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Autore: Damon Salvatore_Cit    04/09/2014    0 recensioni
[Justin Timberlake]
Questa storia tratta di una giovane ragazza che sogna di diventare la ballerina numero uno al mondo, e nel tentativo di esaudire questo suo sogno maturerà e crescerà anche grazie alle avventure e alle dure prove a cui la metterà davanti la vita. Come la perdita di persone care, l'amore vero, l'inganno, il tradimento, le difficoltà familiari e tanto altro.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 50 Cent, Altri, Justin Timberlake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il lunedì seguente il litigio in discoteca con Serena e le altre, Francis ricevette una telefonata dal direttore della scuola di ballo Alcamy che la invitava a raggiungere la direzione dell’istituto entro le ore 12.00 di quello stesso giorno.
La ragazza decise di non dire nulla all’amica Emma perché sapeva che si sarebbe allarmata, così spense il proprio cellulare per risultare irrintracciabile e dopo una doccia si recò alla scuola in perfetto orario.
Sapeva già a cosa stava andando incontro, non era la prima volta che la mandavano a chiamare per questo genere di cose, Francis era sempre stata una ragazza che si metteva nei guai facilmente e non faceva nulla per cambiare le cose, nonostante le varie preoccupazioni di Emma e della propria famiglia, che di tanto in tanto veniva richiamata dal direttore per i suoi comportamenti poco raccomandabili.
[…]
Francis possedeva una motocicletta Cagiva Mito SP525 di colore nera, che le era stata regalata da suo fratello Luigi il giorno del suo diciottesimo compleanno, nonostante il padre si opponesse a questo regalo. Ma Francis pareva avere una dote innata nel guidare le moto, o le auto, nonostante la sua giovane età guidava alla perfezione e forse a volte anche un po’ spericolatamente e suo padre lo sapeva bene.
Nonostante ciò, però non aveva mai avuto incidenti degni di nota, amava quella moto e ne era molto legata, soprattutto perché le era stata regalata dal suo amato fratello maggiore.
[…]
La parcheggiò nel cortile della scuola, e togliendosi il casco si diede un’occhiata intorno e quel giorno il parcheggio era abbastanza affollato, ma fu solo quando vide l’auto di Emma parcheggiata a pochi metri dalla sua moto che le venne l’istinto di tornarsene a casa.
Alzò gli occhi al cielo e sbuffò pesantemente, cercando di far scivolare via la tensione che le era salita alla visione di quell’auto, potendo già immaginare le storie che le avrebbe fatto Emma appena l’avrebbe vista.
Portò il casco con sé e ripose le chiavi della moto nella tasca dei Jeans, poi però preferì metterle nella tasca del giubbotto di ecopelle nero che indossava.
Fortunatamente era sola in ascensore, era molto irritata, e non aveva alcuna voglia di incontrare altre persone. Il fatto che ci fosse anche Emma non le piaceva, non voleva che l’amica venisse coinvolta in questo genere di cose, perché sapeva quanto avesse faticato la sua famiglia per farle permettere quella scuola, anche se secondo i proprio parere, non ne aveva alcun bisogno. Moltissime persone avevano sempre sostenuto che Emma era una ballerina eccezionale e bravissima, anche più di Francis, e questo non le aveva mai causato alcun problema, anzi ne era molto felice e fiera.
La famiglia di Emma non era ricca quanto la sua, e non voleva crearle problemi che potessero farle rischiare l’espulsione.
[…]
Mentre si perdeva in questi suoi pensieri, l’ascensore arrivò al piano dello studio del direttore.
Non appena le porte dell’ascensore si aprirono, vide una lunga coda d’avanti la porta dello studio tra cui Emma, Serena e le altre tre ragazze, compresa quella che aveva colpito la sera prima.
La cosa che le saltò subito all’occhio, era che Roberta, la ragazza colpita da Francis, aveva una medicazione molto vistosa e assolutamente esagerata per il piccolo taglio che le aveva procurato la sera precedente.
Capì immediatamente che era tutta una farsa e che si stavano impegnando molto per far risultare la questione molto più grossa di quella che era in realtà.
