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Autore: Crazyhad    05/09/2014    0 recensioni
C’era una volta, in un paese molto lontano, popolato da creature magiche e incantate, una bellissima principessa che, sdraiata su un letto di morbide piume, nel suo bel castello, aspettava il principe azzurro.
Così iniziano tutte le fiabe, giusto? Peccato che la mia non lo sia. Tanto per cominciare non sono una principessa, non vivo in un castello e soprattutto non aspetto un principe azzurro. Anzi, non aspetto proprio nessuno.
Mi chiamo Azalea Malvarosa O’Dell, e sono una strega.
Una strega che a fare incantesimi è un disastro, un principe azzurro che sarebbe più credibile come cattivo, un affascinante cacciatore di draghi, una principessa decisamente troppo principesca e una gemma della vita da ritrovare a tutti costi. La combinazione perfetta per una pozione esplosiva.
Genere: Comico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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AZALEA
 
Tutti in fermento
La luce che filtrava dalle tende semi aperte mi svegliò in modo quasi dolce, come non mi succedeva da tanto tempo. Nonostante questo ero seccata dall’essere stata interrotta nel momento cruciale del mio sogno, quando Daniel, l’affascinante diciottenne cacciatore di draghi di fama internazionale, mi aveva appena salvato la vita e stava per baciarmi. Lentamente presi coscienza di quello che mi succedeva intorno e guardai l’orologio appeso alla parete di fronte al mio letto a baldacchino. oh, cavolo. Le 7:35. Mi alzai di scatto e , presa da un giramento di testa inciampai tra le coperte finendo con la faccia sulla moquette color prugna della mia camera. Mi alzai sbuffando e maledicendo l’insetto-sveglia che non aveva ronzato, prima di ricordarmi che l’avevo gravemente ferito la mattina precedente, colpendolo con un po’ troppa forza, per farlo smettere. Avevo esattamente 25 minuti per lavarmi, vestirmi, fare colazione, e arrivare a scuola, che distava ben 10 minuti dalla villa della mia famiglia. Realizzando che mi rimaneva un misero quarto d’ora, mi diressi in bagno a passo di marcia, sbuffando esasperata. Feci la doccia e, dopo aver infilato la camicia e la minigonna a quadri nera e rossa della divisa, misi le calze nere fino sopra il ginocchio e gli stivali dello stesso colore. Afferrai la borsa dalla scrivania e dopo un’ultima occhiata allo specchio scesi le scale e mi diressi in cucina.

Come al solito trovai Effie, la nostra cuoca/badante, o meglio, la mia unica amica in quella gabbia di matti. Per essere un elfo dei boschi di appena un metro e 30, era piuttosto graziosa e forte, piena di risorse. Vi starete chiedendo, se è un elfo dei boschi, che ci fa in città? Bhè, le ho chiesto tante volte di raccontarmi la sua storia, quella del suo grande amore. Si era innamorata di un mago, che le aveva promesso di sposarla, ma la famiglia di lui non lo permise, così come la sua non la rivolle indietro. Ma lei e Fredric, così si chiamava, continuarono a vedersi e amarsi fin chè lui non fu trasferito per lavoro e morì ucciso da un animale misterioso nel bosco. Ogni volta che mi raccontava quella storia vedevo i suoi enormi occhioni blu farsi lucidi, ma ero rassicurata dal sorriso caldo che mi regalava subito dopo. Effie mi guardò con rimprovero e mi porse un bicchiere di latte. Lo afferrai grata e lo bevvi tutto d’un sorso. – Lo so, lo so. Sono in ritardo, di nuovo. Non dirlo alla nonna.- detto questo le posai un bacio sulla guancia paffuta e mi diressi alla porta. Afferrai la mia fedele giacca di pelle e uscii, rabbrividendo per l’aria fredda di inizio dicembre, avviandomi a passo svelto verso l’Accademia.

