4
–Vuoi un Passaggio?
“Quel
ragazzo è fottutamente
sexy!” L’urlo stridulo di Mel mi fece ritornare con
i piedi per terra. Feci un
espressione disgustata riferendomi al suo commento poco discreto
riguardante
Harry non appena finì di pronunciare la frase.
“Non
esagerare, Mel.” La
schernii afferrando i libri dal mio armadietto. “E’
carino, estremamente
irritante, ma carino.”
Melissa
Apple, mia migliore
amica dalla seconda media, mi camminava affianco mentre entrambe ci
dirigevamo
a passo felpato verso l’aula di chimica. Preparai
già mentalmente la scusa
pietosa e commuovente che avrei dovuto rifilare alla professoressa
quando
sarebbe saltato fuori che non avevo aperto minimamente il libro.
I
capelli corvini della
ragazza al mio fianco ricaddero sulla sua spalla quando, con un gesto
esperto,
fece roteare il collo in modo da sistemarsi la chioma disordinata, per poi abbottonarsi
meglio la camicetta
accademica bianca e far schioccare le sue labbra una contro
l’altra cercando di
uniformare il rossetto viola. Gli occhi scuri e ipnotici guizzavano da
una
parte all’altra del corridoio, lo smalto acceso delle unghie
ben curate faceva
contrasto con il vestiario chiaro e la pelle già abbronzata
faceva invidia ad
ogni ragazza dalla carnagione normale. Mel era davvero bellissima.
Con
ancora le cuffie nelle
orecchie, dalle quali strimpellavano le chitarre di un gruppo rock, e i
pochi
quaderni sotto braccio, raggiungemmo la nostra classe
nell’arco di pochi
istanti. Mel entrò per prima, come da programma, mentre io,
fedele compagna
dell’ufficio del preside, aspettai che gli studenti pian
piano riempissero
l’abitacolo.
Mi
sciolsi la coda di
cavallo, scompigliandomi appositamente i capelli rossicci, pizzicandomi
anche
le guance in modo da farle arrossare e successivamente mi arricciai il
colletto
dell’uniforme, facendola sembrare sgualcita.
Feci
il mio ingresso, per
niente trionfale, tra i banchi rovinati della Brixton High School
imitando
quello che doveva sembrare un improvvisato ritardo. Ressi persino il
mio peso
poggiandomi le mani sulle ginocchia per rendere la messa in scena
più
realistica, per poi
avvicinarmi con fare
assurdamente drammatico alla cattedra, attirando subito
l’attenzione degli
alunni. Avrei potuto vincere l’Oscar.
La
vecchia si accorse della
mia presenza.
“Starling.”
Sputò la donna
seduta di fronte a me. “Qualche problema?”
mordicchiò la stanghetta degli
occhiali fuori moda.
“Professoressa
Jemis.” Feci
finta di riprendere fiato, come dopo una corsa, assumendo
l’espressione più
dispiaciuta che riuscissi a fare. “Non ho potuto fare quella
tesina della
settimana scorsa.” I miei occhi si inumidirono.
Lei,
rassegnata, scosse il
capo in segno di disapprovazione, mentre riguardava la mia media sulla
sua
preziosa agenda. “Per quale motivo stavolta?”
Chiese come da manuale.
“Mia
nonna è stata male.”
Ammisi abbassando lo sguardo, e non per sembrare ancora più
triste, ma perché
altrimenti non avrei resistito nel mantenere lo sguardo serio; feci
comunque
fatica a trattenermi quando “Povera donna, questa
è la quinta volta nell’arco
di tre giorni, dev’essere molto cagionevole.” Disse
aspramente con fare
ironico, facendo ridacchiare alcuni ragazzi nelle prime file.
“Oh
si.” Le confermai la
teoria. “Purtroppo non è un buon periodo, ma vedo
che lei, essendo
straordinariamente comprensiva, capisce
la mia situazione e quindi non le dispiacerà se le
porterò il compito la
settimana prossima quando...”
Stavo già
prendendo posto in ultima fila quando la sua voce gracchiante mi
interruppe.
