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Autore: Maybeisyou    02/09/2014    3 recensioni
Luke: "Un mese fa ho incontrato una ragazza. Era così diversa da tutte quelle che ci seguono di solito..”
Calum: “Oh si, la ragazza del McDonald!”.
Smetto di scarabocchiare e alzo lo sguardo.
Luke mi guarda, io lo guardo. Riprende a parlare: “Si, lei Calum. Dicevo, ho incontrato questa ragazza per caso e.. Beh la storia la sapete.. Avrei voluto chiederle il suo numero di telefono, o la sua mail, o almeno il suo nome. Mentre non ne ho avuto la possibilità. E ancora oggi non ho idea di quale sia, il suo nome; o di che suono abbia, o se renda giustizia al suo sorriso timido..” dice mentre appoggia i gomiti alle ginocchia ed accenna ad un sorriso sbilenco, proprio come quando mi ha rivolto la parola per la prima volta.
“Quindi, signorina White, come si chiama?”
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"We put the world away
Yeah, we're so disconnected."



#inmyarms

“Si mamma, non ti devi preoccupare. Ho mangiato ed è tutto apposto, ora sto correndo in Università perché sono in ritardassimo. Ho pure dimenticato la sciarpa sul tavolo.. Sì.. Sì, anche io ti voglio bene.. Ciao mamma, ci sentiamo presto.”
Chiudo la telefonata e mi infilo nel tram che si ferma di fronte alla mia accademia. Tengo il telefono in mano e continuo a sorridere. Fisso lo schermo e sento i brividi anche sotto la felpa pesante e il giaccone. Azzurro. È sempre colpa dell’azzurro.

Sono passate due settimane da quando ho intervistato i ragazzi, e da quando Ash ha scattato una foto a me e Luke. Veramente ce ne ha scattate un po’, e io ci ho riempito un quaderno con quegli attimi rubati. Conclusa l’intervista abbiamo preso un aperitivo al tavolo che stava appoggiato sul fondo della stanza e il mio telefono era rimasto sul divano dove eravamo seduti qualche minuto prima. Ashton lo aveva preso e aveva iniziato a fare il paparazzo, cosa tipica da lui insomma. Ripensandoci ancora mi viene da ridere: si nascondeva dietro i vasi presenti nella sala, dietro le poltrone, dietro le tende.. Poi si è piazzato di fronte a me e Luke e, con nonchalance, mi ha ridato il cellulare.
Allora ho preso coraggio e, invece che rimetterlo in tasca, l’ho teso verso Ashton.
“Non è che ci faresti una foto Ash?” ho chiesto timida.
“Certo!” ha risposto.
Luke mi ha preso il bicchiere di mano e lo ha appoggiato sul tavolo dietro di noi. Avevo il cuore che batteva all’impazzata, lo sento ancora adesso. Ho alzato lo sguardo e mi sono persa nell’azzurro. Ora ditemi, avete mai visto un azzurro che sorride? Un azzurro così limpido da sembrare uno specchio? Ecco, in quell’azzurro ho visto me stessa e le mie guance rosse. Ho sorriso e mi sono voltata verso Ashton, che continuava a scattare a ripetizione, come se avesse scoperto per la prima volta la fotografia digitale. Il braccio di Luke mi stringeva in vita e la sua spalla destra era all’altezza della mia testa, così mi ci sono appoggiata. Aveva un profumo così buono.. Mi sono morsa un labbro perché ero troppo tentata dal girarmi e stampargli un bacio sulla guancia, o su quel dannatissimo anello che ha attorno al labbro. E invece no, continuavo a mordere il mio di labbro, e mentre accennavo ad un sorriso ho sentito la bocca di Luke sulla mia guancia. Un flash. Il cuore che salta qualche battito. Riguardo quella foto che ho come sfondo, Luke che mi bacia su una guancia, io che guardo verso l’obiettivo persa, alla deriva. Con un’ancora affianco, ma il mare in tempesta dentro. Blocco lo schermo e mi fiondo giù dal tram, diretta in classe.
La mattinata vola in fretta e, quando sto raccogliendo le mie cose per tornare a casa, il professor Rossi mi si affianca.
“Signorina White, avrebbe un minuto?” mi chiede serio. Spaventata, acconsento.
“Di seguito alla sua esperienza come giornalista improvvisata, il giornale per cui lavoro ha dato un ottimo riscontro. Io, in prima persona, sono molto orgoglioso di come ha affrontato la situazione, valutando anche l’emozione che può averle giocato il contesto in cui si è trovata.”
“La ringrazio molto, non ha idea di quanto mi rendono felice queste sue parole..” rispondo con un sorriso sincero.
“Il punto è questo: il giornale vuole realizzare una specie di diario di bordo, e documentare tutto ciò che succede in una tipica giornata del gruppo da noi intervistato..”
Il respiro mi si a irregolare, le mani cominciano a sudare, le ginocchia a tremare..
“Bene, i ragazzi sono già stati informati di questa iniziativa e ne sono entusiasti. E, come già ho detto, dopo il suo ottimo lavoro, il giornale sarebbe propenso a scegliere lei come inviata. Anche perché, da alcune indiscrezioni, è stata fatta un’esplicita richiesta che riguardava proprio lei, signorina White.. quindi, dovrei sapere se è interessata a questa proposta.. Ovviamente le assenze dalle lezioni sarebbero giustif...”
Non lascio concludere la frase al Professor Rossi, perché gli salto al collo ripetendo a macchinetta: “Graziegraziegraziegraziemillegraziedavverograzie”.
Lui scoppia a ridere e mi informa che la giornata da passare con i ragazzi è programmata per il venerdì. Oggi è martedì, e il sole non mi è mai sembrato così caldo.

