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Autore: KikiShadow93    04/09/2014    9 recensioni
Durante una tranquilla giornata di navigazione, Barbabianca e la sua famiglia trovano qualcosa di incredibile in mare: una bambina, di cui però ignorano la vera natura.
Decidono di tenerla, di crescerla in mezzo a loro, ovviamente inconsapevoli delle complicazioni che questa scelta porterà, in particolar modo per l'arrogante Fenice.
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Marco, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un'allegra combriccola di mostri.'
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Piccola avvertenza: sono passati 29 giorni da quando Akemi ha lasciato la ciurma.
Personaggi originali di questo capitolo:

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Gli altri hanno parti talmente brevi e di poco conto che ho pensato di non metterli neanche. Spero che questo non sia un problema >.<
Ad ogni modo, vi auguro una buona lettura :) Un bacione!

 

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1

Per i pirati di Barbabianca ormai non è più tanto strano svegliarsi e dover affrontare qualche stranezza. Ormai è praticamente all'ordine del giorno per loro!
Pure il grande Imperatore si è abituato all'idea, e ormai non vi bada più di tanto.
Questa mattina, per esempio, hanno assistito a un attacco ad una nave da guerra della Marina. La cosa assurda sta nel fatto che ad affondare quell'imponente e forte nave e a decimare brutalmente e impiccare con le cime i corpi dilaniati dei Marines, fosse stata una bagnarola che stava a galla per benedizione divina. Il suo equipaggio era composto esclusivamente da donne, tutte vestite da capo a piedi con delle tute in lattice nero, tanto attillate da sembrare una seconda pelle. Erano tutte immobili a guardarli, poi hanno chinato il capo e alzato le mani in segno di resa, dirigendosi poi con passo svelto ai remi dell'imbarcazione e scappare velocemente in una direzione totalmente opposta alla loro. A seguirle –o controllarle, difficile da dire-, c'era un grosso pipistrello nero, intento a volteggiare leggiadro sopra la nave fantasma.

Un evento certamente bizzarro, ma non tanto quanto quello a cui stanno assistendo adesso alcuni comandanti. A dare l'allarme è stato Fossa, che era andato a ricontrollare la rotta sulle carte nautiche per sicurezza, e che le ha sorprendentemente trovate completamente imbrattate di rosso. Sull'isola in cui erano diretti c'è segnata una grossa X e accanto c'è annotata la frase “levende døde. Away!”. Non ha idea di cosa significhi, ma è assolutamente certo che non sia un augurio o una cosa simile. È anzi certo che sia una minaccia, o comunque una cosa che ci si avvicini molto.
Ace guarda quelle carte con aria nervosa, provando a capirci qualcosa, senza successo. «Chi è stato a ritoccarle?» domanda al quindicesimo comandate, che sbuffa una nuvola di fumo scuotendo la testa.
«Nessuno dei nostri manometterebbe mai le carte nautiche, tanto meno lo farebbe usando il proprio sangue.» risponde in un grugnito Jaws, prendendo in mano la carta che ha portato tanto scompiglio, esaminandola minuziosamente.
«Qualcuno non vuole che andiamo su quest'isola.» afferma con ovvietà Satch, pensando e ripensando ad un modo per dirlo al piuttosto nervoso Capitano. Certo, si è calmato, ha accettato il lutto della sua bambina e ha deciso di andare avanti, di vivere tutte quelle avventure che lei avrebbe voluto vedere. Quello che nessuno sa, è che ha anche deciso che in ogni in ogni isola prenderà di nascosto un souvenir che poi brucerà e dissiminerà in mare in suo onore. Sarà un ricordo difficile da cancellare, probabilmente impossibile, ma si sa: ognuno reagisce a modo proprio ad un lutto.
«Non posso non domandarmi il perché.» commenta quasi disinteressatamente Marco, tornato sorprendente in forma.
Più che in forma, in effetti, è tornato l'uomo apatico che a stento pronuncia frasi di senso compiuto e che passa la maggior parte del tempo a leggere con le gambe ciondoloni dal parapetto. Certo, tutti avrebbero preferito vederlo un minimo più attivo, ma si fanno bastare questo, che, alla fin fine, è già un buon passo.
«Scommetto quello che volete che in qualche modo c'entra il pipistrello che vediamo spesso svolazzare da queste parti!» azzarda Halta, ricevendo in risposta gli sguardi strafottenti degli altri.
«Certo, e magari è proprio lui il responsabile dell'affondaggio della nave della Marina!» la sfotte Ace, ridendo come uno che ha appena sentito un'assai divertente barzelletta «Tu hai perso troppo tempo con quel libro, Halta.» commenta tra una risata e l'altra, senza metterci neanche una briciola di cattiveria. Quando poi si rende conto che la donna ha abbassato il capo, furiosa ed offesa, si sente inevitabilmente in colpa.
Più tardi le chiederò scusa.
«Per me è stato lui...» borbotta la donna, torturandosi le mani in modo che non prendano il controllo assoluto del suo corpo e la portino a compiere un massacro degno del mostro a cui tutti, chi più chi meno, pensano.
«Halta, sai bene quanto me che questo non è possibile.» la riprende Izo, possiandole le mani sulle spalle. I due si guardano negli occhi per qualche secondo, e alla ragazza basta poco per capire cosa vorrebbe dirle “Ti seguirò in questa tua folle ricerca, e ti terrò con me quando subirai una violenta delusione”.
Gli sorride grata, evitando di girarsi tra le sue braccia per baciarlo. Ok che tutti sanno, ma hanno comunque una reputazione da mantenere e non vogliono mandarla a puttane per un semplice bacetto!
«Cambiamo rotta, dunque.» ordina con tono piatto Marco, facendoli voltare di scatto «Virate a tribordo, raggiungeremo entro sera un'altra isola.»
«Il babbo non ne sarà molto contento.» commenta ridacchiando Rakuyo, mentre al suo fianco Namiur sbuffa contrariato.
«Temo che dovrà farselo andare bene, dal momento che i viveri cominciano a scarseggiare.» gli risponde con tono fermo la Fenice, un tono che non ammette repliche, facendo un cenno col capo a Curiel, che subito usce dalla stanza per andare ad impartire ordini a destra e a manca.
«Anche le medicine.» aggiunge Vista, senza nascondere la paura che prova costantemente nel vedere il proprio adorato Capitano diventare sempre più debole. Speed Jill annuisce con rammarico, ricordandosi di colpo di quando, due giorni prima, l'uomo abbia improvvisamente tossito sangue. Non sanno come fare, e le infermiere bastarde non li aiutano dicendo che, probabilmente, non gli rimane poi molto da vivere e che i sintomi che erano magicamente spariti mesi prima si stanno ripresentando in modo sempre più violento.
«Vado a dirglielo.» afferma convinto Satch, facendo dietrofront non appena si rende conto di non aver chiesto un'informazione non da poco «In che isola andiamo?»
Marco alza appena lo sguardo su di lui, e poi torna a fissare la cartina. I suoi occhi sono magnetizzati dalla parola døde che, da quel che riesce a ricordare, significa più o meno morte.
In suo aiuto va Ace, che sbircia per un istante la carta tanto discriminata, sorridendo appena «Una sotto la nostra protezione, Foodvalten.»

2

Lilith Lothbrook, ribattezzata dagli uomini di Barbabianca come Akemi, non si sarebbe mai aspettata che il suo piccolo esperimento con suo zio Fenrir sarebbe andato a buon fine. Si è resa conto di essersi però sbagliata quando, l'indomani mattina, si è svegliata intontita come se avesse preso la più grande sbronza della storia e con qualche piccola modifica al suo già bizzarro corpo: le sue lunghe e candide gambe, per esempio, erano coperte, soprattutto sugli stinchi, da una lieve peluria nera e, proprio in mezzo alle cosce, c'era una chiazza di sangue nero ad imbrattare il materasso. Non c'è neanche da dire che la ragazza ha cacciato un urlo tanto forte da allarmare tutti gli abitanti di Helheimr.
La madre e Fenrir, veloci come solo Kizaru poteva essere, sono sfrecciati nella sua stanza e l'hanno trovata in lacrime, terrorizzata proprio come quando era arrivata all'isola. Ed è stato in quel preciso momento che Astrid Anwend, la Regina dei Dannati, ha perso completamente il controllo delle proprie facoltà mentali ed è esplosa in un attacco d'ira profonda nei confronti nel compagno, che, zitto come un topolino, si è sorbito le sue urla isteriche tenendo la testa china, evitando così di scoppiarle a riderle in faccia. Così facendo, in fondo, avrebbe firmato con le proprie mani la sua condanna a morte, e la cosa non gli andava molto a genio.
Ci sono volute tre ore, otto diversi tipi di sedativi, tre analgesici e cinque martini con due olive ciascuno per farla calmare e farle accettare che il suo compagno aveva morso ed infettato ulteriormente con il morbo della licantropia la figlia, giusto per vedere se l'organismo della ragazza poteva cambiare e schierarsi in modo più chiaro con una semplice razza. Cosa che, anche se di poco, è effettivamente avvenuta. Ora ha la normale peluria di ogni donna, i suoi occhi sono screziati d'oro come quelli dei lupi e la sua pelle è lievemente più calda. Niente c'è stato da fare per le zanne e gli artigli, ma per i due Lothbrook è stato già un buon risultato.

