Scritta per il concorso di Acciofanfiction. Tema: momenti mancanti di DH.
Capitoli del settimo libro di
riferimento per la storia: 1) l'ascesa del signore Oscuro e 5) il guerriero caduto.
NOX
Rod inspirò una boccata dalla sua sigaretta, un delicato mix di tabacco,
menta blu della Germania, anice e foglie di mirto; un piccolo piacere, un lusso
che amava concedersi alla fine di ogni pasto, nella sua stanza, accompagnandolo
con un buon bicchiere di Whisky. Seduto sulla sua poltrona davanti al camino
spento, il suo sguardo passò dal bicchiere, contenente un liquido ambrato e
posto su piccolo tavolino rotondo, alle pareti, rivestite con carta da parati
color ocra chiara; infine guardò i tendaggi di un blu notte che faceva
nettamente contrasto con il resto, in special modo
con il copriletto fiorato.
L’uomo sbuffò: odiava quella stanza.
A lui piaceva definirsi un amante del bello, gli piaceva circondarsi di cose
raffinate, fini, non pacchiane e che fossero sempre in linea con lo stile della
sua casa, che adorava.
Ora, però, quella era solo un vago ricordo: tutta l’argenteria persa, rubata o
distrutta, i suoi preziosi mobili pieni di tarli e di polvere,
irrimediabilmente rovinati, i quadri antichi e i ritratti della sua famiglia
tagliati, o peggio, rosicchiati da qualche topo. Adesso lui e sua moglie
vivevano a Malfoy Manor.
Spense la sigaretta gettandola al suolo, pestandola poi con la punta della
scarpa.
“Non spegnere quella roba per terra!” Lo redarguì Bellatrix,
appena entrata nella stanza. “Buttala nel camino, piuttosto.”
Con un gesto piuttosto svogliato, Rodolphus estrasse
la bacchetta e fece evanescere il mozzicone.
“Contenta, ora?” Le chiese in tono di sfida, guardandola dritta negli occhi.
Ripose poi la bacchetta, tornando a posare le spalle contro lo schienale della
poltrona, come se non fosse successo nulla.
In condizioni diverse, Bella si sarebbe infuriata, ma quella non era la serata
giusta: lei era appena stata umiliata davanti a tutti, proprio dall’uomo che
amava e venerava più di chiunque altro… questo le
aveva fatto male e aveva scatenato la sua ira.
L’uomo cambiò posizione sulla poltrona, lentamente, in modo da poter osservare
meglio la sua metà.
“Piantala di guardarmi!” disse lei stizzita, dopo alcuni minuti di silenzio.
“Lo sai che mi piace guardarti.” Rispose pacato.
Non poteva farci nulla, era più forte di lui. Amava il bello e di conseguenza
amava sua moglie. Sì, perché lei era bella.
Se la ricordava ancora, prima di finire ad Azkaban,
con la pelle chiara che contrastava nettamente con i suoi capelli e con gli
occhi neri, di figura snella ma non esile. Forte, orgogliosa e decisa.
Più di tutto si era innamorato del suo portamento, elegante e provocante.
Quando parlava con persone che la interessavano le bastavano pochi gesti, un
lieve cambiamento nel tono della voce e questi pendevano immediatamente dalle
sue labbra e lei raggiungeva il suo scopo. Sempre, tranne con l’unico uomo che
desiderava avere.
Dalla loro fuga dalla prigione era cambiata: alla luce del sole l’aveva trovata
invecchiata, più provocante nei modi, con la pelle non più così liscia, ma non
poteva fare a meno di ammirarla ugualmente. E questo a lei dava fastidio. Le
aveva sempre dato fastidio, ma era il loro piccolo giochino.
Non aveva mai capito se lei lo amava, in fondo il loro era stato un matrimonio
pianificato quando lui era entrato al suo primo anno ad Hogwarts.
Rodolphus, però, non poteva far altro che amarla. In
quel momento, poi, la trovava splendida: tutta la sua ira, la sua frustrazione
per la serata e per quell’umiliazione davanti a Voldemort
erano espresse nel suo sguardo, nei suoi occhi che brillavano di insana follia.
