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Autore: Elissa_Bane    08/09/2014    1 recensioni
-Ogni angelo ha un Guardiano, che lo aiuta e lo sostiene, che sente ogni cosa senta l’angelo per poter meglio provvedere ai suoi bisogni. È il suo angolo di Paradiso in terra.
-E ogni Guardiano ha un solo angelo?- chiese Castiel. La figura davanti a lui rise divertita.
-Oh no, anche se potrebbero.
-E perché non lo fanno?- Anna abbassò il capo.
-Perché quando abbandoniamo il nostro tramite è come se morissimo, e loro muoiono con noi.
*.*.*
-Ricordi quando stringevamo il nostro "per sempre" tra le dita?
[Destiel + nuovo pairing]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angels are watching over you'
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I'LL WATCH OVER YOU

CAPITOLO SETTIMO

DO YOU REMEMBER?

-Lo sai vero che tutto questo è una pazzia?

-Mi serve il tuo sangue Crowley, non i tuoi consigli- ribatté gelido Sam, rivolto al demone che lo guardava sarcastico.

-Potresti ucciderla.

-O potrei salvarla.

-Cosa ne ottengo io?

Sam non sapeva, non immaginava nemmeno ciò che davvero voleva quell’uomo che lo fissava celando gli occhi neri –Quello che vuoi.

-Anche parte della sua anima?- Al ringhio basso del cacciatore, Crowley alzò le mani –Solo quella che già è diventata angelica, quella che la sta uccidendo.

-D’accordo- acconsentì –Cosa devo fare?

Pochi attimi dopo Sam stava cercando di non urlare, il sangue del demone che gli scorreva nelle vene, bollente dentro di lui. Fissò il petto asciutto nello specchio e rabbrividì: al centro esatto, speculare a quello di Sibille, brillava un Marchio di sangue vermiglio.

-Grazie- sussurrò

-Non abbiamo finito- Crowley si chinò sulla ragazza agonizzante e la sua mano sprofondò dentro di lei, che si inarcò con un urlo, estraendone una cosa che sembrava una sfera di mercurio, ma di un colore indefinibile, a metà tra l’argento e l’oro. –La mia ricompensa- aggiunse, quando parte dell’anima della ragazza si separò, lasciandola completamente argento.

-Starà bene?

Crowley sospirò –Non lo so Sam. Non lo so.


 

*.*.*


 

-Bevi- le ordinò qualcuno, e Sibille aprì la bocca, ubbidiente. Sangue caldo e dolce le scivolò nel corpo. Riconobbe il sapore di rosa e violetta del sangue demoniaco, e le venne da sorridere: un demone sapeva di fiori e un angelo di polvere e cenere.

Aprì lentamente gli occhi, e vide davanti a lei tre ragazzi.

-Dean- chiamò, riconoscendo un solo viso.


 

*.*.*


 

-Cosa cazzo è successo, Castiel?

-NON LO SO!- sbottò stanco l’angelo. Quando la sua Guardiana non lo aveva riconosciuto, aveva temuto di impazzire, ma evidentemente non aveva fatto i conti con Sam.

-Non sa chi siamo…- sussurrò distrutto il cacciatore, scivolando a terra –E’ colpa mia…


 

*.*.*


 

-Dean.

-Dimmi Sibille.

-Io mi ricordo di Castiel e Sam, ma manca qualcosa.

-In che senso?- chiese il ragazzo, accarezzandole piano la mano, complice di una confidenza acquisita nei mesi passati a vegliarla.

-So che dovrei provare qualcosa per loro ma…non provo nulla. Solo un grande vuoto.


 

*.*.*


 

Avevano imparato. Ci era voluto tanto tempo, ma alla fine si erano arrangiati a vivere anche con la nuova lei. Sibille si sentiva sempre un pochino a disagio con Castiel, ma era con Sam che c’erano i problemi.

Lui non riusciva ad accontentarsi che quella fosse la nuova Sibille. Non si accontentava di quella guerriera dagli occhi tristi e dalle ali blu che non riusciva ad amare, che di notte non dormiva, per cui il tempo non sarebbe mai passato. Lui rivoleva lei, la ragazza che amava.

Ma, nei mesi, le speranze si erano affievolite. Dipendevano l’uno dall’altro, sebbene solo per il sangue: ognuno aveva bisogno di quello dell’altro per non morire.

Era solo abitudine.

Non c’era affetto.

Non c’era calore.

Non c’era quella sensazione di completezza.

C’era solo il sangue e la paura di morire.

Fino a quando non rapirono Sam. Furono i demoni, che lo trascinarono nel loro covo. Per fare morire lei e trasformare lui in uno di loro.

Quello che i demoni non sapevano, era che Sibille era tornata.


 

*.*.*


 

Due mesi prima, circa sei dopo il risveglio di Sibille.

Stava sognando. Ne era certa, perché lei non si sarebbe mai lasciata stringere da Sam in quel modo. Non questa lei.

La aveva abbracciata con delicatezza e la aveva baciata, lì distesi in quel letto dalle lenzuola azzurre. Le labbra di Sam erano morbide e sapevano di caffè nero senza zucchero. Sibille era scomoda, sentiva le ali (chissà come le sentiva diverse, come se fossero nuove quasi) schiacciate sotto di sé, ma non le importava.

A Sam, invece, sì e fu per questo che ribaltò le posizioni.