Adesso attendono impazientemente di vedere quali cambiamenti subirà la ragazza al momento della muta, che potrebbe avvenire giusto questa notte, momento in cui si terrà la cerimonia della “Luna di Sangue”.
Akemi non sta più nella pelle per l'emozione. In realtà vorrebbe non starci letteralmente più, visto che sta sperimentando su di essa un metodo molto efficace di depilazione, ma che si sta rilevando anche dannatamente doloroso.
«Stringi i denti, forza! Lo facciamo tutte ogni due mesi e nessuna è mai morta!» Freya prova a bloccarla per le braccia mentre Astrid, munita di palettina e guanti di gomma, spalma un filo di acido corrosivo sulla pelle candida della figlia, in modo tale da bruciare i bulbi piliferi ed impedirne la rigenerazione per un lungo periodo. Sa bene quanto sia doloroso, che probabilmente la ragazza scoppierà ad urlare come una disperata non appena vedrà il risultato iniziale, ma poi la ringrazierà quando le sue gambe saranno lisce come mai lo erano state prima.
Akemi stringe i denti con forza, quasi spaccandoseli, ricordandosi che con quel piccolo contrattempo del “rendiamo la ragazza presentabile per la cerimonia” può evitare l'allenamento con Freki.
Dall'ultimo massacrate allenamento di otto giorni prima, in cui l'ha ridotta ad uno straccio, per non dire peggio, le cose tra loro non sono cambiate: si trovano dopo pranzo, per comodità, si recano nel deserto, Akemi ne prende come un tamburo, Freki la sfotte e la molla in infermeria, poi si ritrovano la sera a cena.
Ha scoperto, infatti, che il lupo se ne è andato da casa sua perché è subentrato Kakashi da qualche anno, e la cosa era diventata ingestibile. Passano i suoi attacchi di rabbia dal niente e i tentativi di omicidio, ma sentire i suoi orgasmi ogni notte no.
Adesso, dopo aver terminato anche il dolorosissimo inguine, Astrid sceglie con cura i vestiti per la giovane figlia. Ad Akemi in realtà non piace che la madre la tratti come se fosse una bambola, vestendola, truccandola e facendole l'acconciatura, ma non le dice niente per una questione di rispetto. Certo, indossare una lunga gonna rosa pastello, una camicia bianca con le maniche lunghe (con tanto di fronzoli sul petto e suoi polsi), una scomoda cintura di diamanti sulla vita e un paio di tronchetti bassi di un tenue rosa pallidissimo, non è proprio nel suo stile, anzi, non lo è per niente, ma se questo la può rendere felice... che sia!
Anche il fatto che si diverta ad acconciarle i capelli, creando trecce complicate che si intersecano tra loro, non le va per niente bene, ma tiene la bocca ben chiusa. Si limita a guardarsi allo specchio, ad osservare quella creatura dall'aspetto regale ed angelico che tanto detesta, mentre la madre le si avvicina all'orecchio con un sorriso raggiante in volto.
«Perché non vai a farti una bella girata dell'isola, oggi? Stasera dovrai essere molto veloce, quindi ti conviene sapere dove metterai le zampe!» propone entusiasta, circondando le spalle della sua adorata bambina con delicatezza, baciandola a ripetizione sulla guancia pallida e vagamente tiepida.
Perché Astrid ama la sua bambina, la venera. Farebbe qualsiasi cosa per lei, e vederla adesso, così elegante e docile nei suoi confronti, la manda assolutamente in estasi. Era convinta che si sarebbe trovata per le mani un pirata rozzo e privo di qualsivoglia buona maniera, invece non è andata assolutamente così: è calma, gentile e con lo sguardo sempre meravigliato per le novità che scopre.
«Accetto volentieri il consiglio.» asserisce la giovane immortale, facendosi rigirare come una bambola tra le sue forti braccia e lasciandosi abbracciare con trasporto, come se non si vedessero da anni. Anche tutte queste eccessive smancerie le danno piuttosto fastidio, ma è arrivata presto a comprendere che Astrid è pur sempre sua madre e, per quanto sia spietata, farebbe tutto ciò che è in suo potere per renderla felice. Un modo, per quanto errato sia, di mostrarle tutto il suo affetto è proprio stritorarla continuamente in abbracci mozzafiato.
Non appena riesce a liberarsi, sfreccia velocemente fuori dall'enorme reggia, che ormai conosce a memoria, e si lancia a capofitto nella vegetazione circostante. Corre, corre come se ne dipendesse della sua stessa vita, felice come non lo era da tempo. In fondo non la fanno mai girare da sola!
Finsce per puro caso di fronte ad un rudere di discrete dimensioni, che si erge tra gli alberi, completamente isolato dal caos di quella bizzarra isola. Le pareti in mattoni scuri sembrano quasi implorare di essere riprese in mano e di essere riportate al loro antico splendore, ma non per questo sono meno solide di quelle della reggia di Fenrir. Certo, non avranno tutti i suoi sistemi di sicurezza, ma ad occhio e croce si può dire che siano resistenti a sufficienza per un primo attacco.
Alcune finestre sono rotte e riaggiustate alla meno peggio, mentre il tetto è stato da poco aggiustato alla meglio, così come la grande porta del capanno. Diversi rampicanti hanno preso dimora tra le pieghe dei mattoni, conferendo così a questa già bislacca dimora un aspetto davvero antico.
Chissà chi ci vive?” si domanda incuriosita la ragazza, azzardando un passo in avanti.
Si blocca subito però, notando un particolare inquietante a pochi metri dall'abitazione: tre biciclette arrugginite, rovesciate sulle selle e perfettamente allineate, con le ruote all'insù che cigolano ad ogni misera bava di vento.
Turbata da quella vista, ricomincia semplicemente a correre, dirigendosi volontariamente verso la parte sud dell'isola. Non vuole andare in città e vedere quanti mostri ci sono, ne ha troppa paura.
Il problema, però, sorge dal fatto che anche la parte sud dell'isola è abitata. Sulla costa è situata la Villa delle Anime, luogo in cui vivono le anime di tutti coloro che hanno deciso, per amore o altre buone cause, di uccidersi al suo interno, in modo tale da poter sia vivere per sempre senza tutte le complicazioni che ciò generalmente comporta, sia per poter stare eternamente con gli immortali a loro cari. È un luogo affollato in effetti, Fenrir e Wulfric passano una discreta parte delle loro giornate su diversi progetti di ampliamento, ma lì dentro sono tutti felici: danno spettacoli, giocano e conversano tra loro, organizzano festini nei pressi della loro casa, che mai più potranno abbandonare. Insomma, se la spassano parecchio.
Il problema sorge, per la piccola Akemi, che non troppo lontano da questo pacifico posto sono situati altri due edifici: il primo e più vicino all Villa delle Anime è il mattatoio, dove ogni giorni vengono portati gli zombie a nutrirsi con gli avanzi delle carcasse dei pasti dei lupi; il secondo, invece, altro non è che un blocco dove vengono tenuti per non dar noia a nessuno. Non che per altri mostri siano pericolosi, tutt'altro, però può risultare fastidioso vedere i propri figli sporcarsi dei loro pezzi di carne putrida.
Akemi non lo sa, per questo continua a camminare, osservando con sguardo meravigliato il verde brillante della vegetazione, i fiori colorati sparsi qua e là, la brillantezza delle acque del fiume Fyssire. Si abbassa per toccare quelle acque cristalline, sfiorando per puro caso un piccolo rospo che passava di lì, finché un gorgoglio strozzato le arriva alle orecchie.
Si alza in piedi di scatto, tendendo bene le orecchie per poter capire meglio da dove provenga quell'orrendo rumore e chi sia a produrlo, senza grandi risultati. La paura che sia qualcosa di veramente cattivo venuto fin lì per ucciderla è troppo forte per potersi concentrare come dovrebbe.
Poi, come se fossero stati fin'ora nascosti dietro agli alberi a fissarla, delle carcasse putride le si avvicinano con passo malfermo. Le loro carni sembrano lì, lì per staccarsi, alcuni di loro hanno pezzi scheletrici e organi vitali in bella vista. Dalle loro bocche e dalle loro cavità nasali esce sangue e una bava rossa e trasparente, che pare fatta di nylon. L'odore che emanano è orribile, odore di carne marcia.
Akemi sgrana gli occhi per l'orrore, pietrificata dalla paura e dalla sorpresa, e quando uno di loro riesce ad afferrarla per un braccio, grida. Grida con tutta l'aria che ha nei polmoni, divincolandosi finché il braccio del non-morto si stacca e cade a terra, senza scatenare nessuna reazione nella creatura.
Si rigira velocemente per scappare, ritrovandosi però tra le braccia protettive di Freki. Non sa da quanto tempo è dietro di lei, non sa neanche il perché le sia andato dietro, ma non riesce a non esserne contenta. Immerge il viso nel suo petto muscoloso, stringendo con le mani la sua maglietta per impedirgli di allontanarsi.
Il lupo, seppur vagamente sorpreso dalla reazione della giovane immortale, decide di non badarci troppo, tenendo gli occhi fissi sui non-morti che continuano ad avvicinarsi. Innervosito dal loro avanzare, poi, snuda le zanne e comincia a ringhiare rabbiosamente, facendoli bloccare.
«Fuori dalle palle.» soffia con voce gutturale e roca, spaventoso come solo lui sa essere. Per Akemi, neanche Fenrir quando perde la pazienza è così mostruosamente terrificante.
Gli zombie si allontanano con passo malfermo, tornando nel loro blocco. Fenrir costruì appositivamente per loro un intero edificio in cui potessero stare, ben lontano dalle abitazioni e non troppo dal mattatoio in cui li portano a nutrirsi, in modo che potessero “vivere” in pace, senza il rischio di far scoppiare di nuovo quell'orrenda epidemia e per non creare disturbo agli altri abitanti. In fondo non è piacevole veder passeggiare di fronte a casa propria una carcassa in decomposizione!
Freki li osserva con astio mentre si ritirano, ignorando momentaneamente la ragazza che ancora trema tra le sue braccia. Solo quando non ne vede più neanche uno abbassa lo sguardo, provando stranamente un senso di compassione, cosa che lo costringe a rialzare lo sguardo, stavolta con un'espressione assai seccata.
«Non sono pericolosi. Non per noi, almeno.» borbotta disinteressatamente, lasciando finalmente cadere lo sguardo sulla creaturina tremante che ancora stringe tra le braccia. Il suo sguardo è interessato e un po' perplesso, e quando la ragazza alza finalmente gli occhi su di lui, si lascia andare ad un debole sorriso per provare a rassicurarla un poco «Hanno il cervello ridotto a una frittata!»
Questo suo tentativo di rassicurazione però fallisce miseramente, dal momento che Akemi poggia di nuovo la fronte sul suo petto, tremando come una foglia. Il lupo sbuffa infastidito, pensando e ripensando ad una qualsiasi cosa che possa tirarla minimamente su di morale. Poi, di colpo, l'illuminazione.
«Sai... l'unico che era capace di manovrarli a proprio piacimento, facendogli addirittura dimenticare la loro insaziabile fame di carne umana per poterli così usare come guerriri, o comunque come sacchi di carne putrida da sacrificare... era tuo padre.»
Akemi alza di nuovo lo sguardo su di lui, guardandolo con una certa meraviglia negli occhi «Davvero?»
«Mh mh.» asserisce il maggiore, lasciandosi andare di nuovo ad un sorriso, più vero e rassicurante del precedente «Tutti i vampiri ci hanno provato più volte, ma nessuno è mai riuscito ad entrare nelle loro menti. Solo lui.»
«Neanche Fenrir?»
«I licantropi non hanno quel genere di poteri psichici, mocciosa. Però hanno comunque paura di lui!» risponde ridacchiando, passandole una mano sulla testa come farebbe col fratello «Hanno una sottospecie di paura di tutti noi, per la verità, però con lui accennano pure un inchino.» aggiunge subito dopo, cingendole le spalle con entrambe le braccia, ridacchiando al ricordo dell'ultima volta in cui quelle creature sono scappate il più velocemente possibile alla sola vista del lupo Imperatore, inciampando nei loro stessi piedi e sfracellandosi a terra come dei babbei.
Akemi lo guarda con attenzione, non provando più troppa paura di lui. Certo, non che non abbia il timore che di punto in bianco stringa con cattiveria le braccia attorno al suo corpo e la spezzi in due, però deve ammettere che è piacevole vederlo così sorridente e protettivo.
«Non sei poi tanto male così...» mormora guardandolo attentamente, spezzando di colpo il suo allegro sorriso.
La guarda con attenzione, Freki, leggendo nei suoi occhi una nuova curiosità che non le aveva mai visto. La stessa curiosità che spesso vedeva negli occhi glaciali di Týr, quella che alla fine ti conduceva a fare stronzate colossali.
Si stacca velocemente da lei, passandosi le mani tra i capelli castani e portandoli all'indietro. Pensa attentamente a come comportarsi, e alla fine giunge ad una conclusione bizzarra pure per lui: l'affezza con forza per un polso e se la tira dietro, facendola sbilanciare e quasi cadere a terra. Ride di gusto nel vedere la sua espressione contrariata, ma non ha intenzione di mollare la presa, spiegandole pure il perché.
«Forza, seguimi: ti farò da Cicerone!»