Non si era arrabbiata, non aveva scagliato oggetti per la stanza e nemmeno
incantesimi; si era semplicemente seduta davanti alla finestra ad osservare il
buio, ma senza guardarlo realmente.
Rod vide la mano di Bella stretta in un pugno rigido, forte. Si alzò dalla sua
poltrona e la raggiunse, posando le sue mani sulle spalle di lei che lo fissò dal
riflesso della finestra.
Fu un colloquio muto, poi Rod ruppe quel silenzio carico di tensione.
“Sono sicuro che non avrai problemi ad ucciderla”, sussurrò al suo orecchio.
Bellatrix si alzò di scatto, scostandosi dal marito.
“Non doveva farmi questo, quella lurida Mezzosangue!” Urlò. “E quella folle di
Andromeda, come può averle permesso di fare una cosa del genere?”
Rodolphus non rispose, non riusciva a concepire il
fanatismo di Bella, ma lo accettava; per lui al mondo vi erano solo due
distinzioni: loro e gli altri… e gli altri erano
feccia. Detestava tutto dei Mezzosangue e dei Babbani,
i loro modi di fare, così rozzi, il loro linguaggio, i loro vestiti e
l’ambiente in cui vivevano, così poco raffinato. Spesso, in passato, si era
chiesto come facessero quelle persone a bere vino in un bicchiere che non fosse
di cristallo, a vivere in case da lui considerate ripostigli…
a fare tutto ciò e ad essere felici.
Lui, sangue puro, circondato dal bello, da cose di gusto, che viveva in quella
che si poteva considerare una reggia, non aveva mai riso, neppure da bambino;
sempre composto, educato, attento alla sua persona. Neppure gli anni passati ad
Hogwarts erano serviti a svelare questo mistero. Un
giorno, però, aveva trovato il coraggio di chiedere tutto questo a suo padre,
il quale gli aveva risposto:
“Figlio mio, loro sono felici perché pensano di governare il mondo, perché sono
molti. Quello non è essere felici, ma solo un velo di Maya al di là del quale i
non eletti non possono vedere.”
In quell’occasione, un brivido di potere e felicità gli era corso lungo tutto
il corpo, alzò lo sguardo e sorrise, fiero di essere diverso.
Bellatrix si vide raggiungere nuovamente da suo
marito che, incurante della sua rabbia e delle sue reazioni, le posò le mani
sui fianchi e la attirò a sé, baciandola con foga e con poca grazia; la guardò
dritto negli occhi e le accarezzò una guancia delicatamente, per vedere il suo
sguardo farsi ancora più furioso.
“Ora calmati,” sussurrò, “Tieni le forze per la tua vendetta. Presto, tutto sarà
finito.”
“Io la troverò e la ucciderò, fosse l’ultima cosa che faccio!” Scostò, per la
seconda volta, Rodolphus con forza e uscì dalla
stanza sbattendo violentemente la porta. L’uomo tornò nuovamente a sedersi
sulla sua poltrona per assaporare l’ultimo goccio di Whisky prima di andare a
letto.
I giorni passarono rapidamente, ma ancor più veloce passò la fatidica notte
durante la quale Harry Potter fu trasferito in un posto più sicuro che non la
casa dei suoi zii.
E loro lo sapevano.
Erano a conoscenza di tutto il piano e, poco dopo l’arrivo dell’Ordine della
Fenice a casa Dursley, si erano appostati nei
dintorni, in attesa.
Appostati in cielo, sopra a Privet Drive, i Mangiamorte attendevano l’uscita di Harry Potter e della
sua scorta.
Rodolphus, sul suo manico di scopa al fianco della
moglie, poteva percepire chiaramente il suo nervosismo: ogni muscolo del suo
corpo era teso, lo sguardo ossessivamente rivolto verso casa Dursley. Lui sapeva qual era l’obiettivo di Bellatrix e che non si sarebbe fermata fino a quando non lo
avesse raggiunto.
Il cielo era scuro, coperto da enormi cumuli di nuvoloni neri che nascondevano
la luna ormai al culmine della sua perfezione: una condizione ottima per
volare.
La porta di casa Dursley si aprì e alcuni membri
dell’Ordine della Fenice uscirono accompagnando sette Harry Potter.