Non trattenne una risatina amara e nervosa, quando si avvicinò alle ragazze.
Serena sorrideva di sottecchi con cattiveria fissandola intensamente mentre era seduta accanto all’amica.
- Non ti sembra esagerata una fasciatura simile per un graffio?
- Graffio? Come osi? Mi hai colpito con violenza!!
- Forse non troppa…
- Smettetela adesso!!
Urlò Emma che andò subito incontro a Francis che si voltò a guardarla, cercando di mascherare la preoccupazione che aveva per lei.
- Il direttore tra poco vi farà entrare, cercate di darvi una regolata, adesso.
Continuò la ragazza, alzando il tono di voce imponendosi sulle altre.
- Cosa ci fai tu qui? Non c’entri nulla.
Esclamò Francis visibilmente irritata, sbuffò poggiando le mani sui fianchi e rivolgendo la sua totale attenzione ad Emma.
- Stamattina ho ricevuto una telefonata dal direttore che mi chiedeva informazioni sull’accaduto. Sono una testimone dei fatti. Ho provato a rintracciarti dalle otto di stamattina, ma hai il cellulare spento.
- Testimone? C’è stato un omicidio?
Francis cominciava ad infastidirsi, e non sopportava il polverone che si stava alzando attorno a questa storia, già gonfiata troppo da Serena e le altre.
- Non scherzare Francis!
- Mi fai paura quando mi chiami col mio nome completo…
- Smettila ho detto! Capisci che ho rischiato di essere espulsa a causa tua e di questo tuo caratteraccio?
- Non ti eri mai lamentata del mio carattere.
Le rispose a tono Francis.
- Non finché creasse problemi a me e alla mia vita. Sai bene quanto mi è costato entrare qui dentro.
- Smettila con questa storia! Sappiamo entrambe che è un tuo capriccio la scuola di ballo, tu non ne hai bisogno, hai talento, e tutto quello che ti dicono qui lo sai già, è dentro di te! Falla finita e non scaricare sempre tutte le colpe su di me! Se per te sono un pericolo, allora stammi alla larga!
Le parole di Francis furono dure e pungenti, ed Emma non riuscì a dire nulla, né ebbe il tempo per farlo; in quel momento la porta dello studio del direttore si aprì e la sua segretaria chiamò Francis, Roberta e Serena facendole accomodare.
- Prego, signore, il direttore vi attende. Voi altre potete andare, il direttore vi ringrazia per le vostre testimonianze di stamattina e vi augura una buona giornata.
Emma visibilmente dispiaciuta si voltò a guardarle entrare, sperando di incrociare lo sguardo dell’amica, ma Francis entrò senza voltarsi.
[…]
- Signore, immagino sappiate il motivo per cui vi ho mandato a chiamare.
Disse con tono autorevole il direttore, poi si voltò verso Roberta e osservò la sua fasciatura.
- Ti ha colpito con una mazza o con un pugno, figliola?
Conoscendo già i fatti, anche il direttore si stupì di quella fasciatura esagerata.
Francis sbottò in un risolino, spostando lo sguardo altrove, e restò poggiata con le spalle alla porta, catturando così l’attenzione del direttore.
- Venga avanti signorina De Laurentiis, si segga.
Francis anche se controvoglia fece come le chiese il direttore, che dopodiché tornò a guardare Roberta.
- Con un pugno, signor direttore, ma è stato così forte che mi si è gonfiato mezzo volto, la fasciatura me l’ha ordinata il dottore che mi ha medicato la ferita.
- La ferita? E’ profonda?
- Molto.
Rispose Serena alla domanda del Direttore. La ragazza aveva le braccia incrociate sotto al petto con un’espressione seria e determinata sul volto.
- E mi dica, signorina Serena Deledda… lei perché era presente all’accaduto?
- Beh… io e la signorina De Laurentiis stavamo avendo un piccolo diverbio, quando improvvisamente si è infuriata e ha dato un pugno in pieno volto alla mia amica.
