Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Black White Dragon    12/09/2014    1 recensioni
STORIA ISPIRATA AD HUNGER GAMES, MA NON TROPPO
***
William Louis Stareed. Solo il fatto che abbia sia il mio nome che il mio secondo nome mi fa rivoltare lo stomaco. Controlla l’Europa quanto controlla le sue tasche se c’è dentro qualcosa. Controlla il mondo.
Ed ora è presidente degli Stati Uniti.
Ho paura per questa notizia. Ma comunque non mi toccheranno se è una cosa che riguarda la “Salute Mondiale” come la chiamano loro, come se le procedure della “Salute” Mondiale fossero davvero salutari. Sono troppo importante per essere toccato. Non perché io lo sia davvero, ma in quanto membro della “più grande boy band che abbia mai debuttato nella storia della musica in così poco tempo” non posso essere toccato. Io.
E gli altri?
Sono delle merde gli altri?
Mi rendo conto che essere Louis Tomlinson dei One Direction ha i suoi lati positivi, in fondo.
***
La storia non è propriamente romantica, è piuttosto triste. Ci saranno alcuni pezzi romantici, ma saranno esigui.
Questa fan fiction non è la solita storiellina d'amore. La sofferenza è il tema principale.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 12: CHIACCHIERE E REGOLAMENTI


Ho la testa appoggiata a qualcosa di morbido. Le gambe sollevate, ma gli occhi li tengo chiusi anche se ho ripreso conoscenza. È bello stare con gli occhi chiusi, non devi partecipare alla vita del mondo, stai allerta se succede qualcosa, e solo se vuoi intervenire riapri gli occhi e ricominci a vivere. Non ho voglia di vivere.
Qualcosa mi colpisce la guancia, non fa male.
Ora l’altra guancia. Credo proprio che qualcuno mi stia prendendo a schiaffi.
E chi se ne frega.
-LOUIS!- mi urla qualcuno.
-Dai Tommo svegliati- è uno dei ragazzi, sicuramente, ormai pochi mi chiamano Tommo.
Sento un liquido gelato corrermi sul viso e allora sono costretto a destarmi svogliatamente.
Mi alzo a sedere usando gli addominali, mi strofino la faccia con le mani per alleviare il freddo.
Infine apro gli occhi dopo essermi tolto le mani dal viso.
Vedo Niall a cavalcioni su di me che mi tira un altro schiaffo.
-SONO SVEGLIO!- gli urlo.
Niall si alza e si siede a gambe incrociate di fianco a me.
Intanto mi guardo intorno, ma ci siamo solo noi due, in una stanzetta con un tavolino e de sedie, una stanzetta claustrofobicamente bianca. C’è solo una porta (bianca) nella parete dall’altra parte della nostra, ma è senza maniglia, ergo si può aprire solo dall’esterno. Niente finestre. Tutto questo bianco mi ricorda l’ufficio di Stareed, i corridoi per arrivare all’ufficio di Stareed, l’edificio dove si trova l’ufficio di Stareed.
Mi rimetto coricato appoggiando la testa su quella che mi sembra una felpa e respiro forte, mentre osservo le mie gambe sollevate su una sedia.
Poi mi volto verso Niall. Ha di fianco un vaso e i, credo, rispettivi fiori; scommetto che dentro c’era l’acqua che mi ha vuotato addosso.
-Niall...- lo chiamo con un sussurro.
Mi guarda dall’alto.
-Che mi è successo?- riesco finalmente a chiedere.
-Dopo... dopo che hai cominciato a picchiare il tizio e ti abbiamo fermato sei svenuto, e ci hanno portati qui con un furgoncino, siamo usciti in un garage e ti hanno portato fuori in spalla e poi eccoci qui- mi risponde.
-Solo io e te?-
-Sì-
-E gli altri?-
Scuote la testa in segno di dissenso, poi dice: -Ci hanno divisi dagli altri appena dopo che sei svenuto-
Annuisco.
-Perché l’hai menato?- mi chiede stranito.
-Perché aveva scritto lui le domande- gli dico.
-Hai idea di dove siamo?- mi chiede ancora dopo qualche secondo.
-A giudicare dal colore- faccio una pausa come per pensare -siamo alla Centrale-
-Già-
-Ma perché hanno preso anche te?- chiedo.
