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Autore: TheSlayer    09/09/2014    11 recensioni
Mary Jane Watson ha un nome che la rende il bersaglio di battutacce da parte di tutte le persone che conosce. E la gente non sa nemmeno il vero motivo per cui si chiama così (fortunatamente, perché le battute orribili potrebbero solo peggiorare). Frequenta la Washington University a St. Louis, nel Missouri, e ha una cotta enorme per il suo professore di Scrittura Creativa: Harry Styles.
E se anche il professore mostrasse un interesse particolare nei suoi confronti? Oppure Mary si sta immaginando tutto?
***
Dalla storia:
"Che vita difficile. Avevo un professore che, nella migliore delle ipotesi, era un idiota e non si rendeva conto dell'effetto che faceva sulla gente. E, nella peggiore, era un maledetto diavolo tentatore e faceva apposta a torturarmi in quel modo."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7 – Dangerous
 
Alle tre esatte di martedì bussai alla porta dell’ufficio del professor Styles. Quando la sua voce mi rispose di entrare mi preparai alla solita routine, cioè a sedermi sulla poltrona di fronte alla sua scrivania, per poi alzarmi e spostarmi sulla sua sedia, mentre lui mi faceva vedere tutto quello che avrei potuto cambiare del mio tema.
Invece non trovai nessuno dietro la scrivania, perché lui era seduto sul divano con il computer portatile sistemato sul tavolino basso di fronte a sé.
Mi fece cenno di accomodarmi di fianco a lui ed io lo raggiunsi, con il cuore che batteva all’impazzata.
“Buongiorno, Mary Jane!” Esclamò lui, con un sorriso da mozzare il fiato. “Ti va una tazza di tè, mentre parliamo del tuo tema?”
“Volentieri, grazie.” Risposi.
C’era qualcosa di profondamente sbagliato nel prendere un tè con un professore, seduti su un divano da due posti (stretto) e così vicini. Eppure non c’era nessun altro posto in cui avrei preferito essere in quel momento, nemmeno il letto di Jasper. E sì, mi sentivo molto in colpa per quello.
Il professor Styles si alzò dal divano e tornò con due tazze, bustine di tè, zucchero e latte. Lo ringraziai e rifiutai educatamente qualsiasi cosa non fosse il tè. Mia madre mi aveva insegnato a berlo senza zucchero fin da bambina (“perché altrimenti come fai a sentirne il vero sapore? Lo zucchero rende tutti i tipi di tè uguali!”). Era una cosa che aveva imparato durante il suo giro dell’Europa, quando era rimasta per qualche settimana in Inghilterra.
“Allora, leggiamo il tema di questa settimana. Hai avuto difficoltà?” Mi domandò. Portò la tazza alla bocca per bere il primo sorso e gli si appannarono gli occhiali.
Sorrisi quando lui scoppiò a ridere, poi abbassai lo sguardo sulle mie mani. Era arrivato il momento di consegnare il mio lavoro.
“Devo ammettere che sì, ho trovato qualche difficoltà all’inizio, perché non capivo il senso della traccia. Poi ho cominciato a scrivere e le parole sono arrivate da sole.” Risposi. “Ecco.” Aggiunsi poi, decidendomi finalmente a porgere la chiavetta USB.
Il professore sfiorò le mie dita con le sue e provai un brivido, nonostante non avessi freddo. Mi morsi il labbro inferiore e cercai di distogliere lo sguardo, così mi concentrai sulla mia tazza.
 
