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Autore: HannibalLecter    07/09/2014    3 recensioni
Charlotte Addams, nonostante condivida il cognome con una delle famiglie più lugubri della tv, è un'allegra e sbadata maestra che ama i cartoni animati, i colori pastello e i cereali al miele per bambini.
Trovatasi senza un tetto sopra la testa si imbatte per caso in tre ragazzi alla disperata ricerca di un coinquilino.
Nathaniel, Maximilian e Jacob si ritroveranno così a dover fare i conti con l'incontenibile vitalità della ragazza, che spesso li trascinerà in vere e proprie follie.
Tra missioni impossibili, piante carnivore, gatti obesi, nuovi amori, gite all'Ikea e bagni nell'oceano riusciranno a convivere?
[Mi sono chiaramente ispirata alla serie Tv 'New Girl']
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Insospettita dall'urlo entusiasta di Nat mi affrettai a raggiungere il salotto dove si parò davanti ai miei occhi uno spettacolo a me familiare.
Nat, Jake e Max guardavano rapiti verso la porta come se avessero avuto una visione mistica.
Peggio di una visione mistica perché Nat stava letteralmente sbavando e avevo paura che da un momento all'altro potessero cadergli gli occhi fuori dalle orbite.
Sulla soglia di casa, mozzafiato come sempre, si trovava Kim, la mia migliore amica, la quale non appena mi vide emise un sospiro di sollievo subito seguito da uno sguardo interrogativo rivolto ai tre bambocci andati in fissa.
«Entra pure», le dissi abbracciandola e chiudendo la porta alle sue spalle.
«T-tu la conosci?», mi chiese speranzoso Jake.
«Ovvio. Ragazzi, lei è Kimberley, mia migliore amica, da cui voi dovete tenere lontane, molto lontane, le vostre manine. Intesi?», chiesi con voce minacciosa.
Loro annuirono senza distogliere lo sguardo dalla mia amica, o meglio dalle sue gambe lasciate scoperte dalla gonna a pieghe.
Kim si sedette sul divano e io ne approfittai per presentarle i miei tre intelligentissimi coinquilini.
«Loro sono Jacob e Maximilian e quello che sta per morire disidratato a forza di sbavare è Nathaniel», spiegai brevemente.
«Ehi! Dille il mio nome completo!», protestò Nat, che sembrava aver riacquistato almeno momentaneamente la capacità di parlare, per dire sciocchezze ovviamente.
Kim mi guardò con gli occhi spalancati prima di sussurrarmi: «Avevi omesso il fatto che i tuoi coinquilini erano maschi!».
Sbuffai di fronte alla sua espressione arrabbiata.
Kim dall'alto del suo metro e ottanta era sempre circondata da corteggiatori, tuttavia, nonostante lei non volesse ammetterlo io sapevo che lei sognava una relazione stabile e una famiglia.
Si era illusa di averla trovata in Brian, che però, dopo un anno, l'aveva abbandonata senza nessuna spiegazione, lasciandola colma di odio nei confronti di tutti gli appartenenti al sesso maschile e delle relazioni serie.
«Ehm Kim giusto?», chiese Jake avvicinandosi con un sorriso a trentadue denti stampato in volto, «Mi vuoi sposare?».
Lei lo guardò incredula prima di scoppiare a ridergli in faccia.
«Mi viene una reazione allergica al solo pensiero di stare con lo stesso ragazzo per più di una settimana. Ora come ora l'unica cosa che potrebbe indurmi al matrimonio è la proposta di un emiro arabo con un conto in banca a nove zeri», esclamò scuotendo la testa, «Mi dispiace ciccino», disse scompigliando i capelli di Jake, che aveva un'espressione da cucciolo bastonato.
«Io non cerco una relazione seria. Bleah le relazioni serie. Orrore. Chi mai vorrebbe una relazione seria?», saltò su Nat gonfiando il petto e ammiccando in direzione di Kim.