- Così di punto in bianco? Eppure la signorina De Laurentiis non soffre di nessun disturbo psichiatrico a quanto mi hanno riferito gli psicologi della scuola. Vorrà dire che mi hanno mentito… oppure è lei a mentirmi… perché qualcosa l’avrà provocata.
- Abbiamo testimoni, signor direttore che confermerebbero la nostra versione.
- E quanto li hai pagati?
Rispose in tono acido Francis, restando con lo sguardo fisso su un punto della scrivania del direttore, il quale fermò sul nascere quella discussione.
- Non importa. Ciò che conta è che lei, signorina Grambisio si rimetta al più presto. Ora se permettete, vorrei scambiare due parole con la signorina De Laurentiis da solo. Vi ringrazio per essere venute.
Le due ragazze si guardarono all’unisono sorprendendosi della breve durata del colloquio col direttore, poi fecero come gli fu chiesto ed uscirono.
All’uscita si imbatterono in Emma che era rimasta lì fuori seduta ad aspettare, e per l’agitazione si era mangiucchiata le unghie delle mani.
- Allora? Cosa vi ha detto? Perché è già finito? Dov’è Francis?
Le due ragazze la sorpassarono e Serena sorridendo cattivamente, le rispose:
- Credo che la tua amica sia in seri problemi, il direttore è voluto restare solo con lei.
Sbottò in una risatina irritante, poi andò via insieme alle altre.
- Ciao, ciao Emma…
L’agitazione di Emma si moltiplicò alle parole di Serena, e rimase a guardarle andar via, con un espressione preoccupata sul volto e a bocca semi-aperta.
[…]
- Entrambi conosciamo il suo potenziale, signorina De Laurentiis. Lei è l’unica della sua età ad aver avuto esperienze lavorative più uniche che rare. E’ stata coreografa di molti video musicali di artisti per eccellenza, ed ha anche avuto l’opportunità di imparare dal maestro Michael Jackson, che era rimasto impressionato dal suo modo di ballare. Ha una famiglia benestante, forse più che benestante, alle spalle eppure tutto questo sembra non bastarle e ha dei comportamenti che hanno da ridire.
- Senta signor Direttore, non ho alcuna voglia di essere psicoanalizzata ancora una volta da lei. So benissimo che continua a permettermi di frequentare questa scuola perché le fa comodo avermi tra le sue alunne per accrescere la notorietà della scuola. Come ha detto lei non è cosa da nulla avere già tutte queste esperienze lavorative alle spalle, e soprattutto…non le conviene mettersi contro la mia famiglia.
Il direttore ascoltava le parole della ragazza restando in silenzio. Francis restò seduta alla sua poltrona difronte alla scrivania del direttore guardandolo dritto negli occhi, e continuò il suo discorso.
- A me non importa di essere espulsa da questa scuola, francamente. Ciò che davvero mi preme è la permanenza della signorina Emma Senese, che come ben sa non ha una famiglia benestante come la mia alle spalle e ha faticato molto per entrare qui dentro. Se solo dovesse succedere che lei la espellesse a causa dei miei comportamenti, solo perché era in mia compagnia, sarò lieta di chiamare i legali della mia famiglia e farle causa portandola alla chiusura della sua amata scuola.
- Mi sta forse minacciando, signorina De Laurentiis?
Francis si alzò dalla poltrona e si avvicinò al volto del direttore di qualche palmo.
- La sto solo avvisando. Ora se non le dispiace, avrei delle cose da fare, e credo che la riunione sia conclusa. Prometto di fare la brava. Passi una buona giornata.
- Signorina!
Urlò il direttore, fermando la sua uscita dalla stanza.
- Non finisce qui! Stavolta ha superato il limite, la obbligo a 20 ore di lavori igienici nella scuola dopo le lezioni. Resterà ogni sera ad aiutare le signore delle pulizie due ore al giorno, partendo da oggi. E’ tutto. Prego vada.
Francis non si aspettava quella punizioni, restando seria in volto, e solo dopo alcuni attimi uscì dalla stanza congedandosi dal Direttore.
[…]
- Allora? Cosa ti ha detto il direttore? Sei nei casini? Siamo nei casini?