Camminano con passo lento e calmo per la cittadina gremita di creature, fermandosi di tanto in tanto a scambiare due chiacchiere veloci con i passanti. Sono tutti incredibilmente calmi, alla mano e cortesi, cosa che lascia di stucco la giovane immortale. Era convintissima che fossero brutali, cattivi, e invece sono semplicemente curiosi di conoscere la creaturina che ha portato tanto scalpore nel loro mondo e che adesso passeggia al fianco dell'irascibile Freki.
Il lupo non molla neanche per un istante il polso della ragazza, conducendola per le varie vie, fino ad una casa di modeste dimensioni a due piani, con un piccolo giardino ben curato e dalla facciata di un brillante giallo chiaro. Freki la guarda con una certa nostalgia, informando poi la ragazza che quella era casa sua prima che l'eccentrico vampivo vi si trasferisse.
«Mi piace.» afferma sinceramente Akemi, sorridendogli per la prima volta in quasi un mese.
Freki le sorride di rimando per educazione, quando di colpo la sua attenzione viene attirata da un rumore fastidioso di vetri che si frantumano contro il muro. Volta così la testa verso la finestra del salotto lasciata aperta, e la sua espressione muta completamente al suono della voce più che alterata di Kakashi.
«Nessuno può salvarti!» sbraita infatti il giovane vampiro, spaventando inconsapevolmente l'amica che adesso stringe con forza il braccio del lupo, nascondendosi anche dietro la sua considerevole mole.
Freki, però, non le presta attenzione e semplicemente corre verso la finestra, entrando dentro casa come una furia.
Akemi fa lo stesso, giusto per non rimanere fuori da sola, e quando finalmente si alza in piedi dopo il balzo, si trova di fronte ad una scena che davvero non si sarebbe mai aspettata. Kakashi, infatti, ha preso in ostaggio Duncan, compagno di Dana e fratello di Jena, tenendolo legato ad una sedia con delle corde e tenendogli una pistola puntata alla testa. Il licantropo non nutre la minima paura, abituato ormai da tempo ai suoi scatti di rabbia, ma piuttosto dimostra un certo fastidio.
«Dammi la pistola Kakashi...» ordina Freki, massaggiandosi le tempie con fare esasperato.
«Non vi avvicinate.» soffia assai innervosito il biondo, impugnando con maggior decisione la pistola puntata alla tempia dell'amico.
«Dammi la pistola, ho detto!»
Kakashi punta per qualche secondo la pistola verso Freki, che aveva fatto un paio di passi in avanti per provare a togliergli l'arma dalle mani, ma ci ripensa immediatamente e la punta di nuovo verso Duncan, guardando con astio i due immortali in piedi di fronte a sé «Non vi avvicinate o il cane verrà ucciso!»
Freki sospira al limite della sopportazione, deciso a non dare di matto come al solito per il semplice motivo che farebbe scappare a gambe levate anche la ragazzina che finalmente si lascia avvicinare senza tremare «Stammi a sentire, coglione: una pistola è una cosa molto pericolosa. Se una pallottola attraversasse la testa di Duncan, potrebbe causare danni assai gravi, come rompere una finestra o danneggiare lo stereo!» sibila a denti stretti, fissandolo con gli occhi ormai completamente dorati e colmi di ira «Allora: me la dai o no quella cazzo di pistola?!»
Kakashi si limita a ridacchiare come impazzito, punzecchiando la tempia dell'amico con la pistola e muovendosi a scatti da un piede all'altro «Non mi farai cambiare idea. Ho deciso che se le mie richieste non verranno esaudite ucciderò il cane e poi mi suiciderò.»
«Perché?» la domanda è uscita da sola dalle sue labbra, e adesso sente un brivido di paura salirle su per la spina dorsale. Non avrebbe mai pensato di vedere gli occhi di Kakashi, sempre incredibilmente allegri, così pieno di fuoco e rabbia rivolti verso di sé. Indietreggia di un paio di passi, nascondendosi totalmente dietro l'enorme corpo di Freki.
«Perché non so cosa cazzo fare!» urla in risposta il vampiro, battendo un piede a terra come un bambino capriccioso.
«Mi è consentito dire una cosetta?» azzarda Duncan, che in quel momento dovrebbe stare con figlio maggiore a rassicurarlo, a dirgli che per lui non è importante se muterà quella notte o sei mesi dopo e che gli vorrà sempre bene in ogni caso. Invece è inchiodato lì, in una casa non sua, legato ad una sedia, con un vampiro psicotico che apparentemente vorrebbe accopparlo.
«No, imbecille! Non vedi che ci troviamo nel bel mezzo di una trattativa delicata?!» gli urla contro Kakashi, tirandogli pure una sonora pacca sulla testa come avvertimento.
«Scusa.» borbotta semplicemente il lupo, impegnandosi al massimo delle sue capacità per non scoppiare a ridere.
Tutti sull'isola sono abituati alle scenate di Kakashi e tutti, almeno una volta, le hanno provate sulla propria pelle. Gli unici che ancora non sono stati toccati sono i licantropi ancora non sviluppati e la piccola Akemi.
Freki sbuffa di nuovo, infastidito dal fatto che è parecchio in ritardo per una visita giornaliera per lui molto importante, così decide di assecondarlo «Ecco la mia idea: scrivi su un foglio la tua prima richiesta, e per provare la tua buona fede spari a Duncan-»
«Cosa?!»
Freki se ne frega dell'interruzione dell'amico, e anche del fatto che Akemi continua a tirargli una manica per attirarne l'attenzione, e continua semplicemente ad esporre le sue assurde condizioni «Poi scrivi la tua seconda richiesta e dopo ti fai fuori.»
«Ammetto di avere qualche piccola riserva sul tuo modo di condurre le trattative...» borbotta Duncan, con la ridarella che tenta a tutti i costi di uscire, costringendolo così a dover tenere la testa china per non dover vedere l'espressione sicuramente comica del suo “aguzzino”.
«Questo è l'approccio iper-morbido.» scherza il maggiore, facendo l'occhiolino anche alla mocciosa ancora stretta al suo braccio.
«Si, si... farò così! Voi però andate via! Voglio stare da solo.» asserisce Kakashi, abbandonando pure l'ostaggio per accompagnarli alla porta. Scompiglia in un gesto affettuoso i capelli della ragazza prima di mandarla via, cosa che la sconcerta un po'.
Mentre si avviano in silenzio verso il vialetto asfaltato che lì condurrà verso l'ultima meta, sentono distintamente la voce allegra di Duncan provenire dalla casa «A stasera!»
Akemi procede con incertezza, continuando a voltarsi verso l'abitazione che si fa sempre più lontana. Sa bene che da quelle parti, per sicurezza, usano solo pallottole d'argento, e la paura di sentire il suono sordo dello sparo la manda nel panico. Pure Freki se ne accorge, fiutando senza sforzo l'odore della paura che emana la sua pelle. Così, come se fossero amici da sempre, le cinge le spalle con un braccio, avvolgendola completamente.
«Non preoccuparti, creatura non meglio identificata, starà benissimo. Kakashi ha spesso crisi di questo genere, ma poi non fa male a nessuno.» la rassicura, sorridendo dolcemente. Un sorriso strano se visto sul suo viso, così spigoloso e generalmente corrucciato in un'espressione di pura rabbia animale.
«Se lo dici tu...» borbotta la ragazza, lasciandosi guidare verso la scogliera. Per un istante l'idea che voglia buttarla di sotto e farla sfracellare su quegli enormi massi le passa per la testa, ma l'accantona nell'istante in cui l'uomo le lascia finalmente le spalle, superandola di qualche falcata. Fischietta pure, mettendosi le mani nelle tasche, allegro e tranquillo come non lo aveva mai visto.
«Come mai oggi sei tanto gentile con me?» la domanda le è sorta spontanea, e si sorprende nel vederlo girarsi con aria tranquilla e non furiosa. In fondo, quando lei apre bocca lui generalmente prova ad accopparla, quindi vederlo sorridere nuovamente la sorprende oltre ogni limite.
«La Luna di Sangue mi mette sempre di buon umore.» risponde con ovvietà il lupo, passeggianto sul pontile che unisce la costa alla scogliera. Si porta proprio sulla cima e butta qualcosa in mare, come dei croccantini per cani.
«Non avete una grande fantasia con i nomi, eh?» azzarda Akemi, ricevendo in risposta una sonora risata. “Così non è male...
«Assolutamente no.» risponde senza smettere di ridacchiare, per poi farsi serio di colpo. Guarda per qualche istante la ragazza, per poi voltarsi verso l'enorme distesa d'acqua che si staglia di fronte a loro ed urlare a pieni polmoni «DORY!»
Dopo quell'urlo disumano non succede assolutamente niente, e Freki rimane immobile a fissare il mare con sguardo ansioso.
Akemi lo affianca, seguendo il suo sguardo per capire cosa stia aspettando con tanta impazienza. Non notando assolutamente niente, decide di informarsi direttamente.
«Chi è Dory?»
Freki rimane in silenzio ad osservare il mare e, dopo una manciata di minuti, le sue labbra si tendono in un sorriso emozionato, come quello di un bambino che sta per ricevere un grande regalo.
«Lei.»
Un enorme serpente marino dalla pelle coriacea e squamata, solo la cui testa è grossa all'incirca come il ponte principale della Moby Dick, emerge dalle acque, puntando i due immortali con sguardo incuriosito.
Il corpo dell'enorme animale è ornato da infinite file di scaglie fortemente carenate, la cui colorazione è giallo sbiadito e rossastro, con una serie di disegni simili a diamanti di colore nero e celeste che percorrono tutto l'addome. Ha cinque creste dorsali bianche e tre resistenti corna sulla testa, due ai lati del muso quasi triangolare e uno sulla punta. Gli occhi hanno l'iride rosso sangue, cosa che le conferisce un'aria davvero terrificante. Le labbra sottile dell'enorme bocca sono di un violaceo tendente al nero, e se solo le socchiude mette in mostra delle acuminate zanne, grosse almeno quanto Freki, ognuna contenente una massiccia dose di veleno paralizzante. Immersa nell'acqua cristallina, si può intravedere la pinna caudale bianca.
«OH CRISTO
Akemi scatta all'indietro come una molla, inciampando maldestramente nei propri piedi e cadendo a terra, prendendo una sonora culata che fa innervosire l'enorme rettile.
Freki, che a stento trattiene una sonora risata di fronte alla sua goffaggine, si abbassa al suo livello e le mette una mano sulla spalla, imponendole di guardarlo negli occhi semplicemente aumentando la presa.
«Calmati mocciosa, è innocua. Certo, prima deve conoscerti, sennò rischi di diventare il suo spuntino.» prova ad usare un tono scherzoso e, sorprendente, funziona. Quando infatti la ragazza smette di tremare del tutto, si volta di nuovo verso il suo animaletto da compagnia, sorridendole allegramente «Dory, questa è Lilith... guarda quanto è piccola
L'animale inclina la testa di lato, mostrando una reale curiosità nei confronti della piccola amica del suo compagno di scorribande. Lo incontrò diversi secoli prima quando era appena uscita dal guscio, e non lo ha più abbandonato. Le infuse un tale senso di protezione che l'ha praticamente sedotta, motivo per cui si è messa a guardia delle acque che circondano l'isola, assieme a molti altri mostri marini.
«Non fare la maleducata, saluta!» sbotta di colpo Freki, tirando un sonoro e assai doloroso schiaffo sulla schiena della ragazza, guardandola in modo feroce.
«C- ciao Dory...?» balbetta insicura, quasi svenendo quando quell'enorme testa le si avvicina di colpo. Trema come se fosse preda di violente convulsioni quando l'animale comincia ad annusarla e tira fuori la lingua viola per sfiorarle il viso, e in un moto completamente istintivo nasconde il viso nel petto del tutore, allacciandogli pure un braccio attorno al collo. Con enorme sorpresa lo sente ridere di gusto, cosa che le impone di mollare la presa. Alzando un poco gli occhi nota che sta accarezzando dolcemente il muso di Dory, e che l'animale la sta guardando con ilarità.
«Le piaci.» afferma semplicemente Freki, togliendosi di tasca un gingillo d'oro che subito lancia in mare, facendo scattare la bestia, più che intenzionata a riportarglielo.
Akemi rimane immobile per terra, le braccia abbandonate lungo il corpo, un'espressione stralunata stampata in volto. I suoi occhi saettano senza sosta da Freki alla sagoma appena visibile del mostro che cerca l'oggetto. Non riesce a crederci, malgrado di stranezze ne abbia viste e sentite di tutti i colori. “Questa finisce direttamente sul podio!
«Direi che è meglio se vado. Si sta facendo tardi...» borbotta imbarazzata, alzandosi in piedi velocemente e pulendosi la lunga gonna rosa pastello. Tiene la testa bassa, incapace di sostenere ancora lo sguardo di quello strano uomo che adesso la sta fissando con curiosità.
«Ci vediamo alla cerimonia.» risponde Freki con eccezionale calma, tornando subito a fissare il mare. Quella sera anche lui avrà il suo bel da fare, e ora vuole solamente rilassarsi. Ne ha anche tutto il diritto, ad essere onesti.
Akemi fa per andarsene, ma dopo pochi passi si blocca. La testa china, le dita delle mani che si torturano l'un l'altra per il nervoso. «E se qualcosa andasse male?» domanda titubante, con il battito del cuore che accelera improvvisamente alla sola idea di fallire quell'importante prova.
«Tu non ci pensare.» risponde allegramente il lupo, voltando finalmente la testa verso di lei. I loro occhi s'incrociano per un breve istante, e il sorriso di Freki diventa incredibilmente luminoso e beffardo «Quando entri nella tenda, pensa che quando uscirai saranno tutte pecore!»

