, infine, fiera del suo programma.

«Mh, capisco. E in quante squadre ci divideremo?».

Effettivamente sembrava una bella idea, piuttosto divertente.

«Due: maschi contro femmine», rispose.

Mi rimangiai tutto mentalmente.

Risi. «Alice, siamo tornati all’asilo?»

«Zitta, tu. Mia l’idea, mio il gioco e mie le regole». Ci mancava poco che mi facesse pure una linguaccia.

«Veramente, tesoro, l’idea è stata mia». Jasper era entrato, insieme ad Emmett e Rosalie dalla porta principale.

Alice liquidò la sua protesta con un gesto della mano. «Sì, non importa. Ma perché Esme e Carlisle non sono ancora scesi?», chiese, a nessuno in particolare. Poi li chiamò, sbatacchiando ritmicamente il piede a terra.

Esme comparve sulle scale che poi scese, a passo quasi umano. «Alice! Carlisle è al telefono, sta parlando con il primario dell’ospedale di Forks», la rimproverò.

«Che cosa dice? Ci sono stati problemi con i lupi?», domandò Rosalie.

Da quando eravamo partiti per Denali, Carlisle aveva chiamato a Forks diverse volte, sia per avvisare del suo licenziamento e quindi per tutte le pratiche burocratiche che ne conseguono, sia per assicurarsi che i licantropi non avessero terminato la rottura del patto, rivelando la verità su di noi. In realtà nessuno la riteneva una possibilità concreta, ma Carlisle, con una scusa o con un’altra, faceva qualche domanda per assicurarsi che andasse tutto bene. Il problema era sorto quando gli avevano chiesto di tornare a Forks per firmare delle carte e completare il licenziamento. In un primo momento avevamo preso in considerazione l’idea di far accompagnare Carlisle da qualcuno di noi e restare il meno possibile in città. Il gruppo sarebbe dovuto essere formato da Carlisle, Edward, che avrebbe potuto controllare i lupi anche alla discreta distanza di uno o due chilometri, ed Emmett, per la sua forza. In questo modo sarebbero però stati in minoranza numerica e, in caso di attacco, sarebbero stati in pericolo. Allora Jasper si era proposto per accompagnarli, cosa che aveva portato Alice ad annunciare che li avrebbe seguiti. A Rose non piaceva per nulla l’idea di far andare Emmett da solo e io di sicuro non avrei lasciato che Edward partisse senza di me. Il tutto era sfociato in una discussione colossale su chi dovesse andare e sul fatto che fosse estremamente discriminatorio lasciare a casa le donne perché “potreste farvi male”. Fu Esme a risolvere la questione, proibendo categoricamente a chiunque di fare ritorno a Forks. Carlisle avrebbe completato le pratiche dall’Alaska, per via telematica, in modo che nessuno rischiasse di farsi male o di dare inizio a una guerra. Suo marito si era dichiarato d’accordo e tutto era stato archiviato.

Esme scosse il capo, in segno di diniego, ma non servì che rispondesse, dato che Carlisle scese le scale proprio in quel momento.

«Tutto bene. Richard mi ha detto che tre giorni fa è passato in ospedale un uomo della tribù che chiedeva di me. Lui gli ha risposto che ci siamo trasferiti e l’uomo ha annuito e se n’è andato. Richard è rimasto stranito ma, grazie alla sua fobia per qualsiasi cosa non sia pallida e di origine europea, si è limitato a sostenere che gli indiani sono assurdi», raccontò.

«Vuoi vedere che ora ci andranno, in ospedale?», ironizzò Edward.

Carlisle sorrise, bonario, poi batté le mani. «Beh, ma non dovevamo farci guerra a vicenda?».

Alice annuì, soddisfatta. «Esatto! Andiamo».

Prima che potesse trascinare tutti, uno per uno, fuori dalla porta, Esme esclamò: «Alice, aspetta! Devo ancora cambiarmi!»

«Non c’è tempo, abbiamo già aspettato troppo!»

«Alice, ricordi il concetto di eternità?», le chiesi.

«Piantatela, tutti quanti. Ora noi usciremo da quella porta e faremo le cose per bene. Ci muniremo dei telefoni e ci allontaneremo gli uni dagli altri dei tre chilometri e mezzo già concordati. Dopo di che, via alla guerra».

Alice non ammetteva repliche, così fummo costretti, per l’ennesima volta, a seguire i suoi ordini. Perfino Carlisle si limitò a seguirla.

