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Autore: Moony16    08/09/2014    2 recensioni
«allora … hai trovato quello che cercavi in America?» gli chiese. Voleva sapere almeno se tutta quella sofferenza fosse servita a qualcosa.
***
«allora io vado, … ci vediamo»lei sbuffò
«si fra, dieci anni» lui sorrise
«in realtà, fra appena due giorni. Ci sarò anche io alla cena di famiglia di Domenica. Albus mi ha invitato» lei parve scioccata, così lui, godendosi quella piccola vittoria, uscì dalla stanza. Dopotutto, lui voleva ancora farla impazzire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus, Severus, Potter, Alice, Paciock, Jr, Louis, Weasley, Rose, Weasley, Scorpius, Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Mettere di nuovo piede in un luogo aperto, sotto il cielo grigio di Londra, fece sospirare Scorpius di sollievo. L’aria era ghiacciata e tutto sembrava coperto da un sottile strato di pioggia e nebbia. Rose era accanto a lui, imbacuccata come solo lei sapeva fare, che lo guardava in malo modo per averla costretta a stare per più di dieci minuti all’aperto nell’aria gelida. Era sempre stata freddolosa, ricordava i suoi piedi gelidi nel letto, quando si intrufolava nel dormitorio maschile; i maglioni doppi che teneva ostinatamente addosso; le sue mani fredde che birichine si intrufolavano nella sua schiena calda attraverso i vestiti e lo facevano tremare ogni volta, prima per il freddo, poi per il piacere.
Lui aveva insistito tanto per riuscire a convincerla a fare una passeggiata, così lei alzando gli occhi al cielo e un po’ seccata aveva acconsentito. Stavano costeggiando il Tamigi, sporco come sempre e increspato dalle onde a causa del vento e della corrente. Era uno spettacolo che lo riempiva di un sentimento dolce e triste al tempo stesso, una strana malinconia che lo attanagliava quando gli ritornavano in mente i ricordi più belli della sua infanzia. Stranamente però quella volta non li cacciò come era solito fare, ma lasciò che gli scorressero addosso come pioggia. Rivide se stesso bambino, avvolto in un mantello caldissimo, con i guanti e un cappellino a coprire i capelli biondi. Si rivide che correva in quella stessa strada, mentre la poca neve caduta andava sciogliendosi e lui tentava di prenderne il più possibile, bagnandosi tutto. I suoi genitori lo guardavano ridendo poco dietro, le espressioni quasi orgogliose di lui. Non aveva mai più visto quello sguardo nei loro occhi … qualsiasi cosa facesse non era mai abbastanza.
Quando si trovarono proprio davanti il London Bridge, lui si riscosse dai suoi pensieri. Accanto a lui Rose teneva le mani in tasca nel disperato tentativo di riscaldarle un po’. Represse l’istinto di prenderle e sfregarle nelle sue di mani, calde grazie ai guanti.
Guardò il punto in cui lui aveva dato appuntamento ad Alice e ad Albus, sogghignando. I due non avevano idea di stare per incontrarsi ma era pur ora che la smettessero con quella pagliacciata. Rose gli aveva prestato il gufo sbuffando, costatando che non erano più bambini e che quindi dovevano risolvere soli i loro problemi: secondo lei non era il caso che lui iniziasse a comportarsi come cupido. Lui però aveva insistito, sperando che avendo lui in mezzo avrebbero per almeno un po’ sotterrato le armi, altrimenti si sarebbe trovato in mezzo al loro fuoco incrociato. Rabbrividì all’idea ma ormai era fatta. Mancavano cinque minuti. Rose lo guardava preoccupata. Aveva sicuramente bisogno di un bagno caldo e di una dormita ma non si fidava a lasciarlo da solo con Albus e Alice. Aveva l’impressione che se ne sarebbe pentita. Gli si avvicinò e gli mise un aggeggio in mano. Era verde e con un bottone in mezzo.
«se stai male e quei due non hanno la prontezza di spirito di portarti al S. Mungo in meno di cinque secondi, premi questo. Fregatene se sto dormendo, fregatene di tutto. Prometti che se ci sarà bisogno lo premerai» lui la guardò per un attimo, poi prese l’aggeggio in mano.
