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Autore: FiammaBlu    03/09/2014    1 recensioni
Ho scritto questo romanzo molto tempo fa, si può dire sia stato il primo lavoro serio in cui mi sono cimentata. Ve lo propongo e spero vi divertirete anche voi a seguire i tre fratelli protagonisti della storia nelle loro avventure che li porteranno a crescere e a prendere in mano le redini della famiglia.
L'ambientazione è fantasy, inventata, ma segue le regole di D&D.
Sono 30 capitoli.
Il boia, che stava per tirare la leva della botola, si fermò guardandola. Sanie salì sulla piattaforma seguita da due soldati della Guardia Reale del Sultano. Indossava uno stupefacente abito bianco, quasi trasparente, che poco lasciava all'immaginazione. I capelli ricci e lunghi erano sciolti in una nuvola sulla schiena e indossava un paio di sandali bassi e ricamati.
Artiglio Rosso osservò ogni suo passo, la bramava e ammirava con lo sguardo e sorrideva della sua audacia. Sanie lo raggiunse, si asciugò le lacrime che scorrevano incessanti, lo fissò qualche istante, gli circondò il collo con le braccia sensuali e lo baciò profondamente.

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Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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16. L'oasi


Incredibilmente si sentiva nervoso mentre l'aspettava. Inevitabilmente i pensieri tornarono al passato e ad un ricordo molto simile. Non aveva mai avuto nessun problema a parlare con le donne, né a corteggiarle ma Celia si era rivelata subito testarda e schiva. Era solo un'allieva quando assistette con suo padre ad un allenamento nella sala d'armi del Monastero di Torap. Quando gli chiese chi fosse quella ragazza così abile con la spada, suo padre lo guardò in silenzio, poi gli disse che era la figlia del Conte Hianick. Lui continuò a guardare l'allenamento e da allora non le uscì più dalla testa. Sarebbe dovuto partire ma rinunciò all'incarico pur di restare al Monastero e incontrarla per i corridoi, sebbene inizialmente non volesse ammetterlo neanche a sé stesso. Lei non sapeva neanche che lui esistesse. Era concentrata sullo studio, sulla magia e sugli allenamenti ma tutti al Monastero sapevano chi fosse, la primogenita del Conte, aveva altri due fratelli, una sorella alla Scuola di Magia e il maschio, che avrebbe ereditato castello e beni del padre, all'Accademia della Guarnigione. Suo padre si era affezionato a quella ragazza e gli raccontò che anni prima, quando era solo una bambina, fu lui stesso a rivelarle la strada dei Chierici Cavalieri e a convincerla ad entrare nell'Ordine.

Riuscì a scambiare qualche parola con lei grazie a Sir Emil che era un amico di famiglia ed uno dei pochi Cavalieri con cui Celia parlasse. Era vivace, solare, generosa, determinata, coraggiosa, amava profondamente i suoi fratelli e la sua famiglia. Ascoltava poco, era istintiva e facile allo scontro inoltre sembrava in perenne competizione con sé stessa. Aiutava senza chiedere niente in cambio e trascorreva ogni minuto libero che le restava nella biblioteca del Monastero a leggere. E l'aveva trovata lì il giorno in cui aveva deciso che quell'ossessione doveva finire. Ma nonostante la sua esperienza, lei riuscì a trascinarlo in una discussione infervorata sull'uso indiscriminato e incontrollato di certi incantesimi, su come gli Storici evitassero di riprodurre alcuni libri apparentemente eliminando quelli sconvenienti o troppo espliciti, sull'influenza dell'Ordine nella politica del Regno. A quella discussione ne seguirono molte altre nei mesi seguenti, lei si accalorava, rideva o diventava malinconica seguendo le emozioni che le provocavano i vari argomenti. L'Alto Chierico dovette intervenire per obbligarlo ad accettare una missione per conto di Sir Brigham di Fir Ze. Quando le disse che l'indomani sarebbe partito in un viaggio di un mese, lei lo sorprese lasciandogli nella mano un piccolo medaglione con il simbolo della Dèa Madre Sosistras, lo baciò d'impeto sulla guancia e scappò via. A dispetto degli anni che li separavano e della proverbiale freddezza di cui andava fiero, non ebbe l'impulso di fermarla tanto rimase stupefatto.

Quel mese fu una prova per lui. Non era uomo abituato a soccombere alle emozioni e non voleva in alcun modo compromettere le sue azioni durante un incarico perché non riusciva a restare concentrato. Quando tornò, il cortile del Monastero era pieno di gente, cercò un solo volto ma lei non c'era. Era stanco, impolverato, indossava ancora l'armatura e il mantello ma non gli interessava, voleva solo vederla, abbracciarla e dirle quanto fosse importante per lui. In quel mese aveva accettato che il sentimento che lo legava a Celia non era passeggero, non era come conquistare una ragazza qualsiasi per una notte. Si diresse alla biblioteca, la cercò fra gli scaffali polverosi e si spinse fino all'area più lontana che conteneva vecchi tomi di incantesimi che nessuno usava più o che non avevano mai funzionato. Scorse una candela e Celia era in piedi davanti ad uno scaffale con una pergamena in mano. Il debole chiarore soffuso avvolgeva l'ambiente rendendolo intimo e riservato. Ma non gli sarebbe interessato neanche se fossero stati al mercato. Lei sollevò lo sguardo e spalancò gli occhi sorridendo e arrossendo pronunciando il suo nome in un sussurro. L'afferrò per le spalle spingendola contro lo scaffale e la baciò. Credeva avrebbe opposto resistenza, invece, esattamente come un mese prima, lo sorprese rispondendo con calore al bacio. Non riuscirono più a fermarsi e restarono in quell'angolo nascosto per tutta la notte.

