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Autore: Elnera    03/09/2014    1 recensioni
Cosa fare se al tuo risveglio la realtà rasenta il sogno? A chi rivolgere la propria richiesta di aiuto?
Aline, una ragazza fuori dal coro, fredda come il ghiaccio ma con un cuore di lava pulsante.
Vitanihel, un essere nato nell'ombra, in continua lotta con i propri istinti.
Questa è la storia di due anime distinte che non possono evitare di scontrarsi.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nei giorni sucessivi ci dedichiamo entrambi alla cura del mio corpo, che sembra non voler più funzionare come dovrebbe. Dapprima Gregorio mi somministra un cocktail esplosivo di proteine, vitamine e quant'altro servendosi della flebo: il mio stomaco non potrebbe reggere la digestione delle sostanze di cui sembro avere un disperato bisogno. Ogni mattina, con mia grande reticenza, il mio unico compagno muove i miei arti cercando di risvegliare i muscoli assopiti. 
Cominciamo a vedere i primi risultati due settimane dopo, quando guardando fuori dal buco sul muro qualche albero pare mettere su un pò di colore: << E' fine maggio >> mi dice << il 23, se ho tenuto bene i conti >>. 
Non mi interessano queste cose. Non voglio sapere la data, la temperatura o la pressione, diamine penso. Ma le mie parole sono altre. << Aiutami >> mi tiro su e mi metto in posizione seduta sul letto. In pochi secondi riesco a spostare le gambe di lato, in modo da farle penzolare al di fuori del materasso. Intanto Gregorio mi ha raggiunto e mi guarda, l'esppressione interrogativa. 
<< A? >> mi domanda.
<< Voglio provare a mettermi in piedi >> . Ho appena il tempo di terminare la frase. La sua risata piena e amara irrompe nel mio sistema nervoso e lo manda in tilt: lo fisso sorridendo con arroganza, ma almeno riesco a nascondere la cattiveria in fondo agli occhi. Riderai di meno quando sarò capace di farti quello che ho in mente ora, penso e il mio sorriso svanisce mentre riprendo il controllo. 

<< Adesso >>  non c'è alcuna traccia di ilarità nel mio tono. 
<< Non credo sia una buona idea. >> Ed ora anche lui è serio. << Ti spiego: anche se i tuoi muscoli iniziano a rispondere bene agli stimoli, non possiamo sapere con certezza quale sia la condizione del tuo scheletro. Le ossa delle tue gambe potrebbere cedere, anche se in questo momento sei sottopeso di dieci chili. Se questo dovesse succedere io non avrei nè le capacità, nè gli strumenti, per curarti come si deve. >>  
<< Quando sarebbe saggio provare allora? >>  
<< All'incirca tra un mese, così avrai ricominciato a nutrirti normalmente e avrai acquistato peso e forza. >> mentre lo dice muove gli occhi da destra a sinistra, sempre guardando in alto, come a soppesare possibilità e mille fattori. Ma io so che il suo suggerimento è basato solamente su luoghi comuni, e più probabilmente sulla paura che un uomo solo nutre al pensiero di poter diventare ancora più solo. Non ho tutto questo tempo, idiota.
<< Bene. Tra tre giorni proveremo. >> Affermo. Evidentemente non afferra il concetto, perchè prova a ribattere: sfortunatamente non gli do il tempo. << Da questa sera in poi solo cibi solidi, basta flebo.>> Mentre parlo fisso il buio che nel frattempo inizia a circondare la vecchia casa. << Triplichiamo gli allenamenti, non voglio che passino più di dieci giorni prima che io riesca a camminare.>> 
Non guardo il suo viso mentre pronuncia il suo flebile assenso, non mi serve per accorgermi che la sua è più che altro una resa. Ho imparato che le persone flettono più facilmente la propria volontà davanti a una determinazione cieca e spietata come la mia. Sono molte le cose che ho avuto modo di apprendere nei miei anni, non è così facile riuscirmi a fermare. 

<< Devo cercare delle persone >>. I loro volti volano nella mia testa da quando ho ripreso conoscenza, ma il mio è solo un sussurro. 
 