«Perché ci allontaniamo così tanto? Vuoi creare pure delle trincee?», mi rivolsi a Alice, ma mi rispose Emmett.

«Perché altrimenti il tuo ragazzo bara», rise.

«Smettila, io non baro! Non ci posso fare niente, e lo sai!» A Edward non piaceva per niente che, qualsiasi cosa si facesse, Emmett lo accusasse di imbrogliare. Era un vizio, e poi si divertiva un mondo a fare arrabbiare Edward.

«Buoni, bambini», li zittì Rosalie.

Mi voltai verso Edward, ridacchiando. «C’è una guerra da combattere, te ne sei dimenticato?».

«Per niente. Proprio come non mi sono dimenticato che passeremo la giornata separati», rispose.

«Passerà in fretta, vedrai». Mi allungai sulle punte e lui si chinò per lasciarsi baciare.

«Cosa credi che non sia chiaro dei concetti “guerra” e “nemici”?»

«Non so, forse dovremmo prestar loro dei dizionari».

Notai che Emmett e Jasper erano in vena di battutine.

Alice, intanto, scalpitava per l’impazienza. «Sappiamo tutti cosa fare, vero?».

«Certo che sì: distruggervi, tesoro», ghignò Jasper.

Emmett scoppiò a ridere e gli batté il cinque. Come volevasi dimostrare.

Alice lo guardò di traverso, poi voltò le spalle e si infilò tra gli alberi. «Au revoir, trésors. Fate attenzione, potreste ritrovarvi sepolti sotto la neve quando meno ve lo aspettate».

Quella vampira sapeva essere inquietante, anche per gli standard della nostra specie. Nel giro di pochi secondi ci dividemmo nei due gruppi prestabiliti e corremmo, gli uni lontani dagli altri.

Mentre ci allontanavamo dalla casa sentii Esme mormorare, affranta: «Però mi piaceva questo golf, era il mio preferito».

Corremmo per qualche minuto, finché Alice non si ritenne soddisfatta e iniziò a rallentare, fino a fermarsi del tutto.

«Bene, ora non siamo più a portata della telepatia di Edward». Ci fermammo sotto un abete. I rami erano stracolmi di neve, così come la terra, quasi un lontano ricordo sotto quindici centimetri buoni di pesanti fiocchi bianchi.

«Peccato che non riesca ad estendere il tuo scudo, Bella. Sarebbe perfetto, potremmo evitare totalmente il potere di Edward», sospirò. Liquidò la questione con una scrollata di spalle, anche se continuò a sembrare piuttosto rammaricata.

Alice stava prendendo un po’ troppo sul serio la questione della “guerra a palle di neve”.

«Tenete i telefoni vicini, comunicheremo con i messaggi, come vi ho detto».

«Ora ci dividiamo?», chiesi.

Alice annuì. «Io vado a est, Esme, tu resta intorno a un chilometro più a sud, Rose tu, più lentamente, muoviti verso sud-ovest. Bella, tu, che non puoi essere intercettata da Edward, dirigiti un po’ più a nord di Rose. Ora io inizio a tenerli d’occhio, ma dobbiamo circondarli e coglierli di sorpresa per batterli. Vi aggiorno sullo schema tra qualche minuto».

Esme storse le labbra, sorpresa. «Alice! Mi sembrava che avessimo preso tutte le precauzioni perché il gioco fosse pulito. I ragazzi non hanno vantaggi grazie ai loro poteri».

Alice sorrise, furba. «Abbiamo preso precauzioni sul potere di Edward, non sul mio».

«Ti sarei grata se non imbrogliassi».

«Uff, non imbroglierò».

Esme era scettica. «Promesso?»

«Croce sul cuore». Alice sghignazzò. Dubitai dell’attendibilità della sua promessa e, stando alle loro espressioni, anche Rose ed Esme.

«E ora andiamo, su, prima che siano loro a trovarci».

Ci sparpagliammo nelle direzioni dateci da Alice. Corsi per circa mezzo chilometro, poi rallentai, in ascolto. Sarei dovuta essere ancora abbastanza lontana da chiunque dei ragazzi: si erano diretti a ovest, nella direzione opposta alla nostra, ma probabilmente avevano adottato il nostro stesso schema e rischiavo di andare incontro a uno di loro. Sperai non Emmett, o mi sarei probabilmente ritrovata sotto mezzo metro di neve senza nemmeno rendermene conto.