Si dissero molte cose e ne promisero altre ma dalla mattina seguente, Celia sembrò sparita. Per un motivo o un altro non riusciva più a incontrarla. Una sera l'attese al dormitorio, così non avrebbe avuto modo di fuggirgli. Arrivò con Rhienne che appena lo vide si dileguò lasciando l'amica basita. Lei gli spiegò le sue ragioni, era stato un errore, non ci poteva essere amore fra cavalieri, tutti quelli che ci avevano provato avevano distrutto ogni cosa, comprese le loro vite. E poi voleva diventare un Chierico Cavaliere, doveva studiare, impegnarsi e non voleva assolutamente che la sua famiglia o altri sapessero che aveva ottenuto il grado perché si portava a letto il figlio dell'Alto Chierico di Torap. Litigarono, lui cercò di spiegarle che avrebbero potuto gestire la cosa al meglio, che non c'era bisogno di recidere il legame che c'era fra loro solo per paure infondate, che le cose vanno affrontate e non si seppelliscono sotto la sabbia. Ma lei non volle sentire ragioni. Accettò ogni incarico l'Alto Chierico le proponesse, viaggiò praticamente in continuazione nei sei mesi seguenti e non riuscirono più ad incontrarsi finché non la vide nel cortile del Monastero di Albany due anni dopo.

Un bussare lieve alla porta della stanza che gli avevano assegnato lo riscosse. Aprì e la fece entrare. Lei teneva lo sguardo basso ed era scura in viso. Sarebbe stata una mezz'ora difficile.

- Siediti ti prego - disse il più gentilmente possibile chiudendo la porta e indicando l'unica sedia disponibile. Lei obbedì senza obiettare.

- Lo so che vuoi andare a salvare tua sorella ora che sai che il nano conosce la strada. Immagino pensiate di liberarlo, uno dei due, e di farvi condurre dalla Fratellanza - la vide arrossire lievemente, gli occhi azzurri dardeggiarono e se possibile era ancora più bella di tre anni prima nella biblioteca buia. Si allontanò, raggiungendo la finestra.

- Non lo potete fare - concluse a bassa voce guardando fuori. Celia si alzò spostando la sedia. Mark si voltò lentamente.

- Posso andare ora Sir? - lo sfidò lei fissando la parete di fronte.

- No - disse lui secco. Era impertinente, faceva finta di ascoltare e poi faceva come le pareva. Celia spostò lo sguardo su di lui rimanendo in attesa.

- Fai parte dell'Ordine Celia, non puoi decidere tu quando essere una di noi e quando non esserlo - iniziò Mark con voce severa - Ci sono cose più grandi degli interessi personali e questa è una di quelle -

- Niente è più importante dei miei fratelli, e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro - gli aveva parlato spesso di loro, dell'infanzia passata insieme, del forte affetto che li legava.

- Celia so bene cosa stai provando... - ma si bloccò quando vide una singola lacrima scendere sul volto altrimenti immobile.

- No, non lo sai, altrimenti non saresti qui a farmi perdere tempo - aggiunse lei cercando di mantenere salda la voce. Cancellò la lacrima con la mano maledicendosi silenziosamente per non aver mantenuto quel sangue freddo di cui si vantava tanto.

- Non voglio che tu vada da sola, voglio aiutarti ma devi ascoltarmi - Mark si avvicinò, non voleva che scappasse di nuovo così cercò di mantenere un tono conciliante. Lei annuì. Era terrorizzata, si vedeva in fondo ai suoi occhi azzurri, all'idea che la sorella fosse già morta e il tempo scorresse così velocemente.

- Ti ricordi l'incarico della scatola e il messaggero elfo? - iniziò Mark evitando di guardarle le labbra che tremavano lievemente. Celia annuì. Erano soli, non c'era nessuno e era troppo vicino…

- Lewel è il secondogenito del Re degli Elfi e la Fratellanza lo ha rapito, dobbiamo riportarlo indietro - Mark attese qualche secondo che le sue parole facessero effetto. Celia allargò gli occhi stupita.

- Un Principe? - domandò in un sussurro, ricordando le ricerche che aveva fatto in merito al simbolo sull'anello. Cosa aveva a che vedere Lewel con la Fratellanza Rossa?

- Inoltre, Artiglio Rosso e la Principessa Sanie sono amanti e sembra che nel rapimento sia coinvolto il Sultano di Agrabaar. Non ti sto chiedendo di attendere passivamente, ti sto mettendo a conoscenza di quanto la situazione sia più grave e delicata di ciò che sembra e di avere un po' di pazienza senza fare niente di avventato - concluse Mark fissandola intensamente.

Celia sostenne lo sguardo riflettendo in silenzio.

- Se ci portate con voi attenderò - gli disse senza timore di eventuali conseguenze. Mark sorrise, scacciando con forza il ricordo di quella notte nella biblioteca.

- Così sia - acconsentì lui. Non sarebbe riuscito comunque a tenerla al Monastero a meno che non l'avesse imprigionata insieme a suo fratello e non era sicuro che non riuscisse a scappare, quindi tanto valeva portarla, almeno l'avrebbe avuta accanto.

Celia si illuminò come un sole e Mark ancora una volta si stupì di quanto riusciva a cambiare umore in breve tempo.

