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Autore: Alektos    24/09/2008    3 recensioni
Era furente, quando si rialzò si pulì la bocca dalla quale scendeva un lieve rivolo di sangue, il pugno serrato intorno alla bacchetta e lo sguardo rivolto verso un punto dove ormai c’era solo il cielo.
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Scritta per il concorso di Acciofanfiction. Tema: momenti mancanti di DH.

Capitoli del settimo libro di riferimento per la storia: 1) l'ascesa del signore Oscuro e 5) il guerriero caduto.

 

 

NOX

 

Rod inspirò una boccata dalla sua sigaretta, un delicato mix di tabacco, menta blu della Germania, anice e foglie di mirto; un piccolo piacere, un lusso che amava concedersi alla fine di ogni pasto, nella sua stanza, accompagnandolo con un buon bicchiere di Whisky. Seduto sulla sua poltrona davanti al camino spento, il suo sguardo passò dal bicchiere, contenente un liquido ambrato e posto su piccolo tavolino rotondo, alle pareti, rivestite con carta da parati color ocra chiara; infine guardò i tendaggi di un blu notte che faceva nettamente contrasto con il resto, in special modo con il copriletto fiorato.
L’uomo sbuffò: odiava quella stanza.
A lui piaceva definirsi un amante del bello, gli piaceva circondarsi di cose raffinate, fini, non pacchiane e che fossero sempre in linea con lo stile della sua casa, che adorava.
Ora, però, quella era solo un vago ricordo: tutta l’argenteria persa, rubata o distrutta, i suoi preziosi mobili pieni di tarli e di polvere, irrimediabilmente rovinati, i quadri antichi e i ritratti della sua famiglia tagliati, o peggio, rosicchiati da qualche topo. Adesso lui e sua moglie vivevano a Malfoy Manor.
Spense la sigaretta gettandola al suolo, pestandola poi con la punta della scarpa.
“Non spegnere quella roba per terra!” Lo redarguì Bellatrix, appena entrata nella stanza. “Buttala nel camino, piuttosto.”
Con un gesto piuttosto svogliato, Rodolphus estrasse la bacchetta e fece evanescere il mozzicone.
“Contenta, ora?” Le chiese in tono di sfida, guardandola dritta negli occhi. Ripose poi la bacchetta, tornando a posare le spalle contro lo schienale della poltrona, come se non fosse successo nulla.
In condizioni diverse, Bella si sarebbe infuriata, ma quella non era la serata giusta: lei era appena stata umiliata davanti a tutti, proprio dall’uomo che amava e venerava più di chiunque altro… questo le aveva fatto male e aveva scatenato la sua ira.
L’uomo cambiò posizione sulla poltrona, lentamente, in modo da poter osservare meglio la sua metà.
“Piantala di guardarmi!” disse lei stizzita, dopo alcuni minuti di silenzio.
“Lo sai che mi piace guardarti.” Rispose pacato.
Non poteva farci nulla, era più forte di lui. Amava il bello e di conseguenza amava sua moglie. Sì, perché lei era bella.
Se la ricordava ancora, prima di finire ad Azkaban, con la pelle chiara che contrastava nettamente con i suoi capelli e con gli occhi neri, di figura snella ma non esile. Forte, orgogliosa e decisa.
Più di tutto si era innamorato del suo portamento, elegante e provocante. Quando parlava con persone che la interessavano le bastavano pochi gesti, un lieve cambiamento nel tono della voce e questi pendevano immediatamente dalle sue labbra e lei raggiungeva il suo scopo. Sempre, tranne con l’unico uomo che desiderava avere.