“Non
prendiamoci in giro,
signorina Starling.” Stridette facendomi automaticamente
voltare. “Se quella
tesina non sarà sulla mia cattedra domani mattina
sarò costretta a rimandarla
nella mia materia, e ora si segga.” Sbuffai accasciandomi
sulla sedia.
…
La
campanella trillò troppo
tardi per i miei gusti, quando ormai la professoressa aveva terminato
di
spiegare la consistenza di un atomo di carbonio. Raccattai i quaderni
dal banco
passandomi la borsa a tracolla ed iniziandomi ad avviare verso la porta
della
classe.
Un’ondata
di disgusto mi
invase quando oltrepassai i margini del corridoio;
accanto
agli armadietti rossi
nella parte opposta della mia aula, Luke e Cole, entrambi giocatori
della
squadra di basket della scuola, se la stavano prendendo con un
ragazzino del
primo anno.
Il
malcapitato era stato
spinto brutalmente per terra da uno dei due idioti, i fogli dei suoi
appunti
erano sparsi per tutto il pavimento mentre Cole diede un calcio al suo
zaino
facendo ridere lui ed il resto della sua gang. Sbuffai.
Un
istinto omicida mi invase
il corpo nell’attimo in cui il calcio di Dylan, altro
giocatore della squadra,
si scagliò contro lo stomaco del povero ragazzo che,
sdraiato a terra, gemeva
per il dolore. Quest’ultimo si rannicchiò su
stesso sia per alleviare il male
alla pancia sia per provare a prevenire colpi futuri, provai pena e
rabbia per
lui, infatti bastarono le risate roche dei suoi aggressori per farmi
scattare
e, nell’arco di pochi istanti, i miei piedi presero a
muoversi verso il punto
in cui erano loro.
“La
volete smettere?” Sibilai
a pochi passi dai loro corpi, facendo ricadere i loro sguardi sulla mia
figura.
Cole
Mcdusty, Luke Buster e
Dylan Browned erano gli spacconi che da cinque anni a questa parte
prendevano
il sopravvento tra gli studenti di quel decadente istituto. Da sempre
erano
convinti che il mondo girasse intorno ai loro piccoli cervellini, anche
se in
effetti, le cheerleader dalle minigonne volgari e dalle quarte di seno
non li
aiutavano a convincerli del contrario; almeno un paio di puttanelle
bionde gli
giravano intorno ogni volta che oltrepassavano il confine della
palestra,
mentre queste, prive della dignità che una ragazza dovrebbe
avere, gli
correvano dietro sbavando come cagnolini.
Ero
convinta che se la loro
massa cerebrale fosse stata grande almeno la metà del volume
dei muscoli tesi
che gli copriva i corpi, sarebbero stati tutti Albert Einstein.
“Scusami?”
Cole mi schernì
avanzando di qualche centimetro e sfoggiando un sorrisino divertito che
avrei
volentieri cancellato con uno schiaffo. La tentazione era davvero forte
ma mi
trattenni.
“Oltre
ad essere dei
maledetti stronzi siete anche stupidi? Ho detto che dovete
piantarla.”
Incrociai le braccia al petto alzando le sopraciglia in segno chiaro di
sfida e
gustandomi la loro espressione stranita a causa della mia provocazione,
non se
l’aspettavano.
“La
principessina caccia gli
artigli, cosa vuoi, dolcezza?” Questa volta fu Dylan a
rispondermi e quasi mi
strozzai con la mia saliva quando utilizzò
quell’irritante nomignolo. Sviarono
il fatto che li avessi insultati come se si stessero rivolgendo ad una
bambina
che si era persa in un centro commerciale, ma non avevo intenzione di
farmi
mettere i piedi in testa da loro e oltretutto Steven, così
si chiamava il
ragazzo vittima della loro idiozia, era ancora dolorante sulle
piastrelle di
ceramica giallastre.
“Volevo
sapere solo se siete
nati coglioni oppure se lo siete diventati nel tempo.”
Sorrisi tra me e me non
appena pronunciai la frase mentre guardai come i loro ghigni gli
morirono sulle
labbra, non avevano più voglia di giocare, anche se io mi
stavo decisamente
divertendo
“Ascolta
ragazzina, siamo
quattro maschi contro una, non credo che tu sia nella posizione di fare
battute.” Il suo tono ricordava tanto una ferrea minaccia e,
constatando che si
trattasse di quei cerebrolesi con i bicipiti muscolosi, capii che non
si
sarebbero fatti tante storie a far del male ad una femmina.