° = ° = ° = ° = ° 


Quella sera mangio a letto, poggiando il piatto in ceramica grigio scuro sopra ad un tavolino improvvisato impilando due file di libri ai due lati delle mie alquanto sottili gambe e poggiandovi sopra un atlante grande abbastanza da rendere la costruzione stabile. Gregorio non sta mangiando con me, a quanto pare la decisione di appena due ore fa lo ha scombussolato a tal punto da togliergli la voglia di proferir parola. E pensare che mi ha tartassato per giorni. 
Smetto di pensare e finisco in pochi bocconi la pasta che ho nel piatto: è condita con salsa di pomodoro e carne. Un semplice ragù dal gusto sorprendentemente squisito. Prendo un tocco di pane e pulisco bene il paitto, fino a quando la presenza del sugo diventa solo un ricordo. Un ricordo che mi brucia nel petto mentre immagino altre mani, all'apparenza più forti delle mie, fare lo stesso gesto, una volta quotidiano. Il rumore della maniglia mi salva da quell'incendio di emozioni represse, e due occhi azzurri mi spiano calmi da ditro la porta socchiusa. 
<< Entra pure. >> gli dico mentre mi si increspano le labbra in un insolito sorriso appena accennato. Non è necessario essere in due a soffrire. è il modo in cui giustifico quel gesto noncurante figlio di un solo attimo di debolezza. Gregorio spalanca la porta e un profumo di coniglio invade l'aria e solletica ulteriormente il mio appetito. Sono entusiasta ma non lo do a vedere e distolgo lo sguardo mentre mi viene posato il piatto di fronte. 
<< Credevo fossi in collera con me.>> osservo prima di assaggiare il primo boccone. Lui si limita a fare spallucce e alzare contemporaneamente le sopracciglia. Non ho intenzione di cavargli di bocca le parole, quindi dopo pochi secondi distolgo l'attenzione dal suo viso e torno a concentrarmi sulla cena, più infastidita di qualche minuto prima. So che cederai in poco tempo, bello mio. Hai mille domande da farmi, lo leggo anche soltanto nella tua postura. Pochi secondi dopo aver formulato questo pensiero la sua voce mi arriva spensierata.
<< Stavo solo preparando la cena. Spero sia di tuo gradimento. >> 
<< Supera ogni mia aspettativa, grazie. >> e mi concedo un debole sorriso. Dopotutto gli sono riconoscente, in parte, anche se non so ancora se dovrei esserlo. 
<< Ci siamo presi abbastanza cura di me da poter rispondere alle mie domande? >> gli chiedo stremata. Non mi è mai piaciuto essere all'oscuro delle cose. 
<< Lo farò nel momento in cui risponderai con sincerità alle mie. >> dice. << Con alcune riserve. >> aggiunge. 
<< Riserve? >> Lo guardo e scommetto che questa volta non sono stata l'abile maga di prima: l'irritazione deve leggersi a primo impatto sul mio viso. 
<< Ci sono alcune cose che preferirei dirti dopo, in un futuro non troppo lontano.>> 
Lo fisso senza neanche sbattere le ciglia e reprimo il forte istinto di mollargli un cartone. 
<< La smetteresti di guardarmi così? >> Non gli faccio paura, anzi scherza con me. Decido di passare oltre. 
<< Comincia tu. >> Lo intimo, accompagnando con un gesto della mano. 
<< Ricordi il motivo per cui sei costretta da più di un anno su questo letto? >> 
I miei occhi si perdono nel vuoto al suono delle sue parole mentre un bosco ricoperto di una coltre bianca prende forma nella mia mente. 
<< Non precisamente. Era notte, lo ricordo. La Luna era alta e quasi piena. C'era molta luce per questo motivo. >> Non riesco a ricordare oltre e guardo il quarantenne che ho a lato, bramando informazioni. 
<< E' esatto. >> Dopodichè annuisce. 
<< Dunque cosa mi è successo? >> Il mio tono ora è esasperato. 