«non sono bambini Rose, come hai giustamente specificato tu. Mi fido di loro» lei sbuffò.
«anche io mi fido, ma non in questo caso. Li stai facendo incontrare a tradimento, ho l’impressione che scoppierà la terza guerra magica. Rendo l’idea? Quindi promettilo» lui alzò gli occhi al cielo.
«va bene, se avrò bisogno ti chiamerò. Sei più tranquilla adesso?» lei annuì convinta, poi rimise le mani in tasca. Lui rideva sotto i baffi, guardando i suoi maldestri tentativi di riscaldarsi. Aveva il naso rosso e gelato e cercava di affondarlo nella sciarpa fatta a maglia senza usare le mani.
«che hai da ridere?» lui gli aggiustò la sciarpa e lei parve un po’ sollevata, fino a che lui non ribatté
«sembri una bambina» disse aggiustandole anche il cappello mezzo caduto di lato.
«sento freddo» fu la sua risposta, che giunse ovattata attraverso la sciarpa.
«questo mi sembra evidente. Guarda sta arrivando Alice» disse indicando con testa una ragazza lontana di qualche metro che aveva appena voltato l’angolo.
Lui gli fece un cenno con la mano che fu ampiamente ricambiato, mentre Alice accelerava il passò. Si buttò letteralmente fra le braccia dell’amico. Lui la abbracciò ridendo.
«che bello vederti fuori!» lui le sorrise e lei si affrettò a salutare Rose.
«hai un aspetto orribile Rose … hai saccheggiato nonna Molly? Sei ricoperta di lana dalla testa ai piedi!»
«lascia perdere Ali, l’unica risposta che otterrai da lei sarà “sento freddo” o “state attenti”»
«sono stanca biondino. Non sto tutto il giorno a letto, io!»
«infatti, costringi me a stare tutto il giorno a letto» rispose lui con un sorriso.
«non penso puoi permetterti quest’ironia, sai? È per te che sono ridotta ad uno straccio»
«che c’è ora giochi sul senso di colpa? Tu hai voluto questo incarico, non te lo ha chiesto nessuno. Ti pagano pure profumatamente per farlo!»
«ok, basta! Merlino, avevo dimenticato come siete odiosi quando litigate. Che poi non dovreste essere più maturi?» mentre diceva queste parole, spuntò Albus da un vicolo non molto lontano. Lei si girò a guardarli, mentre Albus avanzava incerto.
«che ci fa qui lui?» Scorpius alzò le spalle.
«beh è il mio migliore amico, tu sei la mia migliore amica. Volevo stare un po’ con voi come ai vecchi tempi» lei strinse gli occhi
«tu, brutto traditore, dovevi finire a serpe verde! Me ne vado …» affermò e si stava giusto allontanando quando lui aggiunse.
«avanti, non avrai paura di stare con lui per qualche ora? Non eri tu che parlavi di maturità?»
«non ci provare Scorpius, non giocare con me!»
«non sto giocando. Pensavo che fossi più il tipo che affronta le sfide, come Albus. Lui non se n’è andato appena ti ha visto» disse indicando l’amico che si stava avvicinando sempre di più.
Colpita e affondata. Pensò Rose. Alice non si sarebbe mai tirata indietro a quel punto. Infatti sbuffò sonoramente e guardandolo in cagnesco aggiunse.
«va bene, ma sappi che questa me la paghi» lui la guardò senza battere ciglio, con una faccia da schiaffi che le face saltare i nervi.
Albus salutò Scorpius mormorandogli all’orecchio un me la pagherai, poi si diresse verso Rose, ignorando totalmente Alice.
«beh a questo punto io vado ragazzi … buon pomeriggio» disse sarcastica dopo aver salutato il cugino, poi si allontanò il più velocemente possibile: non vedeva l’ora di dormire un po’.
Un silenzio imbarazzato cadde fra loro dopo che Rose li aveva lasciati. Albus e Alice cercavano di non guardarsi mentre Scorpius non sapeva che fare e cominciava a pentirsi di aver messo su quella commedia. Provò a camminare ma loro rimasero indietro. Provò persino ad aspettarli ma loro continuarono a ignorarlo. Alla fine sbottò:
«dovevamo andare a Diagon Alley no? Che state aspettando?» Albus lo guardò in cagnesco, poi senza curarsi di rispondere lo seguì. Alice, rimasta sola, raggiunse Scorpius sbuffando. Camminarono parecchio, per le strade di Londra. Fino a che non iniziò a piovere e loro furono costretti a ripararsi con degli ombrelli babbani, che comunque non impedivano alla pioggia di infradiciarli.