«Non mi piacciono gli uomini che indossano camicie a quadri: fa troppo taglialegna», sancì la mia amica lanciando un'occhiata schifata agli indumenti indossati da Max e Nat.
Brian portava solo camicie a quadri di conseguenza Kim aveva iniziato ad odiare anche quelle.
Questa storia mi stava esasperando; solo due settimane prima le avevo proposto di ordinare cinese e lei mi aveva assalito, strappandomi di mano il menù, facendolo in mille pezzi e urlando che tutta la Cina con i suoi cinesi doveva andare a fuoco in modo da non poter più produrre il cibo cinese tanto amato da Brian.
Una settimana fa mi ero presentata da lei indossando un maglione azzurro e lei me lì aveva sfilato in malo modo per poi buttarlo nel cestino della spazzatura perché Brian ne aveva uno simile.
Max le riservò uno sguardo offeso mentre Nat, in preda alla follia, si strappò di dosso la camicia, facendo saltare un paio di bottoni e urlando: «Io odio le camicie a quadri! Ma questa era un regalo di Max e si sarebbe offeso se...»
«In verità io non...», provò a difendersi Max.
Ma venne prontamente zittito da Nat che gli intimò: «Taci!»
Kim li guardò stralunata e si alzò dal divano: «Ok, dopo essermi accertata del fatto che sei sistemata e convivi con tre squilibrati posso andarmene con il cuore in pace», mi schioccò un bacio sulla guancia, «Ci vediamo sabato tesoro! Adios», e se ne andò lasciandosi alle spalle i cuori infranti di Nat e Jake.
«Non rinuncerò a quella pura ed illibata creatura fatata!», urlò Nat prima di dirigersi svelto verso la sua stanza, «Vado ad elaborare un piano di conquista».
Io ridacchiai alla sola idea di una Kim pura ed illibata e mi diressi scuotendo la testa verso il mio morbido e nuovissimo lettone.

«Marrone. Ho sempre sognato di avere una stanza marrone per illudermi di abitare in una casa con pareti di cioccolato»
«Ti rendi conto delle stupidaggini che dici? Secondo me un bel rosa tenue è quello che ci vuole»
«Il rosa è da femmina!»
«Jake lei è femmina!»
«Oh, giusto. Allora io consiglierei un bel rosa»
«È quello che ho appena detto io...»
«Bene e io l'ho ripetuto, problemi?»
«Sì, perché quella è stata una mia idea e adesso arrivi tu, proponi la medesima cosa facendo in modo che la mia idea non sia più originale, unica e favolosa!»
«La tua idea non è originale, unica e favolosa!»
«Lo era prima che tu la copiassi! Le idee di Nathaniel Edward Louis Spencer sono sempre originali, uniche e favolose»
«Le idee di Jacob Davis sono e sempre saranno più originali, uniche e favolose di quelle di Nathaniel-ho-soprannominato-il-mio-pene-piccolo-duca!»
«La stanza è mia e io voglio che sia un luogo rilassante e così le pareti saranno color verde acqua», sancii stanca di quel battibecco infantile, «e dato che voi due siete due neonati travestiti da scimmioni e io sono una donna, sì Jake, sono una femmina, e sono indipendente ed emancipata vi lascio ai vostri litigi senza fine e me ne vado con la mia pittura!», conclusi fiera.
Mi chinai e afferrai i manici di due grandi secchielli colmi di pittura. Rivolsi a Nat e Jake, che mi fissavano scettici, uno sguardo di sfida.
Cosa credevano? Se loro non avessero insistito tanto per accompagnarmi ce l'avrei fatta anche da sola perché io non avevo bisogno di maschi buzzurri per cavarmela.
Sollevai i due contenitori e con un grido di dolore li lasciai cadere.
«Cavolfiore! Quanto pes-», non riuscii a terminare la frase perché fui interrotta dall'urlo spacca timpani lanciato da Jake.
Mi voltai per vedere che cosa l'avesse causato e lo vidi impegnato in una buffa danza, che consisteva nel saltellare su un piede solo tenendo con le mani l'altro piede sollevato in avanti.