3

Di belle donne ce ne sono da buttare al mondo. Belle, disponibili, curiose di vivere l'esperienza di farsi un pirata per poi vantarsene con le amiche.
Pure Teach ha avuto il suo enorme colpo di fortuna, quando una biondina con le tette e il culo grossi gli si è avvicinata sensualmente e gli ha domandato se avesse avuto bisogno di un'infermiera quella notte. Il pirata non se l'è fatto ripetere due volte e le ha messo la lingua in gola e la mano in mezzo alle cosce, questo prima di caricarsela in spalla urlando di gioia e trascinarla nel vicolo dove scaricano l'immondizia dietro al locale. Cosa stiano facendo, nessuno lo vuole sapere. Gli piace immaginare che discutano di politica o giochino a carte, ma sanno quanto questo sia impossibile.
Alcuni comandanti della ciurma se ne stanno seduti al loro tavolo, bevendo e scherzando, mentre con un occhio tengono sottocontrollo i diversi membri della ciurma che sono venuti con loro. Civettano un po' con chiunque, e la cosa li fa ridere di gusto, ma buona parte della loro concentrazione è puntata esclusivamente su di loro. Ci sono infatti sette donne al bancone del bar. E solo belle. Dio, se sono belle! Gambe lunghe come un'autostrada, capelli raccolti in acconciature complicate, tutte con un paio di tette che ricordano molto quelle di Boa Hancok, volti così belli che sembra che li abbiano scolpiti gli angeli.

E adesso li guardano, muovendo sinuosamente i fianchi l'una sull'alta, toccandosi lascivamemte.
Tutti i presenti sarebbero davvero curiosi di vedere i loro occhi, coperti da spesse lenti scure, giusto per scoprire se hanno o meno qualche possibilità di essere toccati come stanno facendo tra loro.
Quando poi si accorgono del piccolo dettaglio che adorna i loro lunghi e diafani colli, l'eccitazione sale di più, grazie anche alle loro menti che sperano di poter mettere una catena a quei guinzagli borchiati.
Marco siede scompostamente sullo sgambello, continuando a bere dosi generose di un rum scadente. Non che si aspettasse molto quando erano entrati un paio d'ore prima, considerato lo squallore che li circondava, ma alla fin fine gli va bene. Un tavolo dove appoggiare da bere, sgabelli a sufficienza per far sedere i compagni e donne ubriache che gli volteggiano intorno, atteggiandosi in maniera imbarazzante.
Ace se ne è andato da un po' insieme ad una biondina promettente, affermando, seppur con poca convinzione, che la vita è una sola e va vissuta a pieno. Una specie di frecciatina ai due pirati dal cuore infranto, che si sono guardati a vicenda negli occhi.
Satch non è pronto ad andare avanti, a voltare pagina. Vorrebbe farlo, eccome, ma l'idea di toccare un corpo che non sia quello di Mimì gli dà semplicemente la nausea.
Per Marco, invece, la situazione è ben differente. Lui vuole assolutamente voltare pagina, liberarsi di quel fastidioso peso che gli grava sul cuore, rimarginare in qualunque modo quella fastidiosa e assai dolorosa ferita. E quale modo migliore se non andare con altre donne? Sono due quelle che adesso hanno attirato la sua attenzione, oltre alle intoccabili donne presumibilmente bisessuali che adesso non li degnano neanche di uno sguardo. Una ha dei lunghi capelli color cioccolato fuso, la pelle nera, così come i grandi e truccatissimi occhi da gatta. L'altra invece ha la pelle chiara come il latte, i capelli castani e gli occhi sottili di un dolce color caramello. Ambedue hanno una notevole caratteristica in comune, ovvero un paio tette decisamente enormi. Ed entrambe lo fissano, fanno sesso con lui solo con gli occhi.
Si può anche fare...
Si alza svogliatamente dal suo posto, finisce il contenuto del suo bicchiere e, barcollando, si dirige verso di loro.
Satch lo afferra prontamente per un polso, domandandogli dove sia diretto, se per caso si stia sentendo male, e la Fenice risponde seccatamente che vuole divertirsi e che non vuole rotture di palle.
Il quarto comandante storce la bocca a quella risposta, ma non controbatte. Sa bene che ognuno affronta il dolore a modo proprio e anche che l'alcol può aumentare quelle sensazioni sgradevoli, anziché cancellarle dalla mente.
Beve un sorso da un bicchiere a caso, pensando se sia o no il caso di andarsene in camera e farsi una lunga e salutare dormita, ma poi decide di rimanere con i compagni. In fondo non è una cosa da tutti i giorni vedere ben tre donne contendersi Namiur!