“Non
mi interessa se siete
talmente meschini da... Harry?” Storsi il naso quando
riconobbi un paio di
jeans neri familiari e degli stivaletti vecchio stile scamosciati. Il
riccio
rimaneva in ombra dietro alla sagoma di Luke, talmente ben nascosto che
la sua
presenza mi era sfuggita, almeno fino a quel momento. “Cosa
ci fai qua?”
Chiesi.
“Tu
la conosci?” Replicò Cole
annoiato e irritato nel medesimo tempo.
Harry
fece un passo avanti
mostrandomi finalmente la sua chioma riccioluta ed i suoi occhi
verdastri così
simili ai miei, per poi schiarirsi la voce e parlare. “Emmh,
no.” Rispose con
nonchalance ma non troppo convinto delle sue parole.
Lo
fulminai con lo sguardo,
un misto di incazzatura e delusione mi si leggeva negli occhi, e non
perché
avesse detto di non avermi mai vista prima, sinceramente non mi
interessava, ma
perché se la faceva con dei montati come quelli. Per quanto
poco conoscessi Harry,
avevo creduto che fosse un tipo apposto, non di più e non di
meno di un ragazzo
strafottente e con gli ormoni a mille, ed anche se non aveva preso
parte al
pestaggio lui era lì con loro. Non aveva impedito ne a Cole,
ne a Luke e ne a
Dylan di prendersela con quel ragazzino che non aveva commesso nulla di
male,
ed in quel preciso istante lo stavo disprezzando più che non
mai.
Strinsi
le mani forte a pugno
facendole ricadere lungo il busto, le figure di tutti meno che quella
di Harry
si dissolsero dalla mia visuale quando agganciai le mie iridi alle sue.
Non
sembrava ne pentito ne deluso dalla mia scoperta, forse soltanto
leggermente
imbarazzato del fatto che stessi reagendo in quel modo davanti a lui e
a tutti
gli alunni della scuola; in effetti non avevo il motivo di attaccarlo
perché,
dopotutto, aveva il diritto di fare ciò che voleva, ma se
era convinto che
avrebbe avuto solo che una microscopica chance con me si sbagliava di
grosso. A
dire il vero non ce l’aveva mai avuta.
Ripensai
velocemente a pochi giorni
prima, a lui mi che mi aveva salvata prima che cadessi nel vuoto, ai
due baci
che gli avevo rifilato, e mi disgustai di me stessa quando le immagini
mi si
proiettarono in mente per essere caduta così in basso.
Non
gli avrei più permesso di
vendicarsi, se aveva davvero intenzione di uscire con certa gente io
gli starei
stata letteralmente alla larga.
Abbassò
lo sguardo non
reggendo più il mio, prendendo a mordersi
l’interno guancia per tenersi
occupato nel mentre di uno strano silenzio. Non aveva nemmeno le palle
per
guardarmi.
Scossi
la testa rattristata
dallo spettacolo, mormorai uno ‘scusa’ al ragazzo
ancora disteso a terra e
girai i tacchi propensa a lasciare quella scena disgustosa.
Non
appena mi voltai per
raggiungere l’uscita fui seguita subito da un paio di fischi,
qualche presa in
giro ed alcuni commenti poco garbati sul mio fondoschiena, in cambio,
gli
mostrai il dito medio e a quel punto fui sicura di non sentire
più loro
provocazioni.
Sorrisi
a me stessa per aver
saputo reggere la situazione e per non aver piantato una scenata in
mezzo al
corridoio a Styles, non era così importante per me da
meritarne una. A essere
sinceri io non lo conoscevo affatto, e da quanto avevo visto poco prima
non
avevo alcuna intenzione di fermarmi per assecondare i suoi stupidi
piani di
rimorchio.
Raggiunsi
velocemente il
parcheggio, dimenticandomi anche di passare a prendere Mel
nell’aula di
biologia, mi sarei scusata più tardi. Avevo troppi pensieri
in testa.