Francis continuava a camminare in direzione dell’ascensore seguita da Emma che la travolgeva con quelle domande insistenti, cercando le chiavi della sua moto nella tasca del suo giubbino.
- Sta tranquilla, non sei in nessun casino, io in compenso dovrò lavare i cessi dopo le lezioni per 20 ore. Ora devo andare a casa, ho dimenticato una cosa. Ci si vede…
- Ma… Fran…
Freddamente, Francis si congedò dall’amica lasciandola fuori dall’ascensore e andò via.
[…]
Il lungo pomeriggio di lezioni alla scuola di danza Alcamy trascorse tranquillo, Francis evitò Emma per tutto il giorno, e seguì meno lezioni possibili assieme a lei.
Emma d’altro canto era preoccupata per la sua amica, e ne soffriva la lontananza più platonica che fisica.
A fine delle lezioni, riuscì ad incontrarla negli spogliatoi, prima che andasse a farsi una doccia.
- Hey Fran! Dov’eri? Oggi ti cercavo un po’ ovunque e…
- Ho recuperato altre lezioni, e poi… non posso perdere tempo. Prima passano queste ore di volontariato forzato, e meglio è. Scusa ora vado a fare una doccia.
Emma prese il suo bagnoschiuma e l’accappatoio e seguì l’amica nelle docce.
- Non mi hai parlato per tutto il pomeriggio. Si può sapere cos’hai?
Le disse mentre andava ad aprire la doccia accanto a quella di Fran.
- Se è per quello che ho detto stamattina… mi dispiace, lo sai che non lo penso davvero.
- Va bene così, Emma. Hai ragione a dire che ti causo solo danni.
- Ma no, non è vero Fran! Dai smettila, aspetta!
Fran aveva indossato l’accappatoio e stava uscendo dalla doccia, ma Emma la fermò, indossando anche lei l’accappatoio al volo e chiudendo la doccia.
- Dai Fran ti prego, non trattarmi così, lo sai che non lo sopporto.
- Non ti sto trattando in alcun modo, Emms. Sono solo incazzata con quelle stronze, tu non c’entri, le cose che mi hai detto sono vere, e mi dispiace averti causato problemi stamattina. Ora mi fai passare o vuoi farmi fare tardi al mio primo giorno da bidella?
- Solo se mi dai un abbraccio.
Disse Emma imponendosi con finta autorità e portandosi le braccia incrociate sotto al petto.
Francis sorrise al suo atteggiamento, e intenerendosi a quella richiesta, si avvicinò all’amica e l’abbracciò calorosamente.
- Uoo…Uoo… ragazze andateci piano con questi abbracci o la mia natura ne risente.
Esclamò una ragazza amica delle due, mentre entrava in doccia. Le due amiche risero alle sue parole e mentre scioglievano quell’abbraccio, si voltarono a guardarla.
- Non tutte siamo lesbiche, Erika.
- A me va bene comunque…
- Guarda che lo dico alla tua ragazza.
Disse con tono scherzoso Emma.
- Cattiva!
Pronunciò con un finto tono dispregiativo, Erika mentre apriva il getto d’acqua della doccia, e le fece una linguaccia.
[…]
Le prime due ore di pulizie passarono, ed Emma tornò al suo appartamento a bordo della sua moto, più distrutta che mai. Si appisolò per qualche ora sul divano, quando il suono insistente del campanello di casa la svegliò da un sonno profondo.
- Arrivo! Arrivo!
Borbottò ancora assonnata, mentre barcollando arrivò ad aprire la porta, ritrovandosi Emma davanti.
- Finalmente! Mi stava per venire un crampo al dito.
Entrò chiudendo la porta alle sue spalle, Francis era ancora un po’ stordita dal sonno, e il tono di voce dell’amica era assordante.
- Ahh.. smettila di urlare!
- E chi urla.
Disse Emma guardandosi intorno.
- C’è più casino qui che nella mia testa. Ok, bella, va a farti una doccia e vestiti.
- Perché?
- Come perché? Torniamo al locale di Lucas!
- Ma veramente io volevo tornare a dormire.