"Si nota un po' di incertezza nelle tue parole, ma le emozioni sono vere, si capisce." Cominciò lui dopo qualche minuto di silenzio. Poi rilesse con attenzione la parte in cui parlavo dell'amore, quella che per me era la più personale in assoluto, e mi concentrai di nuovo sul tè. "Questa è la parte che ho preferito, quella in cui hai descritto quello che provi in modo più puro e sincero. Ci sono degli errori e non è perfetto, ma da queste frasi traspare quello che c'è nel tuo cuore e sei riuscita a trasportarlo sul foglio senza lasciare che si intrappolasse nella mente, senza analizzarlo troppo." Aggiunse.
Lasciai andare un sospiro di sollievo e mi accorsi che avevo trattenuto il respiro per tutto quel tempo.
"Grazie. Per me è difficile non analizzare troppo le cose. Sono una perfezionista e di solito tendo ad accertarmi che la forma e la grammatica siano corrette e metto tutto il resto in secondo piano. Questi esercizi mi stanno aiutando tantissimo." Replicai.
Styles sorrise di nuovo e quel gesto scatenò un uragano di farfalle impazzite nel mio stomaco. Perché era così bello e così vicino a me?
"Voglio provare a fare qualcosa di diverso durante i prossimi colloqui." Disse pochi minuti dopo. Appoggiò la tazza di tè di fianco al computer e mi guardò negli occhi, facendomi battere il cuore ancora più velocemente. "Voglio che provi a scrivere un racconto - anche breve, concentrandoti sulle emozioni dei protagonisti. Scrivi una storia d'amore e portami quello che sei riuscita a fare martedì prossimo. Non importa se è finita o no, possiamo anche lavorarci per più di una settimana." Propose.
"È un'idea bellissima." Dissi. "Posso scrivere quello che voglio, basta che sia una storia d'amore? Niente traccia?"
"No." Rispose lui scuotendo la testa. "Sei libera di inventare quello che vuoi."
"Perfetto, grazie." 
Mi piaceva quel nuovo compito e non vedevo l'ora di cominciare a scrivere, perché avevo già mille idee in testa. 
Lanciai un'occhiata alla sveglia sulla parete opposta e notai che mancava ancora un quarto d'ora alla fine del colloquio, quindi sapevo che ci saremmo messi a parlare del più e del meno come al solito.
"Com'è andato il tuo test su Dickens?" Domandò infatti il professore.
"Abbastanza bene, grazie! Ho fatto novanta punti su cento." Risposi.
"Beh, sei stata brava! Se posso aiutarti in qualche altro modo lo farò con piacere."
"Grazie, prof. Lei è troppo gentile con me."
Per un momento lessi preoccupazione nei suoi occhi, poi si rilassò e mi rivolse un sorriso educato.
"Lo faccio con piacere. Mi piace aiutarti, sei una brava studentessa." Rispose lui. "È bello passare tempo con te, il tuo entusiasmo per la scrittura è contagioso e mi viene sempre voglia di scrivere dopo le nostre chiacchierate." Aggiunse dopo qualche secondo, abbassando lo sguardo come se mi avesse appena rivelato qualcosa di imbarazzante.
Cercai con tutte le mie forze di non fraintendere quello che mi aveva detto. Il mio entusiasmo era contagioso, non mi aveva detto che ero la sua musa. E allora perché mi sentivo improvvisamente così allegra? Perché sembrava che il mio cuore stesse per esplodere?
"Mi... M-mi fa piacere." Balbettai.
L'atmosfera era cambiata tutto d'un tratto. Non era più leggera come prima. Era diventata tesa e pesante e quasi soffocante. 
Lui continuava a guardarmi negli occhi ed io non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Per un momento pensai (e sperai) che stessimo per baciarci. L'aria era elettrica tra di noi ed eravamo così vicini...
Avremmo dovuto fare uno sforzo davvero minimo per avvicinarci e lasciare che le nostre labbra finalmente si trovassero.
Il professore mosse la mano lentamente e la appoggiò al mio ginocchio, mandando il mio cervello in cortocircuito. La mia pelle sembrò scottare sotto il suo tocco e sentii un brivido lungo tutta la spina dorsale.
Non era umanamente possibile provare tutte quelle emozioni per una cosa così stupida e semplice.
 
Persi la cognizione del tempo. Non sapevo quanti secondi o minuti erano passati. Non ricordavo nemmeno più dove fossi e neanche che ci fosse un mondo intero oltre a quel divano. Ero incantata da quegli occhi verdi che continuavano a fissare i miei, dello stesso colore, ma un po' più scuri. Ero ipnotizzata dalla sensazione che la sua mano provocava sul mio ginocchio. Da quel calore che partiva sotto il suo tocco e si espandeva in tutto il mio corpo. Dalle farfalle che si muovevano senza sosta nel mio stomaco e dal cuore che rimbombava nelle mie orecchie.
 