«Cazzo Charlie!», esclamò con il viso contratto in una smorfia di dolore, «perché ce l'hai con me?»
Dispiaciuta capii di aver lasciato cadere il pesante barattolo sopra il suo piede e così lo abbracciai per consolarlo.
«Che stai facendo?», mormorò perplesso.
«Che sta facendo?», chiese curioso Max raggiungendoci e lasciando cadere una misteriosa confezione nel carrello.
«Ti sto chiedendo scusa», mormorai staccandomi e guardandolo con la mia miglior espressione da cucciolo ferito.
Jake mi coprì gli occhi con le mani e mi fece ruotare su me stessa in modo da dargli le spalle.
«Accidenti a te e ai tuoi maledetti occhi azzurri giganti! Solo a guardarli inizio a sentirmi in colpa io quando la quasi assassina sei tu!», esclamò.
Ridacchiai e feci per afferrare nuovamente i manici dei barattoli di pittura ma fui fermata da un «NO» strillato da Jacob, che preoccupato per l'incolumità del suo piede già malandato me li strappò di mano e senza fatica li depositò nel carrello.
Lo ringraziai con un buffetto e mi misi a spingere il carrello verso la corsia delle vernici per legno.
«Cosa vuoi fare?», mi chiese preoccupato Maximilian.
Lo ignorai e continuai a percorrere la corsia fino ad arrestarmi di colpo non appena vidi ciò che cercavo.
«Mi sei appena venuto addosso Nat. Madre natura non ti ha fornito di occhi per vedere cosa c'è davanti a te?», chiese scocciato Max.
Nat sbuffò e incolpò me: «Charlie si è fermata senza preavviso e io stavo guardando la commessa bionda laggiù», si giustificò.
La sua ultima affermazione ebbe il potere di catalizzare in meno di mezzo secondo l'attenzione di tutti e tre. Strano vero? Ahhh i maschi e i loro cervellini atrofizzati.
Schioccai le dita davanti ai loro visi imbambolati per richiamare la loro attenzione.
«Max, prendimi in braccio su», esclamai voltandomi verso di lui.
Lui mi fissò perplesso e io ne approfittai per scivolare rapida alle sue spalle e aggrapparmi alla sua schiena in modalità koala.
Lui, preso in contropiede, mi afferrò saldamente le cosce per evitare che cadessi e mi domandò: «Spiegami perché sono in un negozio di pittura e bricolage con una donna folle abbarbicata sulla schiena?».
Gli rifilai uno scappellotto e gli indicai lo scaffale di fronte.
Una volta avvicinatosi mi sporsi leggermente ed afferrai un barattolo di vernice blu e vittoriosa scivolai giù dalle sue spalle, tenendo ben stretto tra le braccia il mio prezioso bottino.
«Bene! Possiamo tornare a casa e metterci al lavoro», conclusi euforica.
Misi un piede sul retro del carrello e con l'altro mi diedi un'energica spinta e urlando «Pistaaa!» Percorsi tutto il corridoio usando il carrello come se fosse un monopattino.
Adoravo farlo da piccola e mi ricordo che ogni volta che mia madre doveva andare al supermercato io la supplicavo di  portarmi con sé mentre lei si rifiutava perché ogni volta combinavo una nuova marachella.
Quando avevo sei anni mi trovarono seduta vicino al banco frigo dei latticini intenta nella costruzione di un castello con i vasetti di yogurt.
Jake entusiasta si procurò in poco tempo un secondo carrello e mi sfidò a percorrere il lungo corridoio che conduceva alle casse in un tempo inferiore al suo.
Ci mettemmo in posizione e quando Nat ci diede il via iniziammo una folle corsa coi carrelli scansando i poveri malcapitati che si trovavano sulla nostra strada.
Arrivai alla fine del corridoio e diedi il cinque a Max cinque secondi prima che lo facesse il mio avversario e così, trionfante, scesi dal carrello e improvvisai un balletto per celebrare la mia vittoria.