Mi guarda, fa una smorfia triste con la bocca e riabbassa il capo. Come se fosse afflitto da qualcosa.
-Cosa non mi hai detto?- chiedo in tono di rimprovero.
In realtà non so se non mi ha detto qualcosa, ma se è così spero che abbocchi l’amo e mi dica tutto.
C’è una nota di malinconia negli occhi, nella voce e nella sua espressione quando mi dice -Dovevo tenerti d’occhio-
Mi fa pensare che si senta in colpa per qualcosa, perché io non mi sono accorto che mi stesse tenendo d’occhio, e non credo che Niall abbia ubbidito agli ordini dati da non so chi. Perché sono certo che di sua spontanea volontà non lo avrebbe mai fatto.
Mi alzo a sedere a gambe incrociate, con la schiena appoggiata alla parete, e lo fisso per cercare di capire.
Ma Niall non collabora, abbassa la testa e non mi guarda negli occhi.
Ha paura.
-Niall, che è successo?-
-Quando... quando tu eri da Eris a Milano perché avevano estratto il suo nome, mi ha chiamato Paul e mi ha detto di andare subito alla Modest perché avevano un problema con una mia registrazione, e che forse dovevo rifarla, non mi ricordo...- la sua voce è spezzata, mentre parla. Sta per piangere, e se non lo sta per fare, sicuramente non è psicologicamente motivato a parlare.
Mi siedo vicino a lui sempre con la schiena appoggiata al muro.
Mi giro nella sua direzione e prendendolo per le spalle avvicino il mio corpo al suo, per abbracciarlo. Lui è riluttante, poi si lascia andare e io gli accarezzo i capelli per un po’. Di solito si calma.
Sembra un’azione da film in cui due ragazzine adolescenti si rincuorano a vicenda, ma noi lo facciamo spesso, anche se è decisamente da ragazzine adolescenti. Forse stiamo diventando come le nostre fans. E allora tantissima merda.
Si stacca da me e stavolta mi guarda negli occhi. Li ha tutti arrossati, e ha le iridi grigie, sta veramente male. Ha lasciato qualche lacrima libera sul suo viso. Con la mano si leva quei due rivoli di acqua salata, così vergognosi agli occhi della gente.
-Mi hanno fatto sedere a un tavolo rotondo e strano in una stanza che non sapevo che esisteva e...- deglutisce -mi hanno detto che la ragazza estratta per l’Inghilterra sarebbe stata Charlotte, tua sorella; c’erano Paul, Stareed, Richard Griffiths, Harry Magee e Will Bloomfield (NOTA- per chi non lo sapesse: gli ultimi tre sono i manager dei One Direction, non li ho inventati, sono scritti nei ‘Credits’ dietro ogni loro CD, insieme al nome della Modest!)-
-COSA? Lo sapevano?- chiedo più che incredulo e provando un tale disprezzo per quelle persone che non riuscirei neanche a descriverlo.
Annuisce. -Anche Eris... Era già tutto organizzato, perché doveva finire così...-
-Perché?- chiedo con lo sguardo perso nel vuoto.
-A quello ci arrivo dopo... Mi hanno detto che tua sorella sarebbe stata scelta per gli Hunger Games, e mi hanno detto che probabilmente tu saresti diventato depresso, e avresti cominciato a diventare fuori controllo per loro. Quindi mi hanno detto di tenerti d’occhio e basta-
-In che senso?-
-Non lo so neanche io! Mi hanno detto “Tienilo d’occhio” e io ero tipo “Come faccio a tenerlo d’occhio?” e loro “Tu hai letto i libri di Hunger Games, lo sai come ragionano quelli lì”, ma io non lo so, Louis! Io non sono bravo come te a capire le persone. Io gliel’ho detto! Hanno cominciato ad urlarmi dietro che se non ti tenevo d’occhio sarei uscito dalla band-
Si mette le mani sul viso mentre scuote la testa. Poi continua, guardando un punto fisso davanti a sé.
-Mi hanno detto- continua -che eri un esperimento perché Stareed... voleva... voleva dimostrare al mondo che niente l’avrebbe fermato, che neanche un Intoccabile che non fosse stato Americano sarebbe riuscito a scamparla. L’hanno fatto apposta a estrarre Charlotte ed Eris, perché... eri la persona giusta al momento giusto: tante sorelle, e una ragazza italiana di cui nessuno conosceva l’esistenza e di cui nessuno si preoccupava, tranne te, ti controllavano, e forse lo fanno anche adesso. Poi mi hanno detto che non dovevi degenerare troppo, quindi dovevo tenerti d’occhio, e io non sapevo che cazzo fare! Io non sono bravo a capire la gente... Io...- non riesce a finire la frase. Si rimette le mani sul viso e lascia uscire un singhiozzo, che cerca invano di nascondere.