- Posso andare ora Sir? - chiese con un tono completamente diverso dall'inizio della conversazione. Non poteva restare in quella stanza un minuto di più…

Mark annuì in silenzio, se avesse parlato le avrebbe chiesto di restare e non voleva vedere la delusione sul suo volto un'altra volta. Celia uscì come un fulmine, probabilmente stava correndo dal fratello. L'unico modo che aveva per scacciare il desiderio di lei nuda fra le sue braccia era sconfiggere Sir Alish in un sano e robusto allenamento. Con spade vere.



Il nano fu di parola. Il giorno seguente il suo colloquio con Mark, a sera inoltrata, giunsero in vista dell'oasi nel deserto roccioso che Khul aveva indicato come il posto dove erano stati tenuti schiavi.

Uscita dalla stanza era corsa da Klod, che stava assistendo ad un combattimento nella sala d'armi. Era appoggiato al muro e sembrava annoiato. Quando lei entrò stava fissando una brunetta non troppo alta, in armatura di cuoio, dal fondo schiena perfetto e grandi occhi nocciola.

- Ci portano con loro nel covo della Fratellanza - gli disse sussurrando. Klod non si voltò neanche, continuando a fissare la giovane allieva che rigirava nervosamente una spada nella mano sinistra.

- Quando si parte? - domandò mantenendo lo sguardo sulla giovane.

- Stanotte - rispose lei. Finalmente si voltò, lo sguardo freddo e calcolatore.

- Se Kathe muore, ucciderò il tuo Cavaliere - gli disse senza battere ciglio. Si allontanò lanciando un ultimo sguardo all'allieva che ora stava combattendo contro un maestro di spada.

Celia si riscosse dal ricordo e strinse le redini del cavallo che aveva scartato per evitare un grosso masso a terra. Il nano, che non aveva fatto altro che borbottare, gli aveva fatto fare un giro lungo, in modo da evitare la pista più battuta dove avrebbero potuto essere scoperti. Oltre il nano, Klod e lei, c'erano Mark, Sir Alish e quattro cavalieri. L'idea era di salvare il Principe elfo, Kathe e Erik e possibilmente catturare Artiglio Rosso. Il tutto senza svegliare tutto il covo e scatenare una guerra.

- Dove si trova l'entrata? - sentì Mark domandare al nano. Non c'era luna, fra poco sarebbero calate le tenebre e per i cavalli sarebbe stato davvero difficile proseguire senza spezzarsi una zampa.

- L'oasi gli serve solo per l'acqua, che viene incanalata in un percorso di roccia, e finisce dentro il covo. L'entrata si trova celata dietro un falso muro di roccia - rivelò il nano con la sua voce cavernosa.

- E sai aprire questa entrata? - chiese ancora Mark appoggiando un gomito sul pomo della sella per guardare il nano che cavalcava un piccolo cavallo pezzato.

- Sì - rispose secco il nano. Mark si accontentò della risposta e non chiese ulteriori spiegazioni.

- Adesso basta parlare, siamo vicini, lasciamo i cavalli qui dietro - sussurrò il nano sparendo dietro una bassa collina. Lo seguirono e, incredibilmente, una bassa costruzione dal tetto orizzontale, fatta di sassi e tronchi, era appollaiata sul fianco della collina. Il nano sfruttò la poca luce rimasta, scese da cavallo, aprì la doppia porta che dava sull'esterno ed entrò trascinando il cavallo.

Smontarono tutti e condussero i cavalli dentro. C'era un odore terribile di sterco e paglia marcia, se era una stalla, erano anni che non veniva pulita.

- L'entrata dista ancora qualche minuto a piedi, un sistema di occultamento sarebbe perfetto ma non mi pare di vedere maghi fra voi - il nano controllò che la grande ascia che portava sulla schiena, e che aveva chiesto a Sir Alish, fosse assicurata, poi uscì senza attendere risposta.

Il buio nel deserto roccioso portava anche un freddo intenso, opposto al calore del giorno. Khul si muoveva rapido e a suo agio, sembrava quasi vedere al buio.

Li guidò fino ad un'altra grande collina. Sembrava identica a tutte le altre: rocce, piante grasse, arbusti spinosi. Ormai le tenebre avevano preso il sopravvento, e il buio era quasi tangibile. Sentirono uno scricchiolio e lo sfregamento della pietra che in quel silenzio sembro acuto come lo schianto di un lampo. Li fece entrare rapidamente richiudendo la porta di pietra. Dentro era ancora più buio, Celia sbatté contro la schiena del fratello, che la prese per mano.

Percorsero quel tunnel buio e freddo per circa mezz'ora, sebbene tenere il senso del tempo fosse davvero difficile.

- Potete accendere una luce se volete ora - la voce del nano li raggiunse. Celia udì un mormorio breve e la luce magica illuminò la galleria.

- Dove siamo? - chiese Sir Alish che non sembrava particolarmente a suo agio sotto metri di terra.

- Questa galleria non viene utilizzata dalla Fratellanza, porta ad un vecchio pozzo d'acqua che si è esaurito e non la usano più. Ma attraversandola potremo raggiungere agilmente la parte principale del covo evitando di fare incontri spiacevoli - non attese commenti, si voltò e riprese a camminare.

La galleria non aveva niente di particolare, era roccia scavata, e la sensazione era che scendesse. All'improvviso sbucarono in una caverna di dimensioni incredibili.