Nel frattempo, a bordo dell'imponente Moby Dick, ormeggiata nel porto principale senza problemi, due comandanti osservano dalla coffa il mare bagnato dai raggi della Luna Piena con sguardo rapito. Si tengono stretti l'un l'altra in un abbraccio affettuoso che non credevano che si sarebbero mai scambiati in pubblico. Poco conta il fatto che non ci sia nessuno nelle vicinanze, per loro è come stare davanti ad un'intera platea anche così. Però non gli importa.
«Il babbo sembra stare meglio...» afferma con un filo di voce Izo, parlando direttamente nell'orecchio della compagna.
Halta annuisce piano, senza dirgli che anche poco prima lo ha sentito singhiozzare nella sua stanza. Sa bene, forse per intuito femminile o semplicemente perché lo conosce da decenni, che non si mostrerà più vulnerabile davanti a loro, sia perché vuole rincuorarli sia perché deve difendere il proprio orgoglio. Ma sa anche altrettando bene quanto volesse bene ad Akemi, quanto fosse profondo il loro legame, seppur segnato da alti e bassi.
«Anche Marco pare essere migliorato in questa settimana.»
Per un attimo si sente quasi indispettita. Vorrebbe chiedergli se lui si riprenderebbe tanto facilmente dopo essersi rivelata un mostro affamato di carne umana, una bestia da abbattere a vista e che, dopo la fuga, fosse stata trovata morta stecchita su una spiaggia. Vorrebbe davvero chiederglielo per fargli capire che no, Marco non sta affatto bene, che sta solo fingendo come molti di loro stanno facendo, ma non lo fa. Renderlo consapevole di quanto quel dolore sia ancora inciso nei loro cuori sanguinanti non lo aiuterebbe. Perché anche lui soffre, seppur in completo silenzio, e lei lo sa.
«Presto tornerà tutto come prima.»
«Lo spero davvero...» finalmente risponde, stringendo maggiormente le mani attorno a quelle di lui. Da un mese si sta aggrappando a quell'idea, ma niente le sembra tornare come prima. Manca sempre qualcosa, quella scintilla di follia a cui si era tanto felicemente abituata, quelle stranezze giornaliere contro cui combattere, le risate e i battibecchi.
Vorrebbe mettersi a gridare con tutto il fiato che ha nei polmoni e anche di più, con la speranza di essere sentita dalla sorella morta, ovunque si trovi, e fare in modo di poterla vedere, anche da lontano, ma non lo fa. Non fa più tante cose, ormai. L'unica cosa che riesce a fare spontaneamente è stringersi ad Izo, alla sua ancora di salvezza da tutta quell'agonia.
Si volta a guardarlo, osservando i tratti decisi, la mascella squadrata e liscia, i capelli neri come la notte lasciati stranamente sciolti, gli occhi scuri e brillanti che la osservano a loro volta. Poi semplicemente gli si avvicina, piano, come se avesse paura di essere rifiutata, e finalmente poggia le labbra sulle sue in un bacio delicato.
Izo la stringe maggiormente a sé, ricambiando ardentemente mentre se la rigira tra le braccia. Mai avrebbe pensato di trovare in lei, la mascholina Halta, una compagna da poter sincermanete amare, con cui condividere il letto ogni notte, con cui potersi serenamente mettere a nudo, corpo ed anima. Invece è successo, e adesso non può far altro che ringraziare quell'anima dannata che li sta sicuramente osservando da qualche parte, magari ridacchiando tra sé e sé per l'ottimo lavoro svolto.
Un rumore stridulo attira improvvisamente l'attenzione di entrambi, che sciogono di colpo l'abbraccio. Si guardano attorno con attenzione, finché eccolo lì, il pipistrello che hanno visto spesso negli ultimi giorni. Lo stesso pipistrello troppo grosso e che vede benissimo alla luce del Sole. Solo il fatto che veda lo rende particolarmente speciale, così come il fatto che si muova in mare aperto.
«Dammi un secondo.» afferma bruscamente Izo, scansando la compagna con un movimento brusco del braccio. Impugna velocemente la pistola, prende la mira e preme il grilletto, centrando perfettamente il suo corpicino nero e peloso.
«Eliminato il problema!» escalma contento, voltandosi verso la compagna con un sorriso vittorioso in volto. Sorriso che però muore di fronte all'espressione sbigottita di Halta, che alza debolmente il braccio per indicarlo.
«È ancora vivo...» mormora, facendolo voltare «E ci sta fissando.»
Anche se a lunga distanza, Izo si accorge degli occhi glaciali della bestia che ancora vola tranquilla e per un attimo il suo cuore si blocca. Che la compagna non avesse poi tutti i torti? No, è impossibile. Sono solo stati soggezionati da quel maledetto libro, di cui presto si sbarazzerà.
«Che ne dici di andare a bere qualcosa con gli altri?» propone titubante Halta, che sta già scendendo dalla coffa a gran velocità.
«Come vuoi.»

Una camera sconosciuta, arredata con un grosso letto matrimoniale gigolante, una poltrona sfondata in un angolo e una cassettiera che non è ancora crollata per pura fortuna.
Ma a Marco non importava niente del dove, gli importava solamente di arrivare al dunque.
Adesso le mani scorrono febbrili sui corpi delle due donne che aveva avvicinato. Le bocche si cercano. I corpi sudati si aggrovigliano, madidi di sudore. Per la camera riecheggiano i gemiti rochi del trio, incapaci di controllarsi.
Marco non pensa più a niente, solo al piacere infinito che quelle due sconosciute riescono a dargli. Sa bene che quello è un sollievo momentaneo, che una volta tornato lucido torneranno anche tutti i suoi dolorosi pensieri e ricordi, ma adesso non gli importa niente. In fondo il detto dice che “chiodo scaccia chiodo”, quindi magari due chiodi riusciranno a scacciare quegli enormi chiodi che ha piantati nel cervello e nel cuore. Nel caso ciò non accada, non si farà problemi l'indomani pomeriggio a cercarsi altre donne ben disposte come quelle che si sta scopando adesso.
La ragazza dai brillanti capelli castani lo bacia con tutta la passione che ha in corpo, aspettando il proprio turno con trepidazione. L'amica, che continua a muoversi freneticamente sul bacino del biondo pirata, carezza lascivamente il suo corpo, provando così ad alzare il tasso erotico di quella piccante situazione.
A Marco in realtà frega poco o niente che raggiungano l'orgasmo, gli importa solo di stare bene per sé. E ciò non sarebbe neanche troppo difficile, se solo un corvo di sua conoscenza non beccasse sul vetro della finestra e li fissasse con tanta insistenza.
La Fenice lo guarda giusto per qualche istante, per poi voltarsi per tornare a concentrarsi sulle due. Che veda, che riferisca ciò che fa a chiunque li abbia tenuti sotto controllo fino a quel momento. Non gli importa di niente. Che lo vedano, che sappiano dov'è e vengano ad ucciderlo. Non gli importa.
L'unica cosa importante è scacciare quei maledetti chiodi.