-Niall- gli dico -guardami-
Lui scuote la testa. -Come faccio a guardarti dopo quello che ho fatto?-
-Tu non hai fatto niente...- lo rassicuro.
-Magari se mi fossi opposto di più, se avessi detto...- ma non gli do il tempo di finire la frase.
-Niall, tu non hai fatto un bel niente, non sei tu quello che deve sentirsi in colpa, ti hanno tirato in mezzo a questa storia senza che neanche lo volessi e credimi che neanche io avrei saputo come fare, anche se sono tanto bravo con le presone come dici tu- gli dico tutto d’un fiato. Davvero, non ho respirato.
Si asciuga le lacrime con le maniche della felpa, poi mi guarda, respirando forte.
-Gli altri lo sanno?- gli chiedo.
-No, non sapevo come dirlo loro- poi aggiunge -Cosa devo fare, Louis?-
-Non lo so- dico scuotendo la testa in segno di dissenso.
-Devo rimediare in qualche modo!-
-Aiutami a trovare un modo per tirarle fuori da quell’Arena,- dico senza pensarci -qualsiasi cosa sia. E per ‘qualsiasi cosa sia’ intendo qualunque cosa, anche che implichi la mia morte, suicidio, mutilazioni, ferite, perdita di qualsiasi cosa che mi stia a cuore, che non siano persone. Chiaro?-
Niall annuisce.
-Giuralo! Anche se io dovessi morire...-
Annuisce e poi -Te lo giuro- riecheggia, rimbalzando sulle pareti di quella stanza bianca da far vomitare.
-Ma quindi se io non fossi nella band...- comincio a pensare ad alta voce -niente di tutto questo sarebbe mai successo- dico, arrivando a una conclusione più che ovvia. È cominciato tutto con quella dannatissima audizione. Poi sempre peggio. Prima non posso più vedere la mia famiglia perché sono sempre in tour, poi non mi permettono di dare i miei soldi a chi ne ha bisogno, perché rovina l’immagine. E io, come dovrei stare io? Ricco sfondato senza... Sto davvero ancora pensando a come dovrei stare io? Dopo tutto quello che è successo sto ancora pensando a me? Dovrebbero chiamarmi Egoismo, non Louis Tomlinson.
-Louis, non dare la colpa a te stesso di qualcosa che non hai fatto, dalla piuttosto a un uomo, la cui anima non ha conosciuto altro che la sofferenza degli altri e il godimento nel vederli soffrire-
Adesso mi guarda fisso negli occhi. Non ci sono più lacrime nei suoi occhi, ma vedo solo la speranza di riuscire a fare andare meglio tutto, in generale.
-E questa chi l’ha detta?- gli chiedo.
-Io, rielaborando a modo mio la frase: “Harry, non provare pietà per i morti, provala piuttosto per i vivi”- mi risponde Niall.
-E invece questa chi l’ha detta? Anche se non c’entra proprio niente!- gli chiedo guardandolo pensieroso, la qual cosa lo fa sorridere.
-J. K. Rowling!- mi risponde ovvio.
-E chi minchia è?- gli chiedo con una strana smorfia in faccia.
-Tu Tomlinson mi deludi...- di dice scuotendo esasperato, e io mi metto a ridere -è la scrittrice di Harry Potter-
-Ah...-
È vero che Niall ha tutti i libri...
-Dovresti leggere di più Tommo- mi dice sorridendo.
Sento dei rumori provenire dalla porta senza maniglia. Entrambi ci voltiamo da quella parte.
-Stanno arrivando...- dice il biondo di fianco a me, allarmato.
-Non diamogli troppa soddisfazione, eh!- dico invece io.
Mi volto verso di lui e quello che riesco a leggere nei suoi occhi, probabilmente lui riesce a leggerlo nei miei: vendetta.
La porta si sta aprendo lenta, io e Niall ci alziamo in piedi e ci mettiamo con la fronte diretta alla porta, senza paura. E se ne abbiamo, sono quasi certo che non si vede.