- Spegnete la luce per favore - chiese il nano. Il Cavaliere che l'aveva accesa estinse l'incantesimo. Chiamarla caverna era riduttivo. Era una cupola gigantesca, di cui si intravedeva la forma a causa dei fuochi che ardevano sul fondo. C'era un accampamento formato da decine ti tende stinte e grigie, di forme e dimensioni diverse. Molte altre caverne si affacciavano sull'immensa caverna centrale che potevano essere raggiunte tramite scale scavate nella roccia o fatte con pioli di legno.

- Ci credo che non trovavano il covo della Fratellanza... - ghignò Klod scuotendo tutti.

- Indubbiamente ben nascosti... - commentò Sir Alish guardando di sotto.

- Siamo molto in alto. Dove sono le prigioni, Khul? - chiese Mark spostandosi davanti. Il nano indicò dalla parte opposta, c'era una caverna illuminata da un braciere.

- Figurati se era vicina e facilmente raggiungibile... - borbottò Klod. Khul costeggiò il limitare della caverna e imboccò un sentiero roccioso a tratti scoperto, che si dipanava lungo il fianco. Lo seguirono in fila indiana, restando nascosti nei tratti visibili e facendo attenzione a non scivolare.

Dovettero fermarsi due volte per oltrepassare dei tratti interrotti da crepacci dove la roccia era franata. Usarono delle corde che avevano i cavalieri in due zaini e le lasciarono appese nel caso fossero tornate utili per fuggire.

Discesero alcune scale naturali sempre andando nella direzione della caverna che ospitava la prigione. Quando furono abbastanza vicini, si fermarono in un piccolo spazio ristretto dove il sentiero si allargava leggermente.

- Quella tenda rossa è di Artiglio - indicò il nano. Adesso il fondo era molto più vicino e le persone che gozzovigliavano vicino al fuoco o che camminavano entrando e uscendo dalle varie tende erano riconoscibili e si udivano sprazzi di conversazioni. Mark e Sir Alish si guardarono.

- Vado - annuì Sir Alish senza aggiungere altro. I quattro cavalieri lo seguirono.

- Dove va? - sussurrò Klod a Celia.

- Non lo so... ma penso vada a catturare Artiglio... - gli rispose lei titubante osservando il Chierico Cavaliere che scendeva il crinale verso la tenda.

- Da ora in poi ci sarà da combattere e se qualche seguace riesce a dare l'allarme le cose si complicheranno enormemente per noi. Avete visto dove siamo e come si esce, memorizzate la strada... - consigliò il nano proseguendo verso la caverna.

Il braciere illuminava l'interno. Sgattaiolarono dentro con la speranza che nessuno da sotto vedesse le loro sagome. La galleria diveniva più stretta e buia man mano che procedevano.

- Poco prima delle celle ci sono sempre due guardie - avvisò Khul rallentando. Sganciò l'ascia e la afferrò saldamente.

- Non sarà necessario, nano - Mark gli mise una mano sulla spalla - Lasciatemi andare avanti -

Khul gli lasciò spazio e il Cavaliere si mosse rapido. La galleria curvava a sinistra e una debole luce indicò che erano arrivati. Mark si sporse oltre la curva. Vide i due uomini e Celia lo udì mormorare le parole dell'incantesimo che avrebbero bloccato tutti i muscoli delle due vittime. Era un incantesimo pericoloso, spesso falliva e le vittime resistevano all'incanto ma se avesse funzionato sarebbero rimaste immobili per un po' di tempo.

Sir Mark si insinuò nel cono di luce e quando lo raggiunsero le due guardie erano immobili, sedute, due dadi a terra e due sul tavolo.

Khul non perse tempo e proseguì. Era evidente che l'uomo aveva messo mano al tunnel naturale, c'erano nicchie e rientranze, brevi muri di rocce e malta, ganci di ferro e catene. Si udivano anche alcuni lamenti. Celia guardò Klod e un nodo le strinse la gola. Il fratello estrasse la spada e Celia lo imitò.

Raggiunsero le celle, anguste e strette con piccole porte di ferro che ne chiudevano le entrate.

- Troviamoli - disse Sir Mark muovendosi rapido.



Sir Alish scese in silenzio mantenendosi nelle ombre seguito dai quattro cavalieri. Grandi rocce sporgenti occupavano la parte finale e gli occorse tempo ed estrema attenzione per non ferirsi e non fare rumore. Mandò un Cavaliere a sinistra e uno a destra per verificare la situazione, mentre lui si diresse verso la tenda che si trovava un centinaio di metri più avanti. C'erano casse accatastate, barili, assi di legno, tutti buttati alla rinfusa.

Silenziosamente chiese ai due cavalieri che erano con lui di guardare il fondo della tenda per vedere se si poteva entrare. Il tessuto era pesante e ben fissato e dopo qualche minuto Sir Alish si stancò di cercare, estrasse un pugnale affilato e aprì un varco. Entrò con estrema cautela, sentiva delle voci e dei rumori, un penetrante odore di cera e incenso gli invase le narici. Davanti a lui c'era un armadio, forse, e altri tendaggi pesanti e scuri. Lentamente si avvicinò all'armadio e scostò la tenda.

L'ambiente era sontuoso, pieno di tappeti pregiati, cuscini, panche di legno intarsiato un gigantesco letto a baldacchino adornato di tessuto bianco trasparente occupava la parte centrale. Artiglio Rosso era disteso sul letto, sopra di lui una donna dalla pelle come bronzo, lunghi capelli ricci castani, un fondo schiena perfetto che si alzava e abbassava ritmicamente. La donna gemeva di piacere e lui grugniva ogni volta che lei scendeva. Le afferrò le natiche con le mani e intensificò la velocità.