Dalla loro fuga dalla prigione era cambiata: alla luce del sole l’aveva trovata invecchiata, più provocante nei modi, con la pelle non più così liscia, ma non poteva fare a meno di ammirarla ugualmente. E questo a lei dava fastidio. Le aveva sempre dato fastidio, ma era il loro piccolo giochino.
Non aveva mai capito se lei lo amava, in fondo il loro era stato un matrimonio pianificato quando lui era entrato al suo primo anno ad Hogwarts.
Rodolphus, però, non poteva far altro che amarla. In quel momento, poi, la trovava splendida: tutta la sua ira, la sua frustrazione per la serata e per quell’umiliazione davanti a Voldemort erano espresse nel suo sguardo, nei suoi occhi che brillavano di insana follia. Non si era arrabbiata, non aveva scagliato oggetti per la stanza e nemmeno incantesimi; si era semplicemente seduta davanti alla finestra ad osservare il buio, ma senza guardarlo realmente.
Rod vide la mano di Bella stretta in un pugno rigido, forte. Si alzò dalla sua poltrona e la raggiunse, posando le sue mani sulle spalle di lei che lo fissò dal riflesso della finestra.
Fu un colloquio muto, poi Rod ruppe quel silenzio carico di tensione.
“Sono sicuro che non avrai problemi ad ucciderla”, sussurrò al suo orecchio.
Bellatrix si alzò di scatto, scostandosi dal marito. “Non doveva farmi questo, quella lurida Mezzosangue!” Urlò. “E quella folle di Andromeda, come può averle permesso di fare una cosa del genere?”
Rodolphus non rispose, non riusciva a concepire il fanatismo di Bella, ma lo accettava; per lui al mondo vi erano solo due distinzioni: loro e gli altri… e gli altri erano feccia. Detestava tutto dei Mezzosangue e dei Babbani, i loro modi di fare, così rozzi, il loro linguaggio, i loro vestiti e l’ambiente in cui vivevano, così poco raffinato. Spesso, in passato, si era chiesto come facessero quelle persone a bere vino in un bicchiere che non fosse di cristallo, a vivere in case da lui considerate ripostigli… a fare tutto ciò e ad essere felici.
Lui, sangue puro, circondato dal bello, da cose di gusto, che viveva in quella che si poteva considerare una reggia, non aveva mai riso, neppure da bambino; sempre composto, educato, attento alla sua persona. Neppure gli anni passati ad Hogwarts erano serviti a svelare questo mistero. Un giorno, però, aveva trovato il coraggio di chiedere tutto questo a suo padre, il quale gli aveva risposto:
“Figlio mio, loro sono felici perché pensano di governare il mondo, perché sono molti. Quello non è essere felici, ma solo un velo di Maya al di là del quale i non eletti non possono vedere.”
In quell’occasione, un brivido di potere e felicità gli era corso lungo tutto il corpo, alzò lo sguardo e sorrise, fiero di essere diverso.
Bellatrix si vide raggiungere nuovamente da suo marito che, incurante della sua rabbia e delle sue reazioni, le posò le mani sui fianchi e la attirò a sé, baciandola con foga e con poca grazia; la guardò dritto negli occhi e le accarezzò una guancia delicatamente, per vedere il suo sguardo farsi ancora più furioso.
“Ora calmati,” sussurrò, “Tieni le forze per la tua vendetta. Presto, tutto sarà finito.”
“Io la troverò e la ucciderò, fosse l’ultima cosa che faccio!” Scostò, per la seconda volta, Rodolphus con forza e uscì dalla stanza sbattendo violentemente la porta. L’uomo tornò nuovamente a sedersi sulla sua poltrona per assaporare l’ultimo goccio di Whisky prima di andare a letto.

