Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses
Segui la storia  |       
Autore: sarahrose    06/09/2014    1 recensioni
SEGUITO di WRECKLESS.
1979. I Guns Fottutissimi Roses sono una neonata band di sleaze metal al primo tour.
Vorrebbero spaccare il mondo ma, ahimè, la sfiga li perseguita.
Ce la faranno?
La mission impossible è arrivare vivi a Seattle e onorare almeno nell'ultima tappa del tour.
Riusciranno i nostri eroi a spaccare il mondo?
Nota dell'Autore: RISATE A NASTRO E MOMENTI INTROSPETTIVI.
COME AL SOLITO... PROMETTO FOLLIE!!!
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axl Rose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

capitolo 38

 

SOMETHING’S WRONG WITH MY BABY

Nancy (Amy Bailey)

 
AMARILLO (TEXAS).
L’ho sentito quando è successo.
Dicono che te ne accorgi, e così è stato.
Un lungo brivido gelido come l’alito stesso della morte. Il soffio della strega. Come volete voi.
La morte è dolorosa. La morte. Lei… dietro di se’ non lascia indifferenza. Te ne accorgi se ti sfiora con la sua ala letale.
E’ successo tutto all’improvviso.
Dopo mangiato. Alla stazione di servizio.
Nausea. Crampi come lame di coltello roventi. Vomito. Sangue.
Sangue ovunque. Tra le cosce. I miei jeans erano inzuppati. Sul sedile. E Sid.
La sua voce mi arrivava a ondate. Era una sensazione strana. Mai provata prima d’ora. Era come se fossi finita dentro una bollea di sapone.
Il mondo intorno a me c’era ancora, ma velato.
Lo vedevo. Lo sentivo. Ma tutto era lontano. Attutito. Distorto. Come… come quando, da bambina, mi hanno operato di appendicite. Non la dimenticherò mai, quella sensazione. Avevo sei anni, ma quell’immagine del mondo che sfuma al nero come in una dissolvenza cinematografica – credo si chiami così – dentro di me ha messo radici profonde e mi ha mostrato, per la prima volta in vita mia, cosa succede quando GLI ALTRI hanno in pugno, anche solo per pochi minuti, la MIA piccola, stupida vita.
 Mi dicevano di contare fino a dieci. Io lo facevo, la voce sempre più impastata e appesantita dal gas anestetico che mi portava via, in un mondo nel quale non ero mai stata e che mi faceva paura.
Un SALTO NEL BUIO.
Oggi come allora, ho contato fino a dieci.
Sperando di dissolvere i fumi del cloroformio, protossido o di quel cavolo che era e di rompere la bolla di sapone in cui ero prigioniera, ma non ci riuscivo.
Le pareti erano scivolose, elastiche. Infrangibili come le finestre negl’incubi, quelli che faceva mio fratello Bill da bambino. Così realistici che, a volte, cadeva giù dal letto a castello e si faceva un male boia.
“AL FUOCO!”
Gridava. E poi, da sveglio, tutto scarmigliato, mi diceva che lui ci aveva provato a salvarci, me e Stu. Solo che… i vetri. Le finestre avevano i vetri infrangibili. E noi morivamo arsi vivi nel rogo.
(AL FUOCO!)
Ma stavolta non è casa nostra che brucia.
Sono IO.
Le mie viscere.
Il frutto innocente della colpa e dell’infamia. E’ lui che va a fuoco. Che arrostisce tra le fiamme della mia disperazione per non poter porre fine al suo
(al MIO)
SUPPLIZIO.
E stavolta non c’è l’anestesia a riparare il mio universo di bambina dal dolore della carne e dello spirito.
Stavolta sono sola.
SIAMO soli.
SID e io.
Nella nostra bolla di sapone che, invece di scoppiare, ci si stringe addosso fino a soffocarci.
Gli avevo detto tutto. Cioè. Quello che potevo dire. Senza far crollare il mondo. Gli avevo taciuto solo l’indicibile. Quello che, del resto, io stessa faticavo a credere.
Poi è successo tutto troppo in fretta perché i miei occhi potessero andare a fuoco nell’agonia della mia carne straziata come quella di un’ape che, per pungere, si sventra.
(E’ SOLO UN FILM, AMY!)
 Grida una voce nella mia testa.
(DOMANI TI SENTIRAI MEGLIO, CON LA LUCE DELL’ALBA)
Domani.
(CHI CAZZO SE NE FREGA DI DOMANI, SE NON SUPERO STANOTTE?)
 