Il telefono mi vibrò nella tasca, lo presi e lo osservai: sullo schermo illuminato, era comparso il nome “Alice” accanto all’immagini stilizzata di una busta da lettere. Vi premetti sopra con il dito e immediatamente si aprì una nuova finestra, in alto, a sinistra, era comparso il messaggio “Ferma!”, sopra uno sfondo giallo. Ferma? Stava arrivando qualcuno? Mi guardai intorno, velocemente, ma non vidi né sentii niente di sospetto. Mi accucciai comunque ai piedi di un albero, per sicurezza. Stavo per rispondere al messaggio, per chiederle cosa stesse succedendo, quando il cellulare vibrò di nuovo. Sotto il messaggio di Alice ne comparve un altro “Con chi parli?” su uno sfondo rosa. Sopra vi era scritto “Rose”. Pochi secondi dopo comparve un altro messaggio, questa volta di Esme, su uno sfondo verde: “Alice?”. Fantastico, una chat di gruppo. Ci saremmo incasinate all’inverosimile.

“Per me è morta. Oppure l’hanno catturata”, risposi.

“Fantastico, abbiamo perso la nostra arma”, Rose.

“Come facciamo ora?”, replicai.

“Tranquilla, mi sono comunque assicurata la nostra vittoria: ho minacciato Emmett, prima di tornare a casa”, rispose lei.

“Non penso che Emmett si lasci convincere a perdere così facilmente”.

“Ma io ho ottimi argomenti”, terminò Rose. Subito dopo mandò uno smile. Ridacchiai. I suoi cambiamenti di umore mi facevano quasi venire il mal di testa ma, se fossero continuati in quella direzione, non mi sarei certo lamentata. Da quando c’era stato il chiarimento con Tanya, il rapporto tra me e Rose era in qualche modo cambiato. Non che fossimo diventate amiche per la pelle, ma lei aveva smesso di guardarmi in cagnesco e io non mi sentivo più a disagio a stare nella stessa stanza con lei. Un paio di volte avevamo addirittura scambiato qualche parola.

Il telefono vibrò nuovamente, questa volta però, accanto a “Alice” c’era un piccolo tastino del play. Forse ascoltare una registrazione vocale con il pericolo che Emmett e il mezzo metro di neve mi piombassero addosso da un momento all’altro, non era una buona idea. Ma se Alice l’aveva mandato voleva dire che potevamo ascoltarla tutte, no?

«Rose, parlavo con Rose! Ti stavi avvicinando troppo a Jazz, ma lui ha cambiato direzione diverse centinai di metri prima di poter sentire il tuo odore. Tutto okay».

Bene, se non si trattava di me potevo andare avanti, avrei dovuto proseguire per almeno altri trecento metri.

Il telefono vibrò nuovamente e lessi velocemente il messaggio, ma non era Alice. Esme si lamentava per la poca correttezza dei gesti di Rose e per le visioni di Alice. Quest’ultima replicò che lei non stava commettendo alcuna scorrettezza, semplicemente utilizzava tutte le armi di cui era in possesso. E che Rose faceva lo stesso, circa. E poi Emmett era libero di prendere qualsiasi decisione volesse, no? Testuali parole di Alice. Risi, ma evitai di rispondere.

Camminavo, più tranquilla, facendo comunque attenzione a qualsiasi suono o movimento causato anche solo dal vento.

Quando fui certa di aver percorso un intero chilometro mi feci ancora più guardinga, evitai di toccare gli alberi, nella speranza che il vento e la neve rovinassero almeno un po’ la traccia olfattiva che stavo lasciando. Cambiai direzione e ritornai sui miei passi per tre volte, così da confondere la scia. Mi sentivo tanto un super agente segreto alle prese con la sua missione più importante. James Bond sarebbe stato fiero di me. Più di una volta mi voltai a destra o a sinistra a causa di qualche movimento sospetto, anche se ero certa che non ci fosse nessuno nel raggio di quattrocento metri da me. Avvertii un movimento alle mie spalle, mi voltai di scatto, ma si trattava solo di un animaletto del bosco ritardatario. Quel gesto, però, mi servì a comprendere quanto fossi stata stupida negli ultimi dieci minuti: non solo avevo lasciato una meravigliosa scia olfattiva, ma anche delle più che riconoscibili impronte sulla neve che, guarda un po’, portavano dritte dritte al punto in cui eravamo partite e, dal quale, sarebbe stata una sciocchezza trovare anche le altre. Di sicuro Jasper aveva previsto qualcosa del genere e gli altri erano già sulle nostre tracce. Ma perché Alice non mi aveva avvisata? Dannazione.