I giorni passarono rapidamente, ma ancor più veloce passò la fatidica notte durante la quale Harry Potter fu trasferito in un posto più sicuro che non la casa dei suoi zii.
E loro lo sapevano.
Erano a conoscenza di tutto il piano e, poco dopo l’arrivo dell’Ordine della Fenice a casa Dursley, si erano appostati nei dintorni, in attesa.
Appostati in cielo, sopra a Privet Drive, i Mangiamorte attendevano l’uscita di Harry Potter e della sua scorta.
Rodolphus, sul suo manico di scopa al fianco della moglie, poteva percepire chiaramente il suo nervosismo: ogni muscolo del suo corpo era teso, lo sguardo ossessivamente rivolto verso casa Dursley. Lui sapeva qual era l’obiettivo di Bellatrix e che non si sarebbe fermata fino a quando non lo avesse raggiunto.
Il cielo era scuro, coperto da enormi cumuli di nuvoloni neri che nascondevano la luna ormai al culmine della sua perfezione: una condizione ottima per volare.
La porta di casa Dursley si aprì e alcuni membri dell’Ordine della Fenice uscirono accompagnando sette Harry Potter.
“Ognuno si occupi di un Potter. Uccideteli tutti!” Fu l’ordine di Voldemort prima di sfrecciare all’inseguimento. I suoi adepti lo seguirono.
Bellatrix fu la seconda a partire, aveva già individuato la sua preda che si stava allontanando verso Ovest. Rodolphus le stava dietro: l’alta velocità raggiunta dalle scope fece scivolare indietro i cappucci dei due Mangiamorte; gli occhi lacrimavano a causa dell’aria.
Bellatrix urlò qualcosa, però la sua voce si perse in cielo; bacchetta alla mano, iniziò a scagliare maledizioni verso uno degli Harry Potter e la sua accompagnatrice, una ragazza dai vivaci capelli rosa, mancandoli di poco.
Ben presto Bellatrix e Rodolphus furono a fianco dei due, circondandoli: la donna e sua nipote ingaggiarono un violento duello, mentre il mago si stava divertendo, come fa il gatto con il topo, con il suo avversario.
Durante lo scontro, oltre che a lanciare incantesimi, Bellatrix inveiva anche a parole contro sua nipote, era palese che la volesse vedere morta: si trovarono ancora una volta fianco a fianco ma Tonks riuscì con un incantesimo ad allontanarla da sé e a schivare con una virata la sua contromossa. Volò più in basso cercando di raggiungere il suo protetto che stava scappando dal secondo Mangiamorte.
Nella fuga i due membri dell’Ordine continuavano a scagliare incantesimi ai loro inseguitori che rispondevano; il falso Harry Potter riuscì a colpire Rodolphus in pieno volto che si accasciò sul manico di scopa. Bellatrix li aveva raggiunti nuovamente, la bacchetta alzata pronta a scagliare l’incantesimo e l’espressione di chi ha già vinto stampata in volto; Tonks cercò di allontanarla senza successo, sua zia era troppo forte. Improvvisamente si udì un rumore sordo: Bellatrix era appena stata disarcionata dalla scopa, riuscendo giusto in tempo ad effettuare un incantesimo per rallentare la caduta.
Era furente, quando si rialzò si pulì la bocca dalla quale scendeva un lieve rivolo di sangue, il pugno serrato intorno alla bacchetta e lo sguardo rivolto verso un punto dove ormai c’era solo il cielo: se li era fatti scappare.