Sir Alish sorrise, era la situazione perfetta, avrebbe potuto prenderli entrambi. La donna era la Principessa Sanie, figlia del Sultano di Agrabaar. C'erano anche una scrivania, delle sedie, un tavolo con del cibo ma non c'erano guardie. Arretrò in silenzio e uscì chiamando i quattro cavalieri mettendoli rapidamente al corrente. Avevano altre corde che avrebbero usato per immobilizzarli.

Entrarono tutti dallo squarcio aperto da Sir Alish. Quando riaprì la tenda Artiglio Rosso era di spalle e la stava prendendo da dietro. Il Cavaliere sorrise e ringraziò la dèa per le voglie estreme della Principessa, che in quella posizione a quattro zampe aveva poco di regale, che gli avrebbero permesso di catturare il suo amante. Entrarono all'improvviso proprio mentre Artiglio Rosso era impegnato a raggiungere l'apice del piacere, uno dei quattro cavalieri mormorò un incantesimo di silenzio, non volevano certo attirare tutti i briganti della Fratellanza a seguito della colluttazione, volevano fare tutto rapidamente.



L'odore che proveniva dalle celle era nauseante. Avevano tutte un grande lucchetto. Klod e Celia si scambiarono una rapida occhiata, poi il giovane tornò indietro e frugò nelle guardie alla ricerca delle chiavi. Le trovò, insieme ad alcune monete che prese e li raggiunse nuovamente. Iniziò ad aprire qualche cella, alcune erano vuote, altre con ossa sbiancate, altre con relitti umani, denutriti e sanguinanti.

- Non ci sono! - sibilò Klod freneticamente.

- Queste sono le prigioni, devono essere qui - disse il nano borbottando.

- Ma non ci sono! - Klod lo afferrò scuotendolo.

- Forse si sono liberati, Erik è un ladro dalle mille risorse - commentò Celia osservando l'interno di una cella vuota.

- Non c'è neanche Lewel -Valutò Mark pensieroso. Restare ancora lì era pericoloso, dovevano scoprire dove si trovavano, se fossero stati scoperti, affrontare l'intera Fratellanza in quattro sarebbe stato davvero difficile.

- Chiudiamo le guardie dentro alle celle e andiamo via da qui - disse Mark senza ulteriori indugi. Rinfoderò la spada e ripercorsero rapidamente il corridoio fino all'uscita della caverna.

Un'esplosione devastante rimbombò nella vasta caverna. Detriti e rocce caddero intorno a loro. In mezzo al campo della Fratellanza, la gente correva di qua di là, si udivano urla e ordini nella loro lingua. Sul lato destro un incendio di proporzioni immani devastava le tende.

- Mi viene in mente una sola persona che possa aver lanciato una palla di fuoco in una caverna... - sussurrò Celia sorridendo. Klod si voltò verso di lei raggiante.

- Andiamo a dargli una mano! - disse con sguardo pieno di sfida. Si gettò dal crinale, dirigendosi direttamente sul fondo della caverna, dove era posizionata la tenda di Artiglio Rosso a detta del nano. Mark tentò di fermarlo ma quando anche Celia lo seguì non gli restò che scendere imprecando.




Catturare Artiglio Rosso fu estremamente semplice. Prima Sir Alish stordì lui con il pomo della spada, un Cavaliere si occupò di legarlo e mettergli un cappuccio in testa, mentre gli altri due presero la donna per le braccia che urlava e scalciava come un gatto selvaggio. L'incantesimo li proteggeva da quei rumori, poteva urlare quanto voleva.

-Principessa Sanie - la chiamò con voce melliflua il Cavaliere osservando avido il suo corpo nudo.

- Chi siete? - ringhiò lei con quella bocca dalle labbra carnose e invitanti. La sua pronuncia del comune era perfetta.

- Sir Alish dell'Ordine, Altezza - si presentò lui con un lieve inchino sorridendo. Gli occhi di lei saettarono indignati.

- Come osate mettermi le mani addosso? - domandò perentoria con la voce di chi è abituato a farsi obbedire e riacquistando la calma.

- Da lui ve le facevate mettere le mani addosso, però - obiettò Sir Alish guardandola di sottecchi. Ansimava e i seni sodi e pieni si muovevano in modo sensuale. Il triangolo in mezzo alle gambe era coperto di una peluria ricciuta del colore dei capelli. Lei ringhiò di nuovo e scalciò per colpirlo.

- Altezza non dovete temere niente da noi, vi riconsegneremo a vostro padre e non vi verrà torto un capello - disse Sir Alish - Legatela, imbavagliatela e mettetele il cappuccio - disse poi ai due cavalieri che annuirono. Lei ricominciò a scaldare e urlare come un'ossessa. Il Cavaliere la ignorò, si voltò e aprì l'armadio. Prese due tuniche e li vestirono rapidamente. Poi udirono l'esplosione.



Liberarsi dei legami era stato relativamente semplice, soprattutto quando non vieni perquisito in modo adeguato e ti lasciano addosso un chiodo sottile. Gli portarono la cena, pane secco e dell'acqua, e quando i rumori iniziarono a scemare, Erik si mise all'opera. Kathe si era addormentata così lui poté lavorare in pace senza le mille domande con cui l'avrebbe sommerso. Una volta libero raggiunse immediatamente la porta ma si rese subito conto che il lucchetto si trovava dall'altra parte ed era completamente irraggiungibile. Anche se Kathe avesse avuto un incantesimo per aprirlo, come avrebbero fatto a toglierlo dal gancio? Era quasi sicuro che non ci fossero guardie nell'immediata vicinanza della porta. Doveva attirare una. Svegliò Kathe dolcemente, il buio all'interno era praticamente totale, non si distingueva niente.