Mercoledì: Panico. Cosa metterò? Cosa mi porterò dietro? Cosa farò? Cosa cavolo dirò?

Giovedì: PANICO. P-A-N-I-C-O. Allo stato puro.

Giovedì notte: TERROREPAURAANSIACRISIESISTENZIALE.

Venerdì mattina.
Mi alzo con due occhiaie mastodontiche. Dio benedica Kiko che ha inventato un correttore super-coprente. Dopo essermi accuratamente truccata, mi infilo i miei jeans neri tutti strappati, una camicetta bianca e un maglione verde scuro. Preparo la mia tracolla: cellulare, iPod, caricatori, PC, agenda, astuccio, cuffie. Mi infilo al collo la mia Canon e esco di casa. Scendo le scale saltellando, cercando di non volare in terra proprio ora che sto per passare la giornata migliore della mia vita. Mi chiudo il portone alle spalle e mi blocco. Di fronte a me, fermo a lato della strada, c’è un Range Rover nero. Ha i vetri oscurati. Accanto ad esso c’è un uomo, in smoking, che porta in mano un foglio scritto a mano, con un pennarello nero. Scoppio a ridere in una maniera talmente fragorosa che l’uomo capisce si rende conto che ha di fronte proprio la signorina White. Mi avvicino e l’uomo mi passa il foglio presentandosi:
“Hi, I’m Josh.”
Mi presento e salgo in macchina. Sui sedili posteriori. Mi calmo non appena mi rendo conto che non c’è nessun altro in quel SUV, così riapro il foglio che ho piegato e ancora mi scappa una risata.

“We want YOUwho COMPLETE MEss”.

Continuo a guardare quella scritta, sapendo che era Luke quello che ha chiesto di me. Azzurro. Anche oggi il cielo è azzurro, come lo smalto che ho sulle mani. Il traffico di Milano ci passa accanto come se niente fosse, forse perché sono troppo tesa per accorgermi del tempo che Josh impiega per arrivare di fronte all’albergo dove avevo incontrato i ragazzi due settimane prima. Accosta di fronte all’entrata, dove un’orda di ragazzine è appostata con cartelloni e voci sovrumanamente acute. Mi scappa un sorriso mentre mi fiondo nella hall. Io ero una di loro, una fan sfegatata che ha ricevuto un Jolly dalla vita. Erano la mia famiglia, e io le stavo rappresentando. Josh mi raggiunge quando sono ancora  ferma nel bel mezzo della hall. Mi avvisa che i ragazzi mi stanno aspettando nella sala conferenze, dove stanno studiando il programma della giornata. Questa sera hanno un concerto programmato al Mediolanum Forum, quel concerto per cui non ero riuscita a trovare i biglietti. Faccio le scale di corsa e, prima che Josh apra la porta, mi sembra di esser tornata indietro nel tempo.
Mi sistemo i capelli e faccio un profondo respiro. La porta si apre e appena muovo cinque passi e tre quarti, la voce di Micheal urla “GIÙ!”, e prima che me ne renda conto sono a terra con un male terribile alla parte sinistra della testa.
Allungo una mano per toccarmi i capelli quando scoppio a ridere. Josh accorre e si scusa, mi aiuta a rialzarmi mentre io continuo a ridere. Sento una presa più forte mentre un capogiro scombussola il mio piccolo universo. Alzo lo sguardo e mi trovo di fronte Luke che mi tiene gli avambracci con le sue grandi mani. Lo guardo e scoppio a ridere più forte di prima.