All’alba, a Malfoy Manor, il Signore Oscuro era furibondo per essersi lasciato sfuggire ancora una volta Harry Potter.
Ma non era il solo ad essere arrabbiato.
Nella sua stanza, Bellatrix stava scagliando a terra qualsiasi cosa le capitava a tiro e nel farlo urlava. Nel letto matrimoniale stava Rodolphus, coricato e con una benda sugli occhi; era sveglio e stava sorridendo: la mia Bella sa essere molto focosa. Non disse nulla ma aspettò tranquillo che la donna si calmasse. Durante il combattimento era stato colpito in pieno volto da una maledizione lanciata da uno degli Harry Potter che erano usciti da casa Dursley, con la conseguenza che ora aveva un ronzio perenne nelle orecchie, nonché un forte giramento di testa.
Almeno non dovrò vedere questa orribile stanza.
Come Rodolphus aveva previsto, lo sfogo di sua moglie non durò molto e, non appena si fu calmata, si sedette sul letto al suo fianco; un po’ indispettita da quell’inconveniente, sistemò meglio la benda sugli occhi del marito, aggiungendovi del liquido violaceo che stava in una bottiglia sopra al comodino. Sul volto dell’uomo apparve una smorfia di dolore: quella cosa, oltre ad avere un nauseante profumo di violetta, bruciava terribilmente.
Non appena Bellatrix ebbe finito, lui le prese la mano portandosela alla bocca.
“Grazie,” sussurrò dopo averla baciata. “Sei stata fantastica stanotte.”
Infastidita dal commento, la donna si alzò dal letto.
“Avrai altre occasioni, vedrai.” Continuò Rodolphus.
“Dovevo sbarazzarmi di lei!” Bellatrix si sedette davanti alla specchiera; sentiva il sangue ribollire, ma si trattenne.
“Posso avere un goccio di Whisky per la mia testa?” Chiese Rodolphus, dopo alcuni secondi di silenzio.
“Sì,” rispose in tono sarcastico Bellatrix, “Così tirerai le cuoia per un banalissimo effetto collaterale della pozione che ti ho dato: durante il suo uso non si possono bere alcolici. E smettila di guardarmi.”
In realtà l’uomo non poteva vederla, ma era girato nella direzione dalla quale proveniva la voce della donna.
“Lo sai che mi piace guardarti”, rispose in tono di sfida, nonostante le sue condizioni.
Bellatrix si alzò, scocciata per l’affermazione, per tornare a sedersi al fianco del marito; lui le accarezzo un braccio, delicatamente, per poi risalire lentamente verso la spalla, dove si fermò e ritrasse la mano.
Bellatrix guardò per qualche istante suo marito, la persona che dal giorno del loro matrimonio le era stato più vicino, scostandogli poi una ciocca di capelli dalla fronte.
Lo amava? Non sapeva dirlo, lei non aveva mai amato nessuno, eppure, vederlo lì, immobile… scosse la testa e il suo pensiero ritornò a qualche ora prima; serrò nuovamente i pugni ma Rodolphus, percependo quella tensione, riprese ad accarezzarle il braccio.
“Ora dormi”, gli ordinò la donna, irritata, coricandosi poi al suo fianco e posando una mano sul suo petto, iniziando ad accarezzarlo. Rodolphus si spostò lievemente, mettendosi in una posizione più comoda; tempo qualche minuto e il suo respiro si fece più lento e profondo. Bellatrix, ancora coricata abbracciata al marito, si era leggermente assopita ma fu risvegliata bruscamente da una fitta al braccio sinistro. Lentamente si alzò dal letto per poi smaterializzarsi dall’Oscuro Signore, che con sua sorpresa si trovava fuori della sua stanza.
Il corridoio era buio, gli enormi finestroni che lo percorrevano in tutta la sua lunghezza erano oscurati da pesanti tende color rosso scuro: l’unica luce proveniva dalle candele che fluttuavano a mezz’aria, ma erano veramente rade.
“Mi hai chiamato, mio Signore?” chiese, inchinandosi.
“So che non sei riuscita nel tuo scopo, questa notte.”
Il cuore nel petto di Bellatrix iniziò a battere furiosamente e le sue guance si tinsero di rosso sia per l’imbarazzo sia per la rabbia.
“Come mai non ci sei riuscita? È forse troppo in gamba per te?” Oltre al danno, la beffa.
“No mio Signore, questo mai!” Alzò leggermente la voce. “Si è rifugiata oltre una barriera magica che non ho potuto neutralizzare. Ma ancora pochi istanti e l’avrei uccisa.” Nel proferire queste parole si sporse verso Voldemort con fare provocante, gli occhi che le brillavano di un’insana follia; il piacere che provava a pronunciare frasi di morte era chiaramente espresso dal tono della sua voce, roco e sensuale.
Voldemort le si avvicinò ulteriormente, bloccandola con un incantesimo contro la parete; e questo le piaceva molto.
“Bene”, le sussurrò all’orecchio con un tono di voce che a Bellatrix risuonò come provocante, ma che così non era.
Non riusciva a muoversi, poteva solo attendere…
“Bene”, ripeté il Signore Oscuro, stringendo la presa con un lieve gesto della bacchetta, “La prossima volta, vedi di eseguire gli ordini, ne ho già perdonate troppe alla tua famiglia.”
Così come era venuto, Voldemort scomparve lasciando la donna, scossa dalle sue parole, sola nel corridoio.
Bellatrix urlò accasciandosi al suolo e sbattendo violentemente i pugni per terra.
“Maledetta, maledetta Ninfadora!”
Lacrime di rabbia, frustrazione, delusione e amarezza le solcarono le guance gli occhi neri, brillanti, socchiusi e la bocca contratta in una smorfia involontaria. Fece un paio di respiri profondi poi rientrò nella sua stanza sbattendo la porta.

 

  
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