- Che succede? - chiese con voce tentennante.

- Dobbiamo uscire di qui - sussurrò Erik, e in quell'istante lei si rese conto che le catene ai polsi non c'erano più ed esultò di gioia.

- Come hai fatto? - chiese lei felice. Erik sorrise nel buio.

- Adesso non è importante. Lamentati come sé stessi male con voce abbastanza alta ma non troppo - suggerì lui, poi si spostò verso la porta.

Kathe iniziò a lamentarsi e chiedere aiuto. Dopo qualche minuto di attesa finalmente sentirono il lucchetto aprirsi. Appena la guardia entrò, Erik gli saltò addosso e con una torsione rapida e secca gli spezzò il collo senza fargli emettere un suono.

Kathe rimase a bocca spalancata e in silenzio.

- Vieni, usciamo di qui - le porse la mano che afferrò all'istante tirandosi in piedi. La trascinò fuori cautamente, osservando attentamente i dintorni. Richiuse la cella e il lucchetto, come se non fosse stato aperto poi prese Kathe per un polso e si nascose dietro una tenda verdognola. La cella in cui li tenevano era scavata nella roccia del fianco di una caverna immensa. Molti bracieri illuminavano il covo della Fratellanza di Sangue, doveva essere notte perché tutti dormivano vicino ai fuochi o nelle tende e in giro si sentiva solo lo scoppiettare delle braci. Era perfetto. Erano stati portati lì incappucciati ma ricordava chiaramente di aver percorso un corridoio o una galleria in discesa. Erano sul fondo della caverna, quindi l'uscita doveva essere in alto. Osservò i crinali e vide che c'erano tante caverne che si aprivano tutt'intorno. Sul lato sinistro in alto rispetto alla sua posizione c'era una caverna con un braciere, forse quella era l'uscita. Decise di dirigersi in quella direzione e se era fortunato potevano passare dietro le tende e restare nascosti.

- Raggiungiamo quella caverna illuminata lassù - sussurrò il ladro indicando in alto - Probabilmente è il tunnel da cui siamo scesi - la fissò credendo di trovarla impaurita, invece era tranquilla e attenta. Annuì stranamente senza ribattere.

- Hai studiato qualche incantesimo? - le chiese continuando a guardarsi in giro.

- Sì - rispose brevemente Kathe. Erik si mosse rapidamente e lei lo seguì dietro la tenda accanto. Da dentro uscivano suoni inequivocabili di ciò che stava avvenendo. Kathe arrossì leggermente e Erik sorrise. Proseguì ancora ma c'era un cumulo di casse che impediva di restare nascosti, dovevano per forza passare per un tratto illuminato. Erik guardò un attimo Kathe che annui capendo immediatamente.

Scattò rapido aggirando le casse ma quando sbucò dall'altra parte sbatté contro un seguace della Fratellanza. Caddero a terra e Erik lo afferrò all'istante per la gola, soffocandolo. Fu così rapido che Kathe non ebbe neanche il tempo di gridare. Si guardarono in giro ma nessuno aveva sentito o notato niente. Erik afferrò il corpo per le spalle e lo trascinò dietro un gruppo di barili. C'era un'altra tenda lì vicino, Erik la raggiunse immediatamente e controllò la posizione individuando la caverna in alto. Quando tornò con lo sguardo su Kathe, lei non c'era più. Per un attimo gli si fermò il respiro. Imprecò e tornò indietro verso i barili. Kathe era in piedi, camminava lentamente in mezzo alla caverna e guardava qualcosa fisso davanti a sé. Erik seguì la traiettoria e vide una gabbia quadrata, dentro c'era una persona ma era in ombra e non riusciva a capire chi fosse. La giovane maga proseguì, mentre Erik osservava febbrilmente i seguaci che dormivano a terra vicino al fuoco alla sua destra.

Kathe non poteva crederci, non poteva essere lui. Osservando il lato opposto della caverna aveva notato la gabbie a per un fugace attimo aveva intravisto un volto. La persona chiusa nella gabbia afferrò le sbarre e si avvicinò così poterono vedersi. Se lei rimase meravigliata, Lewel lo era di più. Lentamente e silenziosamente, Kathe attraversò lo spazio che li separava.

- Lewel - sussurrò la giovane con occhi spalancati.

- Kathe - sussurrò a sua volta l'elfo stringendo le sbarre finché le nocche delle mani non sbiancarono.

- Che ci fai qui? - chiese con apprensione Lewel.

- Siamo stati catturati, e te? - era smagrito, indossava pantaloni neri e una camicia blu vecchia e lacera.

- Mi hanno fatto prigioniero mesi fa, ho perduto il conto dei giorni - disse fissandola negli occhi, i lunghi capelli sciolti scendevano dietro le spalle come una cascata dorata illuminati dal fuoco. Poi l'elfo vide un'altra figura.

- Kathe, ma che fai? - ringhiò Erik prendendola per un braccio. Solo allora vide in faccia l'elfo nella gabbia e Lewel vide lui.

- Dobbiamo tirarlo fuori - sussurrò la maga con occhi supplicanti.

- Non dire idiozie, dobbiamo andarcene da qui - sibilò il ladro fra i denti guardandosi intorno.