Dalla porta spunta un Paul tutto stressato con i muscoli facciali contratti, come se non riposasse da secoli. Mette un piede nella stanza, e l’altro rimane sull’uscio.
-Voi due- ci dice indicando prima me poi Niall, poi di nuovo me, poi Niall -venite con me...-
Noi vittime alziamo le spalle contemporaneamente come se niente fosse, e poi ci dirigiamo verso la porta.
Posso vedere i nervi di Paul che si fanno spazio tra la carne per scoppiare, posso percepire il suo respiro decelerare in preda all’ira, posso sentire tutti gli insulti che mi sta tirando in questo momento, per essere stato, il sottoscritto, così sfacciato.
Seguiamo Paul attraverso la porta. Vado prima io, per mostrarmi davvero senza paura.
Corridoi con pareti bianche. Sì, siamo proprio alla Centrale di Londra.
Dopo meno di cinque minuti che camminiamo, entriamo tutti e tre attraverso una porta blindata da PIN e alla cui guardia si trovano due tizi vestiti di bianco armati di mitra.
Non sono un latitante. O forse per loro lo sono?
Entriamo.
La stanza ha le pareti di un grigio sporco che mi fanno pensare a un carcere, al muro sono appoggiate su tutto il perimetro guardie bianche armate di mitra, ma al centro della stanza, sta il cuore della tensione palpabile da chiunque entri: troneggia un tavolo rettangolare nero con due sedie nel lato lungo più vicino a noi, e dall’altra parte cinque sedie su cui stanno comodamente in fila da sinistra, descritti come in una rivista di gossip, Richard Griffiths, Harry Magee, William Louis Stareed (al centro ovviamente), Will Bloomfield e infine Paul, che si è appena seduto.
La porta si chiude alle nostre spalle con un tonfo, io e Niall non abbiamo alcuna via di fuga. Non c’è neanche una finestra, quindi l’unica cosa che possiamo fare è cadere nelle braccia di destino che noi non decideremo.
-Sedetevi tutti e due- dice Bloomfield con tono autoritario.
Io e Niall ci guardiamo. Non mi ero accorto che era appena di fianco a me. Ci sediamo.
Entrambi siamo appoggiati allo schienale in finto riposo, con le gambe accavallate e le mani giunte sul tavolo.
Li guardo uno a uno, e cerco di far capire loro quanto odio sto provando nei loro confronti in questo momento. Sto tenendo gli occhi socchiusi apposta.
-Bene, da dove cominciamo, o meglio da chi...?- dice Stareed.
-Anche da me se volete- dico come se la sfacciataggine fosse parte di me.
Vedo che si stanno incazzando tutti, e ne sono più che felice.
Per quanto mi è possibile, farli arrabbiare sta almeno in parte allontanando tutto il dolore che provo dentro. E spero che questa chiacchierata sia lunga, proprio per questo.
-Bene allora la domanda legittima è: perché hai preso a pugni quel tizio?- chiede Paul.
-Credo che voi lo sappiate meglio di me!- rispondo.
-Picchiare qualcuno perché ti ha fatto una domanda indesiderata non passa così inosservato- ribadisce Magee.
-E’ proprio quello che speravo, se devo dirla tutta- rispondo.
-Vuoi catturare l’attenzione su di te? Non ne hai già abbastanza di quella che ti stanno tirando addosso gli Hunger Games?- mi chiede Stareed.
-Io non ho mai voluto quella degli Hunger Games, e adesso voglio questa addosso per eliminare l’attenzione degli Hunger Games-
-E sei sicuro che funzionerà?- mi chiede Paul.
-Ovviamente no-
Viene consumato un minutino di silenzio in santa pace, poi Griffiths dice: -Passiamo un attimo a Horan, che aveva un compitino molto semplice-
Credo che per Niall sia quasi uno sputo in un occhio.
-PERCHE’ NON L’HAI TENUTO A BADA?- urla Magee alzandosi e guardando Niall con gli occhi infuocati, mentre con l’indice della mano sinistra mi indica.
Con me hanno tenuto un tono, come dire, loquace. Perché trattano così Niall?
-E... illuminami,- dice tranquillo Niall -come avrei potuto tenerlo a bada?-
Pensavo che avrebbe ceduto. E invece anche lui vuole combattere.