"Sei... Ehm... Sei una persona speciale, Mary Jane. Meriti di essere amata e spero che ti innamorerai anche tu. Spero che riuscirai a provare quei sentimenti intensi che desideri tanto. Il ragazzo che riuscirà a conquistare il tuo cuore sarà davvero fortunato. Spero... Spero che il tuo fidanzato, quello che gioca a calcio, sia la persona giusta per te." Mormorò dopo un po'. 
Aveva cominciato ad avvicinare il viso al mio, l'avevo visto. E poi si era fermato e aveva distolto lo sguardo, fissandolo sullo schermo ancora acceso del suo computer. Voltare il viso sembrava essergli costato uno sforzo enorme.
Lo guardai per qualche altro secondo e poi presi la mia borsa dal pavimento e mi alzai, con il cuore pesante e il respiro affannato. Sembrava che avessi corso una maratona, quando in realtà ero rimasta immobile su un divano.
"Grazie, professore."
Qualcosa, dentro di me, era crollato quando l'avevo sentito dire quelle parole. Non riuscivo a spiegarmi nemmeno io cosa fosse appena successo. Ero sconvolta e volevo solo allontanarmi da quella situazione.
Senza dire nulla aprii la porta e uscii dall'ufficio. Raggiunsi la piazza del campus e cominciai a camminare senza meta. Quando arrivai davanti ai campi di calcio, iniziai a correre e mi fermai solo quando sembrò che il mio cuore stesse per scoppiare e le mie gambe per cedere. 
 
***
 
"Che cosa diavolo ti è successo?" Mi domandò Laurel quando finalmente mi decisi a tornare a casa. Aveva anche cominciato a piovere, quindi oltre ad essere sudata per la corsa, ero fradicia per il temporale. 
"Non ho portato l'ombrello." Risposi, buttando la borsa per terra e togliendomi le scarpe prima di camminare sulla moquette. Poi mi diressi in bagno e sperai che Laurel capisse che avrebbe dovuto lasciarmi stare - o almeno che non volevo che mi facesse nessuna domanda.
Fortunatamente la ragazza sembrava conoscermi molto bene, nonostante ci fossimo incontrate solo pochi mesi prima, e si fermò sulla soglia della porta del bagno, appoggiandosi allo stipite e osservandomi per qualche secondo prima di parlare.
"Liam è un cretino ed è inconsapevole del fatto che gli muoio dietro.” Annunciò dopo qualche minuto la mia amica. “Quindi ho deciso di provare una nuova tattica. Da questo momento passo alla caccia pesante.”
Mi voltai verso di lei.
“Cioè?” Domandai.
“Ci siamo scambiati il numero di telefono quando siamo andati tutti al pub per festeggiare la vittoria della squadra.” Cominciò a spiegare la ragazza. “E ci siamo scambiati esattamente due messaggi e solo perché gli ho scritto io per prima. Quindi, da questo momento, la caccia è ufficialmente aperta e Laurel Carter flirterà pesantemente con Liam Payne durante qualunque tipo di occasione.” Continuò.
“Credo che sia una buona idea.” Mi sforzai di dire. In realtà non ero concentrata, non riuscivo a farlo. Continuavo a pensare alla sensazione della mano di Styles sul mio ginocchio – tanto che sembrava che mi bruciasse ancora quella parte del mio corpo – e ai suoi occhi quasi chiusi quando aveva cominciato ad avvicinare il viso al mio.
Ci stavamo per baciare, dannazione. Ci stavamo per baciare e lui aveva si era interrotto e mi aveva detto quella stupida frase.
“Grazie.” Replicò la ragazza. “Che ne dici di andare al pub questa sera?”
Improvvisamente alzai lo sguardo e incrociai il suo. Sì, il pub era una buona idea, soprattutto se avrei potuto vedere Jasper. Dovevo concentrarmi su di lui, dovevo innamorarmi di lui e dimenticarmi di tutto il resto.
“Volentieri.” Risposi.
Poi la mia amica mi lasciò sola, così mi buttai sotto la doccia e ci rimasi per una quantità indefinita di tempo, cercando di lavare via i ricordi di quella giornata.
 