- Non indurmi a schiaffeggiarti, sai? Su sbrigati che sono già quasi le undici.
- Ma io ho fame.
- Oh mio dio… un neonato è meno esigente. Dai su va a prepararti, poi mangeremo qualcosa.
- Voglio un gelato. Anzi due.
- Mangeremo tanti gelati, ora muoviti.
- Sì, sì ok, ma ora smettila di darmi ansia. Vado, vado…
- Brava, sbrigati.
- Ti odio.
- Anche io ti voglio bene.
- Mi hai promesso tanti gelati…
Disse in un lamento lagnoso, Francis mentre si dirigeva in bagno.
[…]
Quella sera decisero di andare in discoteca con la moto di Francis.
- Ma io non avevo molta voglia di andare a ballare stasera, sono stanca.
- Sei nel fiore della gioventù, non puoi essere stanca.
- Invece lo sono.
- Dai muoviamoci.
Emma tirava Francis per un bracci all’interno del locale.
- Ahi! Ma perché mi tiri? Riesco ancora a camminare, sai?
- Oh scusa credevo fossi stanca.
Disse ironicamente Emma, mentre si guardava intorno insistentemente e si avvicinava al bancone dei drink.
- Chi stai cercando? Marco?
- Nessuno, nessuno.
Rispose frettolosamente, Emma, mentre continuava a guardarsi intorno con frenesia.
- …Oggi dovrebbe essere meno occupato, è lunedì.
- Ma è estate, la gente non da più importanza ai giorni della settimana in estate.
- La smetti di guardarti intorno così? Mi farai venire il mar di mare.
- Buonasera ragazze!
Esordì Marco che si avvicinava al lato del bancone in cui si erano sedute le ragazze.
- Oh eccoti!
- Mi stavate cercando?
Chiese curioso Marco, guardando accigliato Francis.
- E’ lei che ti cerca, e anche insistentemente.
Marco si voltò interrogativamente verso Emma, che soltanto dopo alcuni secondi si accorse della presenza di Marco, era ancora persa nel cercare qualcuno tra la gente nel locale.
- Oh ciao Marco! Come va?
Disse con disinteresse, la ragazza tornando a guardarsi intorno.
- Tutto bene, grazie ragazze. Stasera c’è molta meno gente, ma sono sicuro che arriveranno più tardi. E’ appena mezzanotte.
- Lo spero bene
Bisbigliò Emma tra sé e sé, senza rendersi conto di star parlando a voce alta.
Francis le rivolse uno sguardo interrogativo, non capiva cosa le stesse succedendo, ma era ancora un po’ stanca per darne peso. Poi si voltò verso Marco e gli sorrise, visibilmente stanca.
- Hai qualcosa che mi svegli?
- Ho una mazza da baseball nel cofano della mia auto.
- Wow! E cosa ci fai con una mazza da baseball? Qui in Italia non usate giocare a Baseball…
- Me l’ha regalato un mio caro amico che studia negli Stati Uniti…ma aspetta un momento… perché hai detto “voi Italiani”? Non sei italiana?
- No, Marco. Io sono Argentina, ma ho vissuto fino a qualche anno fa in America con mio fratello che studia all’accademia cinematografica di Los Angeles.
- Wow!
- Già…
Si inserì nella conversazione Emma, che guardava lo stupore di Marco dipinto sul suo volto.
- E.. e come mai sei nata in Argentina?
- Presumo che i miei genitori siano di lì.
- Presumi?
- Sì Marco, lei è stata adottata quando aveva otto anni dai suoi genitori.
- Oh… non lo sapevo Fran…
- Tranquillo, non potevi saperlo.
Disse sorridendogli, Francis.
- Ora mi dai qualcosa da bere prima che mi appisoli sul primo divanetto che vedo?
- Subito!
- Si può sapere dov’è?
- Ma di chi stai parlando? Chi cerchi?
- Il distruttore di tacchi!
Francis sbarrò gli occhi e si rese conto di aver quasi dimenticato quel ragazzo dopo tutte le cose che le erano capitate. Ora che Emma ne aveva parlato, cominciò a pensare a lui e a quegli attimi in cui si erano scambiati qualche occhiata di troppo, un paio di sere prima e iniziava a chiedersi anche lei che fine avesse fatto.