Camminai
a passo svelto fino
alla fermata dell’autobus, non prima però di aver
controllato gli orari e di
essermi accertata che il primo pullman passava dopo mezz’ora.
Perfetto, forse
aver saltato l’ultima ora di geografia non era stata una
grande mossa.
Mi
sedetti sulla panchina
devastata sotto la piccola tettoia della fermata, giocando con i lembi
sfilacciati della mia maglietta ed aspettando quei minuti che
sembravano ore.
Attesi
lunghissimi istanti,
eppure il tempo sembrava non passare mai, infatti l’ultima
volta che controllai
l’ora sul cellulare segnava che mancavano ancora 15 minuti
all’arrivo del mezzo
di trasporto che mi avrebbe riaccompagnata a casa.
Il
suono di un clacson mi
fece sobbalzare, alzai immediatamente lo sguardo incontrando la
fiancata destra
di un pickup nero metallizzato. Il finestrino oscurato di questo si
abbassò
lentamente ed io sbuffai senza neanche volerlo quando riconobbi il viso
del
guidatore.
“Ti
serve un passaggio?”
Harry mi sorrise e tirò il freno a mano del veicolo per
accertarsi che non si
sarebbe mosso dal punto in cui aveva accostato.
“Non
sei troppo impegnato a
picchiare qualcuno del primo anno?” Ghignai perfida.
“O forse hai intenzione di
rubargli i soldi del pranzo?” Conclusi gelida. Lui
sbuffò.
“Ti
sei offesa perché ho
detto di non conoscerti?” Chiese a sua volta sospirando.
Gli
avrei ficcato il pomello
della marcia nel naso.
“Offesa
perché un tizio che
nemmeno conosco dice di non sapere della mia esistenza? Sinceramente
l’idea che
mi salutassi calorosamente non mi era passata neanche per
l’anticamere del
cervello.” Presi aria. “Ma quello che mi da
fastidio è che, nonostante tutto,
tu sei qui, a chiedermi se mi serve un passaggio.”
Non
mi mossi di un millimetro
dalla panchina su cui ero appostata, anzi, mi accomodai meglio per
provocare la
sua rabbia, e quando vidi il cipiglio sulla sua fronte allargarsi capii
di
esserci riuscita.
“Primo,
io non ho picchiato
nessuno, e secondo volevo solo essere gentile.”
Brontolò passando un braccio
oltre il finestrino e guardandomi nel modo in cui aveva fatto la prima
volta
che ci eravamo incontrati nella biblioteca, e nonostante fosse passato
del
tempo, il suo sguardo mi metteva ancora in soggezione. Feci finta di
far
ricadere gli occhi su un oggetto oltre la sua macchina scura ma, quando
sentii
la sua risata flebile uscirgli dalla bocca, seppi per certo che aveva
capito il
mio pessimo tentativo di nascondermi dal suo giudizio.
“Il
gentile vallo a fare con
quelle sgualdrine che vi portate appresso tu e il resto del club dei
coglioni.”
Risposi acidamente incrociando le braccia sotto il seno mentre sul suo
viso si
dipinse uno di quei sorrisini che non mi piacevano, solo per il fatto
che
stavano a dimostrare che aveva una provocazione a fior di labbra.
“Gelosa?”
Domandò inarcando
un sopraciglio e spostando il viso in avanti. Alzai gli occhi al cielo
per
l’ennesima volta quel giorno.
“Ti
piacerebbe.” Risposi con
determinazione.
Strinsi
gli occhi quando
ripeté lo stesso solito gesto per sistemarsi i capelli e li
ridussi in fessure
quando si bagnò le labbra con la lingua, perché,
dopo aver combinato tutto quel
casino, cercava ancora di mostrarsi seducente. Non potei fare a meno di
ridacchiare per la sua spavalderia.
“Niente
bacino per me oggi?”
Fece labbruccio.
“Oh,
fottiti.”
Ora muoio,
so che è passato troppo tempo, davvero tanto, e ringrazio
chi sta leggendo
questo perché vuol dire che non mi ha dimenticato. Ecco il
nuovo capitolo,
lasciatemi tante recensioni dicendomi cosa ne pensate, un bacio e alla
prossima
;)