«siete ridicoli …» disse ad un certo punto Scorpius ad Alice: si conoscevano benissimo, avevano condiviso tutto per anni e adesso si comportavano come se non si conoscessero.
«è lui che mi ha lasciata» disse come a giustificarsi. E doveva ammetterlo, non aveva torto.
«questo non vuol dire che non dovreste provare a parlare» lei inarcò un sopraciglio.
«davvero? Per quanto mi riguarda è un capitolo chiuso»
«guardate che vi sento» grugnì Albus qualche metro più avanti. Alice alzò gli occhi al cielo.
«sai ultimamente non ti riconosco neanche più! Voglio dire, mi sarei aspettato da chiunque una bastardata del genere, ma non da te» gli rinfacciò Scorpius, forse con troppo foga. Lui non rispose: erano arrivati al Paiolo Magico. Passarono in silenzio il bar, poi arrivarono a Diagon Alley.
Scorpius amava quel luogo, ma non ebbe il tempo di goderselo, perché l’amico aveva deciso di riprendere la discussione.
«sai come la penso di questa storia! Non puoi dirmi che sono un bastardo.» Scorpius rise.
«quello non è ciò che pensi, si chiama solo auto giustificazione. Ed è ridicolo, fra l’altro. Quindi ti prego smettila e dì le cose come stanno»
«Scorpius, senza offesa, ma credo che dovresti farti i fatti tuoi» scoppiò a quel punto Alice. Erano in mezzo alla strada e lei li guardava con gli occhi spiritati.
«tu invece, Albus Potter, figlio del grande (e si fa per dire eh!) Harry Potter, sei solo un grandissimo stronzo, che non sa assumersi le proprie responsabilità! Era bello essere in due, vero? Alice che ti aspetta a braccia aperte quando parti, che ti cucina quando sei stanco, ti cura quando sei malato e ti ama quando ne hai bisogno. Quando però metti la suddetta Alice incinta, che fai? Scappi via come un coniglio! Quindi non ti azzardare a dirmi che ti ho tradito, che il bambino non è tuo o qualche altra scusa del cazzo che rifilerai alla tua coscienza per farla tacere. Il bambino è tuo e crescerà senza un padre solo perché tu sei così codardo da non volergli stare vicino!» a quel punto del monologo di Alice tutta la strada li stava osservando, chi ridacchiando, chi scuotendo la testa.
«io non c’ero! Come è possibile che dopo due settimane da che sono tornato tu già sai di aspettare un figlio? È illogico! Soprattutto se io sono sicuro di quello che faccio! Cazzo lo faccio da quando avevo sedici anni quell’incantesimo, mi prendi per scemo?» Alice rispose a tono e cominciarono a litigare, mentre la folla di curiosi si faceva sempre più fitta. Si ripetevano continuamente gli stessi insulti mentre Scoprpius, che aveva iniziato ad agitarsi da quando Rose lo aveva lasciato con quei due, cominciò ad avere caldo. Tanto caldo, troppo caldo.
Era passata a malapena un’ora e mezza …
Imprecò cercando di chiamarli, urlare, sovrastare le loro voci. Loro non lo sentivano, sembravano aver dimenticato tutto il resto, esistevano solo loro che si insultavano a vicenda. Li chiamò ancora, e ancora, e ancora, mentre il caldo cominciava a espandersi e il panico lo travolgeva. Una fitta alla testa lo fece urlare, fu allora che si accorsero di quello che stava succedendo. Però era tardi: a quel punto Scorpius aveva già chiamato Rose.
Lei arrivò trafelata qualche minuto dopo. Trovò Scorpius seduto sul terreno bagnato e appoggiato in un muro, la pioggia lo aveva già inzuppato completamente e lui tremava visibilmente, di certo però non era per il freddo. Aveva le labbra serrate e i pugni stretti, cercava di non emettere suoni anche se ogni tanto gli sfuggiva qualche gemito. Albus e Alice avevano cercato di far dissipare la folla dopo averlo fatto appoggiare al muro, decidendo che la cosa più saggia da fare fosse aspettare Rose. Lei li guardò in cagnesco e senza dire una parola affiancò Scorpius: scottava. Con un sospiro si rese conto che non era più in condizioni da poter affrontare una smaterializzazione.
