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Autore: shellby    02/09/2014    3 recensioni
Lui non è oscurità, ma luce, luce abbagliante, a dispetto di ciò che pensa e crede.
Una raccolta composta da pensieri, sentimenti e considerazioni di vari personaggi su Elliot Nightray.
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Elliot Nightray, Gilbert Nightray, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note: aggiornamento molto posticipato, starring almeno tre personaggi odiati dal fandom di Pandora Hearts -giusto per non far cadere definitivamente in disgrazia il mio buon(?) nickname- questo capitolo è stato scritto un mese fa un po’ con le mani e un po’ coi piedi, in alternanza a seconda dell’umore.
Per la serie “fai sempre il contrario di ciò che dici, Diana”, non è una shot introspettiva. Mi uscì così *scratches head*
Preciso solo che cronologicamente nella mia testa la prima parte di questo capitolo si colloca prima della venuta di Vincent (e di conseguenza di Gilbert).

Anche questa volta vorrei proporre un accompagnamento musicale, ispiratomi dalle parole della thyandra (quella conversazione dell’anno 1520, te la ricordi?)
Importante: per la seconda shot di questa raccolta dovete aprire questa pagina qui. Vi spoilero che il personaggio trattato è Vincent, quel personaggio complicato ma bellissimo che solo lei può descrivere così bene, come ci riesca non si sa.
In chiusura di questa insensata nota un ringraziamento affettuoso a tutti i lettori/le lettrici ed i commentatori/le commentatrici.
Detto questo, liberissimi di ridere, davvero!

 
 

Ray in the Night
 
Fratelli
Un grido risuonò forte in un remoto angolo ombreggiato del giardino di casa Nightray. I figli del Duca erano lì riuniti per il loro usuale tè pomeridiano.
L’aria primaverile, limpida e tiepida, era colma dei rumori provocati dalla piccola zuffa ancora in corso tra i due bambini della famiglia, ai quali si aggiungevano le risate occasionali di uno dei due spettatori.
“Elliot, smettila di scappare, subito!” urlò Vanessa spazientita, acciuffando miracolosamente il piccolo ribelle per il collare della camicia bianca. Quello cominciò subito a dimenarsi, agitando i pugni in aria, finché non riuscì nuovamente a liberarsi dalla sua presa.
“Non ci penso nemmeno!” le rispose Elliot mentre assumeva la sua posizione di difesa, occhi ridotti ad una fessura fissi sulla mano destra della sorella.
“Voglio solo tagliarti i capelli, razza di cocciuto che sei!” affermò con una nota d’impazienza nella voce Vanessa, esibendo il paio di forbici finemente lavorato a prova delle sue parole, “Ancora un po’ e diventano più lunghi dei miei!”
Notò subito però che le sue parole non sortirono l’effetto desiderato, lo sguardo pieno di diffidenza di Elliot era più che eloquente.
“Non mi fido!” soffiò il bambino senza muoversi, attento ad ogni movimento dell’avversaria, per poi aggiungere deciso: “E poi a me piacciono così!”
“Non discutere ed avvicinati alla tua nee-san!” gli intimò con tono autoritario la sorella, allungando la mano libera verso di lui.
A quel punto Ernest si intromise, nascondendo l’ennesima risatina divertita dietro la tazza di tè di porcellana: “Io credo che Elly abbia ragione a dubitare delle tue capacità di coiffeuse, sorellina, visto lo stato disastroso in cui versano i capelli delle tue bambole…”
Per un momento calò il silenzio, disturbato solo dal continuo sorseggiare del biondo mentre la faccia della moretta si tingeva di un rosso violento.
“Ernest-nii!” lo rimbeccò la bambina con voce rabbiosa, risentita del fatto che fosse intervenuto a favore del fratello più piccolo ed imbarazzata nel scoprire che i suoi esperimenti erano stati visti da qualcuno.
Elliot sorrise trionfante, contento di aver ricevuto ragione dal maggiore: si aspettava che lei deponesse le armi, ma si ricredette quando vide lo scintillio negli occhi di Vanessa. Il suo inseguimento riprese tra proteste e minacce.
Nel frattempo Claude, seduto elegantemente di fronte ad Ernest, osservava silenzioso la scacchiera mogano al centro del tavolino bianco.
Con la sua tipica serietà mosse la sua regina nera in direzione del re della fazione bianca, richiamando tacitamente l’attenzione dell’altro giocatore.
Quello lo accusò immediatamente a gran voce di approfittarsi della sua distrazione per agire alle sue spalle.
Claude lo guardò perplesso, ma non replicò. Distolse invece lo sguardo dal gioco per dare anche lui un’occhiata alla disputa ancora in corso tra la moretta e il bimbo dai capelli sbarazzini.
Ernest fu l’unico che colse il leggero curvarsi delle labbra all’insù dell’altro, l’ombra di un affetto sincero, prima che fosse prontamente rimpiazzato da un’espressione austera.
Non far trapelare nulla dal tuo viso, pensò Ernest, riconoscendo nell’altro la sua stessa strategia, difficile con quei due, non è vero?
Un fulmineo ghigno maligno gli attraversò il viso mentre, tralasciando quei pensieri, si serviva della momentanea disattenzione dell’altro per cambiare di posto una pedina col cavallo e portarsi così in netto vantaggio.
“A proposito, Claude” attirò subitamente l’attenzione su di sé, dissimulando ogni traccia di colpevolezza con un sorrisetto d’intesa, “chi era la bella signorina che ha rapito il tuo sguardo l’altra sera? Sembravi molto preso da lei…”
L’interrogato spostò piano il suo sguardo su di lui, chiaramente a disagio, mettendo su una faccia buia e mormorando qualcosa che all’altro parve un “Non sono affari tuoi”.
Ernest rise rumorosamente. Prendere in giro suo fratello era il suo intrattenimento quotidiano, altro che ricevimenti di corte!
Quella volta le sue intenzioni furono però stroncate da Elliot, le cui mani avevano afferrato con urgenza la manica sinistra del suo raffinato soprabito bianco.
Sorpreso di essere stato scelto come mezzo di difesa dal fratello minore, inclinò la testa fino a far incontrare i suoi occhi chiari con quelli scuri e caparbi di Vanessa, in piedi alla sua destra, la terribilmente nota forbice ancora ben in mostra nella piccola manina bianca.
Un’idea gli balzò in mente, ma fu interrotto -di nuovo nel giro di pochi minuti- dall’arrivo di Fred, che apparve all’improvviso con dei pacchi sotto braccio.
Il fratello più anziano venne salutato da Ernest e Claude, ma ignorato da Vanessa ed Elliot, ancora intenti a guardarsi in cagnesco.
Avvertendo subito la tensione tra i due fratelli minori, interrogò gli altri due sul motivo di tale comportamento.
Nell’attesa si tolse il cappello dalla testa e appoggiò il bastone da passeggio contro la sedia di Claude, che aveva l’aria di cercare di indovinare qualcosa che gli sfuggiva mentre analizzava la situazione sulla scacchiera.
In risposta ricevette una risata divertita da parte di Ernest, che prima lo punzecchiò sulla sua abitudine di copiare lo zio in tutto e per tutto e poi gli fece un breve riassunto della “guerra” intrapresa dalla sorella contro l’offensivo  sovraffollamento di capelli sulla testa di Elliot.
Fred allora si accovacciò vicino a loro e premette il suo cappello sulla testa del più giovane, oscurando la sua visione e guadagnandosi una serie di grida di rimprovero mentre la vittima lottava con tutte le sue forze per tirarselo su.
I suoi tentativi di difendere il suo onore non fecero altro che renderlo adorabilmente buffo agli occhi di tutti i presenti.