4

La notte della Luna di Sangue, in cui i giovani cuccioli mutano per la prima volta entrando così nell'età adulta, avviene ogni sei mesi e tutti l'aspettano con trepidazione, talvolta scommettendo su quale sarà il giovane licantropo che ucciderà per primo.
La cerimonia consiste in una vera e propria caccia all'uomo per l'isola. I ragazzi vengono prima chiusi in una tenda, dove viene iniettato loro il siero che innesca la mutazione in lupo, e dopo vengono lanciati all'inseguimento, eccitati dall'odore del sangue delle vittime. Una volta uccisa la vittima dovranno annunciarlo con un ululato, dichiarando così a tutti quanti la propria forza.
Questa notte sono diciassette i ragazzi presenti, tra cui anche il figlio maggiore di Dana e Duncan, Ed. Lui, esattamente come tutti gli altri, non sta più nella pelle per l'emozione: potrebbe finalmente aver raggiunto il picco delle proprie capacità e potrebbe mutare per la prima volta, portando così orgoglio nei genitori. I fratelli lo guardano emozionati, perfetti nei loro abiti da cerimonia.
Akemi è spaventata a morte dall'idea di fallire, di non essere in grado di soddisfare le aspettative della sua famiglia e di tutti i presenti. Alcuni, i più folli, hanno pure scommesso su di lei!
La madre parla amichevolmente con alcuni dei presenti ed incoraggia altri partecipanti.
Killian e Freya girano attorno al recinto in cui sono stati rinchiusi diciassette umani, tutti terrorizzati alla vista dei vari mostri che li circondano. I due grossi lupi neri girano attorno a loro, snudando le zanne ad ogni loro movimento, costringendoli ad ammassarsi l'uno sull'altro, facendoli piangere per la disperazione.
Fenrir parla con Freki. Nessuno bada realmente a loro, nessuno li ascolta. Se lo facessero, sentirebbero quanto la situazione fuori dall'isola si stia facendo strana, scoprirebbero che Akemi è stata data per morta e che in alcune isole stanno accadendo cose bizzarre, come, per puro esempio, lo scoppio di una pericolosa epidemia che loro stessi debellarono secoli addietro.
Poi, per annunciare l'inizio dei giochi, i corvi si levano in volo, gracchiando con forza, e tutti si fermano. Fissano intensamente i ragazzi adesso tremanti, fermi davanti alle proprie tende. Se prima erano emozionati, adesso sono solo spaventati. Le possibilità di deludere le famiglie per la mancata mutazione sono alte, e nessuno di loro si sente più tanto sicuro di riuscire ad affrontare gli sguardi dei presenti nel caso dovesse essere costretto ad uscire dalla tenda sotto spoglie ancora umane.
Astrid si avvicina con passo calmo alla figlia, così come fanno tutti i tutori dei ragazzi. Le poggia le mani sulle spalle e la guarda con orgoglio e affetto, baciandole poi la fronte con delicatezza.
«Entra nella tenda.» le ordina parlando piano, facendo scivolare le mani dalle spalle alle sue mani.
«Ti potrei fare del male...» pigola la ragazza, puntando i piedi a terra, decisa a non muovere più neanche un passo. Sente di sfuggita una specie di ruggito giungere da un punto non troppo distante da sé e, voltando un poco lo sguardo, si accorge che Freki ha effetuato la muta in un batter d'occhio. È un esemplare particolarmente grosso, quasi al limite della loro stazza, con gli occhi che continuano a trasudare intelligenza e furbizia, cosa di cui invece non è capace il fratello, che sembra in tutto e per tutto un animale selvaggio e primitivo.
«Assolutamente no.» la voce calda e ferma della madre la riporta con i piedi per terra, facendola voltare di scatto. «Sono la tua Alfa, Lilith. Tu non puoi farmi del male. Sei troppo giovane e... debole per disobbedire ai miei ordini.» continua Astrid, sorridendole debolmente, provando nuovamente a condurla nella tenda.
Akemi però si blocca di nuovo, lanciando un'altra fugace occhiata verso l'enorme lupo nero dallo sguardo intelligente che ancora non le ha staccato gli occhi di dosso. Lo guarda in cerca di approvazione, fissandolo con timore crescente. Quando poi la bestia annuisce, si fa finalmente coraggio ed entra, preceduta dalla madre. Non c'è alcun tipo di arredamento all'interno, neanche il più misero.
La corvina si guarda attorno con aria circospetta, cercando di ignorare con tutta sé stessa quei nuovi dolori che sente propagarsi per tutto il corpo.
«Devo farti l'iniezione.» afferma di punto in bianco la donna, usando un tono di voce piatto ed estremamente impersonale.
Akemi la guarda dubbiosa, decidendo infine di fidarsi di lei. Sa cosa sta facendo, lo fa da secoli, e di certo non le farebbe mai del male. Reclina così il capo di lato, lasciando che i capelli scivolino sulla sua schiena, porgendole il collo pallido in cui viene inserita la piccola siringa.
«Se sei pronta alla muta, il tuo corpo reagirà a questa sostanza e muterai. Altrimenti, il tuo corpo la rifiuterà e cadrai in un sonno profondo per cinque giorni.»
Akemi ridacchia convulamente, cercando di non pensare più alla profonda delusione che le darebbe. Perché ha sentito poco prima i discorsi degli altri partecipanti, ha letto negli occhi di Ed la paura di fallire nuovamente e in quelli dei genitori la loro profonda e sviscerata speranza di riuscita. Non sa che alla madre non interessa niente, e che ancora meno importa a Fenrir. Forse quello a tenerci di più è il suo tutore, che non vede l'ora di poterla allenare sotto la loro vera forma.
Astrid lascia scivolare la tunica bianca sul corpo della figlia, mettendola a nudo, aspettando con il battito del cuore sempre più forte che accada qualcosa. Non le importa che muti o che cada in coma, ma deve vedere cosa accadrà. E dopo qualche minuto di attesa, quel qualcosa accade. Akemi si accascia a terra, le mani strette attorno alla testa che pulsa insopportabilmente mentre si allunga innaturalmente, il corpo che continua a tremare come in preda alle convunsioni, ricoperto di sudore.
Di colpo si sentono dei terribili ringhi gutturali risuonare per tutta l'isola, tutti liberati nel momento esatto in cui le prede vengono ferite ad un braccio e vengono lasciate andare.
Il viso di Akemi si allunga ulteriormente, così come il corpo. Le spalle si incurvano, braccia e gambe diventano sempre più lunghe e sottili. La pelle non riesce a reggere tale sforzo, così si squarcia, imbrattando di sangue la terra, impregnata anche delle massicce dosi di pelle caduta.
Peli chiari e sottili spuntano a vista d'occhio sul viso deforme e sulle mani, che si trasformano in zampe artigliate. La cassa toracica si allarga di colpo, la spina dorsale si spezza e si ricompone da sola.
Con le orecchie mostruosamente allungate riesce a catturare tutti i battiti cardiaci dei presenti nel raggio di almeno un chilometro, gli occhi neri come la notte le fanno vedere ogni imperfezione nella terra impregnata di sangue su cui è inginocchiata e l'olfatto sopraffino le impone di divorare i pezzi della sua stessa carne umana ancora caldi e fumani.
Astrid guarda la figlia con un certo orrore, cercando però di mascherarlo. Non è per quanto ha fatto, assolutamente. Lei mangiò sua madre e le sue due sorelline alla sua prima muta, e non se ne vergogna. No, è qualcos'altro a sconvolgerla, qualcosa che quasi, quasi le impone di tenere la sua adorata bambina nascosta al resto del mondo.
È brutta. Akemi è davvero brutta. Gracile, col pelo chiaro e sottile che ricorda i capelli di un vecchio decrepito, le zampe troppo lunghe e le ossa sporgenti.
È brutta, con quegli occhioni neri senza vita, così diversi da quelli dorati degli altri lupi.
È brutta, ha un odore diverso, un misto tra il morto dei vampiri e il cane bagnato dei licantropi.
È brutta, e ha paura che possano prenderla in giro una volta rivelata al mondo.
Le si avvicina piano, prendendole il muso deforme tra le mani delicate e guardandola dritto negli occhi «Andrà tutto bene, Lilith. Ce la farai, ne sono sicura.»
La giovane lupa annuisce poco convinta, incespicando nelle proprie zampe per riuscire ad avanzare. Le risulta difficile muoversi su quattro zampe adesso, ma dovrà farci i conti velocemente se vuole vincere. E lei vuole vincere. Vuole mostrare a tutte quelle creature di che pasta è fatta, che può essere sia un pirata che una sottospecie di licantropo, che può portare avanti il nome di suo padre con fierezza. Certo, le risate sguainate dei compagni non appena la vedono uscire dalla tenda non sono delle più incoraggianti. Anche i pivellini ridono di lei, apostrofandola come “lupo del deserto”, ovvero come “piccolo coyote rachitico da tenere di poco conto”.
Abbassa il muso guaendo, le orecchie ben tirate indietro per la vergogna, ma è costretta a rialzarsi quando Freki, forte e fiero come pochi, le dà una pacca sulla spalla col muso, convincendola così a prendere parte alla festa, a mostrare a quel branco di lattanti che lei, Lilith “Akemi” Lothbrook, può farcela, che è in grado di cacciare tanto quanto loro. Certo, Akemi non sa che il mannaro millenario la seguirà nell'ombra, che controllerà che nessuno le dia contro per dispetto, ma questo è un altro paio di maniche.
«Le prede hanno raggiunto la linea. Partite tra tre... due... VIA!»
I vari lupi partono alla carica, fiutando le tracce disseminate da quei poveri umani che fino a poche ore prima conducevano una vita tranquilla e lieta, e che adesso non potranno mai più tornare alle loro famiglie.
Il primo a fare centro, grazie alla sua sorprendente velocità, è Ed, che finalmente è riuscito a mutare, mostrando una stazza notevole. Rimane in piedi sulla carcassa del grasso fornaio che è riuscito ad atterrare ed ulula con tutto il fiato che ha nei polmoni per far capire a tutti che ci è riuscito, che è un lupo a tutti gli effetti, che merita di poter di servire Fenrir nel momento del bisogno.
Sono tanti poi gli ululati che irrompono nella notte, ma nessuno di quelli appartiene ad Akemi. Lo riconoscerebbero tra mille, così stridulo e fuori luogo, tanto da ricordare loro un cane che viene strozzato anziché un vero lupo. Fenrir dice che lavoreranno anche su quello, ma in realtà non è un grande problema. Il problema sorge solo se non riesce a cacciare da sola.
Ma lei è riuscita a cacciare, solo che non ha dato la lieta notizia. Si è messa piuttosto a girare attorno al fabbro che è riuscita a trovare, snudando le zanne ogni volta che i loro occhi s'incrociano. Lo vuole spaventare, lo vuole terrorizzare. Vuole che arrivi a supplicarla di ucciderlo, così come fece nelle tre settimane in solitaria.
Sente il respiro pesante di Freki tra la vegetazione e, alzando un poco il muso, si accorge che questa sua barbarie non è molto gradita.
Il grosso lupo nero l'avvicina, ululando per segnalare al branco la propria posizione, poi semplicemente affonda le zanne nella gola del povero disgraziato, uccidendolo in pochissimi secondi.
«Perché l'hai fatto?! Avevo tutto sotto controllo!» i loro sono solo dei latrati se ascoltati da orecchio umano, ma per loro hanno completamente senso. Certo, preferiscono evitare grandi conversazioni durante le battute di caccia, ma si arriva a dei momenti in cui sono inevitabili.
«Ti stavi divertendo a torturarlo. Non è a questo che serve la Luna di Sangue.» la rimprovera aspramente, facendola guaire. Ha ben capito Akemi che è lui a comandare, che le è superiore e che quindi non può alzare troppo la cresta con lui. Non vuole certo rischiare un'altra scarica di botte!
«Che ne facciamo...?» guaisce la lupa, spostando col muso la carcassa in direzione del lupo, che a sua volta piega la testa di lato con fare confuso.
«È roba tua. Mangia.» abbaia in risposta con una certa allegria, poggiando con un tonfo il posteriore a terra, pronto a godersi lo spettacolo. Un cucciolo che per la prima volta deve sbranare un corpo in completa autonomia lo ha sempre divertito un mondo.
«Mi tieni compagnia?»
Questo Freki non se lo aspettava minimamente. Si sarebbe aspettato che andasse su tutte le furie come al solito, che si rifiutasse, invece si dimostra stranamente docile, arrendevole e continua ad offrirgli la sua preda con gentilezza, spostandola con la punta del muso insanguinato.
Brutta quanto gentile.
Il grande lupo accetta quel bizzarro invito a cena e subito affonda le zanne nella carcassa del povero disgraziato, sventrandolo come un pesce e facendone uscire le interiora, che divora senza tanti complimenti.
Akemi preferisce mangiare la parte più in superficie, evitando accuratamente gli organi interni che ancora le fanno ribaltare lo stomaco, fino al momento in cui il muso tozzo e brutale del millenario non le fa rotolare sotto al naso il cuore ancora grondante di sangue della vittima. Un gesto dolce da parte sua, molto dolce, e Akemi si scioglie come neve al sole, abbracciando completamente le loro bizzarre usanze, lasciando che quell'enorme lupo le trotti attorno per giocare come se fossero due cuccioli.
È tutto perfetto. Tutto assolutamente perfetto, ora. Nessun pensiero le sfiora la mente, eccetto uno, per quanto errato possa essere:Sono un lupo mannaro!