-TU HAI LETTO QUEI LIBRI!- dice Magee.
-Leggere è una cosa, comprendere lo stato d’animo di una ragazza che sta all’interno, e sottolineo all’interno, dell’arena e confrontarlo con l’animo di qualcuno che ne è fuori, è un’altra- dice sicuro.
-Potevi almeno fare uno sforzo...?- gli dice Magee sedendosi.
-Oh, l’ho fatto, ma non ho trovato niente che andasse bene a tutti-
-In che senso?-
L’aria si sta scaldando. Non c’entra niente se prima Magee ha urlato. Di solito lo fa per intimidire Niall e farsi dire tutto quello che vuole sentirsi dire.
-Io avevo qualche idea per tenerlo a bada... ma sarebbe stata controproducente-
-Controproducente per chi?- chiede Stareed.
Niall si avvicina al bordo del tavolo con il viso, staccando la schiena dallo schienale e lasciando che le mani  ancora giunte dondolassero penzoloni sotto al tavolo, infine dice con un sorrisino maligno che quasi non riconosco come suo: -Questo devi scoprirlo tu, William-
Stareed si rivolge alla combriccola dal suo lato del tavolo: -Mi avevate detto che il biondino era più debole di cuore degli altri...-
Io e Niall scoppiamo a ridere nello stesso momento.
-FUORI!- ci urla Stareed.
-Oh, come vuoi!- gli rispondo io di rimando con un sorriso menefreghista sulle labbra e alzando le mani in segno di resa, come i delinquenti davanti alla polizia.
È proprio una figata far arrabbiare la gente, devo farlo più spesso!
Usciamo da quella stanza grigia.
 
***
-Non l’avrete mica fatto veramente?- chiede Harry per l’ennesima volta.
-Sì!- diciamo io e Niall contemporaneamente, sorridendo, anche se un po’ seccati per le continue domande del riccio sempre della stessa fottutissima natura.
-Hey Nialler, sono fiero di te!- dice Zayn dalla cucina.
Niall si mette a ridere e poi cade apposta dal divano.
-Louis,- dice Liam -non hai paura che le cose si possano ritorcere contro Hip ed Eris?-
-Sì, ma non credo che possa andare peggio di così!- dico indicando lo schermo che mi sta davanti.
Siamo tornati a casa a Londra, e stiamo guardando gli Hunger Games. Ci siamo bevuti quattro birre a testa.
Non siamo ubriachi, ma un po’ felici sì.
Mi ci voleva.
Diciamo che i fatti si sono svolti più o meno così: ero alla prima birra, quando all’improvviso in tv i rami degli alberi hanno cominciato a cadere sulle teste dell’alleanza inglese. Allora ho cominciato a piangere. Poi Jakub e Oscar erano andati a destra e Hip ed Eris a sinistra per evitare un altro ramo. Però tutti hanno dell’acqua, e nessuno si è fatto male più di tanto. Tuttavia io facevo fatica a guardare, così mi sono preso altre due birre e le ho bevute mentre guardavo, e così hanno fatto anche gli altri. E poi... e poi siamo ancora qui dopo la quarta birra, non ubriachi, ma felici, che ridiamo e ci rendiamo sempre più conto man mano che l’alcool viene smaltito, che i rami continuano a cadere. Però è strano. Ricrescono subito. E continuano a ricadere al suolo. O forse sono andato completamente.
 
***
Mi sveglio di soprassalto.
Alzo la testa e vedo che la tv è accesa e che ora i rami non cadono più, ma nessuno si è fatto male. Si sono ritrovati tutti e quattro ed ho come il sospetto che tutta quella ‘cascata’ di rami fosse un avvertimento da parte di Stareed.
Tutti i ragazzi dormono. Niall per terra a fianco al divano.
Harry e Liam entrambi su una sedia con la testa appoggiata al tavolo.
E Zayn con me sul divano ma dall’altra parte, però sveglio.
Facendo due conti... Venti lattine di birra sono sparse un po’ sul pavimento, un po’ sui mobili della casa.
-Ragazzi- li chiamo.
Si destano tutti, assonnati come ghiri in letargo.
-Che è successo?- chiede Harry.
-Non lo so, è quello che vi volevo chiedere-
-Jakub si è fatto male a una gamba- dice Zayn.
-E basta?- gli chiedo.
-E basta- mi risponde.