***
 
Passarono settimane, in cui Laurel ci aveva provato spudoratamente con Liam in tutte le occasioni possibili e immaginabili e lui non aveva risposto a nemmeno uno dei suoi flirt. Rae e Sam si erano lasciati, perché lei aveva scoperto che il ragazzo l’aveva tradita con Blake, che faceva parte della confraternita femminile gemellata con i Kappa Alpha Psi.
Eravamo riuscite ad arrivare alla metà di dicembre e nessuna di noi – a parte Laurel – aveva tempo per pensare a qualsiasi altra cosa se non a tutti i test di fine quadrimestre.
Carmen (che nel frattempo ero riuscita a perdonare) e Valentina avevano continuato a uscire con noi e avevamo formato un gruppo di studio. Non importava se frequentavamo corsi diversi, era piacevole trovarsi in biblioteca e studiare tutte insieme, in silenzio.
A volte anche Jasper passava a trovarci, mi dava un bacio sulla testa, mi portava uno snack o qualcosa da bere e poi andava agli allenamenti con Horan.
Stava andando tutto bene tra di noi. Uscivamo spesso e mi ero convinta a rimanere a dormire da lui qualche volta. Certo, odiavo le occhiatine dei suoi compagni il mattino dopo, ma avevo imparato a conviverci.
I colloqui con il professor Styles, invece, erano diventati molto più freddi e informali. Tutto si svolgeva con la sua scrivania tra di noi, aveva smesso completamente di toccarmi (anche solo per sbaglio) e parlavamo solo ed esclusivamente del mio lavoro. Niente più chiacchiere, niente di niente.
A volte, in classe, lo vedevo che mi guardava. E quando si accorgeva del mio sguardo sul suo, si voltava immediatamente dall’altra parte e si concentrava su qualsiasi cosa, anche sulla maniglia mezza rotta della finestra di fianco alla cattedra. Era una situazione che non mi piaceva, perché nonostante tutto continuavo ad avere una cotta per lui, a provare emozioni inappropriate quelle poche volte che i nostri sguardi si incrociavano e, soprattutto, quando ero da sola nel suo ufficio. Però sapevo che era la cosa giusta da fare, perché lui era il mio professore ed io, comunque, stavo con Jasper e mi piaceva anche tanto.
Era dolce, simpatico, premuroso e mi faceva sentire bene. Erano tutte caratteristiche che cercavo in un ragazzo e lui le aveva. Non ero ancora innamorata di lui, ma speravo che sarebbe successo. In fondo era ancora presto, stavamo insieme solo da un paio di mesi.
 