Il gabinetto lurido della stazione di servizio.
Scritte. Graffiti osceni. Sporcizia. Squallore.
Puzza di merda. Di piscia. Di vomito.
E poi QUELL’ODORE.
Disinfettante al limone. Di quello in uso negli ospizi e negli ospedali.
E’ quello l’odore dell’incubo. Non potrò mai più annusarlo senza SENTIRE… ma soprattutto, senza VEDERE…
…vedere la SUA
(LA MIA)
 carne
CHE MUORE.
Se la morte ti tocca, congeli.
Adesso lo so.
Sono stravaccata sul WC. Spingo forte.
Le cosce spalancate quel tanto che i jeans a fisarmonica, rotolati a terra tra le mie caviglie, mi permettono.
La testa di SID.
La sua faccia sconvolta eppure piena d’amore che cerca come può di dissimulare l’orrore con l’amore.
Le sue guance trafitte da spille da balia infilate attraverso la bocca tra le mie gambe come se lui fosse nato da me.
“LO VEDO!”
Grida.
“SPINGILO FUORI!”

 Mi arrendo.
Ho perso.

Non posso far altro che dare il mio consenso.
Perché tutto è già accaduto e io, io non posso farci niente.
Posso solo liberarmi dalle colpe che non ho.

E’ PER QUESTO CHE SPINGO FORTE.
NON C’E’ POSTO PER LA MORTE, NELLA VITA.
IL MIO GREMBO LO SPUTA FUORI CON RABBIA.

Tutto il mio corpo lo espelle con forza, quel frutto acerbo che non vedrà mai il cielo.
IL MIO GREMBO. LE MIE COSCE.
AL COSPETTO DELLA MORTE, LA VITA S’IRRIGIDISCE E SI RITRAE.

Vomito. Sanguino. Grido. Piango.
Io non esisto. Io mi sto guardando morire. E' mio quel corpo che, nel dolore e nell'agonia, si schiude.
Sono mie le cosce che si scostano per far passare LEI. (LA MORTE.)
AMORE E MORTE. Lui che mi ripulisce. Piange. Mi abbraccia. Tampona via il sangue.

"Dobbiamo andare in ospedale, Nancy! Stai perdendo troppo sangue!"

“NO, SID! ASCOLTAMI! TI PREGO-TI PREGO-TI PREGO, FALLO PER ME! NON CHIEDERE AIUTO. NON VOGLIO NESSUNO. CAPITO? NESSUNO. NIENTE DOTTORI. OSPEDALI. SONO RICERCATA. MI RIMANDEREBBERO A CASA, CAPITO? RESTA QUI VICINO A ME… TIENIMI… LA MANO… E GIA’ CHE CI SEI… PIANGI CON ME…”
Io non ho reagito.
Non potevo.
Ogni reazione comporta ACCETTAZIONE.
(Come potevo, io, accettare tutto questo?)
“CORAGGIO, NANCY!”
La voce di SID. Del MIO SID.
“DEVI ESSERE FORTE, NANCY! SPINGILO FUORI!  LUI NON FA PIU’ PARTE DI TE. AVANTI! SPINGI! ANCORA! PIU’ FORTE! E’ MORTO, NANCY! NON PUOI FARE Più NIENTE PER LUI! E ADESSO… LASCIALO… LASCIALA ANDARE!”
Lacrime roventi mi bruciano l’anima.
(una bambina! Una FEMMINUCCIA!)
Solo allora le ho detto addio.
Sussurrando il nome che avevo scelto.
Una volta sola. Col cuore che mi si strappava.

“SUSY”

Poi ho spinto.

Impassibile.
Senza piangere.
Senza gemere.
Senza gridare.
Immobile.

Mentre la MORTE attraversava il mio corpo. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses / Vai alla pagina dell'autore: sarahrose