«Albus aiutami a portarlo al Paiolo Magico. Alice prendi una camera e dì a Tom che mi serve tanta acqua ghiacciata e magari una spugna» Alice corse dentro, mentre lei e il cugino aiutavano Scorpius ad alzarsi e lentamente lo conducevano al Paiolo Magico. Scorpius sentiva che la situazione stava peggiorando parecchio. Di solito le sue crisi esplodevano molto più velocemente. Mettere un passo dietro l’altro era una tortura, sentiva tutto il suo corpo ribellarsi, ma si costrinse a camminare fino alla camera che Alice aveva preso. Il fuoco gli bruciava dentro mentre la vista gli si appannava. Fu solo per orgoglio se riuscì a fare tutta la strada: non voleva essere trasportato dentro con la magia, sarebbe stato troppo umiliante. Cadde sul letto a peso morto, mentre le molle scricchiolavano e Rose si affrettava a spogliarlo. Sentì un po’ di sollievo quando si ritrovò a petto nudo, ma i suoi sensi cominciavano ad annebbiarsi. Era come se il dolore annullasse tutto il resto, sentiva solo quello e la spugna bagnata che Rose gli passava. L’unica cosa che gli dava un sollievo era averla lì vicino, che piangeva ogni volta e che gli stringeva la mano. Sentiva la sua presa forte nella mano piccola di lei, sapeva di stringere troppo ma non poteva farne a meno: lei era l’unica cosa che riusciva a sentire, l’unica cosa che lo teneva lontano dalla pazzia. Una piccola parte di lui gli diceva che se non fosse stato per lei il dolore lo avrebbe fatto diventare come i nonni di Alice.
Quella fu la crisi peggiore. Perse conoscenza due volte, il dolore sembrava più acuto del solito e sembrava non finire mai, come se il tempo si fosse dilatato. Rimase in quella condizione per più di un’ora e non era mai capitato.
Quando finalmente finì cadde semi-addormentato e Rose lo coprì con una pesante coperta di lana. Era ricoperto di sudore.
 Solo allora Rose uscì in corridoio per parlare con Alice e Albus.
Albus era pallido e con gli occhi lucidi, come se si fosse trattenuto dal piangere, le sue unghia erano più smangiucchiate che mai, in alcune c’era addirittura del sangue. Alice aveva gli occhi gonfi di pianto, singhiozzava senza ritegno, senza riuscire a credere a quello che avevano fatto. Il senso di colpa li attanagliava. Rose si asciugò le ultime lacrime.
Si mise a braccia conserte e li guardò con sguardo minaccioso. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, entrambi sarebbero stati carbonizzati in quel momento.
«che cosa diamine è successo?» chiese con voce calma. Una calma che però metteva i brividi e preannunciava solo una tempesta.
«io e lei stavamo litigando, Rose però ti giuro che fino a un attimo prima stava bene e l’attimo dopo era a terra che urlava» cercò di giustificarsi Albus. Non riuscì a controllare una lacrima, che asciugò prontamente.
«io non ho mai visto niente del genere … Rose che cosa diamine ha?» aggiunse dopo, come se si fosse accorto solo in quel momento della gravità della situazione.
«cosa ha? Vuoi sapere che cosa ha?» gli rispose furibonda.
«perché non ci pensavi prima? Quando è venuto da te chiedendoti sostegno? O quando venivi a trovarlo al S. Mungo e l’unica cosa di cui sapevi parlare era Alice? O magari quelle poche e misere volte che sei venuto a pranzo con me e non hai fatto altro che lagnarti? Perché non mi chiedevi come stava il tuo migliore amico, invece!» lui deglutì e provò a parlare, ma lei lo interruppe.
