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Autore: Veronika_Arianator03    04/09/2014    2 recensioni
Le riflessioni e la storia di Vladimir, 12 anni, e la sua famiglia, che non è una famiglia qualunque: è una famiglia ucraina, che arriva in Italia scappando dalla guerra. In Italia la vita non è facile, e le discriminazioni purtroppo non sono poche. Come finirà la storia di Vladimir? Ce la farà ad ambientarsi in Italia e a procurarsi nuovi amici?
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 2.


Doveva essere successo qualcosa, mamma aveva pianto e gridato spesso ultimamente, è vero, ma questo era l’urlo più agghiacciante che avesse mai cacciato. Io e le mie sorelle eravamo rimasti sconvolti.
Dentro di me ero terrorizzato, e non l’ avevo nascosto per niente, ero rimasto immobile. Ma quella che si era turbata di più è stata Kristine. La piccola si era messa a piangere e fissava il vuoto, era sbiancata più di quanto già non lo sia di suo, e stava tremando. Galina, invece, scuoteva la testa con sguardo assente non sapendo né cosa dire ne tantomeno cosa fare, non sapevamo che cosa avevano detto alla mamma dall’altra parte del telefono, ma di sicuro era qualcosa di brutto. Kristine aveva cominciato a piangere sempre più forte, a vederla così mi ero sentito ancora peggio. La mamma singhiozzava ininterrottamente, e allora mi sono deciso ad andare da lei e cercare di consolarla; volevo sapere che cos’era successo, ma sapevo già che non sarei riuscito a fare molto.

“Io devo andare dalla mamma, voglio sapere che succede!”
“Vlad aspetta, vengo con te!!” Mi fa Galina.
“Non se ne parla neanche, le devo dire cose da “grandi”. Tu stai con Kristine.”
“Perché non posso sentire anch’io?!”
“I bambini non devono sentire certe cose!”
“E perché, tu cosa sei? Ti credi un adulto solo perché sei il più grande? Anche la guerra non la devono vivere i bambini, né nessuno!!”
“GALINA!!!” Ora mi stavo arrabbiando. Sono un bambino anch’io, ma sono il più grande e devo assumermi certe responsabilità, non c’è altra scelta!.
“Tu stai con Kristine, io vado da mamma. Preferisci che nessuno sappia che succede? Vuoi che mamma abbia anche noi da gestire?” Ho poi continuato.
“Va bene, Vlad.” Questa frase mia sorella l’aveva detta con un sussurro. Ero stato troppo burbero, ma mi ero reso conto che purtroppo sarei dovuto maturare più in fretta, in modo da aiutare la mamma. Da sola ormai non ce la fa. 

Intanto Kristine, sentendoci litigare e sentendo il pianto di mamma, aveva avuto un attacco di panico, proprio quello che temevo. Ne soffriva da quando la guerra era iniziata, e solo il sonno la tranquillizzava. Ma credo che questo fosse stato il più grande attacco di panico che lei abbia mai avuto. Aveva cominciato a strillare ed era corsa sotto il letto. La mamma doveva essersene accorta, perché si era zittita per un attimo. Io avevo lanciato un’occhiata a Galina, e lei era immediatamente corsa dalla mia sorellina.

Col cuore a mille, mi ero diretto verso la mamma. Avanzando, avevo sentito un tonfo, allora con il cuore letteralmente martellante ero corso nella sala da pranzo. 
Lì avevo trovato la mamma, accasciata a terra, con ancora la cornetta in mano. Ed io, immobile senza dire niente, mi sono sentito malissimo  a vedere mia madre stesa lì.
I suoi occhi azzurri erano diventati verde acqua da quanto erano arrossati, e la sua voce era ridotta ad un sussurro. Era una bella donna, la mamma. Era giovane, con lunghi capelli biondi e la pelle bianca come il latte, che è una caratteristica tipica della gente che vive nell’Europa dell’Est. E’ sempre stata magra, e nonostante fosse anche alta, si ostinava a mettere i tacchi alti. Diceva che erano eleganti. Era un sacco di tempo che non se li metteva addosso, però.

“Mamma!” Avevo la voce tremante. Accidenti, non ci voleva. Non volevo far deprimere ancora di più la mamma.
“V-Vladimir…”
“Ma- mamma, che è successo?”
“Lo zio…” Cosa? Oh no, no, no!
“Non l’hanno… insomma, mamma…”
“Sì, Vladimir!” Aveva pianto più forte. “Lo hanno scoperto!”

Avevo sentito un brivido salirmi fino alla schiena, e avevo cominciato a tremare. Con orrore ho notato che qualcosa di bagnato mi stava rigando una guancia. No, davanti alla mamma no!
E invece sì. Una lacrima.

“Mamma, mamma, dai, tirati su!”
“Scusa tesoro, non ti voglio far star male!!” Ecco, si era accorta che stavo piangendo. Ero il figlio peggiore del mondo, se fosse esistito un premio di quel genere, lo avrei di sicuro vinto. Mi sono sentito un verme.
“Non mi fai star male!”

Ci siamo abbracciati. Un abbraccio di quelli lunghi, che non ricevevo da molto tempo. Mi ero letteralmente perso in quell’abbraccio, lontano dai guai, anche se solo per un attimo.
Ad un tratto, mi irrigidii guardando l’ orologio. Era passata mezz’ora da quando avevo sentito la porta di casa sbattere. Di solito papà non stava via più di quindici minuti, giusto il tempo per sfogarsi, e poi tornava sempre.
Galina, nel frattempo, era andata in sala pranzo con Kristine, e quando la mamma le aveva viste, aveva stretto pure loro. Questo abbraccio di gruppo mi ha tranquillizzato, per pochi secondi eravamo di nuovo una famiglia.

Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Ho aggiornato con il secondo capitolo e ho seguito alcuni consigli, che mi sono stati dati da FiammaBlu, e colgo quest’occasione per ringraziarla. Ringrazio anche LifeisabitchandsoIam, anche se si fa chiamare L. , per avermi fatto notare gli errori commessi e che ho corretto subito (e sono stata un po’ più attenta stavolta!) Grazie!
E un grazie in più a tutte e due perché… sono state le prime ad aver letto e recensito! Mega-grazie!
E grazie anche ai “lettori silenziosi”, anche voi siete molto utili, e anche io fino ad avantieri ero una di loro... preziosissimi collaboratori!
Colleghi, vi aspetto al prossimo capitolo!   
   
 
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