«Voglio la rivincita», mugolò deluso Jake.
«Signori? Siete pregati di riporre i carrelli, pagare i vostri articoli e  lasciare il negozio prima che chiami la sicurezza», esclamò una voce antipatica alle nostre spalle.
Frettolosamente pagammo e sotto lo sguardo arcigno dei commessi abbandonammo il negozio ridendo a crepapelle.

«Ragazzi siete pronti?», esclamai apparendo in soggiorno dopo essermi cambiata.
Sé pensavo di trovarli impazienti di aiutarmi a dipingere mi sbagliavo di grosso.
Max stava leggendo uno dei suoi giornali filosofici e non sembrava intenzionato ad alzare il suo regale didietro dal divano.
Nat si stava pettinando di fronte allo specchio mentre mormorava al suo riflesso: «Specchio, specchio delle mie brame chi è il più bello del reame? Ovviamente tu Nathaniel!».
Jake invece aveva la testa infilata del frigorifero e sculettava canticchiando una vecchia canzone dei Backstreet Boys.
«Come ti sei conciata?», mi chiese Max alzando per un momento lo sguardo dal suo maledettissimo giornale.
Abbassai lo sguardo e guardai perplessa il mio abbigliamento.
Cos'aveva che non andava? Di solito le persone quando pitturano casa non indossano i loro vestiti migliori giusto?
Io avevo scelto una vecchia salopette di jeans e una maglietta a mezze maniche a righe rosse e bianche, antico cimelio risalente ai tempi del liceo.
«Bé, se nessuno vuole aiutarmi farò tutto sola soletta. Potrei cadere dalla scala, subire danni alla spina dorsale e restare paralizzata a vita. Potrei affogare nella pittura e morire intossicata. Potrei, per caso, mangiare la pittura e...»
«Ok, ok. Vengo io. Non sia mai che ti venga la malsana idea di assaggiare la pittura solo per farci sentire in colpa per averti abbandonato», esclamò sbuffando Max, che si alzò e lasciò cadere sul divano la sua stupidissima rivista per intellettuali.
Mi fiondai tra le sue braccia e lo strinsi forte, strusciando il viso contro la sua t-shirt.
Lui mi picchiettò imbarazzato su una spalla e mormorò brontolando: «Ancora un po' e fai le fusa».
«Se abbracci anche me ti aiuto volentieri», disse Jake, riemerso dal frigo in compagnia di un sandwich a tre strati.
Gli feci una linguaccia: «Io abbraccio solo le persone che devo ringraziare. Se ti impegnerai e sarai un bravo imbianchino ti regalerò un abbraccio lungo un quarto d'ora», promisi sorridendo.
Lui mi raggiunse e, dopo avermi spettinato i capelli, biascicò a bocca piena: «Ci conto!»
«Sai Nat, nell'ultimo numero di 'Scientific World' ho letto un articolo nel quale dicevano che la pittura, pur essendo tossica, possiede dei componenti che  giovano alla pelle», disse Max con nonchalance.
Il furbacchione era riuscito con poco a conquistarti la completa attenzione di Nathaniel il vanitoso, che interessato chiese: «Dovrei spalmarmela su tutto il corpo?».
Dovetti mordermi il labbro inferiore per evitare di scoppiargli a ridere in faccia.
«No amico, basta stare in una stanza dove viene utilizzata.  Queste sostanze si diffondono nell'aria...», continuò Max, sorridendo candidamente al povero ingenuo.
«Allora credo che vi aiuterò. Farei di tutto per la mia pelle vellutata», sancì felice Nat.
Alzando gli occhi al cielo feci dietrofront e mi diressi nuovamente verso la mia stanza, nella quale ogni mobile giaceva già sotto strati di cellophane protettivo.
Era bello vivere lì, non ti sentivi mai solo e avevi sempre qualcosa a cui pensare.
Finalmente quella sottospecie di graffito pornografico sarebbe sparito dalla mia vista, sostituito da un elegante e semplice verde acqua.