“Ognuno si occupi di un Potter. Uccideteli tutti!” Fu l’ordine di Voldemort prima di sfrecciare all’inseguimento. I suoi
adepti lo seguirono.
Bellatrix fu la seconda a partire, aveva già individuato
la sua preda che si stava allontanando verso Ovest. Rodolphus
le stava dietro: l’alta velocità raggiunta dalle scope fece scivolare indietro
i cappucci dei due Mangiamorte; gli occhi lacrimavano
a causa dell’aria.
Bellatrix urlò qualcosa, però la sua voce si perse in
cielo; bacchetta alla mano, iniziò a scagliare maledizioni verso uno degli
Harry Potter e la sua accompagnatrice, una ragazza dai vivaci capelli rosa,
mancandoli di poco.
Ben presto Bellatrix e Rodolphus
furono a fianco dei due, circondandoli: la donna e sua nipote ingaggiarono un
violento duello, mentre il mago si stava divertendo, come fa il gatto con il
topo, con il suo avversario.
Durante lo scontro, oltre che a lanciare incantesimi, Bellatrix
inveiva anche a parole contro sua nipote, era palese che la volesse vedere
morta: si trovarono ancora una volta fianco a fianco ma Tonks
riuscì con un incantesimo ad allontanarla da sé e a schivare con una virata la
sua contromossa. Volò più in basso cercando di raggiungere il suo protetto che
stava scappando dal secondo Mangiamorte.
Nella fuga i due membri dell’Ordine continuavano a scagliare incantesimi ai
loro inseguitori che rispondevano; il falso Harry Potter riuscì a colpire Rodolphus in pieno volto che si accasciò sul manico di
scopa. Bellatrix li aveva raggiunti nuovamente, la
bacchetta alzata pronta a scagliare l’incantesimo e l’espressione di chi ha già
vinto stampata in volto; Tonks cercò di allontanarla
senza successo, sua zia era troppo forte. Improvvisamente si udì un rumore
sordo: Bellatrix era appena stata disarcionata dalla
scopa, riuscendo giusto in tempo ad effettuare un incantesimo per rallentare la
caduta.
Era furente, quando si rialzò si pulì la bocca dalla quale scendeva un lieve
rivolo di sangue, il pugno serrato intorno alla bacchetta e lo sguardo rivolto
verso un punto dove ormai c’era solo il cielo: se li era fatti scappare.
All’alba, a Malfoy Manor,
il Signore Oscuro era furibondo per essersi lasciato sfuggire ancora una volta
Harry Potter.
Ma non era il solo ad essere arrabbiato.
Nella sua stanza, Bellatrix stava scagliando a terra
qualsiasi cosa le capitava a tiro e nel farlo urlava. Nel letto matrimoniale
stava Rodolphus, coricato e con una benda sugli
occhi; era sveglio e stava sorridendo: la mia Bella sa essere molto focosa. Non
disse nulla ma aspettò tranquillo che la donna si calmasse. Durante il
combattimento era stato colpito in pieno volto da una maledizione lanciata da
uno degli Harry Potter che erano usciti da casa Dursley,
con la conseguenza che ora aveva un ronzio perenne nelle orecchie, nonché un
forte giramento di testa.
Almeno non dovrò vedere questa orribile stanza.
Come Rodolphus aveva previsto, lo sfogo di sua moglie
non durò molto e, non appena si fu calmata, si sedette sul letto al suo fianco;
un po’ indispettita da quell’inconveniente, sistemò meglio la benda sugli occhi
del marito, aggiungendovi del liquido violaceo che stava in una bottiglia sopra
al comodino. Sul volto dell’uomo apparve una smorfia di dolore: quella cosa,
oltre ad avere un nauseante profumo di violetta, bruciava terribilmente.
Non appena Bellatrix ebbe finito, lui le prese la
mano portandosela alla bocca.
“Grazie,” sussurrò dopo averla baciata. “Sei stata fantastica stanotte.”
Infastidita dal commento, la donna si alzò dal letto.
“Avrai altre occasioni, vedrai.” Continuò Rodolphus.
“Dovevo sbarazzarmi di lei!” Bellatrix si sedette
davanti alla specchiera; sentiva il sangue ribollire, ma si trattenne.