<< Stavo inseguendo un orso nel bosco per cercare di farlo allontanare di qualche chilometro da dove si trovava. Il pomeriggio, bevendo una cioccolata calda in una locanda, avevo sentito un gruppo di quattro cacciatori programmare un'uscita notturna per stanare un greezly, e mi ero messo subito all'opera sapendo che le autorità difficilmente sarebbero intervenute. 
Erano le undici passate quando ti vidi sfrecciare in mezzo agli alberi a un centinaio di metri da me e intuii che stavi andando in direzione dell'animale. Allora mi misi a correre per cercare di salvare la situazione. Quando arrivai in cima al dislivello ebbi solo il tempo di vederti correre giù dal lato ripido. Eri molto agile: lo stavi seminando. Nella corsa l'orso salto giù da un piccolo crinale, facendo franare il terreno sottostante e un enorme masso. Sentendo mancare la terra sotto alle zampe questo si fermò e lanciò un lungo e fragoroso boato che credo ti abbia impedito di sentire arrivare la frana. Io ero impietrito, ma la mia incredulità sarebbe cresciuta pochi secondi dopo: nel momento in cui hai girato la testa per guardare indietro il masso ti ha schiacciato a terra in prossimità del fiume. Hai rotolato per qualche decina di metri finendo più volte con qualche parte del corpo sotto al macigno, per poi terminare la corsa nel fiume. L'orso non era più interessato, e dopo aver annusato l'aria si è incamminato come se niente fosse successo. >> 
Il suo viso, mentre raccontava, aveva saggiato ogni forma e genere di espressione. Ma capivo bene che stentava a credere a quello che aveva visto, ma più ancora al fatto di vedermi ancora viva proprio ora, a pochi metri da lui. 
<< Continua. >> gli dissi nel modo più gentile possibile. 
<< Ti ho cercata. Ho risalito il fiume per due giorni: mi aspettavo di ritrovare il tuo corpo per restituirlo a chi di dovere, avavo immaginato di doverlo trasportare freddo e privo di vita sulle spalle. Poi ti ho vista sull'argine del fiume, la faccia rivolta a terra e una gamba in posizione innaturale. Mi sono avvicinato e ti ho girata sulla schiena, ma la tua pella non era pallida come me la sarei aspettata. Come doveva essere. Inevitabilmente. Una persona non sarebbe mai sopravvissuta agli eventi di due sere prima. >> Mentre lo dice i suoi occhi si accendono di curiosità, una curiosità che lo divora da troppo tempo. Durante il racconto non do cenni di cedimento, al contrario è Gregorio che cerca una via di fuga spostando di continuo lo sguardo. 
<< Da quel giorno ci siamo rifugiati nella foresta e pochi mesi dopo ci siamo stabiliti in questo antico rudere. Non hai mai aperto gli occhi, neanche una volta. >> conclude. La tristezza prende posto alla curiosità sul suo volto. Ma un attimo dopo mi guarda detreminato, convinto che sia finalmente giunta l'ora che io gli dia una risposta. 
<< Sono stata molto fortunata, tutto qui. >> è la mia risposta. Per qualche minuto il silenzio regna sovrano. Decido di interromperlo, frustrata perchè la conversazione non sta dando i frutti che speravo. 
<< Cosa è cambiato là fuori? >> domando. Il mio attegiamento è neutrale, ma i suoi occhi non si muovono di un millimetro e continuano a cercare di scavarmi dentro. Solo un lieve ghigno modella la sua faccia. << Tanto lo scoprirò. Prima o poi uscirò da qui. >> gli ricordo. Non serve a nulla. Rimane immobile come una statua di sale e dopo poco mi sento assalire dalla stanchezza. Senza dire nulla mi sporgo venrso il comodino e spengo la luce. Il buio ci assale mentre lascio che le mie palpebre si chiudano e rilasso i muscoli. Sento lo schienale della sedia dell'uomo scricchiolare e capisco che per questa notte avrò compagnia: la sua è una muta manifestazione di dissenso, purtroppo per lui, alquanto inutile e inefficace. 
Non posso darti la risposta che cerchi. 
Mi correggo, non voglio dartela.   

   
 
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