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Autore: Neyther    09/09/2014    2 recensioni
Novembre 2014, luogo sconosciuto, epoca musicale critica.
Supponiamo che Marianne Gilmour, la classica ragazza “perbene” proveniente da una famiglia benestante e bigotta, nasconda una folle e malsana passione per il rock.
Ipotizziamo,inoltre, che la strada di lei incroci quella dei, "Come si facevano chiamare?", Guns N’Roses, quel tipo di ragazzi che nessun padre, in particolar modo Mick Gilmour, vorrebbe frequentassero la figlia.
Benvenuti nel folle mondo del rock, che malgrado sembri essere scomparso, continua ad esistere nelle viscere delle odierne società.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axl Rose, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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You can’t always get what you want

 
Seguo Axl mentre si muove fra i vicoli della città, zona a me sconosciuta, se sparisse in questo istante non saprei come raggiungere casa: qua intorno non c’è nemmeno un individuo a cui chiedere indicazioni.
Un’atmosfera imbarazzante é scesa su di noi, lui cammina avanti, io lo inseguo, nessuno parla. Silenzio.
Questo tacere sembra quasi un obbligo, non c’è nessun rumore a disturbare la quiete dell’assenza di parole, il parco in cui siamo giunti è muto.
Gli alberi sono distanti fra di loro, non producono il minimo suono, si limitano a stare eretti, lanciati verso il cielo.
-Tutto bene? –
La sua domanda sembra la nota stonata di una canzone, rovina quel silenzio.
-Si perché? –
Tento invano di essere rilassata, ma traspare nella mia voce, nel modo in cui ho impostato la frase, un sospetto.
Ora temo i pensieri di Slash, perché da quando abbiamo parlato sembra tutto così vero, se s’intende ciò che voglio dire, sembra che la patina di nebbia che ricopriva la realtà sia stata rimossa.
Sembra che Rose sia decisamente interessato a me.
Tutti i nostri momenti insieme hanno improvvisamente cambiato aspetto: la volta in cui ha discusso con Mason, il biglietto, lui sulla porta della mia aula, le domande, i sorrisi, gli scherzi…
Ora hanno una sfumatura nuova.
-Sembri strana. Qualcosa ti turba? –
E vorrei gridargli di sì, sì una, due, tre, cento, mille, centomila volte; vorrei chiedergli di smentire chiacchere e congetture, vorrei un “Sei come una sorella”, ma poi non so se nemmeno lo voglio.
Perché, alla fine, temo la verità delle parole di Slash solo poiché non mi sento adeguata a un peso così grande: se lui, dopo gli eventi passati, riuscisse a ricominciare con una ragazza, questa sarebbe afflitta da una responsabilità smisurata.
Non so se ce la farei.
E quando penso questo mi sembra quasi di voler prendermi quel peso sulla schiena, rinunciando a farlo solo per il timore di spezzarmi, allora non sono più sicura di nulla, né di me né di lui né del mio cuore.
E’ tutto scuro qua dentro, non distinguo sogni, pensieri, desideri, idee altrui, cose studiate, lezioni impartite..
-Nulla –
Sto solo impazzendo, dimmi quale è la verità.
Ma i pensieri hanno voce solo nella mia mente e lui, la restante parte della frase, non la scoprirà mai.
-Ti ho portata qua perché voglio tu sappia una cosa –
Le unghie si conficcano nel palmo.
Non devo crollare.
-Di cosa mi vuoi parlare? – domando con la voce incrinata dal nervosismo.
-Elèn –
Dio esiste.
Espiro.
Non sono più in apnea.
-Ti ricordi quando mi hai chiesto se c’era qualcosa fra di noi? – chiede serio.
Ovvio che me lo ricordo, quella questione è al primo posto nella mia mente insieme al “Scopri se Slash ha ragione”.
-Sì –
Ci siamo.
-Ecco, ho mentito –
-L’avevo intuito genio –
-La questione è più complicata di quanto tu pensi –
Il sangue si ferma, smette di scorrere ed il mio volto perde colore, diventando più cereo.
-Immagino tu sappia la storia di Joy, la sorella di Elén, Slash mi ha detto di avertela raccontata –
Improvvisamente mi sento come se fosse stato organizzato un complotto contro di me.
Pensavo fosse Rose quello all’oscuro di tutto.
-Una volta, mesi dopo l’incidente, rimasi a scuola dopo il termine delle lezioni, l’edificio era deserto ed io vagavo nei corridoi come un fantasma. Entrai in un’aula, l’unica ancora aperta, vidi la sorella di quella che un tempo era stata la ragazza che amavo. Ella stava mettendo i libri nella borsa con precisione. Portava la sciarpa di Joy, le chiesi se era di sua sorella, per attaccare bottone, lei rispose che era sua, Joy usava prenderle i vestiti. Poi disse una cosa che mi sconvolse “Era una bastarda, proprio come te”. Non ci vidi più dalla rabbia, mi aveva associato a quella traditrice, io che mai l’avevo ferita, la spinsi verso il muro e le urlai che si sbagliava. Accadde ciò che mai mi sarei aspettato. Premetto che ero molto confuso e disperato all’epoca, non riuscivo a chiudere occhio la notte. Lei mi baciò, era innamorata di me da quasi due anni, la cosa non finì lì. Ti dico solo che Elén era vergine. Capisci ora perché mi odia ferocemente? –
Lo fisso sconvolta, non dico una parola.
Elén, a mio avviso, è ancora innamorata di lui, fra odio e amore c’è un confine sottile.
-Volevo che tu lo sapessi –
Questo è un altro colpo per il mio povero animo che non può sopportare queste rivelazioni.
Ovviamente lei si sarà sentita usata da Axl per vendicarsi della sorella, non capisce quanto lui fosse confuso e addolorato allora.
Rose mi fissa, nel suo volto si vede la ferita causata dal mio silenzio.
Ovviamente si sente giudicato.
Scusami Axl, scusami se mi chiudo a riccio intorno alla confusione dei miei pensieri e ti ignoro mentre hai bisogno di aiuto, ma ora non ho forza per aiutare me stessa, come posso aiutare te?
-Ti riaccompagno a casa – mormora.
Ci incamminiamo, tacciamo entrambi, ognuno ha bisogno di star solo con i propri pensieri.