“Così non si vedono più. Va bene adesso, Vanessa?” propose lui come tregua, andando ad arruffare amichevolmente la chioma nera della sorella.
La bambina mutò la sua espressione determinata in una di supplica, troppo ostinata per rinunciare al suo proposito iniziale.
Senza più perdere tempo, sapendo di avere tra le mani un ottimo modo per sedare la scaramuccia, Fred consegnò i regali che la madre aveva ricevuto durante la sua visita presso sua sorella, informandoli nel frattempo della torta che la signora Nightray stava preparando con l’aiuto delle cuoche e della fiera che si sarebbe tenuta il giorno dopo in città.
Bastò quello per catalizzare la loro attenzione su di sé, i volti radiosi rivolti verso di lui con l’aspettativa di molti più dettagli.
“Voglio prendere parte anche io al duello!” annunciò elettrizzato Elliot, dimenticandosi della vicinanza della sorella, non appena seppe dell’esibizione di alcuni spadaccini che si sarebbe tenuto nella piazza principale.
I Nightray più anziani non riuscirono a trattenersi dal ridere immaginandosi quel nanetto del loro fratello presentarsi fiero e sicuro ai lottatori, sguainare la sua spada di legno ed invitarli a battersi.

Ernest gli tirò le guance con fare scherzoso e gli disse che sicuramente li avrebbe battuti tutti.
Elliot arrossì dall’imbarazzo, sapendo di essere preso in giro: “Vi farò vedere! Diventerò il migliore di tutti!”
Vanessa gli diede manforte, spinta da un senso di solidarietà verso il fratellino, ben sapendo com’era essere la minore di tre fratelli.
Nessuno negava che ciò non si sarebbe avverato in futuro: al contrario erano sicuri che Elliot sarebbe cresciuto esattamente come ci si aspettava da un giovane nobile, con tutte le qualità richieste dalla sua condizione sociale, e che avrebbe portato prestigio al nome macchiato dei Nightray.
Era il suo destino, come lo era stato il loro: obbedire il capofamiglia e mostrarsi degno di appartenere ad un ducato.
Ciò che non predissero era il modo anticonvenzionale in cui, anni più tardi, adempiva il suo fato.
Il modo di ragionare di Elliot sfuggiva alle ferree regole del mondo aristocratico, ne ebbero la prova quando a 14 anni scelse come suo servitore un comune orfano.
A nulla valsero i loro tentativi di piegarlo alla loro logica, Elliot rimase fedele a se stesso, senza essere tuttavia irrispettoso.
Ernest, Claude e Vanessa attribuire quella scelta al cuore tenero del fratellino, quello stesso animo gentile che aveva accolto Vincent e Gilbert e aveva offerto loro la sua amicizia.
Promisero di fare qualsiasi cosa per correggere da quelle idee strambe che non gli avrebbero portato che disonore alla sua persona ed al nome della loro famiglia.
Lo avrebbero salvato, perché se c’era una cosa che non era cambiata, e non sarebbe cambiata fino alla fine dei loro giorni, nel corso del tempo, era l’affetto che gli occhi chiari, limpidi e vivi d’intelligenza del ragazzino aveva ispirato in loro sin dalla sua più tenera età e che lo avevano reso per tutti loro un’esistenza speciale.
L'innocenza era diventata un ricordo sepolto nel verde, in quel piccolo canto del giardino di tanti anni prima.



 
  
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