“White.. Mi dispiace ma Calum ha una pessima mira.. Non pensavo ti prendesse in pieno! Veramente ora ci beccheremo una bella strigliata per il semplice fatto che stavamo giocando a baseball improvvisato con un melone.”
“Non c’è problema Hemmings, non è la prima volta che mi ritrovo a terra in tua presenza..” dico sorridendo.
Mi sorride di rimando e poi mi abbraccia. E allora lo stringo forte e inspiro a fondo, sperando che il suo odore mi resti impresso addosso per tutta la vita. E mentre lo stringo mi rendo conto di quanto sono fortunata, e di quanto sia bello avere una possibilità come quella che ho io ora. Mi abbraccia e io ho la mia vita tra le mie stesse mani. Arrivano anche gli altri ragazzi e a turno mi salutano, e io li abbraccio. E poi di colpo, vengo risucchiata con loro nella loro stessa vita.
Arrivano delle persone, Luke mi mette al collo un pass e mi da un buffetto sulla guancia, e io prendo dalla mia borsa l’agenda e una penna, perché devo cominciare a lavorare. E così per metà giornata quasi non li vedo. Sto dietro le quinte, nascosta, attenta. Scrivo e non mi perdo nessun loro movimento, ascolto la loro musica dalle cuffie, faccio foto di nascosto e, quando le riguardo mentre stanno facendo delle interviste, mi accorgo che in qualche scatto rubato l’azzurro è concentrato su di me.
Arriva la pausa pranzo in un lampo, e vengo invitata dalla loro prima assistente a seguire tutto lo STAFF in sala da pranzo. C’è un tavolo dove stanno seduti i ragazzi, e poi ce n’è uno dove sono seduti tutti i loro assistenti, manager, bodyguard eccetera.. Mi dirigo verso il secondo tavolo, quando una mano mi prende per un braccio e mi ferma. Mi volto e Luke è di fronte a me. Alzo lo sguardo:
“Tu mangi con noi, visto che devi documentare..” dice con un sorriso malizioso.
Si morde il piercing e il mio stomaco fa il triplo salto mortale all’indietro. Mi accompagna al loro tavolo e mi siedo tra Ashton e Michael, di fronte a Luke. Scatto loro qualche foto, e tra le risate generali il pranzo se ne va in fretta. Il tempo sta passando troppo velocemente e un’ondata di tristezza mi assale, così non mi accorgo quando un piede cerca il mio sotto il tavolo. O meglio, me ne accorgo ma non ci do molto peso. La pressione sul mio piede si fa più insistente così alzo la testa e, automaticamente, guardo dritto di fronte a me. Luke sta tenendo un bicchiere di vino rosso in mano. Sorride a Calum e stanno parlando amabilmente, come due fratelli che si incontrano a Natale a casa di mamma per aggiornarsi sulle loro vite frenetiche. Sposto leggermente il piede e vedo un guizzo nell’azzurro. Luke si volta e mi guarda, sempre sorridendo.
Non smette di parlare, ma il suo piede continua a picchiare sul mio.
LUKE HEMMINGS MI STA FACENDO IL PIEDINO MONDO, ballate Dei dell’Olimpo, ballate!
Abbasso lo sguardo timida e concludo il mio pasto. I ragazzi vengono raggiunti dal loro manager, così decido di alzarmi e di concedermi una piccola pausa. Esco in corridoio e mi dirigo alla terrazza che sta di fronte alla sala da pranzo. Apro la portafinestra e scivolo fuori, nell’aria invernale. Milano è bellissima vista dall’alto.
Mi siedo su una poltrona in vimini e poso il mio sguardo sulle guglie del Duomo che si riescono a scorgere poco lontano. Non ci sono nuvole, il sole caldo fa quasi venir voglia di liberarsi del giaccone e di godersi il suo dolce tepore sulla pelle. Così mi slaccio la giacca e faccio scivolar fuori le braccia.
Infilo le cuffie e lascio che le note di “Disconnected” mi facciano compagnia. La Madonnina splende nel sole invernale e di colpo non vedo più nulla.
Due mani grandi mi hanno coperto gli occhi.
Vedo nero, ascolto nero, eppure riesco solo a riconoscere quell’odore.
Vedo nero, ascolto nero, ma annuso solo un colore.
Annuso azzurro.


 
                                                                             

Ciao bellezze!
Vi prego di scusarmi. Ho avuto davvero mille cose da fare, sono stata in vacanza tre settimane e mi sono divertita da morire. Tornata a casa mi sono concentrata sulle amicizie e purtroppo non ho avuto molto tempo per scrivere ma ehy, sono tornata. 
I'M STILL HERE BITCHES! 
Comunque, so che non è un granchè questo capitolo, me ne rendo conto. E' un ponte, collega. Spero che dall'altra parte, sull'altra sponda, ci sia una parte più interessate della storia. Lo scopriremo solo viveeeendo.. 
Lasciatemi un ricordino se leggete questo disastro, grazie sorelle! 
#peaceandlove , V. 


 
   
 
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