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Autore: Marra Superwholocked    06/09/2014    4 recensioni
Le persone continuano a scomparire, ma di loro rimane comunque una traccia. Lynn Moore, whovian in ogni cellula del suo corpo, è l'unica ad accorgersene. Un giorno, il più bello della sua vita, uno strano "Uomo con gli anfibi" che si fa chiamare Dottore entra nella sua vita.. uscendo dal suo armadio! Dal XXI secolo atterrano nel 1984 dove incontreranno John, un simpatico ragazzino di 13 anni, che li aiuterà nella loro missione: salvare la Terra!
Ma John non è un ragazzino qualsiasi...
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - Altro, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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La chiacchierata che fece di noi whovian una grande famiglia

 

 


Una leva giù, un'altra a destra, una virata improvvisa ed ecco che il TARDIS riapparve in mezzo ad un profumatissimo campo di lavanda della Provenza del 1747. Il Dottore si appoggiò alla consolle. «Dodici anni. Dodici anni e vengo ripagato con un altro addio.»
«Be', dai, la nostra avventura è durata poco, ma è stata intensa.» Lynn lo colpì alle spalle con un leggero pugno in segno di amicizia. Con quel colpetto, tuttavia, riuscì a sentire i nodi di paura e di tensione che lo tormentavano e le tante, troppe domande che non lo avrebbero mai più lasciato in pace. Gli aveva raccontato tutto, da come aveva incontrato il Lupo Cattivo alle ultime intuizioni per salvargli la vita. Fino a quel momento, nemmeno lei era a conoscenza del fatto che fosse tutto un piano dello stesso Lupo Cattivo per fare in modo che – quasi – il mondo intero venisse a sapere della vita di un alieno che correva per salvare l'universo. Non sapeva ancora come fare, ma non era il suo problema principale in quel momento: il Dottore, quel Dottore, era più curioso di un bambino la notte di Natale e avrebbe voluto sapere che fine gli sarebbe spettata. Dopo aver cambiato il suo futuro e aver impedito la sua morte su Trenzalore, infatti, il suo unico pensiero fu quello e Lynn lo sapeva.
«Lynn, per favore, resta» le chiese.
«Oh, Dottore, lo vorrei tanto. Ma non posso. Devo raccontare al mondo la tua storia, anche se non ho ancora idea di come fare...»
«Allora viaggia con me finché non ti verrà in mente! Poco lontano da qui è in atto una potentissima attività elettromagnetica dovuta a qualcosa che ancora mi è sconosciuta.» Si girò e la guardò negli occhi che cercava di nascondere a causa delle lacrime pronte a scendere. Le prese le mani e, pieno di speranza, la guidò verso una postazione di comando della consolle. «Vedi, solo tre persone in tutto il tempo e lo spazio sanno pilotare il TARDIS e due di esse siamo te ed io. Ti prego, rimani al mio fianco... Non voglio rimanere di nuovo solo!»
Lynn si asciugò veloce una lacrima col dorso della mano. «Non rimarrai solo, te lo garantisco. Torna nel XXI secolo, a Londra. Non dare nell'occhio finché non avrai visto un uomo alto e magro, con tanti capelli quante lentiggini e due fossette sulle guance leggermente scavate. Digli chi sei e fallo viaggiare con te. Lui ti sta aspettando da trent'anni. Poi succederanno tante di quelle cose che, forse, mi dimenticherai. Anzi, lo spero perché, se mi venissi a cercare, potrei anche abbandonare il mio destino a se stesso per continuare a correre con te.» Detto questo, andò verso l'uscita e spalancò una porta. Non ce la faceva a guardarlo in faccia perché sapeva che, se l'avrebbe fatto, se ne sarebbe pentita per tutta la vita. «Buona fortuna, Dottore. È stato un piacere averti conosciuto.» Mise un piede fuori, seguito subito dopo dall'altro e respirò l'aria densa e profumata, riempita dai ronzii delle api che parevano saltellare da un fiore all'altro, felici della loro vita frenetica.
Il TARDIS chiuse l'uscita velocemente e accese lo schermo che il Dottore amava far girare attorno alla consolle.
«Piacere mio, Lynn» disse sottovoce il gallifreyano. Si mise di fronte al piccolo schermo e vide, col cuore pieno di sensi di colpa, Lynn che se ne stava ferma davanti al TARDIS a fissarlo. Poi venne avvolta da una leggera foschia che pian piano divenne più lucente, abbagliante, apparsa per trasportarla in un anno ben preciso nel futuro, da un povero uomo in preda ad una crisi causata dal suo lavoro.
