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Autore: hugmecupcake    07/09/2014    0 recensioni
Cercai di correre verso la mia stanza ma sentì un tocco gelido sulla mia pelle, ancora calda dal getto d'acqua. Girandomi trovai quel bastardo con un sorriso a 32 denti, l'esatto contrario di me che ero diventata giallognola. Si avvicinò di scatto facendomi indietreggiare fino a far scontrare il mio corpo contro il muro, appiccicando successivamente il suo al mio.
-Non preoccuparti questa sera proveremo qualcosa di diverso.- sussurrò
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Josh Devine, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Erano le dieci del mattino e la mia sveglia aveva smesso di suonare la scorsa settimana. L'avrei dovuta cambiare, ormai ogni tentativo di rianimazione era vano. Da giorni mi alzavo frastornata come se la sera prima avessi bevuto 10 mojito tutti d'un sorso. E mentre ero su di un boulevard mi soffermai sul viale alberato che stavo percorrendo. Le foglie degli alberi cominciavano ad ingiallirsi e gli enormi marciapiedi di Londra venivano ricoperti da esse. Percorrevo quel boulevard alberato quasi ogni mattina, per raggiungere il luogo di lavoro. Starbucks era sempre pieno zeppo di clienti che fremevano dall'assaggiare un frappuccino  o qualsiasi tipo di frullato. Per fortuna l'intera catena di negozi andava a gonfie vele e dubito che un giorno le vendite sarebbero calate. Spalancai la porta dello spogliatoio e il mio grembiule era maldestramente piegato sulla panca di ferro che da sempre era difronte agli armadietti personali. Da sempre addetta alle prenotazioni presi il mio block notes con la sirena stilizzata stampata sul lato sinistro. Inutile dire la giornata trascorse normalmente e quando forse servivo l'ultima ordinazione tornai dietro il bancone ripulendolo con uno straccio umido. Alzai il capo quando delle fragorose risate risuonarono dal 5 tavolo. Io sorrisi poi stesi il braccio sotto il bancone prendendo il cellulare, ma senza farmi notare. Un messaggio era stato ricevuto da più di mezz'ora. Di mattina di certo non davo importanza a messaggi o chiamate varie. 
-Saprò renderti felice. Ma non regalandoti un diadema. Buongiorno xx.- sorrisi rileggendo il messaggio minimo cinque volte fino a quando l'intero messaggio era ben chiaro al mio cervello. La sera prima mi era sembrato per un istante di essere la donna più fortunata al mondo. Quelle biglie verdi che aveva al posto degli occhi catturavano le mie, sicuramente di qualità inferiore. Quel viso in se era perfetto, scolpito in duri anni di laboratorio dal più grande scultore al mondo. Chiusa difficilmente questa parentesi riposi il cellulare. Ancora con il sorriso alzai il capo. Sgarrando gli occhi, perdendo totalmente l'aria di spensieratezza che Harry con uno solo messaggio mi aveva fatto vivere. 
-Cosa ci fai qui?- chiesi strizzando nervosamente lo straccio verde nelle mie mani. Lui con la mascella tesa dinanzi a me incuteva paura. Paura che trapelò la pelle facendomi rabbrividire. -Chi era.- incredibilmente geloso Luke voleva sapere chi era il responsabile di quella felicità ormai scomparsa. Non avevo il coraggio di rispondere, o forse, non volevo. Ci sarebbero stati conflitti a seguito ed era quello che volevo evitare. 
-Chi era.- ripeté avvicinandosi di un centimetro. Arrivò Daniel, il nuovo dipendente che osservando il ragazzo biondo, mi porse il block notes. 
-Tavolo 7.-  pronunciò in cagnesco per lo scatto che aveva fatto Luke. Quando capì che non avrei risposto alla sua domanda che pareva più un'affermazione, spostò lo sguardo sulle mie mani. Andai a nascondere le mani al di sotto del bancone per non fare vedere che il suo regalo non era stato gradito e che non aleggiava sul mio dito. Troppo tardi. Non l'avevo indossato il giorno prima davanti a lui e mai lo avrei fatto. Prese il mio polso portandoselo a se. Strinse la presa ed io cercai di divincolarlo. 
-Lasciami.- dissi accorgendomi un po' tardi che il tono della voce era più alto del normale. Tutta la caffetteria, che per mia fortuna non era affollata si voltò verso la nostra direzione. Io, osservavo tutto senza pronunciar parola. 
-Non preoccupatevi. Continuate pure quello che stavate facendo.- queste furono le parole del capo che posizionandosi di fronte a me, rincuorò i clienti, mentre io continuavo a guardare un punto fisso. Deglutii girando il capo trovandomi davanti Luke. Con gli occhi sgranati lo osservavo, chiedendogli con lo sguardo il perché di quella reazione. Solo quando vide i miei  occhi offuscati dalle lacrime tentò di avvicinarsi. 
-Non vogliamo che tutto ciò succeda, qui dentro.- allontanando Luke da me la prima lacrima si fece spazio sul mio viso. Il mio capo sprecò poche parole con Luke una volta cacciato dal locale. Parlavano tranquillamente poi mentre il ragazzo stava per andar via, puntò per l'ultima volta il mio viso. Così pietrificata che non mi accorsi che l'uomo massiccio era già rientrato. 
-Dobbiamo parlare.- annuii col viso, asciugandomi velocemente le lacrime. -Ma ora va a casa. Ti chiamo un taxi.- prese il suo cellulare digitando il numero. 
-Non ne ho bisogno, abito qui vicino.- cercai di rendere il tono di voce il più naturale possibile, convincendo scarsamente l'uomo davanti a me. Non osò obiettare. Mi lanciò uno sguardo d'intesa ed entrai nello spogliatoio. Percorsi il tragitto verso casa trattenendomi dall'esternernare l'infinità di emozioni che in quel momento provavo. Era come se avessi vissuto per l'ennesima volta la mia adolescenza, passata rinchiusa in quella casa famiglia che solo al pensiero spuntava la pelle d'oca. Massaggiai l'esile polso dolorante, osservandolo con occhi lucidi. Tirai su col naso alzando il capo al cielo grigiastro. Con stanchezza salii le scale di casa aprendo il portone. Sospirai, minimamente tranquillizzata una volta in quelle quattro mura che contemplavano in silenzio ciò che, ogni giorno, c'era di nuovo. Lame taglienti si fecero vive in prossimità del polso. Ed io con i polpastrelli lo tastai. Estrassi dal freezer del ghiaccio, mettendo quattro cubetti su di uno straccio. Tremai al contatto con la sottile barriera di cotone, già gocciolante d'acqua. Non avrei sprecato altro tempo a parlare con Luke, avevo un quadro generale della sua personale  e, sinceramente, di gente aggressiva ne avevo vista. Quest'episodio non avrebbe confermato l'imminente aggressività del ragazzo ma, lo spiraglio c'era e non avevo intenzione di rischiare. Non questa volta. Cominciavo a fidarmi del ragazzo ricciolino che, se lunatico aveva confermato la sua teoria. Il cambiamento era evidente.
  
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