La tensione tra il professor Styles e me, comunque, era sempre palpabile nella stanza. E lo era anche quel giorno.
“Perché credi che la tua protagonista sia scappata quando il ragazzo le ha finalmente confessato di amarla?” Domandò lui, seduto sulla sedia dietro la sua scrivania, osservando lo schermo del computer ed evitando il mio sguardo.
“Perché ha paura dell’amore. Crede di non meritarselo, pensa di non essere abbastanza e non vuole essere vulnerabile.” Risposi. Ero molto felice dei progressi che avevo fatto grazie a lui, ma ero arrivata a odiare quegli appuntamenti settimanali. Odiavo vederlo così freddo, così distaccato. “E poi sa di doversi trasferire per lavoro e pensa che lui la lascerà, perché le storie a distanza non funzionano mai.” Aggiunsi.
“Quindi lei crede di non essere abbastanza per lui.” Ragionò Styles, posando finalmente lo sguardo su di me. Provai un brivido e annuii.
“Sì, è stata ferita una volta, quando il suo fidanzamento ufficiale è finito perché il suo ragazzo l’ha tradita con la sua assistente durante un viaggio di lavoro ed è determinata. Non vuole più provare quel dolore in tutta la sua vita. Non vuole e non può lasciarsi andare. È bloccata.”
“Sei stata molto brava a descrivere tutto.” Cominciò a dire il professore. “Il lettore non può fare a meno di identificarsi nella protagonista, perché chi non ha mai sofferto per amore? E tu hai descritto le emozioni e il dolore alla perfezione. Complimenti, sei migliorata tantissimo dall’inizio dell’anno.” Aggiunse.
“Grazie.” Risposi, abbassando lo sguardo. Nonostante tutto non mi ero ancora abituata a sentire i suoi complimenti. Non sapevo nemmeno se fosse il caso di accettarli, perché ero davvero brava? O me lo diceva solo perché era una persona incredibilmente gentile?
Styles aprì la bocca per ribattere qualcosa e fu interrotto da una melodia proveniente dal suo telefono. Lui guardò lo schermo, sbuffò e interruppe la chiamata. Io lo guardai a bocca aperta.
“Conosce Hozier?” Domandai, sconvolta. “Quella era Take Me To Church, vero?”
Lui mi guardò come se mi fossero appena spuntate due antenne dalla punta della testa e fossi diventata verde.
Tu conosci Hozier?” Mi chiese lui di rimando.
“L’ho scoperto per caso su Spotify e mi sono innamorata di quella canzone. È un artista bravissimo.” Risposi. Improvvisamente tutto mi sembrò tornato come prima. Abbandonammo completamente il discorso del mio tema e del racconto che stavo scrivendo e ci immergemmo in una fitta conversazione sulla musica. E, a quanto pare, avevamo davvero tanti artisti preferiti – sconosciuti ai più – in comune.
 
“Hai sentito la canzone degli A Great Big World con Christina Aguilera?” Mi domandò lui.
Ormai l’ora era passata abbondantemente ed entrambi avevamo perso la cognizione del tempo, discutendo animatamente su cantanti, gruppi e canzoni.
Scossi la testa. No, quella me la ero persa.
Lui si alzò dalla sedia, prese il suo telefono e lo inserì della dock station sul tavolino basso davanti al divano. Poi mi fece cenno di raggiungerlo e fece partire la canzone.
Sentii immediatamente le note del pianoforte e provai brividi in tutto il corpo. Non sapevo se fosse la melodia, la voce dolce del cantante o la vicinanza del professor Styles. Non ci eravamo seduti su quel divano troppo stretto da quando ci eravamo quasi baciati qualche settimana prima.
Alla voce del cantante si unirono quella di Christina Aguilera – non potente come al solito, ma più delicata – e i violini.
Deglutii e alzai lo sguardo sul viso di Styles. Lui mi stava osservando attentamente, con un’espressione seria e concentrata.
“Ti piace?” Mi domandò lui a bassa voce, proprio mentre ascoltavamo il ritornello.
“È bellissima.” Risposi. Sentivo un nodo in gola, forse per la melodia, forse per la combinazione del piano e dei violini, forse per il testo così intenso. O forse era il fatto che la disperazione nella voce dei cantanti mi ricordava quella che avevo provato quando mi si era spezzato il cuore per la prima volta, quando avevo dovuto lasciare il mio primo ragazzo, quello di cui mi stavo innamorando, perché dovevo trasferirmi dall’altra parte dell’America con i miei genitori.
Le lacrime raggiunsero i miei occhi e scivolarono lentamente sulle mie guance prima che potessi fare qualcosa per impedirlo.
Il professor Styles non disse nulla, si avvicinò ulteriormente e le asciugò con il dorso della mano. Poi accarezzò la mia guancia e mi guardò negli occhi.
Aveva abbandonato gli occhiali sulla sua scrivania e non ero abituata a vederlo senza. Era ancora più bello.
La mia mano si alzò automaticamente e si posò sul suo braccio. Provai un brivido al contatto e sembrò che anche lui avesse provato la stessa cosa, perché sgranò leggermente gli occhi e trasalì.
I nostri sguardi erano incatenati e nessuno dei due riusciva a muovere un muscolo. La melodia della canzone si espandeva in tutta la stanza, creando un’atmosfera quasi magica.
Non c’era niente che avrei voluto fare più di toccare le sue labbra con le mie, più di lasciare che le sue braccia forti mi stringessero e mi tenessero vicina a lui, più di abbandonarmi completamente a lui.
 
