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Autore: zinzuleddha    13/09/2014    2 recensioni
"Perché è vero: soffriamo più nella fantasia che nella realtà, e il confine che segna entrambe le cose è appunto la magia della vita. Sopravvivete, come io ho fatto"
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi accompagnò dopo una lunga chiacchierata alla porta.
Mi raccontò la storia che si celava dietro il suo violino; disse di averlo acquistato a Parigi nel 1992, all'età di ventiquattr'anni, quattr'anni prima che io nascessi; non mi stupii poi così tanto nello scoprire avesse quarantasette anni, ovvero trenta più di me.
Disse anche di essere molto geloso delle sue cose, soprattutto del suo amato violino, visto che era la cosa a cui teneva più al mondo e che mi dovevo ritenere fortunato dal momento in cui avevo avuto la fortuna di tenerlo tra le mani.
Fu allora che mi spiegò il perché dell'esercizio sui sentimenti; mi confessò di non aver mai imparato le note e che non avesse la minima idea di come si leggesse uno spartito musicale; mi spiegò che non gli importava un cazzo della musica, ma gli importava di suonare e che tra le due cose ci fosse una grande differenza.
Mi spiegò allora che suonava basandosi sul suo stato d'animo, che suonava per sfogarsi, per esprimersi, per far arrivare alla gente quelle cose che possono essere trasmesse solo tramite l'arte e che riteneva suonare un arte.
Lo faceva per vivere e, io volevo fare lo stesso.
Mi spiegò poi che era per quel preciso motivo se mi aveva fatto accomunare ad ogni corda dei sentimenti e, che lui, per suonare, faceva lo stesso e che le cose mi sarebbero risultate più chiare alla prossima lezione.
Mi porse allora, dopo averlo afferrato dal tavolo, quello che adesso era il mio oggetto prezioso, ovvero il piccolo pagliaccetto dalla tuta a pois, invitandomi poi, prima di chiudermi la porta alle spalle, di tornare a casa sua il giorno successivo, per approfondire l'argomento e così, estremamente entusiasta per ciò che sarebbe avvenuto, felicissimo di aver, in parte, raggiunto il mio obbiettivo, tornai a casa, mentre piccole gocce d'acqua cominciavano a cadere dal cielo.
Il resto della giornata trascorse più velocemente di quanto avessi potuto immaginare e, neanche quella notte riuscii a chiudere occhio.
A mio stupore, fu già ora di alzarsi. Dormii solo tre ore quella notte e, dopo aver osservato per un ultima volta il piccolo pagliaccetto, adesso situato sul mio comodino, a vegliare sul mio sonno, in parte eccitato e in parte in ansia per ciò che mi aspettava mi recai in bagno a vestirmi.
Per la prima volta in vita mia ero felice di imparare e, decisi all'istante che nemmeno quella mattina mi sarei recato a scuola, dando, per una buona volta, precedenza alle mie passioni, così, senza nemmeno quella mattina far colazione, mi diressi di corsa verso casa dell'uomo.
Verso casa di Gerard.
Mi fermai di scatto non appena mi resi conto di essere davanti al vicolo cieco in cui tutto aveva avuto inizio; in cui, per la prima volta, la mia vita aveva preso una svolta positiva. Per un attimo venni assalito da un alone di tristezza nel vedere che l'uomo era assente ma, presto venne anch'esso sovrastato dalla felicità, non appena realizzai che, se in quella mattina non fosse li era perché fosse a casa sua, ad aspettarmi per offrirmi il suo più prezioso oggetto, dandomi la possibilità di coltivare la mia nuova passione, esprimendomi; dandomi la possibilità di esistere.
Mi accolse cordialmente in casa sua, invitandomi a prendere posto nel salone. Notai non appena mi porse il violino dei piccoli pezzi di scotch su di esso, posizionati, ognuno ad una precisa distanza dall'altro, sulla tastiera.