Saltai sull’albero più vicino e mi arrampicai per quattro metri. Da lì avrei avuto una visione migliore dell’ambiente circostante. Notai, a quasi un chilometro di distanza, che le fronde di un albero venivano scosse, ma non sembrava opera del vento. Scesi di un metro e mi accucciai contro il tronco dell’albero. Afferrai il cellulare nel momento esatto in cui vibrò. Entrai immediatamente nella chat, probabilmente se avessero potuto mi sarebbero tremate le mani. Provavo qualcosa di molto simile ad una scarica di adrenalina.

“Ti stai avvicinando troppo a Carlisle! Non siamo ancora in posizione. Esme, ci vedremo tra sette secondi esatti. Rose, dirigiti a sud, verso Bella. Ma fai attenzione, c’è anche Edward da quelle parti!”

Ringrazia mentalmente Alice per la sua inutilità. Avevo capito anch’io che mi stavo avvicinando a qualcuno, ma mi serviva sapere dove andare per evitare di essere presa! Decisi che la scelta migliore sarebbe stata aggirare il problema: saltai da un albero all’altro – in quel momento mi sentii più Tarzan che James Bond – per un buon mezzo chilometro, mettendo distanza tra me e Carlisle, così da poter poi riprendere la mia direzione, evitando di incontrarlo. Stavo quasi per battermi il cinque da sola quando, Alice mandò nuovamente un messaggio vocale.

«Bella, stanno giocando con le mie visioni! Non-».

Ma la registrazione si interruppe prima che Alice avesse finito di parlare.

Cos’era successo? L’avevano raggiunta? E che voleva dire che stavano giocando con le sue visioni? Esme era con lei? Cosa dovevo fare?

Per un attimo fui quasi certa di essere circondata, ma presto mi resi conto di quanto mi stessi autosuggestionando: non c’era nessuno attorno a me, non sentivo né l’odore né tanto meno vedevo o avvertivo dei movimenti. Saltai altri quattro alberi, senza distogliere lo sguardo dal telefono. Intanto arrivarono diversi messaggi di Esme e Rose. Esme non aveva trovato Alice e Rose voleva sapere cosa stesse succedendo dato che era certa di aver sentito qualcosa a quattrocento metri da lei.

Finalmente Alice ricomparve e inviò un altro audio. Non fui certa fosse una mossa intelligente, dato che molto probabilmente se Rose avesse ascoltato la registrazione l’avrebbe fatto anche il suo inseguitore.

«Scusate, stavo avendo una visione e mi è scivolato il telefono di mano. Tutto bene, non l’ho rotto», “Come se me ne fregasse qualcosa della caduta del telefono”, rispose Rose. «Bella, spostati, qualcuno ha intercettato la tua scia e ti sta venendo dietro. Non capis-». Di nuovo, la registrazione si interruppe. Soffocai un ringhio esasperato. Possibile che quella vampira avesse le mani di burro e che non riuscisse a completare una frase in grazia di Dio?

Volai da un albero all’altro, nel tentativo di mettere distanza tra me e il mio inseguitore. Eppure, quando mi fermai, mezzo chilometro più avanti, fui quasi certa di avere qualcuno davanti, non dietro.

Il telefono vibrò di nuovo.

«Mi hanno ingannata! Bella, non è Carlisle che ti insegue, ma Edward! Scappa verso est, stai correndo tra le braccia di Emmett! Rose, hai Jazz alle calcagna! Quei bastardi-», Alice ringhiava per la rabbia e, di nuovo, non aveva completato la registrazione.

Eseguii i suoi ordini, inorridita al pensiero di Emmett e del famoso mezzo metro di neve che si sarebbe raddoppiato, dato che non ero tanto sicura che Edward mi avrebbe salvata.

Arrivò una nuova registrazione e fui tentata di non aprirla, certa che non sarei stata l’unica a sentirla. Era Alice, ma a parlare fu Esme. Si erano incontrate?