-Ok-
Mi alzo e mi dirigo in camera mia, dove ricordo di aver lasciato il telefono.
-Dove vai- chiede Niall.
-A chiamare mia madre- rispondo.
Poi apro la porta del corridoio, lo percorro e circa a metà entro in camera mia.
Non so esattamente cosa dirle. No so se mi sento più in colpa per non averla chiamata per tutto questo tempo, o perché ho lasciato che una delle sue figlie venga mangiata viva da degli adolescenti in balia di un’indole micidiale, non suscitata da loro stessi.
Apro la porta della mia camera e guardo un po’ dentro.
Le pareti bianche non mi fanno ricordare la Centrale, solo perché il mio bianco non è così afoso come quello alla Centrale, è semplice bianco, quasi color panna. La camera è nel complesso in ordine, se non per il letto ancora da fare e il cavetto del telefono che permette di ricaricarlo che sta sulla scrivania.
Decido di fare il letto prima di chiamare, anche se in fondo so che sto solo cercando di perdere tempo.
Così mi ritrovo a spianare le pieghe di un cuscino blu su cui ho appoggiato la testa in notti soprattutto insonni. Stendo un lenzuolo e subito dopo una coperta a calare un velo pietoso su quel gesto così semplice, che però mi rimanda alla memoria quel dannato giorno in cui era stata annunciata la prima edizione degli Hunger Games. Quando ho finito mi siedo sulla mia opera d’arte e mi metto le mani sul viso con i gomiti appoggiati alle ginocchia. Con la testa pulsante, mi faccio forza per la telefonata che sto per fare.
Prendo il telefono dalla scrivania staccandolo dal cavo e mi risiedo sul letto.
Compongo il numero di mia madre e sullo screen mi appare l’immagine sorridente di mia madre e la scritta: MUM ;)
Sorrido così spensierato che non mi accorgo che mia madre ha già risposto.
-Pronto, Louis? PRONTO?-
-Ciao Ma...-
-Come stai Lou?- mi chiede preoccupata.
-Bene, insomma, come te credo- le dico come se non avessi più speranza nell’anima.
-Hai visto cosa è successo alla tv?-
-Sì, è colpa mia, perché ho picchiato il tizio...-
-E perché l’hai fatto?-
-L’hai visto?-
-Sì, perché l’hai fatto?-
-Perché aveva scritto lui le domande-
-Vuoi dimostrarti più forte di quello che non sei, vero?-
Tiro su col naso, sospiro, poi le dico: -Immagino di sì-
Quindi l’ho preso a pugni solo per un mio capriccio del cazzo. Non per fare qualcosa veramente.
Dio se mi sento stupido.
-Louis...-
-Mamma io le ho provate tutte, e non ce l’ho fatta- dico mentre una piccola lacrima mi solca il viso. Ma non ne scendono altre.
-Lo so, Lou, lo so...-
-Mi dispiace così tanto...-
-Louis... Ascoltami... Quella ragazza, Eris si chiama?-
-Sì, Eris-
-Perché è così protettiva nei confronti di Hip? È sempre di fianco a lei e la tiene molto d’occhio, questo ha qualcosa a che fare con te?-
-Può essere-
-E’ quasi morta all’inizio per tirarla giù da quella pedana!-
-Lo so...-
-Louis tu la conosci bene?-
-Sì-
-Perché lo sta facendo?-
-Ma non è solo importante che Felicitè sia viva?-
-No, non più. Anche Eris è importante, perché l’ha salvata-
Dopo mezzo minuto di pausa prendo parola.
-Non so esattamente perché l’ha fatto, so solo che viene da una famiglia in cui a nessuno importava di lei, ma lei ai suoi genitori voleva bene lo stesso, e dato che da quella parte non aveva trovato una vera famiglia, l’ha trovata in me, perché anche se ero in tour, c’ero più di loro-
Ce l’ho fatta.
-Quindi lei vuole ringraziarti in questo modo?-
-Credo di sì-
-E se arrivano entrambe al duello finale?-
-Una la devo perdere per forza, Eris ha detto che è pronta a sacrificarsi, e io... io non voglio che nessuna delle due muoia-
-Va bene...-
-Le ragazze come stanno?-
-Bene, ma non permetto loro di guardare gli Hunger Games, gli dico io quello che succede-
-Non ti dà fastidio guardarli?-
-Ho assistito a tutta la fustigazione di Mark, e faccio l’infermiera in un ospedale in cui sono più le persone mutilate, ferite, che quelle che hanno solo un malanno passeggero, niente mi fa troppa paura, ormai-
-Ok-
-Li guardo anche per te?-
-No...- dico anche se mi piacerebbe molto.