10 minuti dopo guardavo con disappunto il grande portone di legno del sontuoso edificio che era la mia scuola, ora spalancato per permettere l’ingresso dell’orda di studenti. Mi sentii afferrare le spalle e mi voltai senza scompormi verso Luce Margherita Parmier, o meglio conosciuta come quella pazzoide della mia migliore amica. Le rivolsi un gran sorriso, da lei amabilmente ricambiato, sperando di scacciare con l’ottimismo la nuvola nera che incombeva sulla mia giornata. – Ciao Lea – mi baciò una guancia e mi prese per mano tutta pimpante. – Ciao Luce – la osservai. Oggi i suoi ricci rossi erano legati in due trecce che si mischiavano ai colori sgargianti del cappotto che indossava sopra la divisa e le calze bianco panna si intonavano col baschetto di lana dello stesso colore. Mi ero sempre chiesta come potessimo essere amiche, essendo praticamente agli antipodi. Lei capelli rossi, occhi verdi e piccole efelidi su un volto candido e appena paffuto; io lisci capelli corvini, occhi scuri e pelle chiara, troppo per me, quasi cadaverica. Lei era sempre così solare e non negava un sorriso a nessuno, tutti le volevano bene, mentre io trovavo sopportabile a stento la metà delle persone che conoscevo. Varcammo la soglia e cominciammo ad attraversare il corridoio di pietra, quando calzò a pennello l’arrivo di Cornelia Janette Morine, che zittì come al solito il vociare degli studenti.
Sandali tacco dodici calzavano piedini da fata, con gambe lunghe e snelle, la minigonna che sembrava troppo mini su di lei e la camicetta che stringeva sul seno prosperoso. Ed infine un collo da cigno e setosi boccoli color cioccolato che le ricadevano morbidi sulle spalle, incorniciando un visino delicato e due grandi occhi azzurri.
Passandoci davanti si tolse gli occhiali da sole e mi squadrò dall'alto in basso, come faceva ormai da sempre. Alzai esasperata gli occhi al cielo e, presi i libri dall'armadietto mi diressi all'ora di pozioni.


Kellor, professore di pozioni da più di 40 anni, era uno strano ometto sulla settantina. Indossava sempre un lungo grembiule marrone con grandi tasche sul davanti, piene degli ingredienti più strani, grandi baffi risaltavano sul volto paffuto, e capelli grigi sparati in tutte le direzioni. Ma quello che più si amava di lui erano gli occhietti vispi che scrutavano tutto e sembravano capire sempre più degli altri. Eppure tutto si sarebbe detto del professor Kellor tranne che fosse un tipo sveglio. aveva l’aria di uno con la testa perennemente tra le nuvole, un po’ psicotico e squilibrato, e si guardava sempre intorno, come se avesse paura che qualcosa potesse attaccarlo alle spalle. Quella di pozioni, però, era la mia ora preferita, non a caso era l’unica materia in cui andavo bene. Adoravo il fatto che non serviva alcun potere per mischiare e dosare ingredienti, e con pochi gesti si ottenevano filtri per ogni cosa, dall’amore alle malattie.
Mentre aspettavo che il mio infuso di artemisia bollisse scarabocchiavo distrattamente sul mio libro di testo, e sobbalzai quando mi ritrovai il professore con la faccia praticamente immersa nel mio calderone – Complimenti signorina O’Dell, vedo che è già a buon punto- si voltò verso di me e sorrisi soddisfatta. – Potrebbe andare a prendere la polvere di rosa spina nel mio magazzino, per favore? Vorrei spiegarvene le proprietà- sospirai – certo, professore- mi diede le chiavi e mi diressi fuori dall’aula.
Camminai spedita per il corridoio ma mi fermai di fronte all’ufficio della preside, sentendo delle voci  parlare concitate – Oh mio dio non ci posso credere, sarà qui davvero!- era la segretaria, ne riconobbi la vocetta stridula –  Insomma Dorotea, un minimo di contegno. E mi raccomando, voglio la massima discrezione. Non deve saperlo nessuno, soprattutto gli studenti. È una questione molto delicata.- adesso era la preside a parlare, me la immaginavo sventolarsi agitata con uno dei suoi mille ventagli – Ora và e comunica agli inservienti di pulire l’aula magna, è lì che lo accoglieremo. Ah , dovrebbero organizzare anche l’uscita posteriore dell’edificio. Forza, su, su, svelta.- detto questo sentii una sedia spostarsi e mi appiattii alla parete dell’angolo giusto in tempo per vedere Dorotea che si chiudeva la porta alle spalle e si dirigeva dalla parte opposta del corridoio in tutta fretta. Presa la boccetta dal magazzino mi diressi nuovamente in classe chiedendomi chi potesse essere quest’ospite misterioso.