- Erik, lo conosco, si chiama Lewel, è un elfo - aveva gli occhi lucidi mentre lo supplicava. Erik spostò lo sguardo sull'elfo e si chiese chi fosse e in che modo fosse legato a Kathe.

- Lo vedo che è un elfo - disse secco lui. Poi apparentemente dal nulla tirò fuori il chiodo sottile, leggermente piegato in cima. Trafficò un po' con il lucchetto della gabbia che dopo qualche secondo si aprì. Kathe si illuminò e guardò Lewel che le sorrise. Era dimagrito e aveva una cicatrice profonda e ancora un po' rossa sul collo. Appena uscì dalla gabbia raggiunse Kathe e l'abbracciò. La giovane rimase stupita ma ricambiò avvolgendolo dolcemente e sorridendo. Erik alzò un sopracciglio perplesso.

- Ma che bel quadretto romantico - la voce gutturale li fece sussultare. Un seguace in armatura rossa e spada levata li fronteggiava.

- Entrate immediatamente dentro la gabbia - disse con un accento molto stretto.

- Ti avevo detto che non era una buona idea - iniziò a lamentarsi Erik con Kathe puntandole un dito al volto.

- Potevi andartene, non ti ho chiesto di restare! - gridò lei in cagnesco d'istinto senza rendersi conto che era un diversivo. Lewel non perse tempo, sfruttò i secondi guadagnati mormorando un incantesimo. Dardi rossi si conficcarono nel torace del seguace che crollò a terra morto. Kathe si zittì all'improvviso quando Erik le strizzò l'occhio.

- Nascondiamoci! - disse correndo verso i barili. Alcuni uomini si stavano già alzando svegliati dalle grida. Rimasero nascosti qualche minuto, poi fu inevitabile il grido di allarme per la gabbia vuota dell'elfo. Erik imprecò e iniziò a correre seguito da Kathe e Lewel. Tutto il campo si risvegliò, poi una voce gridò forte e Erik comprese che li avevano visti. Poco più avanti, sulla destra, c'era una grande tenda rossa, voleva provare a raggiungerla ma cinque seguaci gli sbarrarono la strada. Imprecò di nuovo.

- Ne conosci di epiteti - gli fece notare l'elfo serafico.

- Molti più di quanti immagini, e anche in diverse lingue - rispose secco il ladro pensando ad una soluzione. Ma non fu necessario. Venne raggiunto dalle parole di un incantesimo e una gigantesca palla di fuoco colpì e uccise all'istante i cinque uomini investendo la tenda subito dietro che prese fuoco. Sia Lewel che Erik si voltarono meravigliati verso Kathe, che aveva le mani sui fianchi e lo sguardo fiero.

- Sono stanca di scappare come un coniglio - si giustificò Kathe. Rocce e detriti vennero giù dalla volta della caverna.

- Proviamo a raggiungere l'uscita - disse Erik indicando la caverna illuminata.

- Ma quella non è l'uscita, sono le prigioni - spiegò Lewel contraddicendolo. Erik aggrottò la fronte.

- L'uscita è da quella caverna là - indicò dalla parte completamente opposta, in linea retta rispetto alla tenda rossa, c'era una caverna che non aveva particolari segni di riconoscimento ma era simile a tutte le altre.

- E tu come fai a saperlo? - gli domandò impaziente il ladro.

- Sono molti mesi che sono prigioniero qui, vedo da dove arriva la gente... - confidò l'elfo sorridendo a Kathe. Erik serrò i denti e fece per ripercorrere i propri passi quando udì qualcuno chiamare Kathe.

La maga si voltò verso il grido e Klod sbucò da dietro la tenda rossa, la spada levata trafisse il seguace che gli si parò davanti senza alcuna pietà. Subito dopo vide Celia uscire allo scoperto seguita da Sir Mark e da un nano... Kathe si stropicciò gli occhi, era una scena troppo inverosimile. Il nano roteò l'ascia e aprì in due un seguace, tutte le budella fuoriuscirono mollemente. Celia fronteggiò un seguace abilmente mentre Klod li raggiunse correndo ed evitando ostacoli.

- Kathe! - disse abbracciandola forte. Non si accorse neanche degli altri.

- Come stai? - le prese il volto fra le mani e controllò se era ferita.

- Va tutto bene Klod - gli sorrise felice lei - Siete venuti a prendermi -

- E' un po' più complessa la situazione - ammise, poi guardò Erik e lo salutò con un cenno del capo. Si girò verso Lewel fissandolo qualche secondo, poi fece un lieve inchino e lo salutò.

- Principe, è un piacere rivedervi e un onore potervi portare in salvo -

Se non fosse stata troppo occupata a spalancare la bocca, Kathe si sarebbe accorta che l'elfo era arrossito.

- Principe?! - dissero all'unisono Kathe e Erik lui ironico, lei sussurrando.

- Non sono necessari i titoli per favore - chiese Lewel guardando Kathe. Era bellissima come nella caverna.

Celia, Mark e Khul li raggiunsero correndo. La situazione stava degenerando, si udivano grida e avvertirono chiaramente un gruppo correre nella loro direzione.

- Parleremo dopo, adesso usciamo da qui! - disse Sir Mark perentorio.

- Direi un tempismo perfetto - si voltarono udendo la voce di Sir Alish alle loro spalle. Uscì dall'entrata principale della tenda rossa e portava i due prigionieri sostenuti dai quattro cavalieri.

- Chi è l'altro prigioniero? - domandò Mark indicandolo con la punta della spada.