Li hanno aspettati più del dovuto per la consegna del medaglione, simbolo che adesso pure lei fa ufficialmente parte del branco. Fenrir gliene aveva creato uno a posta: la pietra che li deve distinguere è stata mischiata, in modo da rendere ufficiale il suo legame con entrambe le razze.
Li hanno cercati a lungo mentre aiutavano a raccattare i corpi dilaniati di quei poveri umini, assistendo ai vari scempi che le giovani leve sono state in grado di compiere. Alcuni di loro andranno tenuti sotto stretta osservazione, ha appurato l'Imperatore, ma ad Astrid non importa. Voleva solo ritrovare la sua piccola, probabilmente nascosta e spaventata per ciò che ha fatto.
Adesso, invece, li osservano dall'alto, in piedi sul ramo di una forte quercia centenaria. Li osservano e non riescono a capacitarsi di come un omicidio sia stato in grado di unirli tanto. Era sicura, Astrid, che affiancandole Freki non avrebbe avuto alcuna distrazione, invece adesso deve ricredersi: la sua piccola Lilith dorme beata, nuda come l'ha messa al mondo, tra le braccia possenti di Freki, entrambi vicini al cadavere smembrato del fabbro ricoperto di mosche.
«La cosa non mi piace.» ringhia a denti stretti la donna, storcendo il naso in segno di disapprovazione.
«Perché?» le domanda disinteressatamente il maggiore, vagamente contento che si sia finalmente integrata anche con uno dei più difficili da avvicinare.
«Perché potrebbe portarmela via.»
«È stato il pirata a portartela via, Astrid. Non Freki. Lui la sta solo aiutando.» abbassa lo sguardo su di loro e sorride nel vedere il braccio forte del suo Beta stringersi maggiormenta attorno al corpo esile della nipote in segno di protezione «E la sta aiutando egregiamente, credimi.»
Alza poi gli occhi sulla compagna, notando che però c'è qualcos'altro che la preoccupa, qualcosa che, nella sua testolina contorta, è assai ben più grave.
«Mi dici cosa ti preoccupare realmente? Lei è qui, sta benissimo. Tra qualche tempo metteremo in atto il piano e tutto si sistemerà.» prova a rassicurarla, prendendole una mano sottile tra le sue, infondendole così un poco del suo calore contagioso «Che è successo?»
«Devo dirti una cosa importante... e non so come fare.» si volta verso di lui, guardandolo con le lacrime agli occhi. Gli afferra entrambe le mani con decisione e se le poggia sul ventre piatto e forte, senza mai interrompere il contatto visivo «Porto in grembo i nostri figli



Angolo dell'autrice:
Ma buon salve a tutti, biscottini miei! Mi siete mancati :(
Beh, non so neanche da dove partire. I BBboys si stanno riprendendo. Piano, ma si riprendono. In particolar modo Marco, che non ha idea di quanto scompiglio portera la sua decisione. Io, personalmemte, sono dalla sua! Ah, prima che mi dimentichi: non ho mai scritto di roba a tre, quindi non ho idea di come possa essere venuto fuori... magari nel sequel -già in cantiere da qualche settimana- mi darete qualche dritta in più!
Poi...mmmh... niente di che. Freki quando è calmo è un vero pasticcino :3 certo, fargli partire i cinque minuti è un vento, si impiega più tempo a sputare per terra, ma chissene.
La gravidanza insapettata... ehhh, avete avuto paura per Halta, eh? Invece no! È quella stronzetta di Astrid che è rimasta fregata! Doppiamente, anche! I nomi dei cuccioli sono già scelti. Scelta dura, a dire il vero, però ormai definitiva.
Poi, importante: la trasformazione di Akemi! Si, perché adesso è per 2/3 una licantropa (occhio sempre a quel 1/3 dove è racchiuso totalmente il caratteraccio del padre e la sua smania sessuale infinita) e come tale dovrebbe comportarsi, accettando regole che le vanno assai strette e, soprattutto, dovrebbe accettare ciò che il proprio Alfa ordina. Ma si sa, è giovane: FUCK THE RULES!
Bene, adesso vi presento la nostra protagonista quando si trasforma: http://it.tinypic.com/r/29zehz/8 http://it.tinypic.com/r/2h867i8/8
Ebbene si: È REMUS LUPIN! X”D Uno dei pochi licantropi che mi sia piaciuto. u.u
Mentre, giusto per essere chiari, gli altri sono bene o male come questo disegno: http://it.tinypic.com/r/2me4qxj/8
C'è una lieve differenza, eh? XD

Un grazie di tutto cuore a Lucyvanplet93, Chie_Haruka, Aliaaara, Aceko_san, KuRaMa faN, Monkey_D_Alyce, Yellow Canadair (sei stata la trecentesima *w*), Okami D Anima, Keyra Hanako D Hono e ankoku per le magnifiche recensioni! Giuro, senza di voi questa storia non andrebbe avanti
Ci tengo anche a ringraziare Aceko_san, ankoku, Asiietta, Caren96, Carmen988, Chie_Haruka, Dark_witch3, D_ann, erica0501, eve vane 90, FemPhoe, FireFirstAce, giada1999, Incantatrice_Violeta, jess chan, Jollyna, Keyra Hanako D Hono, KuRaMa faN, Law_Death, Mitsuni, Mizutsuki_Chan, Monkey_D_Alyce, Okami D Anima, Portgas D SaRa, Phoenix_Sara, Portgas D SaRa, Portuguese D Ice, reachid, Rosa_Linda, Scarlet_D_Rose, Shot93, Skull, SmyleCathy, SunshineKiki, Trafalgar Revy, TRAFALGAR_SARA, Yellow Canadair, zomimanganana e ___Ace per aver messo la storia nelle preferite; Hinata Uchiha Arclight, Law_Death, naikechan, Okami D Anima, Portuguese D Ice, Rain_and_Alex, Shot93 e SunshineKiki per averla messa tra le ricordate; AceDPortogas, Aliaaara, anis12, Azzu___, Balalaika_, Chie_Haruka, dragon_queen, Ecatilla, eveeyu, evy88, filbea94, FireFirtsAce, girosolomina, giulik_93, GothicLolita96, iaki46, Ikki, iewnwcaccin_, KuRaMa faN, LallaOrlando, Law_Death, leonedifuoco, Lucyvanplet93, Lunaix, mileace99, Mizutsuki_Chan, Nakurami, OrderMade96, original_doll, Portuguese D Ice, Puffetta96, Redangel19, rosy03, Shot93, SmyleCathy, SunshineKiki, SuperfanShiho, TheLadyVampire97, Trafalgar Revy, Travel_dream_love, valepassion95, Vidalita, Yellow Canadair, Zefiria BlackIce, zorina98, _K a r i n, _Bianconiglio_, _Lawliet e _miaoo_ per averla messa tra le seguite.
Mi piacerebbe moltissimo avere un vostro parere a riguardo :3 Pleaseee!
Un grazie va anche a chi solo legge gli aggiornamenti :) ♥ Siete dei tesori!

Bene, adesso vi lascio con uno special! Ci voleva d'altra parte. È troppo che non vediamo il nostro caro e dolce Peter :)
La scena di tortura è tratta da Vikings, che vi consiglio vivamente di vedere.
Spero che possa piacervi! Sapete che non sono poi questa cosa nelle scene di lotta/splatter...e la cosa mi manda in bestia perché mi piacciono!
Ok, basta. Sto divagando!