«Vogliono imbrogliarci con i nostri stessi imbrogli! Non possiamo permetterlo! Sentite, allontaniamoci tutte verso sud, va bene? Torniamo alla base e facciamo il punto della situazione». Simultaneamente arrivò un altro messaggio, questa volta scritto, da parte di Alice: “Io ed Esme siamo insieme, non fate niente di ciò che vi ha detto! Rose e Bella, dirigetevi a est, ma più a sud del punto di partenza. Li coglieremo di sorpresa proprio lì”.

Annuii, tra me e me, seguendo le indicazioni di Alice. Ma fui totalmente certa del genio di mia sorella solo quando mi resi conto di essere nuovamente del tutto sola. Edward e Emmett mi avevano preceduta, evidentemente convinti di poterci sorprendere una volta arrivate là. Più mi avvicinavo alla meta e più mi rendevo conto di aver già percorso quei sentieri. Fui certa che, se mi fossi spostata di qualche centinaio di metri a sinistra, avrei trovato le mie stesse orme sulla neve. Orme che, probabilmente, stavano conducendo i ragazzi dritti dritti nella nostra trappola.

Esultai tra me e me, già pregustando la vittoria e la neve che avrei riversato sulle teste di Edward ed Emmett, che erano stati tanto carini da pensare di attaccarmi in due. Quello sì che era un comportamento scorretto. Avvertii il telefono vibrare nuovamente ma, presa dalla corsa sugli alberi, non controllai il nuovo messaggio. A duecento metri dal punto prestabilito vidi Rose, sull’albero accanto al mio. Mi fece cenno di seguirla e io lo feci, aumentando però la distanza tra noi due, in modo che, una voltai arrivate dai ragazzi, saremo state in grado di tagliare loro la strada da più lati.

Una volta lì feci a malapena in tempo a registrare i quattro vampiri molto spaesati e Edward che, leggendo i pensieri delle altre, aveva capito l’imbroglio e stava intimando agli altri di scappare.

Troppo tardi.

L’urlo – o ringhio – di guerra più assurdo e terrificante che avessi mai sentito arrivò da un albero di fronte a me. Assurdo perché proveniva da una minuscola ragazza che in quel momento si dondolava con forza indicibile da un ramo e sparava terribili bombe di neve contro dei vampiri totalmente disorientati, a terra. Terribile perché, nonostante tutto, era una vampira. Molto inquietante, per giunta. Seguii il suo esempio e, saltando da un ramo all’altro del mio abete, scrollai via diversi chili di neve che finirono, alla rinfusa, un po’ sulla terra e un po’ addosso ai ragazzi. Rosalie ed Esme non si risparmiarono e pregustavo già la vittoria quando, finalmente, i nostri nemici si decisero a reagire.

Non era facile colpire qualcuno che, dall’alto, nascosto tra le fronde degli alberi, ti bombardava con la neve e impediva, non solo i movimenti, ma anche la visuale. Dopo i primi attimi di stordimento iniziale, Emmett riprese vigore e, ringhiando, raccolse tra le braccia una massa esorbitante di neve che lanciò contro l’albero di Alice. In quel momento tutto iniziò a essere confuso, mentre saltavo da un albero all’altro, scuotendo i rami per riversare la neve a terra, iniziai a sentire i tronchi che venivano smossi e più di una volta rischiai di cadere di sotto. Mentre noi attaccavamo dall’altro, loro ci bombardavano dal basso e cercavano di farci cadere. Vidi, nella confusione generale, Esme precipitare a terra e Jasper riempirla di neve da testa a piedi. Presto mi ritrovai a non essere più sola sul mio albero e vidi arrivare Emmett – e la neve – arrivare, un secondo prima di essere sbalzata a terra. Da quel momento in poi, non saprei dire con esattezza cosa sia successo, fatto sta che mi arrivò neve da qualunque direzione e io stessa ne lanciavo più che potevo dappertutto. Probabilmente colpii anche le mie stesse alleate.

Non ci fu più alcuna logica, finimmo tutti inzuppati dalla neve e mezzo sepolti sotto di essa. Non ci furono vinti e vincitori, ma fu uno dei giorni più belli della mia vita.