«immagino cosa ti ha detto lui: “sto bene” e “non è poi tanto grave” e magari “guarirò, lo sai che Rose è in gamba!”, dico bene Albus?» lui annuì disorientato
«eppure tu lo conosci … sai come è fatto, sai che è tremendamente stupido e superficiale quando si tratta di se stesso! beh sai qual è la verità? Sta morendo e io non ho idea di come evitarlo» scoppiò a piangere di nuovo, senza potersi trattenere, non aveva più nessun freno.
«sta morendo Al. Lui sta morendo … e non lo vedrai più, e neanche io. E non mi dirà mai perché mi ha lasciata, non mi prenderà mai più in giro, non mi consolerà più, non mi sorriderà più, non mi dirà mai se tutta quella sofferenza è servita a qualcosa! Perché sarà morto! Morto … e io dovrò vivere tutto d’accapo. E mentre succede tutto questo tu non ti rendi conto di quello che hai e ti lagni come un bambino!» si fermò un attimo per riprendere fiato. Poi sussurrò.
«e se lui muore, sarà solo colpa mia. Lo sto lasciando morire …» Albus a quel punto provò a prenderla fra le braccia ma lei si divincolò. Le lacrime avevano lasciato dei solchi sulle sue guancie e i capelli scompigliati e gli occhi rossi le davano un’aria spaventosa.
«non toccarmi. Tu non sei mio cugino, lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere, né ad Alice né al suo migliore amico. Non ha mai avuto una crisi così. La colpa è solo vostra, che non siete stati neanche capaci di portarlo al S. Mungo in tempo»
«Rose … ci dispiace, non avremmo mai immaginato che …» provò a spiegarsi Alice, ma lei la interruppe
«che cosa? Che avesse crisi improvvise? Mi sembra di avervelo detto … oppure non sapevi che quando è sotto stress peggiorano? Aspetta però, vi avevo detto anche quello!» disse con sarcasmo. Entrambi abbassarono gli occhi e lei gli voltò le spalle, chiedendo la porta. Era furibonda. Si avvicinò al letto e vide che era sveglio. Lei sospirò.
«ti ho svegliato io?» lui annuì lentamente: gli faceva male tutto e non era sicuro di riuscire a parlare.
«scusami …» disse sedendogli vicino. Gli accarezzò i capelli, e lui chiuse gli occhi, rilassandosi. Adorava quando lei gli toccava in quel modo i capelli, tanto che ogni tanto lei lo prendeva in giro dicendo che sembrava un cane. Era felice che non lo avesse dimenticato. Guardare l’espressione beata di Scorpius fece scivolare via tutta la rabbia di Rose, lasciandole solo una grande tristezza e un senso di vuoto che la faceva sentire sgonfia come un palloncino.
«vuoi un po’ d’acqua?» gli chiese dopo un po’. Lui annuì di nuovo e lei si alzò per riempire un bicchiere per poi accostarglielo alle labbra. Dopo aver bevuto si schiarì la gola, adesso meno secca e provò a parlare: aveva la voce roca. Così sussurrò.
«ti ho sentita, poco fa …» disse mentre lei riprendeva ad accarezzargli i capelli.
«che hai sentito?» disse, con un po’ di paura. Probabilmente lui se ne accorse, perché specificò.
«so che sto morendo. Non sono stupido … ma non mi aspettavo che tu ci stessi così male» disse francamente. Le sue parole lo avevano reso felice, anche se sapeva che la cosa fosse fin troppo egoista.
«è vero che è colpa mia» disse lei con un filo di voce.
«non intendevo quello … la parte prima. Vuoi davvero ancora sapere perché ti ho lasciata?» chiese, quasi speranzoso.
«credo di si … non l’ho mai capito, per me è stato … un fulmine a ciel sereno. Ti amavo, tu mi amavi, perché dovevi andare? Non mi importava dei giornali, della tua condizione sociale, della tua famiglia … perché a te si, invece? Ho sempre pensato che fosse una scusa. Non che adesso abbia importanza, ma …» lui la guardava parlare e si rendeva conto che aveva dannatamente ragione.
«non era una scusa … ma credo che non fosse la completa verità» disse sinceramente. Ripensò a se stesso a diciassette anni … abbandonato da chi lo amava, ferito, solo, con un pugno di amici sinceri e mille ragazze senza cervello che volevano solo averlo nel loro letto. In un momento di consapevolezza si rese conto che lei aveva ragione: quella era stata solo una scusa che si era raccontato per mettere a tacere la sua coscienza, un po’ come stava facendo Albus. Dopotutto però, come si fa ad affrontare una paura se non si sa di averla?