- Beh non ti aspetterai mica di rivederlo stasera? E’ un calciatore, no? Sarà già in viaggio da qualche parte ora…
Più pronunciava quelle parole e più si rendeva conto che quello che stava insinuando poteva essere vero, e sotto sotto le dispiaceva.
- Ma no! Certo che verrà, me l’ha detto Marco, non è vero Marco?
Marco quasi si fece scivolare dalle mani la bottiglia di vodka mentre preparava il drink per Francis.
- Ehm… chi? Io? Oh…beh… sì forse ho detto qualcosa di simile…
- Che cosa?
Francis lo guardò visibilmente sorpresa, poi si voltò verso Emma.
- Che fai? Vuoi procurarmi un incontro combinato con quel ragazzo?
- Ma no…
- E poi ti ho anche detto che non è il mio tipo…
- Lo so, figurati…
Disse Emma con poca convinzione, poi aggiunse.
- Ha i capelli lunghi…
- …Esatto!
Confermò con altrettanta poca convinzione Francis. Ci fu qualche svariato secondo di silenzio, ma poi Francis si alzò dallo sgabello.
- Ok, ora voglio andarmene.
- Ma dove vai?
Le urlò Emma, ma Francis si dirigeva già verso l’uscita.
Non riusciva a trovare le chiavi della sua moto, così abbassò lo sguardo per cercarle, e fu proprio in quel momento che si scontrò con qualcuno e le chiavi che aveva appena trovato, le caddero di mano.
- Non vuoi proprio guardare dove cammini, vero?
Francis alzò lo sguardo e si ritrovò davanti il misterioso ragazzo della scorsa sera.
Le si mozzò il fiato, era l’ultima persona che voleva vedere… o forse era proprio quella che voleva incontrare. Il ragazzo si chinò a raccogliere le chiavi della sua moto, poi la guardò con un espressione strana, spostando lo sguardo sulle chiavi dopo qualche attimo.
- Oh.. ma allora è tua quella moto qui fuori?
Il ragazzo inclinò le labbra in una smorfia, come se si dispiacesse per qualcosa, poi proseguì parlando:
- …Mi dispiace dirtelo ma… qualcuno te l’ha graffiata per benino.
- CHE COSA?
Francis presa dal panico alle parole pronunciate dal ragazzo, si precipitò subito fuori senza neppure riprendersi le chiavi.
Il ragazzo vedendo la reazione della ragazza, si lasciò andare ad un sorrisino compiaciuto, e la seguì fuori dal locale.
Francis corse verso la sua moto, ma una volta giunta lì, non notò alcun graffio, così con aria confusa alzò lo sguardo verso quel ragazzo che intanto l’aveva raggiunta verso la moto.
- Ma… la mia moto non ha alcun graffio…
- Lo so.
Francis era sempre più confusa, che la stesse prendendo in giro? O era semplicemente stupido? Non fece in tempo a terminare i suoi pensieri, che le parole del ragazzo colsero la sua attenzione.
- Ma…era l’unico modo per portarti fuori da lì.
Un sussulto colpì Francis a quelle parole, era l’ultima cosa che si aspettava di sentire da quel tipo. Così, timidamente alzò lo sguardo verso di lui e abbozzo un sorriso timido.
- C-che cosa?
- Che c’è? Ti sorprende così tanto che volessi scambiare due parole da solo con te? L’altra sera mi detestavi e adesso… adesso addirittura mi sorridi.
A quel punto Francis si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e distolse lo sguardo, smettendo di sorridere, cercando di apparire tranquilla e totalmente disinvolta.
- Io? Sorriderti? Ma neanche per scherzo. Hai rotto le mie scarpe preferite…
- Ti stanno meglio queste…
Il ragazzo abbassò lo sguardo verso i piedi della ragazza, ma poi proseguì a guardarle le gambe, fino a risalire a guardarle il volto. Lei era leggermente imbarazzata da quegli occhi indagatori di quel ragazzo che l’osservavano con insistenza.