Tre ore più tardi mi stesi stravolta sul letto impacchettato nella plastica e ammirai il frutto del nostro sudatissimo lavoro.
La porta laccata di blu chiaro era una meraviglia e la stanza grazie a quel nuovo colore sembrava un'oasi di pace e tranquillità.
O almeno lo credetti fino a quando quel decerebrato di Jake non mi colse alla sprovvista passandomi il pennello sul naso e lasciando dietro di sé una striscia di pittura verde.
«Vuoi la guerra Davis?», esclamai immergendo un dito nella pittura avanzata nel barattolo e dirigendomi minacciosa verso di lui.
Lui cercò di scappare ma alla fine si trovò con le spalle al muro.
«Non osare appoggiarti alla parete», gli sibilai stringendo gli occhi.
«Lasciami passare allora», mi rispose lui sorridendo.
Mi feci da parte ma non appena lui si fu allontanato dal mio muro fresco di pittura gli saltai addosso tracciando con il dito colorato il contorno del suo volto.
«Ah! Sei un essere malefico!», urlò lui cercando di sottrarsi alla mia tortura.
«Mi unisco anche io!», strillò Nat arrivando con una mano grondante di pittura blu.
Mollai la presa su Jacob e mi scansai per evitare di essere colpita e così la mano blu di Nat si stampò in bella vista sulla pittura verde chiaro della parete accanto al letto.
Quando realizzammo cosa aveva fatto ci immobilizzammo tutti quanti, anche Max smise di sgranocchiare il grissino che aveva in bocca.
Quello fu il momento della calma innaturale che precede un brutto evento. Una tempesta. Un'esplosione. Un tornado. Io che mi scagliai contro Nat con le mani sporche di pittura con la chiara intenzione di infilarle tra i suoi adorati capelli.
Lui urlò consapevole di cosa lo aspettasse ma messo in un angolo non poté scappare e così cercò di difendersi dal mio feroce attacco.
«Brutto zuccone! Ti farò diventare più blu di un puffo!», urlai.
Lui alzò le mani in segno di resa e mi supplicò: «Pietà, pietà per i miei poveri ex capelli vellutati e setosi».
Contenta del mio operato mi tirai indietro lasciandogli la possibilità di alzarsi.
E alla fine avrei dovuto prevederlo: il nemico colpisce sempre quando tu, ormai sicuro di avere la vittoria in tasca, ti permetti di avere un attimo di distrazione.
E fu in quell'istante che Nat balzò in avanti, afferrò la mano ancora sporca di blu di Jake e la sbatté contro la parete.
Una nuova mano affiancò così quella già lasciata da Nat.
Feci per urlare ma fui preceduta da Jake: «Però sono carine le nostre mani vicine; dovreste fare le vostre impronte anche voi, Max, Charlie, perché messe tutte accanto l'una all'altra ci danno l'idea di quello che noi siamo: una famiglia. E anche se sei con noi da soli quattro giorni ne fai già parte anche tu, cara Charlotte Addams».
Lo fissai senza sapere cosa dire mentre Max, dopo aver immerso la mano nel barattolo di pittura, lasciava la sua impronta accanto a quelle dei suoi due amici.
Mi fissavano tutti e tre, in attesa.
E così titubante mi avvicinai e appoggiai la mano sotto alle loro tre impronte.
Poi mi allontanai per fissare la parete verde sulla quale spiccavano vicine tre grandi mani e una mano più piccola.
E non potei far altro che sorridere.


 


Ecco qui il terzo capitolo!
Conosciamo Kim, che sarà spesso presente (trae ispirazione dalla Cecilia della serie tv ma non sarà uguale uguale a lei), e poi abbiamo un quadretto di vita quotidiana, che vede i nostri quattro amici alle prese con pittura e pennelli.
Fatemi sapere cosa ne pensate perché ci tengo molto.
Grazie a tutti!
Un bacio,
S.

  
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