 

 

 

NOTE IMPORTANTI

Ieri, io e Joan, abbiamo parlato a lungo della storia e della sua trama. Mi ha fatto notare – anche se io stessa ci riflettevo su da un po’ – che, a parer suo, nella storia manca qualcosa. Una vera crisi, un punto di rottura ben definito in cui le cose vanno in malora e, solo dopo sforzi titanici, i protagonisti riescono a riportare la pace e la tranquillità, per poi arrivare al tanto agognato “e vissero per sempre, felici e contenti”. Sospetto che questo sia il pensiero anche di alcune di voi, per questo ho deciso di annoiarmi con un piccolo – si fa per dire – papiro.

Questa storia è nata da una domanda che mi posi circa tre anni fa: cosa sarebbe e successo se Edward e Bella si fossero conosciuto da vampiri? La risposta è stata quasi scontata: si sarebbero innamorati lo stesso, in circostanze diverse, ma sarebbero diventati ugualmente compagni di vita. E questa storia è ciò che la mia mente ha prodotto, dopo essersi data questa risposta. Ragazze, questa è la storia di un innamoramento, di due persone che, conoscendosi, scoprono di essere fatte l’una per l’altra. In questo caso le due persone sono due vampiri, di cui una appena trasformata e alle prese non solo con una nuova vita, ma anche con l’ingresso in una nuova famiglia. Famiglia di vampiri che convive, in precario equilibrio, con una comunità di licantropi e che, nel momento del bisogno, si rivolge al “resto” della famiglia di cui – a causa della sfiga nera che perseguita Ed e Bella per tutta la saga – fa parte anche una vampira che ha una cotta per lui da decenni. In questa storia ci possono essere solo dei piccoli drammi, quelli della vita quotidiana di due vampiri (fa un po’ strano dirlo, no?) che si innamorano. Più annessi e connessi, ovvio. È la storia di un innamoramento, nessuna sottotrama, nessun casino pronto a saltare fuori. Ormai siamo quasi alla conclusione e mi dispiace se ho deluso qualcuno, se ora questi ultimi capitoli vi possono sembrare piatti e noiosi. Mi scuso per questo, ma non posso fare altrimenti, perché questa storia non ha una trama avventurosa, o drammatica, o ciò che volete, è una romantica. Una romantica terribilmente flluffosa, aggiungerei.

Un altro fattore è l’IC dei personaggi, che ho tentato di rispettare al massimo. Avrei potuto permettere a Carlisle di iniziare una guerra contro i licantropi, sapendo che si sarebbero sprecate delle vite per un loro errore? No, Carlisle non farebbe nulla del genere. Avrei potuto costringere Tanya a fare la scassaboccini di turno, facendole fare la parte della troietta (passatemi la volgarità) senza un minimo di amor proprio? No, lei non si ridicolizzerebbe tanto. Avrei potuto far arrivare i licantropi dall’America all’Alaska? No, sarebbe un’assurdità. Avrei potuto far litigare Edward e Bella fino a farli quasi rompere? E quanto mai ‘sti due hanno litigato? Queste sono le domande, e annesse risposte, che mi sono posta. Ora capite perché le cose non sarebbero potute andare in maniera diversa? È la storia di un amore, non di una guerra, non di una famiglia o di una nuova vita. Solo un amore – un amore molto IC – senza sottotrame. Mi sono detta di essere capace a scrivere storie drammatiche, incentrate su un problema, una questione da risolvere, una guerra, ma non è questo il caso.   

Ieri sono riuscita a spiegare il mio punto di vista a Joan, spero di avercela fatta anche con voi e spero che lo condividiate. In caso contrario, vi chiedo scusa per aver deluso le vostre aspettative, non era mia intenzione.

Ho terminato, scusatemi se vi ho annoiate ancora di più con ‘sta cosa. Ci tenevo a farvi sapere qualche questione così. ^^

Come accennavo prima, siamo allo scioglimento della vicenda, che si coronerà nel prossimo, e ultimo, capitolo. Ci sarà poi un epilogo e la storia sarà conclusa.

Questo è un capitolo davvero molto leggere, uno ‘slice of life’, che fa da ponte il precedente capitolo e la conclusione. Serve soltanto a dimostrarvi come le cose, dopo circa due mesi, stanno prendendo la piega giusta.

Ho davvero finito, giuro!

Grazie, come sempre, a Joan Douglas per la betatura e, soprattutto, per l’ottima consulenza. Ho sempre bisogno dei tuoi consigli (e dei tuoi problemi con le registrazioni che mi ispirano lool). Grazie a tutte voi che recensite e che leggete la storia. Senza di voi non sarei mai arrivata qui.

A presto!

Vero

 

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Nyktifaes