«tutte le persone che mi amavano e che amavo in quel modo mi avevano voltato le spalle … mia madre, mio padre, in sostanza tutta la mia famiglia. Tutti quelli che avrebbero dovuto amarmi sopra ogni cosa, che avrebbero dovuto proteggermi, mi avevano abbandonato. Chi ti impediva di fare lo stesso?» disse quasi senza pensare. Ma dal momento in cui pronunciò quelle parole, si rese conto che erano la verità.
«non lo avrei mai fatto» riuscì a dire lei, con un nodo nella gola e gli occhi lucidi.
«adesso lo so, e mi dispiace. Ho buttato entrambi in un mare di tristezza solo per una paura che neanche mi rendevo conto di avere. Ho bruciato sei anni, che potevano essere felici e adesso sono al capolinea» disse con amarezza, la voce ridotta ad un sussurro che persino Rose, distante pochi centimetri stentava a sentire. Lei non si trattenne, vedendolo in quel letto con i capelli scompigliati e gli occhi chiusi, le sue labbra poco dischiuse le sembrarono fin troppo invitanti. Le sfiorò con le dita e lui aprì gli occhi. Scorpius le sorrise e lei non poté fare a meno di sciogliersi come la neve al sole. Era così bello … lo aveva sempre pensato, anche quando lo detestava. In un momento di pazzia scacciò via la voce della sua coscienza e si abbandonò all’istinto premendo con forza le labbra contro le sue, calde e morbide e buone proprio come ricordava, in un bacio violento e tremendamente sbagliato che la fece tremare, le tolse il fiato e le ridiede vita. Le parve di aver preso una boccata d’aria dopo essere stata troppo tempo sott’acqua. Scorpius sentì il suo sapore mentre le loro labbra premevano l’una su l’altra e dimenticò persino il suo nome. Durò un secondo ma bastò per far aumentare il battito cardiaco di entrambi e a dargli un briciolo di felicità, la stessa che fino ad un attimo prima sembrava irraggiungibile.
Quando si separarono lui aveva ancora gli occhi chiusi. Lei gli accarezzò i capelli delicatamente e lo sentì sospirare. Sorrise guardando la sua espressione rilassata.
«dormi adesso …» lui annuì e si lasciò cullare dalle sue carezze. Presto non fu più in grado di distinguere fra sogno e realtà.
 Quando riaprì gli occhi era piena notte. Il buio invadeva la stanza e per un attimo faticò a ricordare dove fosse, poi i ricordi gli piombarono addosso facendolo sorridere un po’. Lo aveva baciato … si guardò intorno cercandola e si accorse che si era addormentata sulla sedia accanto al suo letto. La testa le ciondolava di lato e di sicuro l’indomani avrebbe avuto torcicollo. Si sentiva più in forze rispetto a qualche ora prima, così provò ad alzarsi. Con una smorfia si accorse che gli doleva tutto, come se lo avessero picchiato. Silenziosamente calciò via le coperte e bevve un po’ d’acqua: aveva la bocca troppo asciutta e la gola in fiamme. Poi prese Rose tra le braccia, cercando di non svegliarla. Lei mormorò qualche parola senza senso, ma continuò a dormire. Delicatamente la mise nel suo letto e dopo, dolorante, si sdraiò accanto a lei, tirando su le coperte. Lei, nel sonno, si accoccolò sul suo petto sospirando grata. Il cuore gli impazzì sentendola così vicina, così morbida e profumata. Sapeva di pelle e di detersivo per i vestiti, di shampoo e di pioggia. La strinse forte e le baciò la testa respirando a pieni polmoni il suo odore.
La guardò dormire, fino a che l’alba non lo colse ad ammirare uno spettacolo che per lui era meglio persino del sole. Poi, stanco, si riaddormentò felice come forse non era mai stato. 

Hey!

Beh che dire? So che gli scorsi capitoli non sono stati proprio il massimo, spero solo che questo compensi ;)  Finalmente ho capito come si mettono le foto (me felice!!) quindi ...

Questo è Scorpius

E questo è Albus

Un bacio a tutti!!

  
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