-Aprile- le chiese. Sibille sorrise, il ragazzo amava vedere le sue ali spiegarsi dietro alla sua figura pallida. Le spalancò con dolcezza, piume blu che si scioglievano nell'argento verso la fine, e Sam trattenne il fiato –Sono bellissime. E io non dovrei dirlo, perché loro ti stanno portando via da me…ma Dio, sono meravigliose.

Le accarezzò con delicatezza impacciata, al sentire le piume setose sotto le dita, e come sempre Sibille gemette per il piacere che quel gesto le provocava.

-Piano- mormorò, ondeggiando piano sopra di lui, sopra quei jeans che adorava. Sam continuò ad accarezzarle le ali con un misto di adorazione e terrore negli occhi e Sibille si chinò a baciarlo, sorprendendosi ancora una volta del sapore forte del compagno.

Più tardi si addormentarono insieme, e l’ultima cosa che Sibille ricordò fu Sam che le stringeva la mano –Se lo stringiamo abbastanza stretto, forse riusciremo ad imprigionare il nostro per sempre.


 

*.*.*


 

Il mattino dopo Sibille svegliò Sam sedendosi sul letto che prima condividevano. Ne riconobbe le coperte azzurre, i ciondoli appesi sopra alla testiera, l’abat-jour di stoffa blu.

-Sam- chiamò, e il ragazzo sobbalzò.

-Sibille- disse con la paura negli occhi –Va tutto bene? Stai bene? Il Marchio brucia?

-No- scosse la testa la ragazza dalle ali blu –Ho ricordato qualcosa.

A Sam mancò il respiro –Hai ricordato?

-Ho ricordato cosa si prova a sentirsi il cuore esplodere nel petto per tutto l’amore che prova. Ma ancora non riesco a sentirlo completamente, non è la stessa cosa- lo deluse la giovane sciogliendosi i capelli corvini sulle spalle.

Sam si sedette, facendole posto accanto a sé. Rimasero lì un’eternità, a fissarsi nello specchio davanti al letto.

Fu Sibille a interrompere il silenzio –Abbiamo mai…

Prima che finisse la frase Sam la interruppe con un secco –No.

-Scusa- aggiunse l’istante dopo –No… non abbiamo mai avuto la nostra notte. Nessuna volta.

-Perché?- chiese Sibille con l’innocenza tipica degli angeli.

-Perché…perché tu avevi paura.

-Che tu mi ferissi? Non ti credo. Sin da quando mi sono svegliata mi sono fidata ciecamente di te, mentre mi proteggevo persino da Castiel. Possono anche aver preso quella parte della mia anima che ti amava, ma non hanno intaccato la mia fiducia. Persino quando non mi ricordavo di amarti ti avrei affidato la mia stessa vita.

-Avevi paura di essere tu a ferire me.

-Come avrei potuto?

Sam sorrise ironico e si tolse la maglietta. Sulla spalla sinistra quattro profondi graffi scavavano la pelle. Segni di unghie. Sibille scosse la testa, non capendo. Allora il cacciatore la stese sotto di sé, le prese la mano destra e la appoggiò sui segni. Bastò poco perché l’angelo capisse e muovesse la mano lungo le cicatrici bianche.

-Le ho fatte io.

-Stavamo giocando- gli occhi di Sam si scurirono un poco al ricordo della felicità condivisa con la ragazza -E ho iniziato ad accarezzarti le ali dicendoti di non fare rumore. Per trattenerti mi hai baciato, stringendomi la spalla, e quando ho stretto la mano tra le piume...

Sibille immaginò il tocco del ragazzo, che ancora adesso le provocava brividi profondi, tra le piume scure. Riusciva a capire.

Sam tornò a sedersi e lei, titubante, appoggiò il capo sulla sua spalla. Se il cacciatore ne fu sorpreso, non lo diede a vedere, ma si limitò a rimanere in silenzio.

Tacque anche quando Sibille si alzò in piedi e lo baciò delicatamente, una semplice pressione di labbra su labbra che scaldò Sam molto più del previsto.

Tacque anche mentre la giovane, sulla soglia della stanza si voltò a guardarlo.

-Te lo ricordi, vero? Quando stringevamo il nostro per sempre tra le dita.

Sam tacque anche quando lei se ne andò. Non una sola lacrima bagnò il suo viso, Sam non era tipo da lacrime, ma una mano si chiuse a pugno su quell’aria che improvvisamente sapeva troppo di Sibille, di cotone e cuoio e metallo con quel ricordo lontano che era il profumo al gelsomino.

Per sempre, pensò, facendosi sbiancare le nocche.


 

*.*.*


 

Nel presente

Sibille non sapeva dov’era, il suo corpo si muoveva a suo piacimento.

Sapeva solo che mancava poco, solo poco e sarebbe diventata un angelo. Un orribile, impietoso, angelo.

Urlò nel magazzino vuoto.

Urlò il suo dolore.

Fisico, ma anche spirituale. Da quando avevano rapito Sam, tre settimane prima, qualcosa si era spezzato.

Urlò e urlò.

Corse, ed entrando in una stanza un’allucinazione le si parò davanti: Sam. Legato ad una sedia e coperto di sangue, ma era vivo, ed era Sam.

Corse da lui ma una nuova fitta la fermò prima che potesse andare avanti.

Il suo tempo era finito.

 

  
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