A presto, un bacione
Kiki ♥

 

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Ha programmato ogni cosa nei dettagli.
È riuscito a portare i Dragoni dalla sua parte, a piegarli al suo volere, in modo tale da poter agire più liberamente, di potersi spostare con una vera scorta al seguito.
È riuscito a crearsi un nuovo esercito di lupi mannari assetati di sangue quanto lui, delle perfette vittime da sacrificare per portare a termine la sua vendetta.
È riuscito a ricreare quel virus contro cui lui stesso ha combattuto, in modo tale da poter cancellare la razza umana dalla faccia della terra. O, nel caso gli girasse particolarmente bene, per poterla schiavizzare.
Ma qualcosa sta andando contro i suoi calcoli... qualcosa si sta muovendo nell'ombra, e lui non riesce a capire cosa. Per quanto i suoi occhi siano perfetti per vedere nel buio più totale, questa ombra pare essere troppo abile anche per lui.
È infatti riuscita a far saltare in aria un covo, togliendogli un quarto dei suoi Dragoni. Gli esperti hanno detto che si è trattato di una specie di corto circuito o una fuoriuscita di gas, ma lui non è tanto stupido da crederci. Sa bene che qualcuno ci ha messo le mani, ma proprio non sa chi.
Quella stessa ombra è riuscita a far fuori diversi lupi, impalando le loro teste all'ingiù. Ha pure scritto con i loro corpi mutilati che non entreranno nel Valhalla.
Sta riuscendo a debellare di nuovo quel virus e sta facendo in modo tale che nessuna nave faccia porto sulle isole infette. Da quel che ha saputo, pure il Governo Mondiale è stato avvertito di questa minaccia e le isole sono state messe immediatamente in quarantena.
Tutto questo è cominciato da quando ha riesumato quel maledetto cadavere. O meglio, quando i suoi uomini lo hanno riesumato. Lo diceva che erano strani, che i loro occhi avevano qualcosa, ma stupidamente non gli ha dato peso e li ha semplicemente ammazzati. Sapevano troppo, erano diventati un fardello.
Poi ha saputo della morte della creatura. Ecco, questo gli è sembrato strano. Come può una creatura del genere morire per annegamento? Come può morire quando i suoi guardiani erano riusciti a portarla in salvo sulla loro bagnarola?
Non riesce a spiegarsi niente di tutto questo. Per quanto ci ragioni, per quanto la sua mente sia acuta e penetrante, proprio non riesce a risolvere questi enigmi. Forse ci riuscirebbe se il dolore non fosse tanto forte. Dolore non per questi eventi in sé, no, li può tollerare. Il dolore è dovuto alla scoperta avvenuta pochi giorni addietro, dopo la riesumazione del corpo. Ha scoperto una verità sconcertante, di cui adesso delle anime innocenti dovranno pagare il prezzo.
La città brucia, le strade sono intrise del sangue delle vittime scelte da Peter e i suoi tirapiedi. I corvi gracchiano fastidiosamente mentre banchettano con le carcasse, guardando con diffidenza i lupi.
Sono tutti radunati in cerchio attorno al palco di legno che Peter ha personalmente costruito, e lo fissano con un certo timore. Sono pochi, tra loro, a sapere come si svolgerà quella cerimonia, e la cosa non li rallegra per niente.
Peter guarda in alto, maledice gli déi che si sono presi tanto beffe di lui. Si gira piano il coltello tra le mani, abbassando lo sguardo. Osserva la schiena nuda del ragazzino di fronte a sé.
«Tu sei uguale a lui...» mormora con un filo di voce, avvicinandoglisi.
Gli gira attorno, il coltello arrugginito stretto in mano. Il ragazzo trema e piange. I polsi gli fanno male per colpa dei lacci troppo stretti. Alza appena gli occhi sull'uomo che adesso ha di fronte, ma subito li riabbassa. Ha troppa paura per poterlo guardare in volto.
«Quando ero piccolo, tutti mi odiavano.» afferma con voce roca, camminando in circolo attorno al piccolo. Lo guarda con aria derisoria, mentre il suo seguito freme per poter affondare le zanne nella sua tenera carne. Si accovaccia poi di fronte a lui, alzandogli lo sguardo mettendogli il coltello sotto al mento «La mia mamma era una puttana, sai? Faceva sesso per soldi. Avevo altri fratelli e sorelle, ma nessuno di loro era come me. Loro erano più coloriti e meno fragili... le persone non li detestavano come detestavano me. A loro non lanciavano i sassi. Dicevano che ero il figlio di un mostro... e avevano ragione. Solo che io non lo sapevo.»
Posa la lama sulla sua guancia paffutella e preme, squarciandogli la carne e lasciando che il sangue sgorghi. Si imprime nella mente la sua smorfia di dolore, mentre con l'udito ascolta la melodia che producono i ringhi gutturali e famelici dei suoi sottoposti.
Gli afferra con decisione il mento tra le dita affusolate, costringendolo a guardarlo negli occhi «Un bambino uguale a te mi lanciò una freccia nello stomaco, un giorno. Io ero andato a caccia per portare qualcosa di decente in tavola, e questo moccioso, assieme a suo fratello, scoccò volontariamente la freccia contro di me.»
«MA NON SONO STATO IO!» urla il piccolo in preda al panico, mentre i pantaloncini gli diventano improvvisamente bagnati e appiccicosi. Guardando quei pozzi neri senza fondo riesce a vedere chiaramente il male. Quel male di cui parlano le favole, quelle che narrano dell'uomo-nero, del Babau. Lo vede e trema, consapevole che niente e nessuno impedirà a quel male tanto reale di toccarlo.
«No, certo che no...» sorride Peter, ergendosi in tutta la sua altezza di fronte a quel piccolo e tremante marmocchio. Gli passa una mano tra i capelli spettinati e impregnati di sudore, riportandosi alle sue spalle «Quel bambino è morto da secoli, ormai.» aggiunge subito dopo, giocherellando col coltello. I suoi occhi infine si posano sulla schiena nuda del bambino, e una nuova, brillante luce sinistra attraversa i suoi occhi neri come la notte «Ma tu me lo ricordi molto.»
«Mio Signore...» prova a richiamarlo uno dei suoi nuovi alleati, tremando. Pur conoscendolo da pochi giorni, ha ben capito che provare a contraddirlo è forse l'errore più sciocco che si possa commettere. Ma lui doveva almeno provarci.
Per sua fortuna, però, Peter non lo ha nemmeno sentito. Tutti i suoi sensi sono completamente magnetizzati dalla schiena madida di sudore del ragazzino.
«Ti farò l'Aquila di Sangue sulla schiena...» affonda lentamente il pugnale nella carne, facendolo salire piano, su, su fino alle scapole. Osserva con bramosia il sangue che cola lento e vischioso, i rivoli che si diramano sotto di lui, sorridendo quando qualche schizzo gli imbratta il viso pallido «...e la tua cassa toracica si aprirà.»
Il bambino urla disperato, incapace di muoversi, incapace di mettersi in salvo. Non può far altro che chiedersi perché gli stia facendo una cosa simile, cosa gli abbia fatto di male. Prima di tutto quel caos, prima del fuoco e del sangue, lui stava cenando con la sua famiglia. Suo padre stava a capotavola e gli stava passando un pezzo di pane. La madre imboccava la sorellina, pulendole il mento con un fazzoletto bianco. Poi sono cominciati i primi schiamazzi, le prime urla. Lì per lì avevano pensato che si trattasse di una ciurma pirata, così il padre aveva imbracciato il fucile, pronto a difendere la famiglia. Ma poi la bestia è entrata. Aveva grosse fauci piene di carne e sangue, occhi dorati e zanne affilate. Era più grosso di un comune lupo, più mostruoso e vorace. Ha afferrato per prima la mamma, azzannandola alla gola e staccandole la testa. Poi è toccato alla bambina, che nel frattempo aveva cominciato a piangere disperata. I proiettili del fucile non sortivano alcun effetto sulla bestia ringhiante. Poi è entrato lui, calmo ed elegante, e la bestia si è inchinata ai suoi piedi, offrendogli la gola e il ventre in segno di sottomissione. Il padre continuava a pregare, e lui rideva.
“Il tuo Dio non è qui.” ha affermato, prendendolo per la gola “Il tuo Dio mi teme.” ha insistito, spaccandogli la testa contro la parete. Il sangue è schizzato ovunque, anche sul giovane ragazzino che adesso si ritrova con le braccia protese verso l'alto, i polsi legati e la schiena squarciata.
Peter, accecato dall'odio, non si rende neanche conto di cosa sta facendo. Vede e non vede. Sente e non sente. Sa solamente che il mondo intero la deve pagare per l'affronto subito, a cominciare dal moccioso che continua a pregarlo di lasciarlo andare.
Quante volte ho pregato io? Quante volte ho supplicato che gli altri mi lasciassero stare, che mi dessero un po' di pace?” le sue mani, pallide e delicate, carezzano appena il manico dell'ascia, per poi impugnarla con più decisione.
L'Aquila di Sangue è una pratica talmente violenta e riprovevole da essere stata bandita. Nessuno da secoli ha più osato metterla in atto. Adesso i suoi schiavi -perché altro non sono che schiavi- lo guardano con orrore crescente, con la speranza che si fermi e che gli dia semplicemente quel fanciullo in pasto.
Ma Peter non lo fa. Non ha alcuna intenzione di fermarsi, di interrompere quella cerimonia.
Con un colpo secco spacca le costole del ragazzo con l'ascia, separandole dalla spina dorsale senza però ucciderlo. Il difficile di questa tortura è proprio questa, in effetti: mantenere la vittima in vita fino alla fine, quando gli vengono estratti i polmoni da queste enormi, sanguinanti ferite e vengono appoggiati sulle spalle, in modo che sembrino le ali piegate di una grande aquila.
Il sangue schizza, il bambino diventa ad ogni secondo che passa più pallido. È in bilico tra la vita e la morte, incapace di compiere quel passo che porrà fine a quell'agonia. Ed è solo per colpa di Peter che non riesce a compierlo.
I vari licantropi presenti non riescono a guardare quel macabro spettacolo, voltandosi o abbassando lo sguardo sul terreno polveroso ed insanguinato. Loro volevano tutto quello, volevano l'immortalità e tutto ciò che ne conseguiva, ma non avevano preso in considerazione che lui, Peter Bàthory, un ragazzo dal viso d'angelo, fosse capace di cose simili.
Si voltano solamente quando si accorgono che il cuore del povero martire ha finalmente cessato di battere, vedendo con orrore i suoi polmoni poggiati sulle sue spalle, grondanti di sangue.

Peter, statuario come sempre, tiene in mano la spina dorsale che gli ha strappato. La alza in alto, come a voler dimostrare a tutti, anche ai suoi antichi déi, che lui è il più forte e il più cattivo, che è capace di ogni cosa, anche di prendersi quel trono che gli spetta di diritto.

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