- La Principessa Sanie - sogghignò Sir Alish - Che stava fottendo con discreta abilità il nostro Artiglio. Oh scusate signore, non volevo offendere il vostro delicato udito - disse il Cavaliere sgarbatamente. Mark spostò lo sguardo sulla donna incappucciata.

- Dobbiamo risalire il fianco e raggiungere il crinale - disse Sir Mark incamminandosi dietro la tenda.

Khul fissava in modo spaventoso Artiglio Rosso e stringeva convulsamente l'impugnatura dell'ascia.

- Placa la tua sete di vendetta nano - lo redarguì Sir Alish frapponendosi sulla linea visiva. Khul grugnì e seguì Sir Mark.

Celia strinse forte la sorella fissandola intensamente, lei gli sorrise con gli occhi lucidi. Poteva solo immaginare la confusione e i mille pensieri che affollavano la sua testolina complessa. C'era Erik, affascinante e misterioso, pieno di risorse, e c'era Lewel, bellissimo ed elegante e addirittura un Principe. Poteva quasi vedere bollire il calderone delle sue idee. La sospinse in avanti e salutò con un lieve inchino l'elfo attendendo che tutti sfilassero e chiuse la fila insieme a Celia.

- E' davvero una strana situazione, non trovi? - disse l'elfo sussurrando.

- Non so quanto sia casuale, Lewel - rispose lentamente Celia - Sai perché ti hanno rapito? Cosa vogliono da te? - da quando Mark l'aveva messa al corrente della situazione, era certa che quel gruppo fosse stato messo insieme appositamente per liberare Lewel. Artiglio Rosso e il baule pieno di monete per l'Ordine dovevano essere in realtà solo pedine di uno scambio per liberare il Principe degli Elfi e Mark doveva aver pensato bene di ricatturarlo visto come erano andate le cose…

L'elfo la guardò stupito.

- Non comprendo perché mio padre abbia chiesto aiuto all'Ordine ma sono sicuro che tutto questo a che vedere con la scatola che mi avete consegnato mesi fa - disse fra sé e sé Lewel tenendo lo sguardo fisso sulla schiena di Kathe. Celia rimase in silenzio soppesando le sue parole.

Iniziarono a risalire usando la scala scavata nella roccia e raggiunsero il crinale. Un gruppo di arcieri si radunò sotto di loro e iniziò a bersagliarli.

Sir Mark stava per gridare un allarme, quando udì distintamente le parole di un incantesimo. Kathe allargò le mani verso il basso e un altro enorme globo infuocato colpì gli arcieri, incendiando completamente la tenda rossa.

- Quanto adoro questo incantesimo - sussurrò la giovane orgogliosa. Klod ridacchiò e Celia si mise una mano sul volto.

- Vedo che hai studiato molto - le sussurrò Lewel, e lei arrossì. Erik socchiuse gli occhi, si voltò e passò in cima alla fila insieme a Khul. Celia sospirò pensando che la situazione si stava complicando e chiaramente Kathe ci si crogiolava dentro.

Ripercorsero il crinale, i seguaci della Fratellanza erano troppo lontani in basso per poterli raggiungere con le frecce. Cercarono di muoversi il più in fretta possibile ma i due prigionieri erano legati e quando raggiunsero i due tratti dove era stata necessaria la corda Lewel li stupì evocando un tremolante disco levitante che gli permise di oltrepassare le voragini.

Il fumo dei due incendi aveva ormai riempito la caverna, gli occhi lacrimavano e quando raggiunsero la caverna riuscirono a respirare meglio.

Ripercorrere la galleria fu semplice ma abbandonarono ogni precauzione usando le luci magiche per vederci e non perdere tempo. Questo attirò i seguaci dai tunnel vicini, gli scontri furono brevi e violenti, Sir Mark, Sir Alish, Klod e i quattro cavalieri riuscirono a scongiurare il peggio ogni volta.

- Fatemi aprire la porta - borbottò il nano muovendosi nel corridoio affollato. Mise la mano in una nicchia e attivò una leva. La porta scivolò e entrò l'aria notturna dall'esterno. Si precipitarono tutti fuori inspirando boccate d'aria fresca e pulita. Il deserto roccioso era silenzioso, la luna illuminava la sua vastità rivestendolo di un manto argenteo.

- Se non fossimo inseguiti da un migliaio di predoni mi soffermerei a godermi lo spettacolo della notte - sussurrò Kathe guardandosi intorno.

- Nel regno degli elfi c'è un albero, che chiamiamo La Sentinella. E' altissimo e molto antico, una scala conduce fino in cima alle sue fronde da dove è possibile osservare tutto il regno e lì si vedono albe e tramonti incredibili e la luna è enorme e vicina. Mi piacerebbe mostrartelo una volta - le sussurrò Lewel in un orecchio facendola rabbrividire. Erik sollevò gli occhi al cielo portandosi le mani al volto rassegnato. Celia sorrise e prese la sorella per un braccio che avrebbe tanto voluto rispondere che sarebbe stata felice di poterci andare con lui.

Corsero verso la stalla dietro la collina, tirarono fuori i cavalli ma oltre Lewel c'erano anche Artiglio e Sanie. Sir Alish prese naturalmente la Principessa e la issò sul suo cavallo salendo dietro, Sir Mark salì dietro ad Artiglio Rosso e Lewel con Kathe. I quattro cavalieri poterono evocare le luci magiche sarebbero stati visibili ma avrebbero potuto far correre i cavalli.

All'alba avvistarono Mitrander e le sue case a cupola.


   
 
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