-Va bene, devi dirmi qualcosa?-
-Sì! Ehm... nella mia stanza, hai presente la scatolina rossa sull’armadio?-
-Sì-
-Prendi cento euro e inviali per posta, un pezzo intero da cento, e avvolgilo nella carta-
-A chi li devo mandare?-
-Ti do l’indirizzo-
-Aspetta che prendo un foglio...-
-Sì-
Dall’altra parte del telefono sento spostamenti di fogli strani e poi quella che mi sembra la ricerca di una biro introvabile.
-Dimmi-
-Maura e Otello Corti, Via Venezia numero 4, Milano, Italia, il CAP non me lo ricordo-
Dopo un po’ mi chiede: -Sono i suoi genitori?-
-Sì-
-E perché gli mandi dei soldi?-
-Di solito era Eris che dava da mangiare ai suoi genitori, e adesso che non può mi ha chiesto se posso farlo io-
-Ok...-
-Grazie...-
-Ti passo le ragazze?-
-No, salutale da parte mia, non so se riuscirei a parlarci-
-Va bene, Lou...-
-Grazie ancora-
-Niente, ciao Lou-
-Ciao Mamma, ti voglio bene-
-Anch’io ciao-
Chiudo la telefonata, facendo scorrere il pollice sullo screen.
Mi alzo svogliatamente e ripongo il telefono sulla scrivania.
Apro la porta della mia camera e vado in sala. Oltre ai ragazzi c’è una persona in più, che però ho già visto: Suzanne Collins.
È seduta al tavolo coi ragazzi e parlano tutti insieme.
Quando mi vede, non dice niente. Smette semplicemente di parlare coi ragazzi e così anche loro si accorgono che sono arrivato.
-Tomlinson...- prende parola la Collins.
-Perché lei è qui?- le chiedo.
Sospira, come se fosse rassegnata.
-Voglio aiutarti- dice tutto d’un fiato.
-Come?-
Apre la grande borsa nera che se ne sta appesa alla sua sedia, ci guarda un po’ dentro, scava, e infine trova quello che stava cercando. Intanto io mi avvicino al tavolo, per vederla appoggiarmi sul tavolo un fascicolo in cui ci saranno stati sui cento fogli.
-Hai idea di cos’è?- mi chiede.
Io scuoto la testa in segno di dissenso.
-E’ il regolamento degli Hunger Games, io non posso dirti di persona cosa c’è dentro, perché ho un casino di telecamere addosso in questo momento, che neanche te le immagini, e neanche ti immagini cosa mi faranno quando uscirò di qui per averti detto delle telecamere-
I ragazzi si guardano sconvolti per poi guardarla, con delle facce che possono soltanto dire “perché lo fai?”.
E come se la Collins fosse telepatica, risponde: -Lo faccio perché hanno rovinato la mia vita, tanto quanto la tua, Tomlinson- dice indicandomi, poi continua: -Tu vieni odiato perché non aiuti tua sorella, io vengo odiata per aver inventato gli Hunger Games-
-Ma lo sanno tutti che non è colpa sua, lei ha inventato gli Hunger Games, non li ha resi reali!- ribadisce Harry ingenuamente.
-Styles, certo che molti, non tutti, sanno che non è colpa mia, ma non hai idea del rimorso che mi logora l’anima ogni giorno di più? Sono più io che odio me stessa, che gli altri. Mi sento la coscienza sporca, macchiata micidialmente- risponde lei.
Il tempo scorre per circa un minuto, durante il quale Suzanne Collins ci scruta come se fossimo delinquenti.
Alla fine prendo parola io: -Cosa devo fare con il regolamento?-
-Devi solo leggerlo- mi risponde -Leggilo e solo se non avrai paura farai quel che è necessario fare, ma devi scoprirlo da solo, poiché non devi sentirti obbligato-
-E’ una cosa che devo fare io assolutamente...- ribadisco infine.