 
***
 
-Lei mi manca ancora. Nonostante sia morta e non ci sia più, nonostante il tradimento. –
Silenzio.
-Mi fido di te. Te l’ho detto per questo motivo –
Mi fissa.
Il modo in cui mi guarda, sembra dirmi “Rispondimi, di’ qualsiasi cosa”
-Avevi bisogno di dirlo a qualcuno –
Suona sbagliato, un dito nel tasto errato quando fai un accordo.
Melodia assente.
-A domani Mary –
-A domani –
La porta non cigola.
Chiudo.
Silenzio.
Marianne aspetta, il tempo scorre, si sfila le scarpe liberando i piedi.
Esce, cammina sul prato verde e curato, si sente viva.
Una ragazza bionda passa in bicicletta.
Lo sguardo schifato sulla schiena di Mary, ma lei ora è viva e il resto –che la gente la creda pazza, matta da legare con una camicia di forza o incredibilmente assurda – non ha importanza.
Ed improvvisamente ha la consapevolezza di ciò che deve fare, digita il numero sul display –Non era quella giusta, non lo era lei e non lo era Elén. Un giorno troverai la persona che stai cercando, sarai completo, ti sentirai euforico e vorrai vivere tutta la vita, vorrai vivere tutta la vita che c’è. Sarai consapevole che ne valeva la pena, di aspettare tutto quel tempo, di aspettare per vivere davvero. C’è una persona su sette miliardi ed è tua, solamente tua, nessuno potrà togliertela ed impedirti di incontrarla, sta a te cogliere l’attimo e riconoscerla.
La incontrerai, la donna giusta voglio dire, sappi che la incontrerai giacché siete destinati. –
 Certe volte si sorprendeva da sola.
Così brava a consolare un cuore frantumato ma incapace di rimontare il suo.
Marianne Gilmour era una specie di paradosso vivente.
Forse ho letto troppe poesie.
Non so cosa sia l’amore, men che meno un’anima gemella.
Non posso sapere queste cose.
Appoggia la schiena alla parete esterna dell’abitazione e si lascia scivolare giù, fino a raggiungere il prato con le cosce.
Almeno tireranno su il morale di Axl.
Forse.
Fra tutte le cose ridicole che una problematica teenager sedicenne può fare, la più stupida è indiscutibilmente innamorarsi dell’amore.
Mary l’aveva fatto, adorava l’idea dell’esistenza di un’anima gemella, ci credeva con tutta se stessa.
La gente deve credere nelle cose belle
 
Scusatemi per il ritardo e per le dimensioni minuscole del capitolo.
Alla prossima!
 
H e l i o (sì, ho cambiato nome)
 
 
  
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