- Non vorrai mica rompere anche queste, spero?
Il ragazzo scoppiò a ridere, e solo allora Francis si rese conto che aveva il più bel sorriso che avesse mai visto in vita sua. Un sorriso mozzafiato ma al tempo stesso anche tenero come quello di un gattino, sempre se i gattini sorridessero. In quel momento non riusciva a distinguere l’immaginazione dalla realtà.
Il ragazzo notava lo sguardo di Francis su di sé, e cercò di tagliare a corto per evitare che si imbarazzasse ancora una volta.
- Posso invitarti a bere qualcosa insieme? Ieri la birra l’hai bevuta senza di me.
Francis gli sorrise, quel ragazzo l’aveva già stregata.
- Era un’ottima birra…
- Lo so…
- Davvero buona…
- Immaginavo…
Ci fu un rapido scambio di battute tra i due, quasi come se si conoscessero da anni, così si sorrisero all’unisono, ma poi il ragazzo insistette.
- Allora? Ti andrebbe?
- A dir la verità no.
Notando il silenzio imbarazzante del ragazzo, Francis si precipitò ad aggiungere:
- N-no.. non intendevo dire… cioè voglio dire… mi andrebbe ma…ma non di rientrare lì dentro.
Sbottò in una risatina nervosa e imbarazzante, poi aggiunse:
- In realtà avrei fame…
Il ragazzo le sorrise, felice di sentirglielo dire e di non aver ricevuto un rifiuto.
- Anch’io avrei fame, ora che mi ci fai pensare… vorrei un bel gelato. A te andrebbe un gelato?
- Anche due…
- Cominci a costarmi troppo, ragazzina.
Le sorrise teneramente il ragazzo, poi roteò il ciondolo delle chiavi della moto di Francis, che aveva ancora lui.
- Guido io?
- Non pensarci neanche.
Francis cercò di sfilargli via le chiavi, ma il ragazzo tirò via la mano e riuscì a farla avvicinare tanto da essere quasi a due palmi dai loro volti.
Ci fu un intenso scambio di sguardo tra i due, poi lui disse:
- Almeno ce l’hai un casco per me?
[…]
Andarono in una gelateria al centro della cittadina di Parma, il ragazzo diceva di conoscere un’ottima gelateria nei paraggi. Poi fecero due passi a piedi mentre mangiavano i propri gelati e fu durante quella passeggiata che i due scoprirono di essere entrambi di Napoli.
- Mi era parso di sentire un accento familiare nel tuo modo di parlare, non ci posso credere.
- Io invece non riesco a credere che tu sia di Napoli. Hai un accento molto strano, non riesco a capire se mi stai prendendo in giro o meno.
Francis sorrise alle sue parole e mandò giù un boccone di gelato che cominciava a sciogliersi nella ciotolina che continuava a rigirarsi tra le mani.
- In realtà ho vissuto per otto anni in Argentina, forse è questo che ti trae in inganno.
- Ahh… ecco. Somigli molto al mio compagno di squadra…
- Vuoi dire che somiglio ad un uomo?
Il ragazzo scoppiò a ridere, mentre aveva ancora in bocca l’ultimo boccone del suo gelato.
Fortunatamente riuscì ad ingoiare prima di strozzarsi. Francis gli diede una leggera pacca sulla schiena.
- Non ti strozzare proprio ora che cominciavi ad essere interessante con la storia del tuo amico.
- Stai dicendo che ti interessa di più sapere del mio amico?
- Mh… forse…
Disse scherzosamente la ragazza, che poi lo guardò e gli sorrise dandogli una leggera spallata.
- Oh andiamo…ero curiosa di sapere che tipo di impressione ti ho fatto col mio accento.
Lui le sorrise, e la guardò per un attimo.
- Accento a parte, mi hai fatto una bellissima impressione…
Ci fu qualche secondo di imbarazzo da parte di Francis, che abbassò lo sguardo mentre continuavano a passeggiare senza una meta ben precisa.
- E’ solo che… ormai sono due giorni che non faccio che pensare a te, ma non so con quale nome devo pensarti.