Il Dottore la vide sparire nel nulla e al suo posto il Lupo Cattivo lasciò il silenzio. Ancora una volta gli aveva salvato la vita. Sì, ma gli aveva anche spezzato i cuori.
Per un momento che gli parve durare una vita – il che, per lui, è un lasso di tempo che va molto oltre il secolo – rimase a fissare i comandi, ignorando le ultime parole di Lynn. Poi un nome ed un volto gli riaffiorarono nella mente e, col suo solito sorriso smagliante, si sistemò la giacca e si ripulì gli anfibi da fango e polvere, soffiò su una girandola arancione e spinse all'ingiù un cilindro di vetro.
Il TARDIS barcollò e in un lampo apparve su una strada fuori dal centro di Londra. Il Dottore si precipitò sul marciapiede e saltò su di esso, inalò una gran quantità d'aria fino a farsi quasi scoppiare i polmoni e dichiarò con enfasi di aver fatto proprio un buon lavoro: era atterrato proprio nel punto del tempo desiderato e questo accadeva assai di rado.
Dal fondo della via sentì provenire delle urla di bambini e si rese conto che il TARDIS era un po' troppo in bella vista. Gli rimaneva poco tempo prima che quei bambini girassero l'angolo e lo scoprissero. Fece dunque scivolare velocemente una mano dentro la giacca e afferrò il suo cacciavite sonico che, con un sol trillo, mascherò alla vista dei bambini e di chiunque sarebbe passato di lì il TARDIS. Appena in tempo: una combriccola di ragazzini urlanti apparvero al limitare della via e il Dottore si sentì doppiamente soddisfatto, quel giorno.
In pochi istanti, i ragazzini macinarono metri su metri, superando le varie casette silenziose e lo stesso Dottore, senza nemmeno immaginare chi lui fosse veramente. Uno di loro rallentò e si staccò dal gruppetto, che proseguì senza rendersene conto. Aveva pressoché dodici anni, una cresta appena accennata e un apparecchio ai denti. «Cerca qualcuno, signor Hiddleston?» chiese da buon inglesino.
Il Dottore rimase perplesso dal modo in cui lo chiamò, ma non ci diede peso e rispose alla sua gentile domanda, chiedendogli così aiuto. «In effetti, sì. Vedi, non sono di questa zona e sto cercando una persona che non ho idea di dove abiti.»
«Di chi si tratta, signore?»
«Si chiama David John McDonald. Lo conosci?»
«Vuole dire David Tennant? Abita là» disse indicando alla sua sinistra, «proprio dove c'è quella bici blu parcheggiata sul vialetto.»
«Grazie, ragazzo. Ci si vede.» Gli fece l'occhiolino e si avviò a grandi passi, ben attento a evitare di andare a sbattere contro il TARDIS: gli era già capitato un paio di volte e non era stata una bell'esperienza.
Arrivato davanti alla casa dell'attore, il gallifreyano inspirò profondamente. Aveva appena salutato il bambino e ora stava per riabbracciare l'adulto. Gli ricordava qualcosa che ricacciò subito indietro insieme agli altri pensieri troppo dolorosi.
Superò il vialetto, salì le scale, suonò il campanello. Un brivido gli scivolò lungo la schiena e gli venne voglia di correre via, lontano. Erano successe troppe cose tutte insieme. Ragionamenti, benvenuti, addii e ritrovamenti. Dopo dodici anni di solitudine, era troppo anche per uno come lui. Continuava a pensare a Lynn, al Lupo Cattivo e al fatto che quest'ultimo avrebbe anche potuto farsi una vagonata di affaracci suoi e lasciare in pace quella povera ragazza che voleva solo dare una svolta alla sua vita. Stava ancora pensando a questo, quando la serratura della porta di casa scattò e si sentì prendere dal panico.
«Ciao, Tom! Che piacere!» disse un uomo incredibilmente uguale a lui in una sua vecchia rigenerazione.
«John?»
L'uomo mutò espressione perché solo in quel momento riconobbe chi aveva di fronte. «Dottore... Sei davvero tu?» chiese a bocca aperta l'attore.
«Oh, sì, David! Prendi l'indispensabile, decidi tu la destinazione!»
«Fammi solo scrivere un biglietto per mia moglie! Le dirò che... Le dirò la verità. E per quanto riguarda la destinazione... Mi avevi promesso HAT-P-38, o sbaglio?»
«Oh, ma certo!» disse raggiante. «Senti un po', ma... Chi è Tom Hiddleston?»
David rise sotto i baffi ed entrò in casa per prepararsi al viaggio che aveva tanto sognato di fare fin da quel giorno del 1984.


