CAP.2
SPAZI INVISIBILI VIOLATI
Dopo
aver scaricato la rabbia girovagando per qualche
minuto senza meta, Rosa decise di sedersi sulla scalinata
dell’ingresso in modo
da ripensare a ciò che le era appena accaduto a mente
più lucida. Ignorando gli
sguardi curiosi dei suoi nuovi compagni di scuola, Rosa
pensò che non trovava
giusta la descrizione della sua compagna di banco fornitale dalle tre
oche. Pensava
che, prima di dare giudizi, bisognava conoscere molto bene una persona.
“Non
si giudica un libro dalla copertina!”
Sbuffò
arrabbiata e si guardò un po’ intorno allo scopo
di individuare qualcosa su cui sfogarsi, ma il suo sguardo venne
nuovamente
catturato dalla sua compagna di banco ancora intenta a leggere sotto
l’albero. Anche
se lontana, Rosa ebbe modo di
osservarla meglio. Era seduta a gambe incrociate e poggiava la schiena
contro
il tronco dell’albero, la testa bassa e lo sguardo rivolto al
libro aperto e
appoggiato alle gambe. Indossava una semplice tuta, forse un
po’ troppo grande
per lei, e delle scarpe da tennis. I capelli rosso amaranto, erano
raccolti in
una sciatta coda alta che non rendeva giustizia al suo colore di
capelli e la
frangetta, troppo lunga, le nascondeva gli occhi, ulteriormente
nascosti dagli
occhiali da vista. A quella vista Rosa arricciò le labbra.
“Ha
bisogno che qualcuno l’aiuti col look, questo è
vero. Ed è vero che è
un po’ robusta, ma questo non vuol dire che sia una brutta
persona. E poi si
può rimediare!”
Si alzò e
raggiunse la ragazza, la quale non si accorse della sua presenza e
continuò a
leggere. Rosa sorrise e congiunse le mani dietro la schiena.
-
Ehi, ciao. -
La
ragazza sobbalzò a alzò lo sguardo verso Rosa. In
questo
modo, quest’ultima ebbe modo di vedere il colore dei suoi
occhi per la prima
volta. Nocciola.
-
Accidenti! Ma lo sai che hai dei bei occhi? -
La
ragazza strinse le labbra e arrossì appena, poi
tornò
a leggere il libro.
-
Non.... sono niente di speciale. -
-
Ah no? -
La
ragazza scosse la testa. Rosa inclinò la testa di lato
e la osservò ancora.
“Non
capisco se la sua è timidezza o se c’è
qualcosa sotto.”
Decise
di sedersi accanto a lei e notò che la ragazza si
spostò appena, sciogliendo le gambe e portandole al petto
nascondendo il libro.
A Rosa non sfuggì quel particolare: spostandosi, aveva
creato un confine
invisibile tra loro, dove non vi era alcun contatto fisico. Rosa non
volle
insistere e rimase immobile e in silenzio, aspettando il momento giusto
che
arrivò quando vide la ragazza riprendere a leggere e
rilassare leggermente i
muscoli. Sorrise. E quel sorriso, non sfuggì alla ragazza.
“Perché
sorride? Perché è qui?”
-
Per-perché sei venuta qui? -
-
Oh beh, i miei genitori stanno divorziando e la mamma
ha voluto avvicinarsi alla zia, cioè a sua sorella, per non
restare sola. Sai è
un momento delicato… comunque, siamo qui da tre settimane,
ma tra una cosa e l’altra
ho iniziato scuola solo oggi. Inoltre, mia mamma e mia zia stanno per
aprire il
loro primo negozio in proprio quindi puoi solo immaginare il casino che
c’è in
casa! Senza contare il fatto che domani ci sarà
l’inaugurazione del negozio. Ti
andrebbe di venire? Fanno degli sconti apertura per i clienti! Ah, ho
dimenticato di dirti che mamma è un’estetista
mentre la zia è parrucchiera… perché
mi guardi così? Ho qualcosa sul naso? -
-
Oh! No no. -
La
ragazza non si era accorta che, durante tutto quel
monologo, la stava fissando shockata e con la bocca aperta.
Arrossì imbarazzata
e tornò a leggere il libro. Anche se leggere non era il
termine appropriato,
dato che, presa dall’ansia, non riusciva a leggere una sola
parola. Quindi,
sfogò la sua inquietudine sulle pellicine, come faceva
sempre. Nemmeno questo
gesto sfuggì a Rosa.
-
Sai, non dovresti mangiarti le pellicine. Potrebbe venirti
il giradito! -
-
Il… cosa? -
-
Un’infezione. È brutta, sai? Mamma mi ha detto che
ti
si gonfia il dito e… -
“Ma
quanto parla?”
-
S-scusa ma… io ti ho chiesto perché…
sei venuta qui
vicino a me… non perché ti sei trasferita. -
-
Oh! Accidenti che figura… scusa, avevo frainteso.
Beh… perché
voglio conoscerti. -
-
Come? -
La
ragazza si voltò di scatto verso Rosa, la quale
restò
sorpresa nel vedere la sua espressione.
-
Voglio conoscerti. -
-
M-ma… perché? -
-
Come perché? - Sorrise - Sei una mia compagna di classe
e mi piacerebbe instaurare un bel rapporto con tutti quanti! Anche con
te. -
La
ragazza scosse la testa incredula.
-
Ma… prima ti ho vista… parlare con
Ambra… non ti ha
parlato di me? -
-
Eccome se lo ha fatto. Ma a me non interessano i
giudizi altrui. Per giudicare bisogna conoscere, no? Quindi
ricominciamo! -
Rosa
si alzò e invitò la ragazza a fare altrettanto.
Titubante,
quest’ultima si mise in piedi chiudendo il libro e
osservandola sospettosa ma
curiosa al tempo stesso. Prima d’ora, nessuno si era preso la
briga di
interessarsi a lei e, anche se la situazione le sembrava strana, le
faceva
piacere. Rosa sorrise e le porse la mano.
-
Ciao! Io mi chiamo Rosa. Ho tredici anni e mi sono
trasferita qui da poco. Tu come ti chiami? -
La
ragazza osservò prima la mano tesa e poi Rosa.
Stava
sognando? O era tutto vero? Una “bellissima” si
stava presentando a LEI e voleva conoscere il SUO nome?
Perché?
“Ci
sarà qualcosa sotto? Magari uno scherzo…
sarà d’accordo con Ambra?
Però…
i suoi occhi mi sembrano sinceri… che devo fare?”
Rosa
attese pazientemente che la ragazza davanti a lei prendesse
coraggio e le afferrasse la mano. Sorrise radiosa quando lo fece e
restò
piacevolmente sorpresa nel sentire la presa salda e forte della
ragazza, al
contrario di ciò che potrebbe sembrare o dimostrare
l’espressione tesa ed
imbarazzata sul suo viso paffuto.
-
Io… mi chiamo Catelynn. Ho… tredici anni e abito
qui. -
Rosa
rise felice e questo strappò un sorriso anche a
Catelynn.
-
Ti posso chiamare Cate? Anzi no! Lynn! Posso? -
Catelynn
annuì non del tutto convinta. Nessuno abbreviava
il suo nome, tranne i suoi genitori, e la cosa le parve molto strana.
“Al
massimo lo storpiano in “ciccio-lynn”.”
Rosa
lasciò la presa e, tornando a incrociarle dietro la
schiena, disse una particolare frase che fece girare la testa a
Catelynn e che
la lasciò confusa più che mai.
-
Diventiamo amiche, ti va Lynn? -
La
campanella suonò proprio in quel momento