Fu solo in quel momento, che Francis realizzò di non conoscere il suo nome, né le aveva detto il proprio. Sbarrò gli occhi e lo guardò leggermente imbarazzata.
- Oddio hai ragione…
- Ahah non preoccuparti. Ho cominciato a pensare a te come alla ragazza distratta, e mi va bene chiamarti Ragazzina, sai?
- Non ci provare!
Il ragazzo sorrise, e Francis fu contagiata da quel sorriso e senza rendersene conto, gli sorrise anche lei.
- Comunque… mi chiamo Francis
- Francis?
- Sì. Ma… gli amici mi chiamano Fran…
- Beh allora spero di chiamarti anch’io Fran prima o poi, ma per ora resti “Ragazzina”
- Tu?
Lo interruppe Fran, con forse troppa frenesia. Moriva dalla voglia di conoscere il suo nome, che nemmeno badò alle sue parole.
- …Tu come ti chiami?
- Mi chiamo Fabio.
- Bel nome…
- Anche il tuo…
- Grazie…
- Prego, figurati…
- Così… sei un calciatore professionista?
- Come lo sai?
- Me l’ha detto il mio amico Barman del locale…
- Oh… e così vi siete messi a parlare di me, eh? Cominci già a parlare di me con i tuoi amici, eh ragazzina?
Disse ironicamente Fabio, guardandola con un sorrisino malizioso.
- No!
Esclamò con convinzione, la ragazza. A quel punto Fabio mise su il broncio sul suo volto.
- Ah è così? Allora non parli di me?
- Mi stai confondendo!
- Ahah bene! E’ il mio intento.
- …Voglio dire che, il mio amico mi ha parlato di te dopo che ci ha visti scontrare l’altra sera. Ma perché te lo sto dicendo?
- Perché ti sto confondendo, ragazzina.
- Quando la smetterai di chiamarmi ragazzina?
- Quando m darai il tuo numero di telefono…
- Che cosa?
- Sì… hai un cellulare, vero?
- S-Sì… ma questo cosa c’entra?
- C’entra perché se avrò voglia di vederti, non dovrò per forza scontrarmi con te e romperti qualche paio di scarpe.
Francis non poté fare a meno di sorridergli, quel ragazzo sapeva come prenderla, e si stava lentamente convincendo a dargli il suo numero.
- Beh… potrebbe essere utile ad entrambi…
- Esatto, la penso come te.
- La smetti?
- Di fare cosa?
- Di sorridermi.
- Mi imbruttisco quando sorrido?
- No! …No voglio dire che, il tuo sorriso mi imbarazza e io non sono quel tipo di ragazza.
- A no? E che tipo di ragazzina sei?
- Quella che ti prenderà a calci se non la smetterai di chiamarmi Ragazzina!
- Beh allora dammi il tuo numero.
- Giuri che se lo farò, smetterai di chiamarmi in questo modo irritante?
- Giuro che comincerò a chiamarti Fran.
Le sorrise ancora una volta e a quel punto Francis si arrese dinnanzi al suo sorriso e gli diede il suo numero di cellulare.
[…]
Tornarono fuori al locale, e Fabio ridiede a Francis il suo casco, poi prima di andar via le disse:
- Per essere una ragazzina guidi benissimo questa Moto.
Francis lo guardò di traverso, dopo aver sentito che continuava a chiamarla in quel modo.
Lui le sorrise divertito, gli piaceva prendersi il gioco di lei, e adorava quel suo sguardo irritato.
- Ti telefono domani, buonanotte Fran!
Fu una sensazione molto strana, ma per la prima volta sentendosi chiamare percepì un brivido dietro la schiena.
Era spaventata da tutte quelle emozioni di varia natura che cominciavano a travolgerla.
Non si era mai sentita in quel modo, e mai nessuna era riuscito a farla sentire così.
Non riuscì a dargli la buonanotte, un cenno timido di capo fu tutto quello che riuscì a fare in quel momento.
Forse non voleva ammetterlo, ma quel Fabio cominciava a piacerle e la cosa la spaventava.
   
 
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