-Se vuoi. Beh ognuno qua dentro potrebbe farlo, ma io se fossi in te non glielo lascerei fare, anche perché di candidati ce ne sono qui dentro, e tu non te lo perdoneresti!-
Detto questo mi fissa e, dopo quelli che mi sembrano trenta secondi, si alza, va verso la porta ed esce, senza alcun saluto, o dimostrazione d’affetto.
Nessuno la rincorre per ulteriori spiegazioni. Sappiamo che la chiave di tutto sta in quel fascicoletto.
-Beh, facciamo così- interviene Harry -ne leggiamo un po’ a testa...-
-Non posso rischiare:- gli dico io -o lo leggo tutto io, o metà tra me e Niall-
-Perché?- mi chiede Zayn.
-Perché lui ha promesso-
-Ah- dicono in coro tutti tranne Niall, il quale ha già in mano il fascicolo. Lo sfoglia velocemente, poi arriva alla fine.
-Novantotto pagine- annuncia guardandomi.
-Ok- gli dico.
Mi siedo dove prima stava Suzanne Collins e prendo le quarantanove pagine che mi spettano.
Sono le prime quarantanove, e già il titolo “Regolamenti e Quesiti Riguardanti la Prima Edizione degli Hunger Games” non mi piace. Ma comunque io ho sempre avuto una certa astensione per qualsiasi cosa di potenzialmente scritto, quindi credo sia normale per me sentirmi in questo modo, ovvero più che spaesato.
I ragazzi non tentano in alcun modo di sviarmi dalla mia decisione, anche perché credo sappiano che non accetterò niente, se non quello che mi sono prefissato di fare.
Le pagine sono scritte in Times New Roman, il font più odioso della storia; è scritto tutto in piccolino dall’angolino in alto a sinistra, a quell’altro in basso a destra. Prima che io riesca a leggere sta roba finiranno gli Hunger Games!
 
***
Dopo circa un’ora e mezza sono solo a pagina otto, perché non leggo attentamente da così tanto tempo che ormai ci metto una vita a leggere e soprattutto alcune frasi me le devo ripetere più volte in mente per comprenderne appieno il significato.
Niall invece è più svelto: ci saranno almeno quindici fogli lì piegati, di cui vedo solo la parte bianca, e inoltre si è munito di matita per sottolineare alcune frasi, utili per chissà cosa.
Torno a leggere: “Qualora uno dei tributi dovesse arrivare al compimento dei diciannove anni durante lo svolgimento dei Giochi, questo non avrà alcun diritto a recarsi in altri luoghi che non sia l’Arena: difatti i Giochi non si sarebbero ancora conclusi e la mancata esecuzione o vittoria del/della diciannovenne sarebbe un atto disonorevole verso l’incolumità Americana.” Tutte fesserie, stronzo.
Se verranno uccise entrambe, tu caro il mio ragazzo, tu sarai il primo che verrò a cercare, e ti giuro che... I miei pensieri vengono interrotti da Niall che sbatte il foglio che aveva in mano sul tavolo, con la mano sopra quel pezzo di carta bianca. L’altra mano l’ha in fronte e non posso vedere al completo la sua espressione.
-Niall che succede?- chiede Zayn alzandosi dal divano, da cui stava guardando gli Hunger Games per tenere sotto controllo la situazione.
Niall prende l’angolo del foglio e lancia il pezzo di carta verso Zayn ormai in piedi, che lo prende al volo.
Guardo Zayn leggere una parte di ciò che è scritto sul foglio, poi alza lo sguardo verso di me e mi dice: -Ti prego, non farlo-
 
SPAZIO AUTRICE
In quattro punti, LEGGETE!
1) Secondo voi cosa c’è scritto nel regolamento che Louis potrebbe fare?
2) Potete rispondere alla domanda del punto 1 con una recensione.
3) Potete recensire, dal momento che se lo fate non vi mangio.
4) Ho ricominciato a scrivere regolarmente. Quindi niente più attese di mesi e mesi, al massimo due-tre settimane, il tempo per scrivere, rileggere, completare e ultimare un capitolo decente di almeno sette pagine.
LEGGETE ANCHE QUI!
Non vorrei darvi un’anticipazione di quello che accadrà nel prossimo capitolo ma volevo solo dirvi questo: quello che Louis scoprirà nel Regolamento degli Hunger Games cambierà completamente l’andamento della storia, se avete idee, fatemelo sapere ;) (non è un ragionamento troppo contorto!)
-Elisa
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Black White Dragon