Mi spiegò che erano i punti in cui avrei dovuto poggiare le dita per produrre ulteriori suoni e, che man mano avrei imparato, avrebbe aggiunto nuovi pezzetti, ai quali avrei affibbiato nuovi sentimenti.
"Io non ne ho bisogno" schioccò con fierezza, mentre aggiustava un pezzetto di scotch che, al calore delle sue dita, era scivolato.
Notai solo allora di avere le dita gelide e, poggiarle sulle corde risultò maledettamente doloroso, ma ciò poco importava; mi piaceva quel genere di dolore.
Così, in quella mattina, imparai a produrre quattro nuovi suoni per corda e, soprattutto, imparai a tirare l'arco correttamente, producendo suoni orecchiabili, i quali, più suonavo, più miglioravano.
Ricevetti un lungo applauso dall'uomo, evidentemente felice dei miei miglioramenti.
Una settimana trascorse d'allora, una settimana nella quale, da totale incosciente, saltai la scuola.
In quella settimana migliorai decisamente il suono, facendo pratica con la tecnica e migliorando anch'essa giorno per giorno, mentre mia passione per il violino cresceva a pari passo della voglia di assaporare le labbra di quell'uomo.
E più presto di quanto avessi potuto immaginare, imparai ad esprimermi e, soprattutto, imparai che l'amore a prima vista esisteva eccome e, nonostante detestassi ricredermi, quella volta non mi dispiacque affatto.
Ebbene, a una sola settimana dal nostro primo incontro, persi totalmente la testa per quell'uomo e, mi si sciolse il cuore non appena, quella mattina, venne ad aprirmi la porta, rivolgendomi uno dei suoi migliori sorrisi.
Notai solo allora fosse ancora in pigiama e, stropicciandosi gli occhi, mi invitò ad entrare in casa.
Il suo sbadiglio risuonò nell'aria mentre, stiracchiandosi, mi indicava il violino poggiato sul tavolo.
"Come ti senti oggi?" ruppe il silenzio, facendo capolino dalla porta con due tazze di tè, delle quale me ne porse una. Approfittai allora del calore della tazza per scaldarmi le mani, prima di prenderne un lungo sorso.
Presi allora posto nella poltrona, osservando attentamente il violino.
"Oggi faccio un giro per la città, voglio trovarmi un lavoro, così potrò comprarmi un violino tutto mio e, non importunerò ulteriormente il tuo" Rise alla mia affermazione, finendo quasi per affogarsi con il tè, scuotendo la testa.
"Non voglio dei soldi, Frank, non da te. Mi ripagherai con il tuo impegno", affermò sorridendo, prima di poggiare nuovamente le labbra sull'ancora bollette tazza del tè.
Alzai le spalle, riflettendo a lungo sulle sue parole.
"Sai, oggi ho delle commissioni da fare e, visto il fatto che tu hai bisogno di trovarti un lavoro, stavo valutando il fatto di saltare la lezione di oggi, così avremmo entrambi più tempo.."
Restai deluso dalla sua affermazione, riflettendo poi sul fatto che, infondo, aveva ragione, mettendomi così in piedi e seguendolo fino alla porta.
"Comunque son felice di vedere che stai migliorando anche la tecnica" ammiccò, posando la sua attenzione su uno dei quadri difronte a lui, facendo quasi di tutto per evitare quella triste espressione che, adesso, si stava facendo nuovamente largo lungo il mio viso, mentre esitante, avanzavo verso di lui.
"Io volevo di più.." sospirai, mentre, alzandomi sulle punte delle dita lo abbracciavo da dietro.
"Oh, vedrai che migliorerai ulteriormente, la fretta non porta a nulla di buo-" "NO" lo interruppi, "Non in quel senso" sospirai nuovamente mentre, in preda all'ansia, riflettevo su ciò che sapevo sarei andato a fare.
Ebbene, in quegli ultimi giorni, al passo con la passione per il violino, era cresciuta la voglia di tastare le labbra di quell'uomo. 'Le conseguenze sono secondarie' mi ricordai, prima di afferrare i capelli dell'uomo, facendolo voltare prima di precipitarmi violentemente sulle sue labbra screpolate.