La canzone terminò, ma ricominciò subito dopo. Styles, senza smettere di guardarmi negli occhi, cominciò ad avvicinare il suo viso al mio, lentamente. Molto lentamente. Sembrava che avesse paura che potessi spaventarmi o scappare.
Le mie emozioni cominciarono a impazzire. Il cuore, che stava già battendo all’impazzata, sembrò fare una capriola nel mio petto e cominciai a sentirlo rimbombare nelle mie orecchie. Avevo lo stomaco annodato ed ero sicura di aver cominciato a tremare leggermente, perché volevo che mi baciasse. Lo volevo davvero tanto.
Quando le sue labbra toccarono le mie, chiusi istintivamente gli occhi. Smisi di pensare a qualsiasi cosa e mi persi completamente nel momento. Accarezzai il suo braccio e provai un brivido quando la sua mano si posò con delicatezza sul mio viso.
Ci baciammo per una quantità indefinita di tempo, completamente abbandonati l’uno all’altra. Labbra che si toccavano, mani che accarezzavano il mio viso e che si aggrappavano ai suoi capelli, corpi che sembravano bruciare e che sembravano essere stati creati per intrecciarsi. Corpi che avevano bisogno di stare più vicini.
Ci allontanammo solo quando il suo telefono suonò di nuovo e lui trasalì, saltando indietro e guardandomi con gli occhi sbarrati.
 
Senza dire una parola recuperai la mia borsa e scappai fuori da quell’ufficio. Che cosa avevo fatto? Avevo baciato Styles. Il professor Styles. Avevo tradito Jasper, avevo messo in pericolo tutto. La mia relazione, il suo lavoro, la mia carriera da studentessa…
Tornai nel mio dormitorio e fui felice di sapere che Laurel era ancora a lezione. Mi chiusi in bagno e mi osservai allo specchio. Avevo le labbra rosse e anche le guance erano più rosa. Avevo negli occhi un’espressione di terrore e colpevolezza e dovevo far qualcosa per riprendermi.
Decisi di fare una lunga doccia calda e decisi anche di annullare i miei prossimi appuntamenti con il professor Styles. Non potevo permettere che qualcosa del genere succedesse un’altra volta.
 
I miei pensieri furono interrotti da un leggero bussare alla porta. Smisi di riflettere sul corso di Scrittura Creativa – era il caso di continuare a frequentarlo dopo quello che era successo? – e mi alzai dal letto, su cui mi ero sdraiata a far finta di leggere, e andai ad aprire.
“Laurel, quante volte ti ho detto di ricordarti le chiavi?” Sbuffai. Non mi fermai nemmeno a guardarla, perché sapevo che se mi avesse vista in faccia avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava.
“Non… Non sono Laurel.”
La voce del professor Styles mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. Mi girai immediatamente verso di lui e mi domandai se fosse completamente impazzito. Come poteva presentarsi nel mio dormitorio in quel modo? Voleva farsi licenziare a tutti i costi?

 


Buongiorno! Ecco il nuovo capitolo!
Mary Jane e il professor Styles si sono baciati e lui è andato da lei. Cosa pensate che succederà la settimana prossima? Styles è andato da Mary Jane per dirle che è stato un errore e che non devono dirlo a nessuno? O è andato da lei per baciarla di nuovo, per confessarle di essere attratto da lei? Oppure perché? Ci sono tanti motivi per cui potrebbe aver bussato a quella porta.
Grazie per aver letto fin qui e per i commenti bellissimi che mi lasciate ogni volta!
Io vi aspetto martedì per il prossimo capitolo e spero che questo vi sia piaciuto!
Un bacione grande, alla prossima!

p.s. a metà di questa settimana potrei postare uno spoiler del prossimo capitolo su Facebook e Twitter se volete ;)

 

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