20 luglio 1962. Esattamente sette anni prima che l'uomo mettesse piede sulla luna. Quel giorno, Londra sembrava una di quelle città fantasma che si vede solo nei film: botteghe chiuse, strade deserte, mercati che se avevano cinque bancarelle era un miracolo. Le campane di una chiesa poco lontana da lì suonarono tre volte. Le tre del pomeriggio, 32°C, pensò Lynn. Solo un pazzo uscirebbe con questa temperatura.
E, in effetti, a pochi passi da lei, un pazzo c'era. Non lo era per il caldo: quell'uomo era giù di morale per il lavoro. Seduto su una panchina a dir poco malconcia, stringeva al petto un taccuino piuttosto vecchio e, fissando i fili d'erba che ondeggiavano col vento, cercava di farsi venire in mente una buona idea. Gli occhiali da vista gli scivolavano in continuazione e questo non faceva altro che infastidire i suoi pensieri. Alla fine si arrese e accese malamente una sigaretta. «Al diavolo!» sbottò.
Lynn, che sulla sua serie tv preferita era più informata di Rita Skeeter su Hogwarts, riconobbe immediatamente l'uomo che, di lì a poco, sarebbe sprofondato in una crisi che gli avrebbe fatto consumare un pacchetto di sigarette in mezz'ora. Le venne subito un'idea meravigliosa e finalmente capì ciò che doveva fare. Non le importava se aveva ancora addosso gli abiti che le aveva prestato il Dottore per confondersi negli anni Ottanta: un piede alla volta, così silenziosa che sembrava non voler disturbare l'aria, fu a pochi passi da lui. «Tutto bene, signore?» domandò facendo finta di nulla.
Lui, per tutta risposta, grugnì nel voltarsi in direzione della voce, poi tornò alla sua sigaretta. Sentì i passi della ragazza che si avvicinava. Un fruscio gli suggerì che si era seduta proprio accanto lui. «Senti, bambola, siamo in un parco: ci sono altre panchine libere, qui.» Diede una boccata di fumo e si mise a studiare le nuvole, che gli regalavano una sensazione diversa in base alla loro forma in continuo mutamento.
«Io voglio rimanere qui. È la più comoda.» Accavallò le gambe e andò alla ricerca dei suoi occhi, invano. Era più che sicura fosse lui, quindi non volle arrendersi. «Io mi chiamo Lynn Grace Moore» aggiunse seguendo lo sguardo di lui.
L'uomo la guardò come se quella fosse la ragazza più strana che avesse mai incontrato. «Se cerchi di vendermi qualche diavoleria, sprechi il tuo tempo» ruggì da sotto i baffi.
«Senta, io sono qui per aiutarla, cosa crede? Quindi, a meno che non voglia che io usi le maniere forti, le suggerisco di rimanere calmo e di prendere appunti.» Si sentì carica e, per una volta, fiera di se stessa.
«Caspita, che caratterino... Ma... Aiutarmi? In cosa?» chiese allontanandosi di qualche centimetro dalla ragazza.
«Lei mi dica solo una cosa: il suo nome è Sydney Newman, vero?»
All'uomo cascò la sigaretta dalla bocca per la sorpresa. «Ma che diavolo...?»
«Lo è. Bene! Si metta comodo: ho qui per lei una storia che a molti sembrerà un po' troppo strampalata, ma che terrà incollati alla tv milioni di persone fin da subito. Parla di un alieno che si fa chiamare Dottore...»

 

 

Postfazione

 

 


Ed eccoci qui, amici, all'ultima “pagina”. Spero di non essere stata troppo noiosa né logorroica con le mie descrizioni a volte troppo dettagliate. Mi scuso anche – be', soprattutto – per il mio modo di scrivere, il quale ha ancora bisogno di una sistemata ed è per questo che ringrazio tutti coloro che hanno recensito, dandomi supporto e consigli!
Odio fare dei ritardi, ma fra le vacanze (al mare non avevo alcuna possibilità di collegarmi) e altri problemi famigliari pervenuti in seguito, non sono riuscita a pubblicare come avrei voluto... A metà del nono capitolo, poi, ho avuto una crisi, un blocco e per un po' non sono riuscita a proseguire: cancellavo tutto ciò che scrivevo e questo è abbastanza frustrante...
Dunque, come una brava Junsay, vi chiedo ancora umilmente perdono dicendovi anche che la mia mente non va mai in vacanza! Sotto il sole, infatti, ho architettato un'invasione di zombie ambientata nel medioevo ed un omicidio che prenderà piede nel mondo di Sherlock, il quale userò per un'altra fanfiction con il caro Moriarty. Poi, nel vedere un'immagine di David Tennant, mi è venuta in mente un'altra bella storiella che, però, non prenderà in considerazione l'attore, ma sarà solo un personaggio ispirato a lui. Ma ciò di cui vado maggiormente fiera è l'ultima storia che mi è venuta i mente: riuscite ad immagine quello che verrebbe fuori dall'incontro tra l'Undicesimo Dottore e Temperance “Bones” Brennan? Oddio, comincio già a vomitare arcobaleni!!
Be', grazie a tutti e alla prossima storia :D


xoxo
Tilena

   
 
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