Tastai allora la lingua dell'uomo per quelli che sembrarono anni, prima di venire violentemente scaraventato a terra, trovandomi con la schiena dolorante contro il muro, mentre il mio nome risuonava nella stanza esattamente come in quel preciso momento, il battito del mio cuore in procinto di cessare di pulsare da un momento all'altro, risuonava nella mia cassa toracica tanto forte che, per un attimo, credetti potesse balzarmi fuori dal corpo e finire sul volto dell'uomo, adesso corrucciato in un espressione che non prometteva a nulla di buono.
"Si può sapere che diavolo ti passa per la testa?! Hai forse dato di matto o cosa?!" mi urlò contro gesticolando, finendo per colpire uno degli oggettini precedente posto sul mobiletto alle nostre spalle che cadendo a terra finì in pezzi, esattamente come, in quel preciso momento, lo era finito il mio cuore. E mi rendevo conto solo allora di quanto la mia azione fosse stata azzardata e da perfetto incosciente, finendo così, incapace di sostenere ulteriormente quello sguardo, a singhiozzare mentre, in preda alla vergogna, mi nascondevo il viso tra le mani, cercando di non lasciar trapelare le mie lacrime.
"Scusa" sussurrai, mentre le vene del suo collo, adesso estremamente evidenti, mi facevano accapponare la pelle.
"Non devi scusarti, Frank. Ma qualsiasi dannatissima stronzata tu ti sua ficcato in testa, voglio che tu te la cacci!" esclamò prendendo un lungo respiro, cercando con tutta la forza del mondo di moderare il tono della voce.
"Ma io provo-" tentai di giustificare la mia azione, finendo per venire interrotto da un brusco "NO" che risuonò nella stanza, lasciandomi letteralmente spiazzato.
"No, Frank! E' solo una tua stupida impressione, un idea! Ma ti giustifico dal momento in cui sei solo un ragazzino e ai ragazzi di idee idiote ne passano in continuazione per la testa. Quella che provi per me è solo una fantasia da ragazzo, la quale scomparirà da qui a una settimana!" Sputò acidamente.
"Adesso va via, hai fatto abbastanza!" mi urlò contro, mentre, terribilmente devastato mi mettevo in piedi, strisciando verso la porta precedentemente indicatami, la quale aprirla risultò estremamente difficile e, respirare risultò altrettanto difficile dal momento in cui la gelida aria, a contatto col mio fragile petto ulteriormente devastato dagli irrefrenabili singhiozzi, mi raggelò i polmoni mentre cercavo di autoconvincermi che, a sbattermi la porta alle spalle fosse stato il vento e non l'uomo.
E interiormente distrutto e devastato da continue indecifrabili emozioni trascinavo verso la via principale, all'adesso svogliata ricerca di qualche annuncio di lavoro qua e la sui muri.
Camminai più di mezz'ora, ma tutto ciò che trovai furono annunci per aspiranti modelle e estetiste.
"America terra delle occasioni" dicevano, forse lo era.. se tra le gambe avevi una vagina.
Andai quasi a sbattere contro un palo quando, ciò che vidi, mi fece esultare di gioia.
Era un annuncio e, non c'era specificata alcuna condizione, esattamente come non lo era alcun numero di cellulare, tantomeno informazioni su ciò che riguardasse. Tutto ciò specificato che era specificato era un indirizzo, al quale presentarsi se interessati, così colsi al volo l'occasione, dirigendomi di corsa verso la casa non molto distante da dove mi trovavo.
Così, dopo dieci minuti di corsa, mi ritrovai difronte una casa fatiscente, alla quale, dopo aver preso un lungo respiro, bussai alla porta, prima di trovarmi davanti un uomo pelato dal viso sfigurato.

 


- E rieccomi con il terzo capitolo. Dal momento in cui non ho avuto il tempo di ricontrollarlo, chiedo perdono per gli evenutali errori e vi invito a lasciare una recensione per farmi sapere che ve ne pare e, soprattutto, che vi aspettate nel prossimo capitolo, nel quale la vita di Frank verrà totalmente stravolta. -

A presto,
- Danny x

   
 
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