Non smisi di pensarci nemmeno quando andai a pranzo, e nella mensa gremita di studenti, notai una certa agitazione. Mi sedetti al tavolo accanto a Luce, Massimlian e Ambra e misi in bocca un’abbondante forchettata di pasta al forno. Notai che anche loro parlavano concitati e li fissai stranita – Ragazzi, hey, tutto bene? Che sta succedendo?- Ambra mi sorrise – Ma come, non sai niente? In giro si vocifera che ci sarà un’ospite oggi. Qualcuno di molto importante.- bevvi un sorso dalla mia bottiglina d’acqua – Si, ne ho sentito parlare. Immaginate chi potrebbe essere?- Luce mi guardò con una strana luce negli occhi - È proprio questo il punto. Il padre di Cornelia, in quanto primo finanziatore dell’accademia ne era al corrente e lei lo è venuto a sapere. E..- Dio, quanto le piaceva la suspence. Con un occhiata eloquente la invitai a continuare – Pare sia niente di meno che Daniel.- la mia forchetta cadde nel piatto e quasi mi strozzai con un pezzo di formaggio. – C-cosa? Quel Daniel? I-il mio Daniel?- balbettai sconcertata. Luce ridacchiò – beh, tecnicamente è di tutte. Non hai l’esclusiva sul più bel ragazzo del mondo.-  Max le lanciò un’ occhiataccia.           - Ma vi sentite? Sembrate delle dodicenni disperate con gli ormoni in subbuglio. È solo un ragazzo di 18 anni come un altro.- Ambra sospirò – Appunto. Innanzitutto ha 18 anni. Secondo, è il cacciatore di draghi più giovane al mondo. E terzo, è assolutamente, stupendamente ed irrimediabilmente il ragazzo più affascinante,simpatico, intelligente e bello dell’intero universo.- annuii con forza e guardai il piatto con un improvviso nodo allo stomaco per l’emozione. – Ma sapete anche perché viene? Insomma, se ci fosse un drago credo ce ne saremmo accorti tutti.- - A quanto ne so per la sua carriera ha abbandonato la scuola senza fare l’ultimo anno e dovrebbe ricominciare perché senza il diploma in una delle tre congreghe non si può essere riconosciuti come maghi.-  mi rispose Luce. Sbattei le palpebre più volte – Vuoi dire che resterà con noi per tutto l’anno? Cioè, lo vedremo tra i corridoi e potremo parlare con lui?- la mia amica annuii emozionata. La voce della preside che usciva dagli alto parlanti zittì tutti – Buongiorno ragazzi, sono la preside Foster e vi parlo dal mio ufficio. Volevo comunicare che tutti gli studenti alla fine dell’ultima ora dovranno recarsi in aula magna. Mi appello alla vostra serietà e diligenza affinché tutto si svolga nella massima tranquillità e senza mancanza alcuna da parte di coloro che si credono non interessati. Buona giornata. – lasciò così che la sala si riempisse di mormorii eccitati ed impazienti.



*spazio autrice*
holaaaa
ecco terminato il primo capitolo, sempre che a qualcuno interessi. questi primi capitoli sono ancora di transizione, direi che la storia vera e propria comincia dal terzo. Cercherò di aggiornare presto. Fatemi sapere che ne pensate :) 
un abbraccio,
Gaia
  
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