“Posso avere un goccio di Whisky per la mia testa?” Chiese Rodolphus,
dopo alcuni secondi di silenzio.
“Sì,” rispose in tono sarcastico Bellatrix, “Così
tirerai le cuoia per un banalissimo effetto collaterale della pozione che ti ho
dato: durante il suo uso non si possono bere alcolici. E smettila di guardarmi.”
In realtà l’uomo non poteva vederla, ma era girato nella direzione dalla quale
proveniva la voce della donna.
“Lo sai che mi piace guardarti”, rispose in tono di sfida, nonostante le sue
condizioni.
Bellatrix si alzò, scocciata per l’affermazione, per
tornare a sedersi al fianco del marito; lui le accarezzo un braccio,
delicatamente, per poi risalire lentamente verso la spalla, dove si fermò e
ritrasse la mano.
Bellatrix guardò per qualche istante suo marito, la
persona che dal giorno del loro matrimonio le era stato più vicino,
scostandogli poi una ciocca di capelli dalla fronte.
Lo amava? Non sapeva dirlo, lei non aveva mai amato nessuno, eppure, vederlo
lì, immobile… scosse la testa e il suo pensiero
ritornò a qualche ora prima; serrò nuovamente i pugni ma Rodolphus,
percependo quella tensione, riprese ad accarezzarle il braccio.
“Ora dormi”, gli ordinò la donna, irritata, coricandosi poi al suo fianco e
posando una mano sul suo petto, iniziando ad accarezzarlo. Rodolphus
si spostò lievemente, mettendosi in una posizione più comoda; tempo qualche
minuto e il suo respiro si fece più lento e profondo. Bellatrix,
ancora coricata abbracciata al marito, si era leggermente assopita ma fu
risvegliata bruscamente da una fitta al braccio sinistro. Lentamente si alzò
dal letto per poi smaterializzarsi dall’Oscuro Signore, che con sua sorpresa si
trovava fuori della sua stanza.
Il corridoio era buio, gli enormi finestroni che lo percorrevano in tutta la
sua lunghezza erano oscurati da pesanti tende color rosso scuro: l’unica luce
proveniva dalle candele che fluttuavano a mezz’aria, ma erano veramente rade.
“Mi hai chiamato, mio Signore?” chiese, inchinandosi.
“So che non sei riuscita nel tuo scopo, questa notte.”
Il cuore nel petto di Bellatrix iniziò a battere
furiosamente e le sue guance si tinsero di rosso sia per l’imbarazzo sia per la
rabbia.
“Come mai non ci sei riuscita? È forse troppo in gamba per te?” Oltre al danno,
la beffa.
“No mio Signore, questo mai!” Alzò leggermente la voce. “Si è rifugiata oltre
una barriera magica che non ho potuto neutralizzare. Ma ancora pochi istanti e
l’avrei uccisa.” Nel proferire queste parole si sporse verso Voldemort con fare provocante, gli occhi che le brillavano
di un’insana follia; il piacere che provava a pronunciare frasi di morte era
chiaramente espresso dal tono della sua voce, roco e sensuale.
Voldemort le si avvicinò ulteriormente, bloccandola
con un incantesimo contro la parete; e questo le piaceva molto.
“Bene”, le sussurrò all’orecchio con un tono di voce che a Bellatrix
risuonò come provocante, ma che così non era.
Non riusciva a muoversi, poteva solo attendere…
“Bene”, ripeté il Signore Oscuro, stringendo la presa con un lieve gesto della
bacchetta, “La prossima volta, vedi di eseguire gli ordini, ne ho già perdonate
troppe alla tua famiglia.”
Così come era venuto, Voldemort scomparve lasciando
la donna, scossa dalle sue parole, sola nel corridoio.
Bellatrix urlò accasciandosi al suolo e sbattendo
violentemente i pugni per terra.
“Maledetta, maledetta Ninfadora!”
Lacrime di rabbia, frustrazione, delusione e amarezza le solcarono le guance
gli occhi neri, brillanti, socchiusi e la bocca contratta in una smorfia
involontaria. Fece un paio di respiri profondi poi rientrò nella sua stanza
sbattendo la porta.